ECO DELLA PALUDE -
STORIA
Crevalcore nei dipinti
BARBIERI
Aldo lo Spagnolo - Le lotte contadine
I quadri dipinti dal pittore
BARBIERI Aldo lo Spagnolo sulle lotte contadine sono un documento storico del secondo
dopoguerra, descrivono vicende accadute in alcune
località del comune di Crevalcore (Bo),
riconoscibili nelle rappresentazioni o citate nei
titoli delle opere.
Le opere furono realizzate nel corso di una festa
dell’Unità, probabilmente nel 1965.
Con questi quadri, nel maggio 1966, nel Teatro
Comunale di Crevalcore, fu allestita una mostra
intitolata: “Una Storia del dopoguerra”.
Il commento che segue vuole essere un contributo ad
ulteriori approfondimenti, auspicabili per la
scarsità dei documenti censiti e per la progressiva
scomparsa dei testimoni diretti.
Essi testimoniano la lotta dei braccianti per ottenere
lavoro, salari equi, migliori condizioni di vita.
Sono il racconto dei collettivi, organismi
associativi dei lavoratori della terra, sorti
nell'immediato dopoguerra per esprimere più forza,
per far rispettare i diritti del lavoro, per
affermare i propri ideali. L'esperienza del fascismo
ancora pesava nei rapporti con gli agrari, perché il
lavoro era stato uno strumento per il controllo
sociale. I lavoratori sostennero un duro scontro con
i proprietari terrieri, con alterne vicende, ma in
un processo storico in cui prevaleva il principio
della contrattazione sindacale.
Queste opere raccontano i momenti più significativi.
Spirito e ideