Ecografia in Ostetricia e Ginecologia: Informazioni e Immagini

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Eventi della Gravidanza e Danno Cerebrale


   Questo lavoro, tratto dalle linee guida della SIGO (Società Italiana di Ginecologia ed Ostetricia)  è una revisione della attuale letteratura sulle conoscenze dello sviluppo cerebrale del feto e del neonato e sulle possibili cause del danno cerebrale e le correlazioni con la gravidanza e le modalità del parto. Da un punto di vista clinico e medico-legale riveste una grande importanza,  perché consente di stabilire se il danno cerebrale neonatale, attualmente può essere o non può essere, evitato e con quali accorgimenti.

Indice:

 

Premessa

Lo studio di Little (1), un ortopedico che per primo ipotizzò che la disfunzione motoria nella paralisi cerebrale fosse causata da un'asfissia neonatale, ha determinato una corrente di pensiero, largamente diffusa, che persiste da oltre 130 anni. Quest'ottica è accreditata ancora nella clinica e si riflette nelle aule di tribunale dove periti ostetrici, medici legali, magistrati ed avvocati discutono di eventi che al momento attuale non sono ancora ben definiti. Infatti, dai primi anni della decade passata, una sempre più vasta letteratura scientifica si occupa dell'argomento ed il progredire delle conoscenze, con l'ausilio di nuove e sofisticate metodiche strumentali che hanno permesso una migliore definizione delle tappe evolutive dell'embrione e del feto, ha modificato sostanzialmente il convincimento che il travaglio di parto e le modalità dell'espletamento del parto siano le cause maggiormente responsabili della cosiddetta paralisi cerebrale (o cerebral palsy) degli Autori anglosassoni, termine coniato per primo dallo stesso Little.

L'ottimismo suscitato dall'avvento di tecnologie di supporto per la diagnosi di sofferenza fetale durante il travaglio di parto, quale la registrazione elettronica della frequenza cardiaca fetale, ha fatto ritenere che avremmo assistito alla scomparsa pressoché totale della paralisi ostetrica. I dati epidemiologici più recenti, purtroppo, non dimostrano una tendenza alla flessione. Infatti, questa patologia persiste immodificata negli ultimi venti anni - nei Paesi industrializzati - con una incidenza del 2-3% (2).

Nel 1984, il National Institutes of Child Health and Human Development ed il National Institute of Neurological and Communicative Disorders and Stroke hanno organizzato un vertice di esperti al fine di raccogliere le informazioni relative all'etiologia della patologia neurofunzionale del feto e del neonato(3). La pubblicazione raccoglie le conoscenze sullo sviluppo cerebrale del feto e del neonato, la neuropatologia del danno cerebrale ed i tempi di insorgenza della patologia. Da un punto di vista clinico la pubblicazione riveste un grande rilievo; in particolare, sembra fondamentale per comprendere come e quando il danno cerebrale possa (o non possa) essere evitato. Le pubblicazione, inoltre, indica le aree di ricerca scientifica sull'etiologia del danno cerebrale. La pubblicazione, disponibile dall'aprile 1985, è stata sintetizzata per gli specialisti ostetrici da M.G. Rosen e C. J. Hobel, due esperti che hanno partecipato al vertice di scienziati, in una pubblicazione comparsa su una autorevole rivista scientifica statunitense (4).


Lo sviluppo cerebrale normale (4)

Come per la maggior parte degli organi, gran parte della crescita del sistema nervoso centrale (SNC) avviene prima della nascita, se questo evento accade al termine della gravidanza. Il piatto neurale prende origini dall'ectoderma ed è visibile dal 16deg. giorno dopo il concepimento, forma rapidamente un tubo di cellule cilindriche che inizia a fondersi dal 22deg. giorno. La maggior parte delle suddivisioni grossolane sono presenti dalla quarta settimana di vita intrauterina. Lo sviluppo del ciclo vitale è influenzato da fattori interni al SNC, a fattori ambientali materni che attraversano l'utero e a determinanti genetici evocati dal momento del concepimento.

In stadi precoci dello sviluppo cerebrale, alcuni insulti possono non evocare una risposta identificabile morfologicamente. Ad esempio, il cervello di un bambino con ritardo mentale può apparire anatomicamente e istologicamente non differente da quello di un bambino con quozienti intellettivi normali. Le cause dei danni cerebrali precoci sono difficilmente documentabili anche perché la "plasticità del cervello" rende più difficili e complesse le ricerche.

Alla nascita, il cervello presenta circa la metà del volume dell'adulto e sono visibili solchi e giri. Le cellule si sono moltiplicate, hanno subito migrazioni, si sono specializzate, hanno formato sinapsi ed alcune sono morte. Tanto più precocemente agisce una "noxa patogena", tanto maggiori saranno le conseguenze sulla funzione cerebrale. Ad esempio, allo stadio di 2 cellule, la perdita di 1 cellula porta alla morte, mentre l'azione di un insulto più tardivo - a 18 settimane - durante la duplicazione cellulare, può comportare una microcefalia. Nell'intervallo, altre cause possono non evocare alcuna risposta tissutale.

Dopo la 20° settimana di vita fetale, l'insorgenza di un danno cerebrale può essere riconosciuta attraverso la risposta riparativa del tessuto nervoso. Possono essere osservati, infatti, macrofagi, astrociti e fibrille gliali. Può essere osservata la medesima risposta tissutale per eventi traumatici differenti. Il cervello fetale risponde in maniera diversa rispetto a quello dell'adulto quando una singola specie di batterio può evocare una lesione identificabile con una singola causa conosciuta. Nello sviluppo cerebrale, molti eventi differenti determineranno l'espressione di una patologia tissutale simile. Un'emorragia cerebrale, un'infezione, un trauma, un'asfissia possono ugualmente esprimersi con una "paralisi cerebrale" che sarà osservata successivamente nel bambino. Ma, le cause della "paralisi cerebrale" sono molteplici. Poiché il danno si verifica in un tessuto che si modifica rapidamente, la dimostrazione degli effetti del danno è ulteriormente complicata. Solo nel feto, infatti, può accadere che un insulto possa ritardare o alterare la sequenza degli eventi evolutivi. Ad esempio, nella cascata degli eventi dello sviluppo neurale normale, la sequenza A seguita da B e seguita da C può non verificarsi; un'alterazione funzionale può essere causata dalla modificazione della sequenza, ad esempio, se A è seguita da C e quindi da B. Molte informazioni morfologiche sono derivate dall'anatomia ed istologia patologica. Queste informazioni, tuttavia, possono non essere sufficienti a rispondere ad alcuni interrogativi riguardanti bambini viventi. Questi ultimi, infatti, possono avere avuto antecedenti differenti rispetto ai bambini non sopravvissuti. Sono state osservate, al momento attuale, almeno 28 anomalie morfologiche del cervello neonatale attribuite all'asfissia. I termini "asfissia" ed "ipossia" non sono specifici e sono poco utili per predire l'esito. In modo specifico, il termine "asfissia" comprende il concetto di alterazione metabolica, di grave riduzione di ossigeno, di incremento della CO2 e di alterazione del pH. L'asfissia, usato come termine clinico, può suggerire una causa dell'evento associato ad una funzione neurologica alterata. Al contrario, la risposta clinica asfittica può anche essere il risultato finale di un insulto precedentemente insorto in un qualsiasi periodo della gravidanza, piuttosto che la causa. Ma, è chiaro che sono necessari nuovi metodi di studio del cervello del feto per comprendere le molteplici cause delle neuropatologie.

Nel tentativo di determinare i fattori di rischio della "paralisi cerebrale", Nelson e coll. (5) hanno esaminato alcuni parametri perinatali. Alcuni di questi sono risultati significativamente predittivi: il ritardo mentale materno, il deficit motorio in un fratello, l'ipertiroidismo o una sindrome convulsiva materna precedente la gravidanza ed un'anamnesi ostetrica remota positiva per 2 o più morti endouterine del feto. Nessun fattore pregravidico predittivo, tuttavia, contribuisce più del 4.4%. L'età materna, la parità, lo stato socio-economico, il fumo, il diabete non hanno dimostrato un significativo ruolo predittivo. La proteinuria (> 5 gr/24 h) nella seconda metà della gravidanza, l'ipertensione arteriosa marcata, le metrorragie de terzo trimestre, il numero delle visite prenatali sono stati identificati come fattori di rischio. Ciascuno di questi fattori è associato alla paralisi cerebrale con una percentuale inferiore al 2%. Le caratteristiche predittive significative durante il travaglio sono: un'epoca gestazionale inferiore a 32 settimane, la presentazione podalica, le bradicardie fetali

(60 battiti per minuto o valori inferiori), le infezioni del corion, il basso peso della placenta. La placenta previa, il distacco intempestivo di placenta normalmente inserta, la rottura di un seno marginale, rappresentano un ulteriore rischio di danno cerebrale fetale. Eccettuata la bradicardia severa, ciascuno dei fattori appena menzionati non sembra rappresentare un reale rischio di danno cerebrale per neonati di peso superiore a 2500 gr.

I fattori di rischio che possono comparire in sala da parto sono risultati: il basso peso neonatale, un ritardo di 5 minuti o più del primo atto respiratorio neonatale, un riflesso di Moro asimmetrico, la microcefalia. Il ritardo del primo atto respiratorio è risultato un fattore di rischio più specifico e sensibile rispetto ad un valore basso dell'indice di Apgar. Durante il periodo neonatale precoce, le convulsioni del neonato sembrano essere il fattore predittivo più importante; un altro fattore importante è la presenza di malformazioni maggiori non coinvolgenti il SNC. Le sindromi malformative sono significativamente più frequenti nei bambini affetti da paralisi cerebrale rispetto alla popolazione generale. Altri Autori (6) hanno osservato che una percentuale maggiore di bambini con paralisi cerebrale presentava malformazioni congenite e che i feti con malformazioni, più frequentemente rispetto alla popolazione generale, mostrano anomalie del tracciato cardiotocografico, bassi valori dell'indice di Apgar ed un primo atto respiratorio ritardato. Un anomalo sviluppo del feto sembra influenzare la comparsa di alcuni problemi durante il travaglio di parto e condizioni che sono associate all'asfissia. Nella casistica presentata da Nelson (5), il 21% (40 bambini su 189) presentava un sintomo clinico di asfissia, ma solo 17 casi (9%) non presentavano malformazioni congenite. Per molti bambini affetti da paralisi cerebrale che presentavano depressione alla nascita, erano presenti - già prima del travaglio - fattori predisponenti che possono avere aumentato la vulnerabilità agli eventi del travaglio di parto. Purtroppo, non è del tutto definita la condotta ostetrica in un'ottica di prevenzione degli esiti neurologici sfavorevoli. Gli Autori (5) hanno effettuato le seguenti considerazioni: se non sono conosciute le cause responsabili della paralisi cerebrale - che sono numerose e che spesso risalgono a fasi precoci dello sviluppo - non si potrà, attraverso un singolo intervento, prevenire la maggioranza degli esiti neurologici sfavorevoli. Le informazioni che derivano dagli eventi avvenuti durante il travaglio, durante l'espletamento del parto e durante la fase iniziale del periodo neonatale possono non permettere l'identificazione delle cause che hanno prodotto il danno, nella maggioranza dei casi, poiché, frequentemente, l'insulto è avvenuto prima dell'inizio del travaglio. I dati riferiti in questo studio (su una popolazione di circa 54.000 gravidanze seguite in 12 ospedali universitari negli Stati Uniti d'America e con un campione di 189 bambini affetti da paralisi cerebrale) suggeriscono un relativo, modesto ruolo dei fattori che intervengono durante il travaglio e durante l'espletamento del parto nella spiegazione eziopatogenetica della paralisi cerebrale. Gli Autori concludono il loro studio affermando che l'associazione tra gli eventi della nascita e l'esito neurologico sfavorevole possono indurre in errore, poiché in una considerevole percentuale di casi l'esito neurologico può essere associato parzialmente o pienamente a difetti intrinseci del feto. L'importante sviluppo delle scienze neurologiche, raggiunto negli ultimi anni, ha permesso l'osservazione delle complesse interazioni dei componenti del SNC durante il periodo della vita intrauterina e di interpretare l'azione di alcune interferenze sulle fisiologiche interazioni all'interno del SNC con l'esito in una disorganizzazione del complesso programma di sviluppo del cervello. Per questi motivi di fisiopatologia dello sviluppo del SNC, la maggior parte delle cause della paralisi cerebrale rimangono ancora non spiegabili. Anche le attuali acquisizioni culturali, in quest'area, dovranno essere rivalutate in un prossimo futuro.

L'American National Collaboratile Perinatal Project ha effettuato uno studio sui dati relativi a 49.000 gravidanze con la valutazione degli indici di Apgar e gli esiti neonatali a distanza (7). La mortalità neonatale precoce è stata del 17% nei 2.764 neonati con indice di Apgar < 4 al 1deg. minuto e del 44% per 780 neonati che a 5 minuti presentavano un indice di Apgar < 4. In 178 neonati con valori bassi dell'indice di Apgar a 20 minuti, la mortalità è risultata dell'88%. Nel Collaborative Perinatal Project statunitense, 87 neonati sopravvissuti ad una asfissia prolungata e di grado severo non svilupparono una paralisi cerebrale; 6 bambini, tuttavia, svilupparono disturbi del linguaggio e 2 ipoacusia. L'incidenza di disturbi visivi, ritardo mentale ed iperattività motoria non ha mostrato significative differenze dalla popolazione infantile di controllo studiata.

D'Souza e coll. (8), in uno studio condotto a Manchester, non hanno osservato esiti neurologici sfavorevoli in alcuno dei 7 neonati che presentarono un ritardo, maggiore di 30 minuti, nella respirazione spontanea. Rispetto a studi effettuati negli anni precedenti, Addy (9) ha osservato che l'esito neurologico favorevole dei bambini nati a Birmingham ed osservati da D'Souza e coll., è riconducibile ai recenti progressi qualitativi dell'assistenza neonatologica.

Niswander e coll. (10), nel Collaborative Perinatal Project, hanno osservato che i neonati sopravvissuti a patologie ostetriche, quali l'abruptio placentae, la placenta previa ed il prolasso di funicolo, non hanno una significativa incidenza di esiti neurologici sfavorevoli rispetto ai controlli. L'asfissia ad insorgenza acuta sembra essere meno associata agli esiti neurologici sfavorevoli rispetto a quelli prodotti dall'ipossia intrauterina prolungata (9). Scott (11), in uno studio condotto all'Hammersmith Hospital di Londra, ha osservato che su 6 bambini affetti da paralisi cerebrale, 4 avevano presentato un prolungato stress intrauterino, mentre 2 bambini che avevano subito un prolungato stress intrauterino ebbero successivamente un esito neurologico favorevole. Addy ha concluso lo studio (9) affermando:

la grave asfissia alla nascita non ha generalmente una prognosi sfavorevole e una rianimazione neonatale, effettuata da persona esperta, deve essere disponibile a tutti i neonati.

L'osservazione dell'assenza di una risposta del neonato dopo 30 minuti è, probabilmente, associata ad una prognosi sfavorevole. La maggior parte dei sopravvissuti all'asfissia neonatale hanno esiti neurologici favorevoli, pochi hanno un esito neurologico molto grave.


La paralisi cerebrale

Il termine "paralisi cerebrale" include molti quadri differenti di alterazione neurologica, esito di differenti patogenesi e tipo di insulto (12). E' più frequente nella razza bianca e nel sesso maschile ed è stato associato ad alterata capacità gestazionale della donna (irregolarità mestruali, infertilità, aborti, mortalità perinatale).


Diplegia spastica

La diplegia spastica è associata con la prematurità, ed è probabilmente correlata all'emorragia cerebrale della matrice germinativa (13, 14). Poiché la matrice germinativa scompare dopo la 36deg. settimana di gravidanza, questa condizione è infrequente nel neonato a termine. Non esiste un accordo di opinioni sui fattori predisponenti, tranne che per l'immaturità e l'instabilità del neonato. Raramente è associata a fattori ostetrici. Infatti, il tipo di presentazione del feto e le modalità del parto non sembrano influenzare significativamente il rischio di diplegia spastica. Un fattore discusso recentemente è l'inadeguato processo di coagulazione del prematuro. La depressione neonatale e le alterazioni dell'equilibrio acido-base, anche se su un campione limitato, non contribuirebbero sostanzialmente al rischio di emorragia.

I moderni metodi diagnostici per la determinazione dell'anatomia cerebrale del neonato hanno permesso un'ulteriore conoscenza di questa patologia. La tomografia assiale computerizzata (TAC) è in grado di rilevare sottili alterazioni di architettura cerebrale. L'ultrasonografia cerebrale è sensibile nei casi l'emorragia è di lieve grado; può essere non sufficientemente specifica per alcune aree cerebrali e tende a sovrastimare le emorragie di grado più elevato. Gli sforzi terapeutici tesi a prevenire l'emorragia cerebrale hanno avuto successi limitati. L'uso di barbiturici per ridurre il metabolismo cerebrale e stabilizzare il neonato hanno avuto risultati variabili (17). Recenti studi effettuati con l'ultrasonografia (18,19,20) e su reperti autoptici (21) hanno mostrato che il danno cerebrale insorto prima del travaglio è molto più frequente di quanto sia abitualmente ritenuto.


Emiplegia spastica

L'emiplegia spastica è una forma infrequente di paralisi cerebrale e la sua incidenza è mutata poco nelle ultime tre decadi ; questa osservazione epidemiologica escluderebbe le cause associate alla nascita. I dati del National Collaborative Perinatal Project hanno permesso di associare l'area del danno cerebrale con la posizione della testa fetale durante il travaglio di parto (22). Viene ipotizzata un'associazione con una insufficienza vascolare prenatale. Questa patologia neurologica di lato è associata con un rischio aumentato di epilessia, che non comparirà nel periodo neonatale, ma successivamente durante un episodio febbrile o una malattia dell'infanzia.


Quadriplegia spastica

Questa patologia è caratterizzata dal deficit neurologico più esteso ed è frequentemente accompagnata da ritardo mentale (23,24). Il trauma e l'asfissia sono stati implicati come possibili cause, ma il ruolo del danno intervenuto prima dell'inizio del travaglio o un'aumentata sensibilità all'insulto ipossico necessitano di una maggiore attenzione. Molti bambini sono nati da gravidanze ad alto rischio e grave intolleranza al travaglio di parto. L'impossibilità a sopportare la fisiologica ipossia causata dall'attività contrattile è stata correlata con episodi di ipossia occorsi durante la gravidanza. Esistono predisposizioni antecedenti il travaglio che possono determinare una diminuzione delle capacità di adattamento all'ipossia fisiologica del travaglio e a richiedere l'espletamento del parto con emergenza; tuttavia, qualsiasi sia la causa del danno, il travaglio può determinare un aggravamento delle condizioni di tenue stato di benessere causato da una condizione preesistente. Questi bambini rappresentano i soggetti più frequentemente coinvolti nei procedimenti giudiziari per "malpractice".


Quadri atetosici, atassici, distonici e misti

Queste quadri di paralisi cerebrale rappresentano forme rare. L'assistenza neonatale, attraverso il monitoraggio della bilirubina, ha ridotto l'incidenza di queste forme: In alcuni casi, può essere scoperta una predisposizione genetica (25,26); l'anamnesi familiare rappresenta un punto cruciale per comprendere l'etiologia ed evitare la ricorrenza. Se si eccettua la prematurità, vi è una forte tendenza a ricondurre il danno neurologico ad un'etiologia prenatale per quei casi non associati ad encefalopatia neonatale. Le infezioni possono agire sinergicamente con l'effetto tossico dell'iperbilirubinemia.


Ritardo mentale

Sebbene l'uso degli indici del quoziente intellettivo (QI) abbia dei limiti, la definizione del ritardo mentale può essere effettuata esclusivamente con l'uso dei tests specifici. Il QI medio è 100 con una deviazione standard di 15. Le deviazioni standard al disotto della media definiscono il confine con il ritardo mentale.

Generalmente viene accettata la seguente classificazione:

Indice del quoziente

Grado di funzione intellettivo

85-115

Normale

70-85

Limite basso della norma

55-70

Ritardo mentale medio

40-55

Ritardo mentale moderato

25-40

Ritardo mentale grave

< 25

Ritardo mentale profondo


I fattori prenatali e genetici rappresentano le cause maggiori del ritardo mentale grave. L'incidenza di questa patologia è di 3 bambini su 1000 (4).
I fattori perinatali (di etiologia multipla) sono associati al 10% delle cause di ritardo mentale grave.

Il ritardo mentale come singola entità, non associato quindi all'epilessia o alla paralisi cerebrale, è generalmente associato all'ipossia nel 5% circa dei casi. Questi dati contrastano con i dati riscontrati nel ritardo mentale associato a paralisi cerebrale in cui vi è una forte correlazione con gli eventi perinatali.


Epilessia

Il concetto generale che l'epilessia sia correlata con un insulto alla nascita può non essere valido. In assenza di altre malattie, l'epilessia è una sindrome isolata non associata con il periodo perinatale. L'epilessia, quando è presente in un bambino affetto da paralisi cerebrale, può riconoscere le stesse cause che hanno determinato la paralisi cerebrale. L'epilessia pura non è correlata ad alcuna complicazione materna come: metrorragie, eclampsia, complicanze del parto e bassi indici di Apgar.


Fattori intrapartum

La popolazione fetale a rischio per danno cerebrale durante il periodo espulsivo non è ancora definita. Disfunzioni neurologiche , come l'epilessia o come il ritardo mentale puro, sono raramente associati ad eventi inerenti il parto.

Durante il periodo espulsivo, come in tutti gli stadi dello sviluppo del feto, sono presenti molteplici fattori di rischio, che possono influenzare la funzione neurologica. Gli indicatori clinici per il rischio di asfissia durante il periodo espulsivo sono limitati. Il termine asfissia è spesso confuso con il danno. Un rischio di asfissia è spesso classificato con la diagnosi di asfissia. Ad esempio, le decelerazioni periodiche della frequenza cardiaca, la tachicardia o l'acidosi non sono parametri specifici per l'asfissia; infatti, essi rappresentano una funzione fisiopatologica del cuore. Le alterazioni della frequenza cardiaca possono avere una correlazione positiva con alcuni feti che svilupperanno un'asfissia. La maggioranza dei feti con anomalie della frequenza cardiaca, rivelate dal monitoraggio cardiaco, dalla determinazione dell'equilibrio acido-base, dalla presenza di liquido amniotico tinto di meconio o con indici di Apgar bassi hanno uno sviluppo neurologico normale. Non sono presenti, attualmente, correlazioni significative tra alterazioni della frequenza cardiaca fetale (come le decelerazioni periodiche) ed esiti neurologici sfavorevoli.


Periodo neonatale

L'emorragia cerebrale subependimale intraventricolare rimane uno dei maggiori rischi del neonato di basso peso. E' raramente osservata nella morte endouterina del feto (< al 5%) e può presentarsi nelle prime 30-36 ore di vita. L'emorragia cerebrale del prematuro coinvolge le aree centrali degli emisferi cerebrali. Nel feto a termine, invece, l'emorragia cerebrale post-asfittica colpisce elettivamente la corteccia cerebrale. Ancora una volta è d'obbligo richiamare l'attenzione sul fatto che una stessa causa può determinare, i differenti stadi di sviluppo cerebrale, differenti disfunzioni del tessuto nervoso.

L'encefalopatia ipossi-ischemica si osserva nella corticale cerebrale, ma può essere presente in tutto il cervello. Questa condizione cerebrale rappresenta il danno cerebrale maggiore ed ha un'incidenza del 3.38%odeg. nella popolazione dei nati a termine. Nei neonati prematuri, l'incidenza (nel 1986) era di 90 su 1000 neonati. Poiché i nati a termine rappresentano il 92 % di tutte le nascite e poiché sopravvivono più frequentemente, questo gruppo rappresenta la percentuale maggiore di bambini con paralisi cerebrale. Sfortunatamente, l'incidenza di paralisi cerebrale nei nati a termine non è cambiata significativamente nelle ultime due decadi. Un'alta percentuale di bambini che manifesteranno una paralisi cerebrale, come esito di un insulto occorso durante la nascita o durante il periodo prenatale, presentano sintomi neurologici entro la prima settimana di vita e, generalmente, durante le prime 12 ore di vita (4).

* Le aree di interesse scientifico includono l'identificazione anche in una fase molto precoce della vita fetale del danno cerebrale e la eventuale terapia finalizzata a ridurre o prevenire il danno cerebrale.

Identificazione e gestione delle patologie neonatali ad alto rischio

(Avroy Fanaroff et al.: Identification and management of high risk problems in the neonate. Maternal-Fetal Medicine, Creasy-Resnik: 1135,1994)

Durante gli ultimi dieci anni, l'accresciuta esperienza nell'identificazione delle gravidanze ad alto rischio è stata parallela all'incrementata conoscenza della fisiopatologia e del trattamento terapeutico della prematurità e dell'asfissia neonatale. Quando viene identificato un parto ad alto rischio, il coordinamento dell'ospedale di riferimento con un centro di terzo livello - che è esperto nell'alto rischio ostetrico e nell'assistenza neonatale - può ridurre significativamente la conseguente morbilità e mortalità materna e neonatale. L'attuale stato dell'arte dell'assistenza perinatale comprende un'équipe composta da un perinatologo e/o ostetrico, un neonatologo ed uno staff infermieristico particolarmente esperto nelle emergenze ostetriche. Il costo di una tale assistenza continua ad aumentare, ma il costo è bilanciato dal considerevole miglioramento del benessere infantile.

Al fine di promuovere le conoscenze sulle più avanzate tecniche di rianimazione neonatale, il Gruppo di lavoro di rianimazione neonatale e la Task force nazionale statunitense di rianimazione neonatale della Sezione di Pediatria perinatale dell'Accademia americana di Pediatria hanno riunito le linee guida per la formazione di personale esperto in rianimazione neonatale (Standards, 1992 JAMA; 268:2276). Questa pubblicazione riunisce i principi di rianimazione neonatale sviluppati nelle ultime 2 o 3 decadi di esperienza clinica neonatologica.

Assistenza al neonato asfittico

Il monitoraggio (cardiotocografico) prima della nascita ed una strategia medica impostata sulla prevenzione dei rischi materno-infantili è stata sempre più estesamente utilizzata per ridurre l'asfissia durante prima e subito dopo la nascita. Tuttavia, anche con il nostro corrente livello di esperienza un bambino può nascere dopo aver sofferto un'ipossia e/o ipoperfusione in utero. Per questi neonati è richiesto un elevato grado di esperienza in rianimazione (neonatale). Il danno ipossi-ischemico in utero può portare ad una forma di depressione centrale della respirazione che viene definita "apnea secondaria". Un neonato che presenti una tale forma di apnea non risponde agli stimoli. Deve essere iniziata una ventilazione artificiale con ossigeno se il neonato presenta una depressione respiratoria e cardiocircolatoria. E' necessario, in questo caso, provvedere ad una ventilazione con pressione positiva con maschera. Questo presidio terapeutico ripristinerà rapidamente l'ossigenazione cerebrale ed il neonato riprenderà il controllo autonomo della respirazione. Mentre si assiste alla ventilazione con pressione positiva, deve essere valutata la frequenza cardiaca. Se il bambino ha sofferto una prolungata asfissia, la frequenza cardiaca può essere depressa; la ventilazione può riportare la frequenza cardiaca oltre i 100 battiti / minuto, con un conseguente innalzamento della gittata cardiaca. Dopo la stabilizzazione dei parametri (respiratori e cardio-circolatori) il neonato dovrà essere sottoposto a monitorizzazione per prevenire la ricorrenza di apnea; l'ossigenoterapia deve essere protratta fino alla scomparsa della cianosi. Se il neonato ha sofferto un'asfissia di grado maggiore, è più difficile ristabilire la respirazione autonoma, la normale frequenza cardiaca e l'ossigenazione. Se il neonato non risponde alla ventilazione con maschera e la frequenza cardiaca rimane al disotto di 80 battiti / minuto, due altre tappe rianimatile debbono essere considerate ed effettuate il più rapidamente possibile. Se dopo 15 o 30 secondi di ventilazione con pressione positiva la frequenza cardiaca non aumenta, deve essere iniziato un massaggio cardiaco esterno con una frequenza di 120 volte / minuto e continuate per provvedere a supportare la circolazione e a minimizzare gli effetti dell'ipoperfusione. Inoltre, l'intubazione endotracheale deve essere prontamente effettuata se il neonato non risponde alla ventilazione con pressione positiva con maschera, o se è richiesta una ventilazione con pressione positiva prolungata. Intubare un neonato richiede esperienza ed abilità, e questa procedura deve essere effettuata da personale specializzato nella rianimazione neonatale. Anche nel neonato moderatamente depresso, il ripristino della circolazione e la ventilazione artificiale miglioreranno significativamente il colorito e la perfusione (ematica) entro 5 minuti di vita, e il supporto cardiorespiratorio non sarà più necessario.

Rianimazione avanzata e problemi specifici del neonato con asfissia severa

L'uso di farmaci vasoattivi può essere necessario in quei rari neonati che presentano una frequenza cardiaca inferiori a 80 battiti / minuto malgrado un'adeguata ventilazione ed un massaggio cardiaco esterno per un tempo non inferiore a 30 secondi. L'epinefrina, i "volume expanders" ed il sodio bicarbonato sono i farmaci per la rianimazione neonatale avanzata che dovrebbero essere disponibili in tutte le sale parto. Due vie di somministrazione sono disponibili nella rianimazione del neonato durante un'emergenza: L'epinefrina può essere somministrata per via endotracheale; attraverso questa via vi è un rapido assorbimento in circolo. Per la somministrazione di "volume expanders" o bicarbonato di sodio la via venosa ombelicale presenta un accesso rapido e conveniente. L'epinefrina è il primo farmacia cui ricorrere (pensare) durante la rianimazione avanzata. L'epinefrina aumenta la forza contrattile e la frequenza cardiaca e può essere somministrata alla dose da 0.1 a 0.3 ml / kg (alla concentrazione di 1:10.000) per via endovenosa o endotracheale; la somministrazione può essere ripetuta ogni 5 minuti. Generalmente entro 15-30 secondi si ottiene un miglioramento della frequenza cardiaca e della perfusione ematica.

Il neonato affetto da asfissia severa può presentare shock da asfissia, da emorragia, da sepsi, da insufficienza polmonare, da malformazione cardiaca. gli eventi prima della nascita possono fornire delle indicazioni utili a prevedere la possibilità che il neonato possa presentare una condizione di shock (ad esempio se la madre ha avuto un distacco di placenta normalmente inserta o se è stata diagnosticata, prima del parto, una severa depressione del feto.

Durante un'ipossia prolungata, la diminuita concentrazione tissutale di ossigeno può portare ad un'acidosi metabolica. Quando è stata assicurata una ventilazione al neonato asfittico e l'acidosi metabolica è documentata o è fortemente sospettata dalla sintomatologia clinica, può essere somministrato sodio bicarbonato alla concentrazione di 2mEq / kg di una soluzione 0.5 mEq / ml (4.2%) per via endovenosa. La risoluzione dell'acidosi metabolica invertirà la vasocostrizione polmonare e aiuterà a ristabilire il normale metabolismo aerobico. Il bicarbonato di sodio non deve essere somministrato se la ventilazione non è stata ristabilita poiché comporterà un accumulo di CO2 nel sangue e vi sarà una persistenza dell'acidosi metabolica.

Nella condotta clinica dello shock l'espansione del volume ematico rappresenta (il primo) uno dei primi provvedimenti terapeutici. Questa terapia è efficace nei casi di ridotto volume ematico causato da perdita di sangue o da vasodilatazione da sepsi.

Patologia del funicolo (Pescetto, De Cecco, Pecorari, Ragni, Manuale di Ginecologia e Ostetrica, 2deg. vol., Ostetricia, pag 1367 e seguenti, Società Ed. Universo, 1992)

La patologia del funicolo comprende alcune anomalie, che riguardano le sue modalità di inserzione e le sue dimensioni; comprende inoltre l'esistenza di nodi ed alcune condizioni caratterizzate da anomalie strutturali (Stoppelli e coll. 1987); infine, comprende il prolasso e la procidenza del funicolo.
Nodi e torsioni (pag. 1370)
I nodi veri consistono in un reale annodamento del funicolo: la loro frequenza non supera l1%0 dei parti. Il nodo vero si forma quando il feto, con i suoi movimenti attivi, penetra in un'ansa formata dal cordone. Di solito si tratta di un nodo semplice, ma sono stati descritti anche nodi doppi e tripli. E' abbastanza raro che un nodo vero porti alla morte del feto perché la gelatina di Wharton e la pressione idrostatica dei vasi ombelicali impediscono che il nodo si stringa completamente.
Comunque, quando ciò avviene, il disturbo emodinamico è simile a quello descritto a proposito della compressione funicolare in caso di giri di funicolo, ma le conseguenze sono più gravi perché i movimenti reattivi del feto, invece che diminuire la compressione, la accentuano stringendo ulteriormente il nodo.
Lo stringersi dei nodi veri del funicolo è favorito quando vi è scarsità di gelatina di Wharton o quando la pressione arteriosa e venosa del circolo fetale si abbassano in modo abnorme.
Un modesto grado di torsione del funicolo lungo l'asse longitudinale è presente in quasi tutti i casi. E' più raro che la torsione sia multipla ed è ancor più raro che essa sia così accentuata da causare disturbi emodinamici simili a quelli descritti per il nodo vero.
Anomalie di struttura (pag. 1370)
Talvolta vi è un aumento eccessivo della gelatina di Wharton, tanto che il diametro del funicolo può raggiungere i 3 cm; invece, altre volte, la gelatina di Wharton può essere molto scarsa.
Quasi sempre la presenza di abbondante gelatina di Wharton è associata ad una placenta voluminosa, mentre la scarsità è associata ad ipotrofia placentare. mentre l'aumento eccessivo della gelatina di Wharton non sembra associato a rischi particolari, la diminuzione della sua quantità e del suo turgore determina una minore protezione dei vasi del funicolo verso fatti compressivi (sempre possibili anche in assenza di giri o nodi veri) e verso il pericolo che si formi un'ansa procidente. Un feto piccolo per la data, collegato ad una placenta ipotrofica per mezzo di un funicolo sottile e povero di gelatina di Wharton, si trova in una condizione di grave pericolo permanente; infatti, brevi episodi di asfissia, irrilevanti per un feto normale, possono in questo caso provocare la morte fetale quasi istantanea, causando una ipotensione acuta ed una grave compromissione nella circolazione funicolare. Anche nella gravidanza protratta una componente del rischio fetale è collegata col fatto che la gelatina di Wharton sovente perde il suo turgore.

Anomalie del cordone che impediscono il flusso ematico (Williams Obstetrics, 19th Edition, Prentice-Hall International Inc., 1993:746-747)

Molte anomalie meccaniche e vascolari del cordone ombelicale sono responsabili della riduzione il flusso ematico feto-placentare.

Nodi del cordone

I falsi nodi, che sono causati dall'attorcigliamento dei vasi per adattarsi alla lunghezza del cordone, debbono essere distinti dai nodi veri, che sono causati dai movimenti attivi del feto. Su circa 17.000 nascite osservate nel Collaborative Study on Cerebral Palsy, Spellacy et al (Spellacy WN, Gravem H, Fish RO: The umbilical cord complications of true knots, nuchal coils and cords around the body: Am J Obstet Gynecol 94:1136, 1966) hanno riscontrato un incidenza di nodi veri dell'1.1%. Le morti perinatali da nodi veri di funicolo sono del 6%. L'incidenza di nodi veri è particolarmente elevata nei gemelli monoamniotici.

Procidenza e prolasso (pagg. 1371,1372)

Il prolasso di funicolo si manifesta clinicamente con i segni di una sofferenza fetale grave. il battito cardiaco fetale diviene rapidamente bradicardico e aritmico. Se il prolasso avviene durante il travaglio di parto, la sofferenza fetale aumenta ad ogni contrazione uterina, in rapporto alla maggiore compressione che la parte presentata esercita in quel momento sul funicolo ed al protrarsi della compressione stessa; vi è emissione di meconio; infine si giunge in un tempo relativamente breve alla morte del feto.

Nella patogenesi della sofferenze fetale in questo tipo di complicazione interviene non solo la compressione meccanica sul funicolo esercitata dalla parte presentata, ma anche l'ostacolo al flusso del sangue rappresentato dall'angolatura dei vasi a livello dell'ansa prolassata e, forse, anche ad un riflesso di tipo vagale dovuto alla stimolazione meccanica del funicolo ed al diminuito ritorno venoso al cuore del feto.

Il prolasso di funicolo costituisce quindi una delle complicazioni ostetriche più gravi nei riguardi della vita fetale, mentre i pericoli per la madre sono legati soprattutto agli interventi operativi, che devono essere eseguiti spesso in condizioni di grande urgenza.

La sofferenza fetale acuta (asfissia fetale) (pagg. 1043 e seguenti)
Tutte le condizioni che interferiscono col trasporto dell'ossigeno dall'atmosfera ai tessuti fetali possono essere causa di sofferenza fetale asfittica. Molto schematicamente si può parlare di:

In pratica non è indispensabile e non è sempre possibile fare una diagnosi differenziale minuziosa dei vari fattori causali; ciò che conta è riconoscere tempestivamente l'esistenza della condizione di sofferenza fetale asfittica e liberare al più presto il feto da una condizione potenzialmente mortale.

Determinazione del benessere fetale durante il parto

J. Martin Tucker and John C. Hauth (Clinical Obstetrics and Gynecology, Obstetrics Emergencies, K.J. Leveno and E.Y Adashi Ed., 1990, 33;3:515-525)

L'obiettivo della sorveglianza delle condizioni del feto durante il travaglio è la ricerca degli eventi che, continuando, possano probabilmente portare ad un danno feto-neonatale o alla morte. Questo obiettivo è funzione della sufficiente sensibilità dei metodi di sorveglianza che permettano di intervenire prima del danno fetale permanente. Gli strumenti (di sorveglianza) correntemente disponibili hanno come obiettivo la determinazione dell'equilibrio acido-base e, indirettamente, dell'ossigenazione fetale. Una immediata e grave condizione del neonato (prolungato indice di Apgar >= 3) confermata da una ipossia intrapartum (acidemia severa a livello dell'arteria ombelicale con pH< 7.0 con una componente metabolica) è stata associata con un aumentata incidenza di complicanze neonatali attribuibili alla "asfissia". Tuttavia, né le immediate complicanze neonatali, né gli esiti neurologici sfavorevoli a distanza sono bene correlati con i nostri correnti metodi di sorveglianza fetale.
Sfortunatamente, i termini come fetal distress (pericolo fetale o depressione fetale) e asfissia sono stati usati per descrivere diversi eventi intrapartum. Il Dizionario Webster's Collegiate definisce distress come " lo stato di essere in grave sofferenza" e "asfissia" come "la mancanza di ossigeno o l'interruzione della respirazione". In ostetricia, queste situazioni assolute capitano molto raramente, se mai capitano. Ma questi termini generano confusione (sono mal compresi). Inoltre, il nostro limitato livello conoscitivo della patogenesi del danno neurologico del feto e del neonato hanno impedito una precisa definizione della "sofferenza fetale". La sofferenza fetale o asfissia è stata variamente applicata ai neonati con media acidosi (acidemia) al livello dell'arteria ombelicale, a tutti i travagli complicati da liquido amniotico tinto di meconio, ai neonati con bassi Indice di Apgar a 1 e a 5 minuti, o, più comunemente, con un patologico (e non rassicurante) monitoraggio della frequenza cardiaca fetale. Queste definizioni (modi di dire) sono aspecifici, imprecisi e presentano un basso valore predittivo per le immediate complicazioni attribuibili all'asfissia o per gli esiti neurologici sfavorevoli a lungo termine.

Considerazioni di fisiologia


Il feto è dipendente dagli scambi placentari per l'ossigeno, per i nutrienti e per il trasferimento dei prodotti (di scarto) del catabolismo. Gli scambi avvengono negli spazi intervillosi dove i villi placentari - ricchi di capillari fetali - si bagnano nel sangue materno. Il trasferimento nei due compartimenti materno-fetale (nelle due direzioni) avvengono attraverso questa "membrana semipermeabile".

Il travaglio rappresenta una condizione di stress per il feto. Le contrazioni uterine ostacolano il flusso ematico nello spazio intervilloso proporzionalmente alla loro durata, alla loro intensità e frequenza. Ma, ogni contrazione interrompe brevemente l'apporto di ossigeno al feto. inoltre, la compressione del cordone ombelicale, con o senza contrazioni, interrompe il flusso di ossigeno al feto. La pressione di ossigeno media normale al livello della vena ombelicale è di 28-30 mmHg. Questa molto bassa pressione è ben tollerata da un feto in buona salute perché sia la concentrazione di emoglobina fetale che la frequenza cardiaca fetale (120-160 battiti / minuto) sono elevate. Il legame dell'ossigeno, idrogeno e anidride carbonica sono differenti nel feto e nella placenta rispetto al compartimento materno poiché differente è il grado di acidemia fetale. Questo effetto Bohr permette un assorbimento di ossigeno più efficiente nella placenta ed una migliore cessione di ossigeno ai tessuti fetali. Il metabolismo medio basale del feto è marcatamente più basso rispetto a quello del neonato. I feti normali generalmente tollerano brevi interruzioni dell'apporto di ossigeno. L'interruzione del trasporto di nutrienti è tollerata per periodi più lunghi per le riserve placentari e fetali.

Normalmente, la vita fetale avviene attraverso un metabolismo ossidativo. I radicali acidi gassosi diffondono rapidamente attraverso la placenta nella circolazione ematica materna per mantenere l'omeostasi fetale. Durante i periodi di diminuito rifornimento di ossigeno, il metabolismo fetale viene convertito in metabolismo anaerobio, con la formazione di acidi organici come l'acido lattico. Questi acidi organici attraversano lentamente la placenta. Tuttavia, il sistema tampone fetale può mantenere un pH normale per un certo periodo di tempo. Le sostanze tampone materne (come il bicarbonato) diffondono lentamente attraverso la placenta mentre l'anidride carbonica diffonde rapidamente. L'interruzione prolungata dell'apporto di ossigeno comporterà un'acidosi metabolica nel feto. I chemocettori ed i barocettori fetali sono recettivi alle modificazioni del pH, della pressione di anidride carbonica e della pressione di ossigeno. Questi recettori regolano la circolazione fetale e possono modificare la frequenza cardiaca del feto. Sfortunatamente, queste modificazioni della frequenza cardiaca fetale sono frequentemente aspecifiche ed hanno una scarsa correlazione con le condizioni neurologiche sia immediatamente dopo la nascita che con quelle a lungo termine. La durata ed il grado dell'acidosi metabolica e dell'ipossia che risulteranno in un danno neurologico al feto umano non sono conosciute.

Un feto in buona salute tollera bene lo stress del travaglio. Tuttavia, anomalie placentari, malattie materne o un'eccesiva attività contrattile uterina possono comportare, anche ad un feto normale, uno sfavorevole stress da travaglio. Un feto che è congenitamente compromesso (ad esempio in caso di ritardato accrescimento intrauterino, o di infezione virale, o di malattie genetiche) può non possedere le necessarie riserve e può mostrare, durante il travaglio, una frequenza cardiaca patologica. Il termine "sofferenza fetale" (fetal distress) è stato spesso usato anche per le variazioni minori o maggiori della frequenza cardiaca fetale. Questa abitudine ha portato a conclusioni ingiustificate sugli esiti fetali sia a breve che a lungo termine in relazione all'andamento della frequenza cardiaca fetale.

Asfissia perinatale e paralisi cerebrale (Tucker and Haute, Clinical Obsterics and Gynecology, 1990; 33,3: 516 e seguenti)

Gran parte del nostro interesse in tema di sorveglianza del benessere fetale intrapartum, nelle ultime due decadi, è collegato alle relazioni esistenti tra lo stato di salute del feto durante il travaglio e gli esiti a lungo termine. I non addetti ai lavori ritengono che la paralisi cerebrale sia, nella maggior parte dei casi, l'esito di una non corretta condotta ostetrica durante il travaglio o durante il parto. Inoltre, sulla base dell'erroneo concetto che tutti i feti all'inizio del travaglio siano in condizioni neurologiche "perfette", è stato supposto che un tempestivo taglio cesareo avrebbe potuto prevenire la maggior parte delle paralisi cerebrali.

Negli Stati Uniti, vi sono oltre 750.000 casi di paralisi cerebrale, con una frequenza di 1-2 casi ogni 1000 parti a termine. Al momento attuale delle conoscenze, le patologie neurologiche neonatali ed infantili comprendono i fattori citogenetici e metabolico-genetici, le infezioni intrauterine e, in special modo la prematurità ed il basso peso neonatale. Non più del 15% delle paralisi cerebrali, con o senza ritardo mentale, possono essere correlate ad eventi accaduti durante la nascita. Nelson ed Ellenberg studiarono 189 casi di bambini con paralisi cerebrale e trovarono che il "5% della popolazione che presentava un più alto rischio contribuì per il 34% dei casi. Quando il fattore di rischio "assistenza ostetrico-neonatologica" si aggiungeva, questo 5% ad elevato rischio contribuiva solo per il 37% dei casi di paralisi cerebrale. Ma, l'aggiunta delle informazioni degli eventi relativi alla nascita e al periodo neonatale incrementava solo lievemente di più il numero delle paralisi cerebrali rispetto a quando le considerazioni venivano effettuate sulle correlazioni basate sulle caratteristiche identificate prima che il travaglio iniziasse."

L'Indice di Apgar è nato nel 1952 come mezzo di richiamare l'attenzione sulla necessità di rianimare il neonato. per molti anni i medici responsabili dell'assistenza neonatale hanno tentato di correlare questo Indice con gli eventi del parto: ma, un basso Indice di Apgar (<=3) è stato spesso considerato sinonimo di asfissia. Sebbene vi sia un lieve aumento del rischio di paralisi cerebrale in un bambino che presenti un Indice di Apgar a 5 minuti da 0 a 3 (approssimativamente l'1% di rischio), non vi sono basi per determinare retrospettivamente il benessere fetale basato solo sull'Indice di Apgar. Il solo parametro "Indice di Apgar basso a 5 minuti" non può far confermare che una successiva paralisi cerebrale sia stata causata da un insulto fetale durante il parto. L'Indice di Apgar è influenzato da fattori fisiologici, dall'immaturità, dalla sedazione materna, dalla presenza di malformazioni congenite, e da molti altri fattori.

L'incidenza di paralisi cerebrale nei bambini che erano nati a termine non è diminuita negli ultimi 10-20 anni, malgrado un miglioramento dell'assistenza ostetrica e neonatologica.

Con l'avvento del monitoraggio elettronico della frequenza cardiaca fetale era stato predetto che avremmo assistito ad una significativa riduzione della morbilità neonatale immediata e ad una conseguente riduzione degli esiti neurologici sfavorevoli a lungo termine. Non è questa la condizione poiché l'incidenza degli esiti neurologici sfavorevoli è simile nelle donne sottoposte a sorveglianza della frequenza cardiaca con auscultazione intermittente ed in quelle sottoposte a monitoraggio elettronico continuo. La giurisprudenza (legal community) ha frequentemente tentato di correlare i nostri correnti metodi di valutazione del benessere fetale (ad esempio il monitoraggio in continuo della frequenza cardiaca fetale) con gli esiti neurologici sfavorevoli. Sebbene l'andamento di alcuni tracciati della frequenza cardiaca fetale non rassicuranti siano stati associati a bassi Indici di Apgar e / o a bassi valori del pH al livello dell'arteria ombelicale, nessuno è stato correlato con gli esiti neurologici sfavorevoli a distanza. Talvolta, l'andamento non rassicurante della frequenza cardiaca fetale - come unico parametro - non permette la diagnosi di asfissia e non è causa della successiva paralisi cerebrale.

La paralisi cerebrale è il solo deficit neurologico chiaramente legato ad un insulto fetale avvenuto durante il parto , ma come precedentemente sottolineato, non c'è un singolo metodo di valutazione del benessere fetale, durante il parto, che comprovi questa correlazione. Si può presumere che una reale ipossia cerebrale fetale possa portare alla paralisi cerebrale solo se sono presenti tre fattori: (1) Indice di Apgar <=3 a 10 minuti in assenza di un'altra causa, (2) l'insorgenza di convulsioni e (3) l'ipotonia muscolare per molte ore. La conferma dell'ipossia intrapartum può essere ottenuta per mezzo della dimostrazione dell'acidemia metabolica sul sangue del cordone ombelicale. In assenza di questo criterio, gli eventi occorsi durante il parto non possono attribuiti allo sviluppo successivo della paralisi cerebrale.


Metodi di valutazione fetale intrapartum (Tucker and Hauth, Clinical Obstetrics and Gynecology, 1990: 33,3: 518)


Monitoraggio della frequenza cardiaca fetale


Il monitoraggio continuo della frequenza cardiaca fetale si è largamente diffuso fin dall'inizio degli anni 1970. Abbiamo imparato molto sulla frequenza cardiaca basale, sulla variabilità della frequenza cardiaca e sulle modificazioni della frequenza cardiaca durante le contrazioni uterine. Alcune modificazioni della frequenza cardiaca fetale sono state associate all'insufficienza placentare, alla compromissione del cordone ombelicale e al feto affetto da malformazione congenita. Ma, l'intervento basato su questi andamenti periodici come conferma della "sofferenza fetale" sono stati raccomandati per prevenire la morte del feto o la persistenza della sofferenza fetale con esisti sfavorevoli. Tuttavia, ora sappiamo che il ruolo del monitoraggio cardiotocografico è stato sovrastimato. Tutte le classificazioni dell'andamento della frequenza cardiaca fetale erano affermate sulla base della supposta capacità del monitoraggio della frequenza cardiaca fetale ad identificare i più piccoli e precoci segnali della sofferenza fetale rispetto alla auscultazione intermittente. Questa ipotesi era supportata dalla pubblicazione di Benson et al. (Benson RC, Shubeck F, Deutschberg J, et al. Fetal heart rateas a predictor of fetal distress: a report from the collaborative project. Obstet. Gynecol. 1968;32:259) che affermava che "non è attendibile l'indicazione della sofferenza fetale sulla base della singola auscultazione, salvo nel grado estremo" (there is not reliable single auscultatory indication of fetal distress, save in an extreme degree). Inoltre, molti studi retrospettivi hanno supportato i benefici della valutazione fetale con il monitoraggio continuo della frequenza cardiaca fetale.

L'iniziale entusiasmo per l'utilizzazione del monitoraggio continuo della frequenza cardiaca fetale non è stato supportato da recenti studi prospettici randomizzati sull'efficacia della valutazione del benessere fetale con monitoraggio in continuo comparato con l'auscultazione intermittente. Attualmente, otto studi scientifici pubblicati (Haverkamp AD et al. Am J Obstet Gynecol 1979; 134:399. Haverkamp AD et al. Am J Obstet Gynecol 1976; 125:310. Kelso IM et al. Am J Obstet Gynecol 1978; 131:526. Renou P et al. Am J Obstet Gynecol 1978; 131:526. Wood C et al. Am J Obstet Gynecol 1981; 141:527. Leveno KJ. N Engl J Med 1986; 315:615. MacDonald D et al. Am J Obstet Gynecol 1985; 152:523. Luthy DA et al. Obstet Gynecol 1987; 69:687) che comprendevano sia gravidanze a basso ed ad alto rischio non hanno confermato i benefici suggeriti dagli studi retrospettivi. L'ampio uso del monitoraggio di routine è attualmente messo in discussione. Il monitoraggio elettronico fetale mostra una grande sensibilità ma scarsa specificità e scarso valore predittivo nella correlazione tra sofferenza fetale e successivi esiti neonatali sfavorevoli.

Mortalità perinatale(Tucker and Hauth, pag. 518)

L'analisi retrospettiva di Paul et al. (Paul RH, Huey JE Jr, Yaeger CF. Clinical fetal monitoring. Postgrad Med 1977; 61:160) suggerisce che il monitoraggio elettronico fetale continuo diminuisce la frequenza della morte fetale durante il travaglio da due a tre volte. Tuttavia, gli Autori sottolineano che la morte del feto durante il travaglio è un evento raro (1-2 per 1000 nati al termine della gravidanza). Neutra et al. (Neutra RR, Feinberg SE, Greenland S, Friedman EA. Effect of fetal monitoring on neonatal death rates. N E J Med 1978; 299:324) ha analizzato retrospettivamente 15.846 parti di neonati vivi. Gli Autori hanno concluso che il monitoraggio elettronico fetale è chiaramente utile nelle gravidanze ad alto rischio ma che il vantaggio del suo impiego non è stato provato nelle gravidanze completamente normali. Tuttavia, il beneficio assoluto del monitoraggio elettronico fetale non può superare una vita salvata ogni 1000 feti monitorizzati elettronicamente.

Al momento attuale, sono stati riportati otto studi prospettici effettuati su di una popolazione totale superiore a 50.000 parti. Questi studi hanno osservato un'incidenza di mortalità fetale e neonatale simile nel campione di donne in cui la frequenza cardiaca fetale era stata monitorizzata con auscultazione intermittente e con monitoraggio elettronico continuo. la frequenza di auscultazione nel primo stadio del travaglio (periodo dilatante) era ogni 15 minuti in 7 degli 8 studi prospettici e, in due di questi studi veniva effettuato il prelievo di sangue per la determinazione del pH dallo scalpo fetale.

In due studi più vasti (Dallas 1 Dublino 2 .Freeman J, ed. Prenatal an dperinatal factors associated with brain disorders. US Department of Health and Human Services, Public Health Service, National Institutes of Health, NIH Publication. No 85-1149, April 1985. 2. Nelson KB, Ellenberg JH. Antecedent of cerebral palsy. N Engl J Med 1986; 315:81), l'incidenza della mortalità fetale del campione sottoposto ad auscultazione e selezionato (auscultazione di donne con rischio basso e monitoraggio elettronico fetale delle gestanti ad alto rischio) è stata di 27 su 24.125 mentre il campione sottoposto a monitoraggio elettronico fetale ha registrato 33 morti su 24.289 parti. Nessuno degli otto studi prospettici randomizzati ha osservato una diminuzione della mortalità perinatale nelle donne sottoposte a monitoraggio elettronico fetale.

Morbilità perinatale(Tucker and Hauth, pag. 519)

Gli otto studi prospettici hanno analizzato gli Indici di Apgar, le determinazione dell'emogasanalisi dei cordoni ombelicali, e le condizioni del neonato immediatamente dopo la nascita e a distanza. Solo due lavori degli otto hanno osservato un significativo beneficio del monitoraggio elettronico fetale continuo rispetto all'auscultazione intermittente. Renou et al. (Renou P, Chang A, Anderson I et al. Controlled trial of fetal intensive care. Am J Obstet Gynecol 1978; 131:526) hanno riportato che il numero di neonati che hanno richiesto una terapia intensiva erano più alti nel gruppo non monitorizzato elettronicamente e che la determinazione del pH del cordone ombelicale, della PO2 e della PCO2 mostrava valori migliori nei neonati monitorizzati elettronicamente. Lo studio di Dublino ha riportato solo 12 con convulsioni su 6.530 neonati monitorizzati elettronicamente versus 27 neonati che presentavano convulsioni nei 6.554 parti con auscultazione intermittente durante il travaglio. Tuttavia dopo 1 anno di controllo, solo tre bambini in ciascun gruppo sono stati riscontrati essere affetti da disabilità neurologiche maggiori ( che includevano la paralisi cerebrale). Gli altri sei lavori scientifici non trovavano significative differenze nei due gruppi per quanto concerne la morbilità neonatale, gli indici di Apgar, le emogasanalisi del cordone ombelicale, o di necessità di rianimazione neonatale o di terapia intensiva.

Sommario

L'American College of Obstetricians and Gynecologists recentemente ha concluso che:

" I dati attualmente disponibili suggeriscono che, entro specifici intervalli, l'auscultazione intermittente è equivalente al monitoraggio elettronico continuo nella valutazione della sofferenza fetale. Ma nessun singolo metodo è preferito per escludere un altro nella valutazione del benessere fetale"

Noi desideriamo ulteriormente sottolineare che la valutazione della frequenza fetale è solamente un test e deve essere integrato nel parere di un ostetrico esperto insieme al complesso delle circostanze di una particolare gravidanza considerando il potenziale esito sfavorevole. Il sospetto clinico di sofferenza fetale comprende molto più della normalità o della non normalità della frequenza cardiaca fetale ad ogni particolare momento ma deve considerare l'intera quadro clinico. Leveno et al. (Leveno KJ, Cinningham FG, Pritchard JA. Ceasarean section: an answer to the House of Horne. Am J Obstet Gynecol 1985; 153:838) hanno suggerito la definizione di "rischio fetale" (fetal jeopardy). La presenza di meconio denso, oligoidramnios, ritardato accrescimento fetale o altre severe complicazioni materne o fetali debbono tutte essere considerate in ogni situazione in cui è sospettata la compromissione fetale. Il termine "sofferenza fetale" è diventato più che un termine improprio. In molti centri è considerato uno dei tre fattori responsabili per il recente marcato incremento dei tagli cesarei. Molti di queste modalità del parto che hanno avuto come indicazione una "sofferenza fetale" sono probabilmente non necessarie. L'iniziale entusiasmo per la determinazione del pH fetale attraverso il prelievo capillare dallo scalpo fetale non ha avuto successo. E' necessario migliorare i metodi per la valutazione del benessere fetale intrapartum. Nel frattempo la condizione fetale e, quindi, la sofferenza fetale deve essere valutata con le nostre attuali tecnologie non-specifiche.

Interpretazione: tracciati non rassicuranti della frequenza cardiaca fetale

Alcuni ricercatori hanno definito "normali" e "patologici" i tracciati della frequenza cardiaca fetale. Attualmente, c'è una scarsa correlazione tra tracciati patologici ed esiti neonatali sfavorevoli. Termini diagnostici come ipossia, asfissia e sofferenza fetale sono stati dati erroneamente a questi andamenti anomali. Poiché la sola frequenza cardiaca fetale non può diagnosticare una sofferenza fetale, noi abbiamo raccomandato il termine non rassicurante per quei tracciati che possono essere indicativi di sofferenza fetale. Tre tracciati debbono essere considerati non rassicuranti: (1) una frequenza fetale inferiore a 100 battiti / minuto, (2) una frequenza cardiaca fetale inferiore a 100 battiti / minuto 30 secondi dopo una contrazione, e (3) un'inspiegabile persistente linea di base fetale tachicardica, oltre 160 battiti / minuto. L'assenza di variabilità (3/8 battiti / minuto) della frequenza cardiaca fetale può indicare ipossia fetale, acidemia, uno stato di sonno fetale, o l'effetto di farmaci somministrati alla madre. Una variabilità assente o minima non permette, da sola, la diagnosi di sofferenza fetale, ma deve essere considerata un tracciato non rassicurante. Periodiche modificazioni della frequenza cardiaca fetale sono meglio documentate per mezzo del monitoraggio elettronico continuo. ogni modifica comprende accelerazioni e decelerazioni precoci, variabili e tardive. Solo alcune decelerazioni variabili e tardive sono considerate non rassicuranti. Una decelerazione variabile è un riflesso-mediato della frequenza cardiaca fetale generalmente causato dalla compressione del cordone ombelicale. Le decelerazioni variabili non hanno una relazione costante con le contrazioni poiché possono presentarsi prima, durante o dopo una contrazione.La morfologia della registrazione delle decelerazioni può essere varia. Generalmente, le decelerazioni variabili non hanno rilevanza clinica. Debbono invece essere considerate non rassicuranti quando sono presenti diminuzioni ripetitive inferiori a 70 battiti / minuto, (per almeno 60 secondi) e / o se le decelerazioni variabili presentano un tardivo ritorno alla frequenza basale. La decelerazione tardiva è una diminuzione della frequenza cardiaca fetale che inizia dopo l'inizio di una contrazione che non ritorna alla frequenza cardiaca basale se non dopo la fine della contrazione. Le decelerazioni tardive possono essere mediate dal nervo vago e associate con una normale variabilità di base. Le decelerazioni tardive con queste caratteristiche sono probabilmente insignificanti. Tuttavia, le decelerazioni tardive con ridotta variabilità sono associate con uno stato di acidemia fetale in oltre il 50 % dei casi. Tali decelerazioni debbono essere considerate andamenti non rassicuranti della frequenza cardiaca fetale. Le alterazioni non-periodiche della frequenza cardiaca di base comprendono la bradicardia e la tachicardia non associata alle contrazioni. La bradicardia persistente con frequenza cardiaca fetale inferiore a 70 battiti / minuto, con o senza variabilità di base debbono essere considerate veramente non rassicuranti (especially nonreassuring). Una tachicardia di grado medio può essere indicativa della somministrazione di farmaci alla madre, come atropina o beta-simpaticomimetici o di infezione fetale. Una severa e persistente tachicardia deve essere considerata non-rassicurante. Un'altra condizione non rassicurante è il tracciato di tipo sinusoidale. Tutte le condizioni di frequenza cardiaca fetale non rassicurante precedentemente descritte sono state associate con bassi Indici di Apgar e a bassi valori del pH fetale, specialmente quando le alterazioni della frequenza cardiaca sono associate. Tuttavia, gli esiti neurologici sfavorevoli immediati o a lungo termine sono scarsamente correlabili con le descritte alterazioni della frequenza cardiaca.

Liquido amniotico tinto di meconio (Tucker and Hauth, pag. 522)

L'espulsione di meconio frequentemente è un sintomo di sofferenza fetale. Molte teorie esistono sulle cause di questo fenomeno, compreso quella che afferma che il fenomeno sia da imputare alla ipossia fetale. Il liquido amniotico tinto di meconio può comparire durante la fase dilatante o durante la fase espulsiva. Tuttavia, il suo significato è ancora poco chiaro. La sindrome da aspirazione di meconio può causare un significativo aumento della mortalità e della morbilità nel periodo neonatale. Tuttavia, l'osservazione di un liquido tinto di meconio durante il periodo espulsivo, come unico sintomo, non è patognomonico di sofferenza fetale. Il liquido tinto di meconio deve essere considerato nel complesso totale del quadro clinico, insieme alle altre metodiche di valutazione delle condizioni fetali.


Metodi di prevenzione della sofferenza fetale e di intervento (Tucker and Hauth, pag 522,23,24)

Prevenzione

Sebbene noi non possiamo definire in maniera precisa la sofferenza fetale, noi siamo spesso di fronte ad una situazione in cui è sospettata una situazione critica ( o di pericolo) del feto. Nella maggior parte delle volte, il sospetto è basato su di un'alterazione non-rassicurante della frequenza cardiaca fetale. Meno frequentemente, un valore limite del pH fetale, il liquido tinto di meconio, o una combinazione dei fattori di alto-rischio portano alla diagnosi di fetal distress. Qualunque sia il motivo, il sospetto di sofferenza fetale è una emergenza ostetrica per cui deve essere definito un piano di azione. Molta attenzione deve essere diretta a normalizzare la frequenza cardiaca fetale. Tuttavia, noi ancora una volta sottolineiamo l'importanza di valutare la complessità totale del quadro clinico quando si decide per l'intervento.
Il trattamento della sofferenza fetale inizia con misure preventive. Queste precauzioni si applicano non solo alle gravidanze ad alto rischio, ma a tutte le donne in travaglio. Le gestanti debbono essere in decubito inclinato lateralmente per prevenire l'ipotensione supina nella madre (effetto Poseiro). inoltre questa posizione previene la compressione dell'aorta distale che può diminuire il flusso ematico uterino. Il travaglio è spesso stimolato con ossitocina sia nelle pazienti con gravidanza normale, sia con gravidanza ad alto rischio. L'ossitocina può causare contrazioni uterine prolungate o anche più frequenti. Queste possono diminuire il flusso ematico nella camera intervillosa della placenta ed interrompere il flusso di ossigeno al feto. L'ossitocina deve essere somministrata con precisione e (possibilmente) con una pompa da infusione. Deve essere somministrata la dose più bassa possibile sufficiente a stabilire un travaglio adeguato. L'infusione di ossitocina deve essere interrotta in caso di alterazioni non-rassicuranti della frequenza cardiaca fetale. Infine, l'ostetrico deve conoscere gli effetti comuni materni e / o fetali associati alla anestesia regionale. L'anestesia spinale ed epidurale viene usata largamente e senza pericolo. Queste tecniche sono generalmente associate con qualche grado di blocco del simpatico e possono raramente portare ad una grave ipotensione materna. Più frequentemente, minimi livelli di ipotensione materna possono causare una sofferenza fetale attraverso una diminuzione del flusso ematico nella camera intervillosa. In generale, l'ipotensione arteriosa associata con l'anestesia regionale può essere prevenuta attraverso l'infusione di 750-1000 ml di una soluzione contenente cristalloidi da effettuarsi prima dell'inizio della procedura anestesiologica per ottenere l'espansione del volume intravascolare materno.

Intervento

Nel caso di persistenza delle alterazioni non-rassicuranti, la valutazione e l'operatività debbono procedere con prudenza. Una moderata o severa bradicardia è la più grave delle alterazioni della frequenza cardiaca fetale. A meno che la bradicardia fetale sia rapidamente corretta, la compromissione fetale ed un danno fetale sono possibili. La bradicardia fetale può essere causata da numerosi fattori; talvolta, la modalità dell'intervento debbono essere finalizzati a questi fattori. Deve essere effettuato un esame obiettivo ostetrico, poiché la bradicardia fetale potrebbe essere causata da un prolasso di funicolo (di cordone ombelicale). Se è questa la causa, la parte presentata deve essere innalzata per togliere la compressione mentre ci si prepara per un parto immediato. L'attività uterina deve essere valutata e minimizzata; se è in corso una perfusione con ossitocina, la somministrazione deve essere interrotta. Lipshitz suggerisce la somministrazione di un tocolitico (beta-mimetico) per diminuire l'attività contrattile uterina; tuttavia, sono presenti pochi dati a supporto di questa raccomandazione. La madre deve essere messa in decubito inclinata a destra o a sinistra. Poiché la bradicardia fetale è spesso causata dalla compressione del cordone ombelicale, le posizioni materne più esagerate, così come quella ginocchia-torace possono essere richieste per normalizzare una bradicardia. Deve essere valutata la pressione arteriosa materna e trattata l'ipotensione, se presente. Il trattamento può essere effettuato con l'infusione di soluzione contenente cristalloidi, emoderivati, o farmaci simili all'efedrina, a seconda delle cause che hanno prodotto l'ipotensione arteriosa materna.

Se la bradicardia fetale persiste malgrado l'effettuazione di queste misure profilattiche, deve essere effettuato il parto immediatamente.

Un'alterazione della frequenza cardiaca fetale non-rassicurante è spesso meno drammatica al suo esordio rispetto alla moderata o severa bradicardia. La diminuzione della variabilità della frequenza cardiaca, la tachicardia fetale, le variabili severe o le decelerazioni tardive rispondono a questa descrizione. La valutazione di queste alterazioni non-rassicuranti deve essere simile a quella della bradicardia acuta. Deve essere anche inclusa una rassegna delle condizioni materne, sia per una febbre intercorrente o per un'alterazione metabolica (chetoacidosi, tireotossicosi). Inoltre, altri problemi minori medici e / o ostetrici debbono essere considerati. Le misure per ridurre le alterazioni non-rassicuranti della frequenza cardiaca fetale e riportale alla norma debbono iniziare con il trattamento di ogni problema medico e / ostetrico.

Spesso non è presente una causa evidente dell'alterazione non-rassicurante della frequenza cardiaca fetale. In ogni caso un trattamento empirico deve essere instaurato, come nel caso della bradicardia persistente atto a migliorare le condizioni materne e fetali. I cambiamenti di posizione sono importanti, l'eccessiva attività uterina deve essere evitata, un incremento del volume intravenoso materno può aumentare il flusso ematico intervilloso. Un supplemento di ossigeno alla madre può aumentare la concentrazione di ossigeno del sangue fetale. Alcuni Autori hanno suggerito l'uso dell'amnioinfusione per migliorare le decelerazioni variabili durante il periodo espulsivo. Nageotte et al. (Nageotte MP, Freeman RK, Garite TJ, Dorchester W. Prophylactic intrapartum amnioinfusion in patients with preterm premature rupture of membranes. Am J Obstet Gynecol 1985;153:357) hanno osservato che l'amnioinfusione profilattica è una tecnica che può prevenire le decelarazioni variabili in pazienti con rottura prematura delle membrane. Tuttavia, ulteriori studi sono necessari prima di usare questa tecnica e raccomandarla per un uso comune in ostetricia.

Non infrequentemente, malgrado gli sforzi finalizzati a migliorare le alterazioni non-rassicuranti della frequenza cardiaca fetale, non si ottiene un miglioramento ma può presentarsi un peggioramento dell'alterazione. Non ci sono dati precisi su cui basare delle linee guida rigorose per la decisione sulla scelta del momento in cui si debba provvedere ad un parto operativo. I campioni di sangue prelevati dallo scalpo fetale possono essere usati per aggiungersi agli altri fattori e alle linee guida precedentemente descritte, ma anche con questa tecnica possiamo ottenere dei valori limite che possono lasciarci con il dilemma. Quando persistono le alterazioni non-rassicuranti della frequenza cardiaca fetale o si ottengono dei valori limite dell'acidemia fetale, è generalmente prudente effettuare il parto, sia per via vaginale, sia per via addominale; come è più conveniente.


Criteri per l'identificazione della gravidanza ad alto rischio (Klaus and Fanaroff. Care of the high-risk neonate. 1979 W.B. Saunders Co.pag. 27)

La paziente


Anamnesi


Anamnesi ostetrica


Patologie mediche correlate alla gravidanza (passate o presenti
)


Indicazioni ostetriche per pianificare l'assistenza di un neonato ad alto rischio (Klaus and Fanaroff. Care of the high-risk neonate. pag. 30)

Fattori che suggeriscono una sofferenza fetale

Problemi materni

Altri fattori

Indice di Apgar

Segno Indice

0

1

2

Frequenza cardiaca assente inferiore a 100 superiore a 100
Sforzo respiratorio assente debole, irregolare buono, piange
Tono muscolare flaccido qualche flessione buona flessione delle estremità
Riflessi nessuna smorfia tosse o starnuto risposta (catetere nel naso)
Colorito blu, pallido corpo rosa, estremità blu completamente rosa


Attraverso un appropriato intervento con adeguate misure di rianimazione il neonato con asfissia severa può essere salvato e il danno cerebrale prevenuto o minimizzato (Klaus and Fanaroff. Care of the high-risk neonate. pag 35)

Il danno cerebrale si può presentare quando il periodo di ipossia supera i meccanismi compensatori fetali. Il danno può essere severo e manifestarsi precocemente con una sintomatologia convulsiva, paralisi cerebrale o grave ritardo intellettivo. Il danno può anche essere molto piccolo ed evidenziarsi nella prima infanzia o più tardivamente come un'alterazione dell'apprendimento in età scolare. Si può concludere che ogni sforzo deve essere fatto per identificare le potenziali caratteristiche patologiche ostetriche per poter gestire in maniera più ottimale possibile e per prepararsi ad una abile rianimazione di un neonato asfittico, se necessario.


Ipocinesia uterina (Pescetto, De Cecco, Pecorari, Ragni, Manuale di Ginecologia e Ostetricia. SEU Ed. 1992:1444)

L'ipocinesia uterina è caratterizzata da contrazioni deboli, intervallate per lo più da pause prolungate. Essa viene denominata "primitiva" quando si presenta all'inizio del travaglio e "secondaria", se insorge dopo un periodo di attività contrattile regolare. Si parla di "inerzia" quando l'attività contrattile manca del tutto. La diagnosi di ipocinesia uterina primitiva e secondaria è abbastanza facile, purché la partoriente venga sorvegliata con scrupolo; a tal fine è utile annotare il numero di contrazioni che si verificano ogni 10 minuti aggiungendo l'impressione subiettiva della loro intensità valutata palapatoriamente. Fra le cause dell'ipocinesia primitiva si ricorda che, sia pure raramente, è da considerare la somministrazione intempestiva di dosi eccessive di sedativi. Nell'ipocinesia secondaria è frequentemente in causa l'esaurimento del patrimonio energetico specifico del miometrio dopo un travaglio prolungato la cui evoluzione è stata contrastata da un ostacolo meccanico; talora sono in causa dosi eccessive di sedativi o di analgesici; qualche volta, infine è presumibile che l'ipocinesia possa essere causata dall'iperproduzione endogena di catecolamine in una paziente particolarmente ansiosa. E' di osservazione comune, ad esempio, l'ipocinesia secondaria (sia pure temporanea) che si instaura in molte pazienti non appena si applicano loro i dispositivi per la cardiotocografia o quando esse vengono trasportate sul lettino da parto all'inizio del periodo espulsivo. Se l'ipocinesia interviene durante la fase attiva, si potranno realizzare i quadri della fase attiva rallentata, dell'arresto secondario della dilatazione, della fase di decelerazione prolungata. Se l'ipocinesia interviene in periodo espulsivo, sarà ritardata l'espulsione del feto.

Il trattamento si basa soprattutto sulla somministrazione di ossitocina per infusione endovenosa.

In periodo espulsivo, oltre all'infusione di ossitocina, può essere utile l'applicazione della ventosa ostetrica quando esistono le condizioni permittenti.


Il trattamento dell'ipocinesia uterina con ossitocina va eseguito preferibilmente mediante somministrazione endovenosa: si può usare la tecnica della fleboclisi di soluzione diluita (5-10 unità in 500 ml di soluzione isotonica) o l'infusione mediante micropompa di una soluzione più concentrata. Il vantaggio principale della somministrazione endovenosa è la possibilità di calibrare la dose in rapporto alla risposta dell'utero e la possibilità di sospendere il trattamento in caso di riposta esagerata.

 


L'espressione del feto nell'utero o manovra di Kristeller (Pescetto, De Cecco, Pecorari, Ragni. Manuale di Ginecologia e Ostetricia. SEU Ed. 1992:990)

La manovra di Kristetller consiste nell'esercitare con la mano o con il braccio una serie di spinte sul fondo dell'utero in modo da coadiuvare le forze espulsive naturali ed accelerare la progressione ed il disimpegno del feto. La manovra di Kristeller è indicata:

1) in caso di ipocinesia uterina secondaria, associata ad azione deficiente dei muscoli ausiliari del parto;

2) in caso di sofferenza fetale in avanzato periodo espulsivo

3) in caso di difficoltosa espulsione delle spalle nelle presentazione cefaliche

4) come intervento coadiuvante in caso di estrazione con il forcipe o con la ventosa o in caso di assistenza al parto per il podice.

Le condizioni permittenti sono date dall'assenza di sproporzione feto-pelvica, dall'assenza di ostacoli alla progressione dovuta alla parti molli, dall'assenza di sovradistensione del segmento inferiore.

E' necessaria molta cautela in presenza di pregresse cicatrici isterotomiche. Infine, è preferibile che la parte presentata abbia raggiunto lo stretto inferiore.

Con la donna in posizione ginecologica, la pressione sul fondo uterino può essere esercitata con le mani o anche con il braccio e l'avambraccio, afferrando in quest'ultimo caso il bordo del lettino da parto con la mano e circondando col braccio e l'avambraccio il fondo dell'utero.

La pressione deve essere esercitata senza violenza, in modo sincrono con gli sforzi espulsivi della donna e con una contrazione uterina. La manovra non deve essere ripetuta, di norma, più di 3 o 4 volte.

Nonstante l'apparente innocuità, la manovra di Kristeller, specialmente se eseguita con troppa energia, comporta un certo numero di pericoli, che, in sintesi sono i seguenti:

- lesioni vaginali e perineali dovute alla forzata e talvolta improvvisa espulsione della testa fetale; inoltre se esercitata con violenza, la manovra può provocare anche la rottura dell'utero;

- distacco intempestivo o della placenta; immissione di materiale tromboplastinico di origine placentare nel circolo materno con provocazione di una coagulopatia da consumo; accentuazione del passaggio di eritrociti fetali nel circolo materno con possibile incremento dei fenomeni di alloimmunizzazione se esiste un'incompatibilità fra madre e feto;

- sofferenza fetale acuta secondaria a disturbi dell'irrorazione placentare;

-contusioni delle pareti uterine, che predispone alle emorragie del secondamento (distacco parcellare di placenta con insufficiente contrazione uterina) e del post-partum (atonia uterina).

inoltre non si deve dimenticare che la manovra di Kristeller è dolorosa e può scatenare uno shock neurogeno o accentuare una sindrome da ipotensione supina.

Per tutti questi motivi l'uso della manovra di Kristeller deve essere limitato in casi selezionati alle ultime fasi del periodo espulsivo e, soprattutto la forza impiegata deve essere molto contenuta.


Operazioni vaginali ostetriche

Forcipe (Creasy and Resnik. Maternal-Fetal Medicine. W.B. Saunders Co. 1994:548-549)

Nel 1988 l'American College of Obstetricians and Gynecologists ha pubblicato i risultati della Commissione per le nuove definizioni del forcipe ostetrico. Queste defeinizioni, che sono incluse in the ACOG Technical Bulletin intitolato Operative Vaginal Delivery (1991), sono le seguenti:

Outlet forceps

1. Lo scalpo fetale deve essere visibile senza separare la rima vulvare
2. La testa fetale deve aver raggiunto il piano pelvico
3. La sutura sagittale è sul diametro antero-posteriore oppure è in posizione occipito-anteriore destra o sinistra o in posizione posteriore
4. La testa fetale è al livello perineale
5. La rotazione non deve eccedere i 45 gradi.

Forcipe basso

Il punto di repere della testa fetale è ad un livello > / = +2 cm e non nel piano pelvico

a)  Rotazione < / = 45 gradi (occipite destra o sinistra anteriore o occipite anteriore oppure occipito posteriore destra o sinistra o occipito posteriore)
b)  Rotazione > 45 gradi

Forcipe medio

Livello del repere della testa fetale sopra + 2 cm, ma con testa impegnata.

La nuova classificazione riflette ciò che era stato largamente riconosciuto dai clinici-ostetrici, che vi sono 2 tipi di applicazione di forcipe - il forcipe basso che è generalmente molto semplice e non complicato né per la madre né per il bambino, e il forcipe medio, che in qualche caso può essere molto difficile e può causare traumi severi per entrambi.
Prima della pubblicazione delle definizioni del forcipe ostetrico dell'ACOG, nel 1988, molti studi scientifici hanno confrontato gli esiti dell'applicazione del forcipe medio con il taglio cesareo effettuato in condizioni relativamente simili. Tali studi, usando le precedenti indicazioni all'applicazione del forcipe medio, hanno incluso un considerevole numero di pazienti che sarebbero ora incluse nel campione "applicazione del forcipe basso".

Cardozo et al. (Cardozo LD, Gibb DM, Studd JWW, Cooper DJ: Shoud we abandon Kielland's forceps? Br Med J 287:315,1983) hanno confrontato l'applicazione del forcipe medio con il taglio cesareo. Gli Autori hanno osservato una maggiore incidenza di indici di Apgar bassi a 5 minuti, con necessita di intubazione, e ricovero in unità di terapia intensiva neonatale nei neonati nati con taglio cesareo. Traub et al. (Traub AL, Morrow RJ, Ritchie JWK, Dornan KJ: A continuing use of Kielland's forceps. Br J Obstet Gynecol 91:894,1984) non trovano alcuna significativa differenza nell'incidenza della depressione neonatale nel gruppo dei neonati nati con applicazione di forcipe medio e quelli nati con taglio cesareo. Dierker et al.(Dierker LJ Jr, Rosen MG, Thompson K, Lynn P: Midforceps deliveries: Maternal and neonatal outcomes. Am J Obstet Gynecol 152:176, 1985) non trovano alcuna differenza negli esiti neonatali a breve termine quando 176 applicazioni di forcipe medio erano confrontate con un numero simile di nascite con il taglio cesareo, ad eccezione della maggiore frequenza di cefaloematoma nei neonati nati con applicazione di forcipe. Gilstrap et al. (Gilstrap LC III, Hauth JC, Schiano S, Connor KD: Neonatal acidosis and method of delivery. Obstet Gynecol 63:681, 1984) hanno confrontato 234 applicazioni di forcipe medio e 111 tagli cesarei. Usando i valori del sangue del cordone ombelicale, la valutazione dell'Indice di Apgar, e l'incidenza delle convulsioni nei neonati, gli Autori non hanno trovato alcuna significativa differenza nei due gruppi nella frequenza dell'asfissia neonatale. Recentemente, Hagadorn-Freathy et al. (Hagadorn-Freathy AS, Yeomans ER, Hankins GDV: Validation of the 1988 ACOG forceps classification system. Obstet Gynecol 77:356, 1991) hanno valutato prospettivamente le applicazioni di forcipe con la vecchia (ACOG 1965) e la nuova (ACOG 1988) classificazione. Quando veniva seguita l'indicazione del 1965, non veniva osservata alcuna differenza negli esiti neonatali confrontando il gruppo parto outlet forceps con il gruppo applicazione di forcipe medio. Quando i parti venivano riclassificati secondo i criteri del 1988, l'applicazione di forcipe medio ha mostrato valori di pH più bassi ed una più elevata incidenza di danni fetali. Friedman (Friedman EA: Labor: Patterns of labor as indicator of risk. Clin Obstet Gynecol 16:172, 1973) ha osservato una maggiore incidenza di mortalità perinatale associata quando l'applicazione di forcipe medio aveva come indicazione le patologie da arresto o da prolungamento della seconda fase (periodo espulsivo) o una combinazione delle due anomalie. Hughey et al. (Hughey MJ, McEllin TW, Lussky R: Forceps operations in perspective. I. Midforceps rotation operations. J Reprod Med 20:253, 1978) analizzando 458 applicazioni di forcipe medio a scopo di rotazione effettuate tra il 1967 e il 1976, hanno trovato molti fattori di alto rischio che erano predittivi di complicanze in ciascuna operazione: primo stadio del travaglio (periodo dilatante) maggiore di 8 ore, secondo stadio del travaglio (periodo espulsivo) più lungo di 1 ora, età materna inferiore a 21 anni o maggiore di 35 anni, prima gravidanza, parità uguale o maggiore di 6, età gestazionale inferiore a 37 settimane o maggiore di 43 settimane, peso fetale inferiore a 2500 gr o maggiore di 4500 gr, posizione occipitale trasversa, persistente dolore lombare. Se tre di questi fattori erano presenti, veniva osservato una possibilità del 50 % o più di uno esito neonatale sfavorevole se veniva effettuata un'applicazione di forcipe medio a scopo rotativo.

Sono presenti pochi lavori scientifici sul controllo a lunga distanza dei bambini nati con applicazione di forcipe. Friedman et al. (Friedman EA, Sachtleben-Murray MR, Dahrouge D: Long-term effects of labor and delivery on offspring: A match-pair analysis. Am J Obstet Gynecol 150:941, 1984) hanno pubblicato i risultati di un progetto collaborativo perinatale in cui i bambini nati con l'applicazione di forcipe medio hanno mostrato indici di QI (quoziente intellettivo) ridotti e una più alta prevalenza di disturbi del linguaggio e dell'udito rispetto ai bambini nati spontaneamente. Seidman et al. (Seidman DS, Laor A, gale R et al: Long-term effects of vacuum and forceps deliveries. Lancet 337:1583, 1991) hanno confronato gli esiti degli interventi ostetrici con l'esame obiettivo e i tests per la valutazione dell'intelligenza su una popolazione di più di 32.000 individui di 17 anni (sia maschi che femmine) valutati alla visita di leva alla Israeli Defense Forces. Gli indici medi di intelligenza per gli individui nati con applicazione di forcipe o con la ventosa ostetrica non erano statisticamente differenti da quelli che erano nati spontaneamente o attraverso un taglio cesareo. Gli studi che dimostrano l'assenza di esiti sfavorevoli a lunga distanza degli interventi operativi ostetrici sono quelli effettuati dopo il 1970. una maggiore attitudine conservativa, che ha caratterizzato le ultime due decadi, possono essere responsabili d degli esiti favorevoli osservati nelle osservazioni a breve e a lungo termine dei parti operativi vaginali.

I parti con applicazione di forcipe medio, definiti con i criteri dell'ACOG del 1991, debbono essere intrapresi con cautela e con il proposito di abbandonare la procedura in favore di un taglio cesareo se si trova difficoltà con la corretta applicazione dello strumento o se la testa non scende o non ruota facilmente.

Ventosa ostetrica (o vacuum extractor) (Creasy and Resnik. Maternal-fetal Medicine. W.B. Saunders Co. 1994:549-550)

La ventosa ostetrica è stata introdotta nella moderna ostetricia da Malmstrom nel 1954. Da allora, l'uso della ventosa ha largamente sostituito l'uso del forcipe in Scandinavia e nell'Europa continentale, ma ha avuto solo una sporadica e isolata popolarità negli Stati Uniti d'America. Le indicazioni per il parto con la ventosa ostetrica sono virtualmente le stesse del forcipe: arresto del travaglio nel secondo stadio (periodo espulsivo), un'indicazione materna per abbreviare il secondo stadio (ad es.: malattie cardiovascolari o cerebrovascolari materne, affaticamento materno), la sofferenza fetale e un parto elettivo pelvico basso. Le controindicazioni all'estrazione con la ventosa includono: la sproporzione feto-pelvica, la presentazione di faccia o di fronte, la presentazione di podice, la testa fetale non impegnata, la cervice uterina non completamente dilatata.

Le complicazioni materne
dell'applicazione della ventosa, che includono i traumi vaginali e cervicali, sono generalmente accettati come meno frequenti e meno gravi di quelli provocati dall'applicazione di forcipe; questo è uno dei maggiori vantaggi dello strumento. Le complicazioni fetali minori comprendono il cefaloematoma e l'emorragia retinica, che presentano solitamente un decorso benigno ed una risoluzione spontanea. Complicazioni più gravi, come un'emorragia sottogaleale (4%) ed un'emorragia intracranica (2.5%), sono generalmente associate ad un parto prolungato e ad un'asfissia fetale, ma sono probabilmente meno comuni che nelle applicazioni di forcipe effettuate nelle medesime circostanze.

Vaca and Keirse (Vaca A, Keirse MJNC: Instrumental vaginal delivery. In Chalmers I, Enkin M, Kierse MJNC (eds): Effective care in Pregnancy and childbirth. Oxford. Oxford University Press, 1989, pp 1216-1233) hanno riepilogato un numero di studi prospettici controllati sull'uso della ventosa ostetrica in confronto all'applicazione di forcipe. In questa meta-analisi, come anche riportato nello studio di Johanson et al. (Johanson R., Pusey J, Livera N, et al.: North Staffordshire/Wigan assisted delivery trial. Br J Obstet Gynecol 96:537, 1989), il fallimento del parto con lo strumento scelto avviene più spesso con il vacuum extractor; i traumi materni più significativi ( lesioni perineali di terzo e quarto grado, estese lacerazioni vaginali) capitano più frequentemente con il forcipe, mentre le lesioni allo scalpo fetale (esclusivamente i cefaloematomi) capitano più frequentemente con l'applicazione della ventosa.

Al momento attuale, la scelta di uno strumento o dell'altro dipende dall'esperienza che ha l'Ostetrico con una procedura o con l'altra e dalla disponibilità di personale e dalla facilità di effettuare un taglio cesareo.

Due grandi vantaggi della ventosa ostetrica sono rappresentati dalla facilità con cui può essere applicata e dalla necessità di un'anestesia di grado minore rispetto all'applicazione di forcipe o di taglio cesareo. Tuttavia, è più facile insegnare ed apprendere l'appropriata abilità richiesta per l'uso senza pericolo della ventosa ostetrica rispetto ad acquisire una simile abilità sia con il forcipe che con l'intervento chirurgico di taglio cesareo.

Nell'Istituto di Clinica Ostetrica e Ginecologica dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma - Policlinico Agostino Gemelli - è stato privilegiato l'uso della ventosa ostetrica rispetto al forcipe per i motivi sopradescritti (facilità di applicazione, minori traumatismi dei tessuti materni, minore uso dell'anestesia generale e quindi tempi più ridotti rispetto a quelli necessari per l'applicazione di forcipe, esiti neonatali sovrapponibili).

La tabella successiva mostra l'andamento delle modalità del parto dell'ultimo quinquennio presso l'Istituto di Clinica Ostetrica e Ginecologica dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma:

Tabella 1. Istituto di Clinica Ostetrica e Ginecologica dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma. Modalità del parto negli ultimi 5 anni

Anno

Totale parti

Parto eutocico

Taglio cesareo

Ventosa

Forcipe

1990

2582

1745

799

38

0

1991

2592

1661

890

41

0

1992

2424

1430

945

49

0

1993

2348

1483

825

40

0

1994

2386

1586

743

57

0



Come si può facilmente osservare, l'intervento vaginale di applicazione di forcipe è stato abbandonato da anni in questo Istituto, mentre l'unico intervento vaginale in uso è l'applicazione della ventosa ostetrica.

In Europa la ventosa ostetrica rimane lo strumento più frequentemente utilizzato per il parto vaginale operativo, mentre il forcipe è lo strumento più utilizzato nei paesi di lingua inglese. Il dibattito fra i due strumenti è tuttora aperto. La Gran Bretagna, con oltre 50.000 parti operativi vaginali annui è un'importante area di ricerca su questo tema. Fino al 1989, erano presenti nella letteratura medica solo tre ricerche scientifiche prospettiche, controllate e randomizzate per confrontare le due metodiche operative (Lasbrey et al. 1964; Vacca et al. 1983; Fall et al 1986). In tutte e tre le ricerche scientifiche l'applicazione di ventosa era statisticamente associata con una minore incidenza di complicanze materne. I bambini nati con la ventosa presentano una maggiore incidenza di cefaloematoma i citati e una maggiore incidenza di ittero medio nello studio di Vacca et al. Altre forme di lesioni allo scalpo erano più comuni nelle applicazioni di forcipe.

La successiva Tabella 2 permette un'analisi più dettagliata del confronto tra ventosa (con coppa di gomma e silicone) e forcipe. La tabella è ricavata dallo studio scientifico di Johanson R, Pusey J, Livera N, Jones P: North Staffordshire/Wigan assisted delivery trial. Br J Obstet Gynecol 1989; 96:537-544.

Tabella 2. Caratteristiche delle pazienti nei 2 gruppi studiati

Variabili descrittive

Ventosa (n = 132)

Forcipe (n = 132)

Età (anni)

25 (4)

25 (5)

Nulliparità

95 (72%)

96 (73%)

Età gestazionale (week)

39.9 (1.3)

40.1 (1.4)

Peso alla nascita (kg)

3.46 (0.498)

3.44 (0.445)

Elettrodi sullo scalpo fetale

95 (72%)

99 (75%)

Prelievi di sangue fetale

29 (22%)

33 (25%)

pH dallo scalpo fetale

7.3 (0.07)

7.3 (0.09)

CTG patologico

66 (50%)

77 (58%)

Liquido tinto di meconio durante il travaglio

20 (15%)

24 (18%)

Indicazione al parto strumentale    
Eccessiva durata del II stadio

47 (36%)

48 (36%)

Sofferenza fetale

47 (36%)

58 (44%)

Eccessiva durata II stadio e sofferenza

28 (21%)

18 (14%)

Durata del travaglio (min)    

Primo stadio

506 (247)

519 (274)

Secondo stadio

79 (55)

71 (50)

Perfusione ossitocica

71 (54%)

84 (64%)

Posizione della testa occipito anteriore

82 (62%)

96 (73%)

I risultati sono medie (DS) o n (%) del valore
Nello stesso studio sono riportate le seguenti osservazioni:

le condizioni dei neonati, immediatamente dopo la nascita, erano molto simili nei due gruppi. Due neonati del gruppo "nati con ventosa" sono stati trasferiti nell'unità di terapia intensiva neonatale. Uno morì per malformazioni multiple, l'altro era stato ricoverato per una sindrome da aspirazione di meconio senza complicazioni.

I traumi neonatali sono stati riassunti nella successiva Tabella 3.

Tabella 3. Morbilità neonatale

 

Ventosa (n = 132)

Forcipe (n = 132)

Contusioni scalpo/faccia n(%)

50 (38)

36 (27)

Cefaloematoma

2

2

Tagli sulla faccia

0

2

Paralisi del nervo facciale

0

2

Paralisi di Erb (plesso brachiale)

0

1

Indici di Apgar basso: < 3 a 1 minuto

2

4

Indici di Apgar basso: < 7 a 5 minuti

2

2

Meconio intrapartum n (%)

12 (9)

15 (7)

pH medio (DS)

7.26 (0.9)

7.25 (0.8)

pH del cordone < 7.2

20

21

pH del cordone < 7.1

4

1

Piccole emorragie retiniche

1

1

Emorragia sottocongiuntivale

1

0


Gli Autori hanno concluso la loro pubblicazione affermando che una politica logica deve favorire l'uso della ventosa per la maggior parte dei parti strumentali con testa nello scavo pelvico basso, specialmente nella sofferenza fetale.

Questo lavoro
, confermando i risultati di Vacca et al., afferma che nelle pazienti che presentavano una sofferenza fetale l'applicazione di ventosa (coppa di gomma e silicone) è risultata più rapida.

Il lavoro di Vacca A., Grant A, Wyatt G, Chalmers I: Portsmouth operative delivery trial: a comparison vacuum extraction and forceps delivery. Br J Obstet Gynecol. 1983; 90:1107-1112 evidenzia:


quando la sofferenza fetale era l'indicazione al parto operativo vaginale, i bambini del gruppo "nati con applicazione di ventosa" nascevano più rapidamente. Tuttavia, la distribuzione delle differenze di tempo registrate nei due gruppi erano differenti e nel gruppo "nati con forcipe" gli intervalli di tempo necessari alla nascita erano sia più brevi che più lunghi rispetto ai controlli. I tempi più lunghi per l'applicazione del forcipe erano probabilmente parzialmente causati da un maggior numero di casi che hanno avuto necessità di effettuare un taglio cesareo dopo il forcipe e per un numero maggiore di pazienti che prima dell'applicazione di forcipe hanno avuto necessità di essere sottoposte ad anestesia generale.

Se deve essere effettuato un parto operativo vaginale, debbono essere considerate alcune linee guida che aiutano a decidere (Reece EA, Hobbins JC, Mahoney MJ, Petrie RH: Medicine of the Fetus & Mother. JB Lippincot Co. 1992: 1392).La cervice uterina deve essere completamente dilatata e le membrane amniotiche rotte. Inoltre, la madre deve essere in sala da parto e un anestesista deve essere disponibile. La vescica deve essere svuotata subito prima del parto. la posizione della testa deve essere stata identificata. La forma della pelvi materna deve essere valutata o conosciuta. In ultimo, l'ostetrico deve essere esperto nel tipo di parto operativo scelto.

Berkus et al. (Berkus MD, Ramamurthy RS, O'Connor PS, Brown K, Hayashi RH. Cohort study of silastic obstetric vacuum cup deliveries. I. Safety of the instrument. Obstet Gynecol 1985;66:503) hanno confrontato 84 applicazioni di ventosa con 84 parti spontanei e non hanno trovato alcuna significativa differenza nella morbilità neonatale. Gli Autori hanno concluso che la ventosa ostetrica è uno strumento sicuro per la sala da parto.In uno studio in cui sono stati effettuati controlli a lungo termine, Nielsen (Nielsen ST. Boys born by forceps and vacuum extraction examined at 18 years of age. Acta Obstet Gynecol Scand 1984;63:549) ha osservato 62 maschi che erano nati con forcipe e 38 che erano nati con un applicazione di ventosa. I ragazzi sono stati studiati all'età di 18 anni sulla base delle cartelle di arruolamento in Norvegia. Non sono state trovate differenze tra loro e la media dei norvegesi, eccetto per il dato che il gruppo dei nati con forcipe ha mostrato un più alto QI rispetto alla media nazionale.


Afissia perinatale e convulsioni neonatali (Gluckman PD and Heymann MA. Perinatal and Pediatric Pathophysiology. A clinical perspective.Hodder & Stoughton. 1993:274-275)


L'asfissia può intervenire prima o durante il parto e rimane una importante causa del deficit neurologico permanente nei bambini sopravvissuti. Malgrado le considerevoli ricerche effettuate in quest'area, non è stato trovato alcun singolo intervento terapeutico che protegga dal danno funzionale conseguente alla nascita. La conoscenza dei fenomeni fisiopatologici che stanno alla base dell'insulto asfittico potrà aprire nuove strade per interventi terapeutici efficaci.

L'asfissia comporta una diminuzione della concentrazione dei normali gas respiratori che determina un'ipossia, un'ipercapnia e un'acidosi metabolica. L'encefalopatia postasfittica nel neonato mostra un andamento di una caratteristica sintomatologia neurologica che può facilmente essere classificata in media, moderata e severa. I bambini con encefalopatia media, hanno bisogno di un ricovero per 48 ore e non presentano convulsioni. I bambini con encefalopatia moderata hanno convulsioni, che possono essere lievi e non riconosciute da un'equipe non esperta. Il coma è una caratteristica della severa encefalopatia ipossi-ischemica insieme ad una marcata flaccidità e ad una severa depressione respiratoria.

Sensibilità all'asfissia

E' noto che gli animali immaturi sopportano meglio l'asfissia rispetto a quelli maturi. E' stato osservato che i feti maturi di ratto sopravvivono 25 volte più a lungo in un'atmosfera di azoto puro rispetto ai ratti adulti sottoposti allo stesso insulto. I ratti nati da 1 giorno sopravvivono 10 volte più a lungo dei ratti adulti. Questo effetto protettivo è parzialmente dovuto all'immaturità cardiaca che sostiene la gittata cardiaca per un tempo più lungo rispetto all'animale maturo, del tutto in maniera indipendente dall'immaturità del cervello che appare essere più resistente agli effetti dell'asfissia.

Per le finalità di questo capitolo noi considereremo l'insulto asfittico come il risultato di un compromesso tra l'evento durante il parto e le crescenti evidenze che fanno ritenere che l'encefalopatia asfittica preceda la nascita.La risposta del bambino all'evento asfittico dipende sia dalle condizioni del feto sia dal tipo dell'insulto. Il feto maturo è preparato al travaglio e di questa preparazione o adattamento al travaglio si dirà successivamente. Se il feto è già sottoposto ad un insulto prima del travaglio allora questi fisiologici meccanismi di adattamento e di preparazione al travaglio possono essere compromessi. Il ritardato accrescimento intrauterino del feto e le alterazioni metaboliche sono probabilmente sono le cause che comportano una minore resistenza del feto alle difficoltà del travaglio rispetto ad un feto con una crescita appropriata con adeguate riserve metaboliche.

Sono presenti due componenti importanti nell'insulto asfittico: la gravità e la durata. La gravità si riferisce all'intensità dell'insulto, essendo l'insulto più grave l'arresto cardiaco. Questo evento è veramente molto raro senza una precedente prolungata compromissione prima che avvenga il collasso miocardico. La più frequente patologia ad insorgenza rapida senza precedente compromissione è l'abruptio placentae (il distacco intempestivo di placenta normalmente insorta). Se il distacco è massivo la perfusione placentare sarà ridotta in maniera critica con una conseguente rapida asfissia fetale. La durata dell'insulto asfittico sarà chiaramente determinato dall'esito finale. Differenti aree cerebrali sembrano essere preferenzialmente danneggiate dall'insulto di differente durata. Un'asfissia acuta e totale, come può succedere con una completa cessazione del flusso sanguigno (ad es.: prolasso del cordone ombelicale) causa lesioni al midollo spinale, in particolari aree del cervello (mesencefalo, ponte, la medulla oblongata e la zona di connessione tra il midollo spinale ed il cervello ed il talamo. Episodi di asfissia parziale (come possono accadere durante un travaglio lungo e complicato) producono un differente quadro di danno cerebrale che colpisce principalmente le strutture corticali e subcorticali. I motivi della differente distribuzione delle lesioni dipende dalla ridistribuzione del flusso ematico regionale durante il periodo di asfissia ed il grado di maturazione cerebrale.

Danno sistemico

I bambini hanno un certo numero di meccanismi di adattamento per proteggere le funzioni vitali durante l'asfissia. I due organi più importanti per la vita, il cervello ed il cuore, ricevono sangue ossigenato in via preferenziale rispetto ai reni, ai polmoni, all'intestino e alla cute. Questi meccanismi di adattamento tendono a risparmiare il cervello ed il miocardio dal danno ipossico finché la gravità dell'asfissia superi la soglia e, una volta superata, interverrà la cessazione del rifornimento di energia a questi organi vitali. La conseguente compromissione della funzione cardiaca potrà causare, a sua volta, un ulteriore danno ischemico a tessuti già ipossici. Questo fenomeno può produrre aritmia cardiaca o ipotensione che causerà un'ulteriore danno al cervello.

La derivazione preferenziale della perfusione ematica verso gli organi più importanti per la vita (cervello e cuore) determina alcune complicazioni sistemiche dell'asfissia. L'insufficienza renale e l'enterocolite necrotizzante sono due tra le complicanze cliniche più importanti dell'asfissia perinatale grave, ma quasi tutti gli organi possono essere sede di complicanze cliniche evidenziabili.


Attività cardiaca fetale di base ( Williams Obstetrics, 19h Edition, Prentice-Hall International Inc., 1993:399)

Frequenza

Con la progressiva maturazione del feto, la frequenza cardiaca media diminuisce. Questo fenomeno continua dopo la nascita. Durante il terzo trimestre, la frequenza media di base varia tra 120 e 160 battiti / minuto. La frequenza cardiaca media è considerata essere la risultante del bilancio tra le infleunze acceleratrici e deceleratrici sulle cellule "pacemaker". In questo concetto, il sistema simpatico ha influenza acceleratrice, mentre il parasimpatico è il fattore deceleratore, che attraverso il nervo vago, riduce la frequenza cardiaca. La frequenza cardiaca è anche controllata dai chemorecettori in modo che sia l'ipossia che l'ipercapnia possono modulare la frequenza cardiaca. Un'ipossia più grave e più prolungata con un incremento della concentrazione di lattati nel sangue e una grave acidemia metabolica, inducono una prolungata caduta della frequenza cardiaca per un'azione diretta sul miocardio.

Bradicardia

La bradicardia è la frequenza cardiaca di base inferiore a 120 battiti / minuto per un periodo di 15 minuti o più (Freeman RK, Garite TH, Nageotte MP: Fetal heart rate monitoring, 2nd ed. Baltimore, Willliams and Wilkins, 1991). Tuttavia, una frequenza tra 100 e 119 battiti /minuto, in assenza di altre alterazioni, non è generalmente ritenuto rappresentare una compromissione fetale ( American College of Obstetricians and Gynecologists, 1989). Una tale frequenza cardiaca, bassa ma potenzialmente normale è stata anche attribuita alla compressione della testa fetale (sia in occipito-posteriore che in posizione occipito-trasversa) particolarmente durante il secondo stadio del travaglio (Young BK, Weinstein HM: Moderate fetal bradycardia. Am J Obstet Gynecol 126:271, 1976). Una simile bradicardia media viene osservata nel 2% delle gravidanze monitorizzate e presentano una durata media di 50 minuti. La bradicardia moderata è definita la frequenza cardiaca compresa fra 80 e 100 battiti al minuto, mentre la bradicardia grave è la frequenza cardiaca inferiore a 80 battiti al minuto per un periodo di 3 o più minuti (American College of Obstetricians and Gynecologists, 1989).

Una bradicardia media senza decelerazioni o accelerazioni non è indice di compromissione fetale (di sofferenza fetale). Un'acidemia del sangue arterioso del cordone ombelicale (pH inferiore a 7.2) è stato osservato da Gilstrap et al. (Gilstrap III LC, Hauth JC, Hankins GDV, Beck AW: Second-stage fetal heart rate abnormalities and neonatal acidosis. Obstet Gynecol 63:209, 1984) in un terzo dei 53 neonati con bradicardia media (tra 90 e 119 battiti / minuto) durante il secondo stadio del travaglio. Nessuno di questi neonati con acidemia ha avuto necessità di una rianimazione neonatale. Gli Autori hanno anche trovato un valore basso di ph nel cordone (pH < 7.2) nel 40% di 63 neonati con bradicardia da moderata a severa (< a 90 battiti al minuto).

Altre cause di bradicardia fetale includono un blocco (di branca) cardiaco congenito e una sofferenza fetale grave. Uno stato di ipotermia materna in anestesia generale - per riparare un aneurisma cerebrale o durante un intervento a cuore aperto di bypass cardiopolmonare - può causare una bradicardia fetale. Questi bambini non sembrano risentire della bradicardia prolungata per diverse ore.

Altre non periodiche ma improvvisi rallentamenti della frequenza cardiaca fetale spesso vengono definiti "bradicardia". Invece, sarebbe più appropriato definire questi rallentamenti "decelerazioni prolungate". Alcune cause includono l'iperattività uterina (tachisistolia); l'analgesia paracervicale o conduction analgesia; la visita ostetrica, presumibilmente causata dalla compressione manuale della testa fetale; il prolasso del cordone ombelicale; la rottura dell'utero; il distacco intempestivo di placenta; l'ipoperfusione materna (ad es.: la sindrome da ipotensione supina o da emorragia da trauma); l'ipossia materna ( ad es.: eclampsia).

Decelerazioni prolungate

Le decelerazioni prolungate sono definite le decelerazioni isolate più lunghe di 60-90 secondi (Freeman RK, Garite TH, Nageotte MP: Fetal heart rate monitoring, 2nd ed. Baltimore, Williams and Wilkins, 1991). Tuttavia, questa descrizione non definisce la durata massima. Per differenziarle dalla bradicardia dovremo definirle, nel tempo, come più lunghe di 60-90 secondi e di durata inferiore a 15 minuti. Le decelerazioni prolungate sono di difficile interpretazione poiché sono presenti in differenti situazioni cliniche. Tejani et al. (Tejani N, Mann LI, Bhakthavathsalan A, Weiss RR: Prolonged fetal bradycardia with recovery - its significance and outcome. Am J Obstet Gynecol 122:975, 1975) hanno pubblicato un articolo in cui sono descritte alcune delle più comuni cause di questa alterazione della frequenza cardiaca fetale: la visita ostetrica, l'iperattività uterina, gli intrecci del cordone e l'ipotensione supina materna. La decelerazione prolungata di maggiore durata descritta in questo studio era di 12 minuti. Solo un feto era mediamente acidemico (pH 7.18) misurato dallo scalpo nei 20 minuti seguenti il ritorno alla frequenza di base. Gli Autori hanno concluso che le decelerazioni prolungate sono temporanee e sono tipicamente seguite dal recupero fetale (dal ritorno alla frequenza cardiaca di base). Altre cause di decelerazioni prolungate includono l'analgesia peridurale, spinale e paracervicale. L'ipoperfusione materna o l'ipossia dovuta ad una qualsiasi causa: distacco di placenta, nodi o prolasso di funicolo; convulsioni materne che comprendono l'eclampsia e l'epilessia. Freeman et al.

(Freeman RK, Garite TH, Nageotte MP: Fetal heart rate monitoring, 2nd ed Baltimore, Willimas and Wilkins, 1991) hanno osservato che la placenta è veramente efficace nel rianimare il feto se l'insulto primitivo non succede ancora, immediatemente dopo. Occasionalmente, queste decelerazioni prolungate limitate spontaneamente nel tempo sono seguite dalla perdita della variabilità del battito, da una tachicardia di base, e anche da un periodo di decelerazioni tardive; tutto ciò si risolve con la ripresa del feto. Freeman et al. (1991) evidenziano chiaramente che il feto può morire durante le decelerazioni prolungate. Ma, la gestione della decelerazione prolungata può essere estremamente delicata. La gestione delle decelerazioni prolungate isolate è basata principalmente sul giudizio clinico, che sarà inevitabilmente imperfetto per la imprevedibilità di queste decelerazioni. Similmente, il criticismo severo di ogni giudizio clinico basato sul concetto "del senno del poi" ("morning after") risulta frequentemente inappropriato.


Andamento della frequenza cardiaca e danno cerebrale (Williams Obstetric, 19th Edition, Prentice-Hall International Inc.1993:412)

Malgrado oltre di trenta anni di ricerche nel campo del monitoraggio fetale elettronico, sono presenti nella letteratura medica solo pochi lavori che associano l'andamento della frequenza cardiaca e il danno cerebrale. Clark et al. (Clark SI, Paul RH: Fetal heart rate monitoring patterns. Am J Obstet Gynecol 155:914, 1986. Letter to editor) citano il lavoro di Painter et al. (Painter MJ, Depp R, O'Donoghue PD: Fetal heart rate patterns and development in the first year of life. Am J Obstet Gynecol 132:271, 1978) come l'unica ricerca estensiva che mostra una correlazione tra l'andamento della frequenza cardiaca fetale e la funzione neurologica ad 1 anno di età. Gli Autori hanno identificato 38 neonati a termine con i "più sfavorevoli" andamenti del tracciato cardiotocografico intrapartum e hanno effettuato un confronto degli esiti neurologici di questi neonati con un campione di controllo formato da 12 bambini con nascite normali. Decelerazioni variabili severe e decelerazioni tardive erano presenti nel 60% di questi andamenti sfavorevoli della frequenza cardiaca fetale. I casi rimanenti (presentavano decelerazioni variabili meno severe. Ad 1 anno, un'ipotonia degli arti inferiori era osservata in 23 bambini con andamento sfavorevole del tracciato della frequenza cardiaca fetale intrapartum. Gli Autori hanno concluso che l'ipotonia era l'esito di una prolungata parziale asfissia. Il successivo controllo degli stessi bambini all'età di 6 e 9 anni indicava che essi "si erano disfatti" del loro deficit neurologico ed ora erano bambini normalmente funzionanti (Painter MJ, Scott M, Hirsch R, O'Donoghue P, Depp R: Fetal heart rate pattern during labor: Neurologic and cognitive development at 6-9 years of age. Am J Obstet Gynecol 159:854, 1988).Fatto notevole, uno dei feti con normale esito neurologico apparentemente sopportò 975 minuti di decelerazioni severe della frequenza cardiaca fetale (Painter MJ: fetal heart pattern, perinatal asphyxia, and brain injury. Pediatr Neurol 5:137,1989).Shields e Schifrin (Shields JR, Schifrin BS: Perinatal antecedents of cerebral palsy. Obstet Gynecol 71:899, 1988) hanno descritto l'unico andamento della frequenza cardiaca fetale caratteristico, a loro giudizio, di danneggiare lo sviluppo neurologico fetale. Questo andamento consiste in una frequenza cardiaca di base normale con una persistente assenza di variabilità con decelerazioni variabili medie con andamento "oltre il limite". Questo andamento era frequentemente riscontrato associato con la postmaturità, con l'emissione di meconio nel liquido amniotico, con il ritardato accrescimento intrauterino del feto, con l'insorgenza di convulsioni nel periodo neonatale. Non era presente acidemia alla nascita, e gli Autori hanno concluso che ogni andamento rappresenta una compressione cronica del cordone ombelicale già prima del travaglio (antenatal) - come avviene nel caso di oligoidramnios - che comporta un'ischemia ripetitiva del sistema nervoso centrale.

Osservazioni sperimentali

L'andamento della frequenza cardiaca fetale necessario per causare un danno cerebrale perinatale è stato studiato nell'animale. Myers (Myers RE: Two patterns of perinatal brain damage and their conditions of occurrence. Am J Obstet Gynecol 112:246, 1972) ha descritto l'effetto dell'asfissia completa e parziale in studi effettuati sulla scimmia rhesus. L'asfissia completa era prodotta dalla occlusione totale del flusso ematico del cordone ombelicale che determina una decelerazione prolungata. Il pH arterioso fetale non raggiunge il valore di 7.0 se non dopo circa 8 minuti di completa cessazione dell'ossigenazione e del flusso sanguigno nel cordone ombelicale. Almeno 10 minuti di tale decelerazione prolungata sono necessari prima che si possa osservare un danno cerebrale nei feti successivamente rianimati.

Una parziale asfissia è stata prodotta in queste scimmie ostacolando il flusso aortico materno. Il fenomeno ha determinato delle decelerazioni tardive causate dall'ipoperfusione delle arterie uterine e della placenta. L'Autore ha osservato che molte ore di queste decelerazioni tardive non causano un danno cerebrale a meno che il valore del pH fetale scenda al disotto di 7.0. Inoltre, Adamson e Myers (Adamson K, Myers RE: Late decelerations and brain tolerance of the fetal monkey to intrapartum asphyxia. Am J Obstet Gynecol 84:487, 1977) hanno dichiarato che le decelerazioni tardive sono un indicatore dell'asfissia parziale prolungata prima che avvenga il danno cerebrale. Le decelerazioni tardive sono l'espressione dell'assenza del danno cerebrale fetale.

Osservazioni in campo umano

Il ruolo degli eventi intrapartum e le conseguenti disabilità neurologiche è stato molto sovrastimato, fino ad un tempo relativamente recente (Nelson KB, Ellenberg JH: Antecedent of cerebral palsy. N Engl J Med 315:81, 1986). Low et al. (Low JA, Robertson DR, Simpson LI: Temporal relationship of neuropathological conditions caused by perinatal asphyxia. Am J Obstet Gynecol 160:608,1989) hanno esaminato le relazioni temporali delle condizioni neuropatologiche causate dall'asfissia perinatale severa necessaria a provocare la morte del bambino. Gli Autori hanno diviso il danno cerebrale perinatale in tre categorie basate su criteri istologici: (1) da 18 a 48 ore, necrosi neuronale con picnosi o lisi del nucleo in cellule eosinofile raggrinzite; (2) da 48 a 72 ore, una più intensa necrosi neuronale con attività dei macrofagi; (3) oltre 3 giorni, i due quadri descritti con l'aggiunta della risposta degli astrociti con gliosi e, talvolta, di precoce cavitazione (necrosi, perdita di tessuto e formazioni cistiche). L'istopatologia cerebrale alterata non viene osservata in caso di asfissia acuta e letale. Inoltre, il 43 % degli episodi di danno cerebrale avvengono prima del travaglio mentre il 25 % avvengono nel periodo neonatale. Bambini con danno cerebrale avvenuto durante il travaglio (25%) hanno vissuto in una gravidanza complicata da emorragia placentare, preeclampsia severa e sindrome da aspirazione di meconio.

In un'altro studio, Low et al. (Low JA, Galbraith RS, Muir DW, Killen HL, Pater EA, Karchmar EJ: Factors associated with motor and cognitive deficits in children after intrapartum fetal hypoxia. Am J Obstet Gynecol 148:533,1984) hanno stimato che è necessaria più di 1 ora di ipossia fetale associata con acidemia metabolica severa (pH < 7.0) per osservare deficit neurologici diagnosticati dai 6 ai 12 mesi di età. Low et al. (Low JA, Galbraith RS, Muir DW, Killen HL, Pater EA, Karchmar EJ: Motor and cognitive deficits after intrapartum asphyxia in the mature fetus. Am J Obstet Gynecol 158:356,1988) hanno osservato per 1 anno 37 bambini nati a termine della gravidanza con acidemia severa alla nascita e hanno riscontrato disabilità neurologiche maggiori nel 13% dei casi. Alterazioni neurologiche minori in 10 bambini mentre il rimanente 60 % era normale.

Chiaramente, affinché avvenga un danno cerebrale, il feto deve essere esposto molto più che ad un breve periodo di ipossia. Inoltre, l'ipossia deve causare una grave, subletale acidemia metabolica. L'andamento della frequenza cardiaca che comporti queste condizioni subletali è fortunatamente rara. Sembra quindi prudente che minori e significativi andamenti della frequenza cardiaca fetale non debbano essere sovrastimati attribuendo agli eventi intrapartum un danno cerebrale.

Il danno cerebrale, clinicamente osservabile come paralisi cerebrale, ha ricevuto una prima osservazione medica 150 anni orsono, tempo in cui questa patologia era attribuita agli eventi della nascita. Questa opinione sulle cause del danno cerebrale ha continuato a dominare nella società, malgrado il fatto che l'assistenza ostetrica di 150 anni fa non possa essere paragonata, in modo concepibile, alla moderna assistenza intrapartum.

Rottura d'utero (Spontaneous obstetric trauma, in Medicine of the fetus & mother. Reece E.A., Hobbins J.C., Mahoney M.J., Petrie R.H. Eds. J.B. Lippinct Company , Philadelphia, 1992, pag. 899

La rottura spontanea dell'utero gravido comporta una significativa incidenza di mortalità materna e fetale. L'incidenza è approssimativamente di 1 caso ogni 2000 parti. Studi scientifici meno recenti hanno evidenziato un'incidenza della mortalità materna dal 2.3% al 28% ed una mortalità fetale dal 48% al 66%. Valutazioni più recenti hanno mostrato una mortalità materna del 9.7% e una perdita fetale del 56%. La rottura dell'utero può essere spontanea, secondaria ad un trauma o alla rottura di una precedente cicatrice isterotomica. In uno studio pubblicato nel 1962, il 57.8% delle rotture d'utero è risultata spontanea, il 23.1% era secondaria alla deiscenza di una precedente cicatrice uterina, e il 18.8% era secondaria ad un trauma. Un travaglio prolungato o una distocia meccanica possono essere fattori causali di una rottura spontanea d'utero.

Condizioni associate con la rottura d'utero includono l'uso di ossitocina, le sproporzioni feto-pelviche, la grande multiparità, il distacco di placenta normalmente inserta. Alcuni studi più vecchi individuano nelle cicatrici di pregressi tagli cesarei il fattore etiologico più importante.

La sintomatologia clinica più frequente è costituita da una perdita ematica vaginale di media entità, lo shock e un dolore nella zona bassa dell'addome. Talvolta è osservata una bradicardia. In caso di rottura catastrofica e di morte fetale, l'impossibilità nell'auscultazione del battito cardiaco fetale può accadere contemporaneamente con il dolore acuto addominale e all'ipotensione.

Il trattamento della rottura d'utero deve essere personalizzato. L'isterectomia addominale non deve essere proposta in tutti i casi. Se il feto non è ancora nato o se la metrorragia è ritenuta essere secondaria ad un' alterazione uterina o cervicale, è indicata una laparotomia d'urgenza. In molti casi, la diagnosi è effettuata solo durante un taglio cesareo ripetuto. Se la paziente desidera altri figli ed è possibile una riparazione chirurgica, l'isterectomia deve essere evitata.Nei casi in cui la breccia si estende lateralmente nel legamento largo, l'isterectomia è indicata per il controllo della perdita ematica. Talvolta è necessario asportare gli annessi del lato coinvolto per il controllo della perdita ematica. Se la diagnosi viene effettuata durante una visita durante il periodo post-partum e non è presente una perdita ematica e la paziente presenta parametri stabili può essere giustificata una stretta osservazione clinica senza effettuare una laparotomia.

Golan e coll. (Golan A, Sandbank O, Rubin A. Rupture of the pregnant uterus. Obstet Gynecol 1980; 56:549) hanno osservato che la rottura di un utero in assenza di pregresse cicatrici comporta una prognosi peggiore per la madre e per il feto rispetto alla rottura di un utero con una precedente cicatrice. Le breccie uterine da rottura di una pregressa cicatrice tende ad essere trasversa, mentre quelle che avvengono in uteri senza pregresse cicatrici sono spesso longitudinali e più estese.

La mortalità fetale è del 56%, il 74% della quale è associata alla rottura d'utero in assenza di precedenti cicatrici mentre il 22% è associata a rottura d'utero con pregresse isterotomie. La mortalità materna è del 9.7% e coinvolge esclusivamente pazienti con rottura d'utero in assenza di precedenti cicatrici.


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Autore: Dr. Floriano Petrone

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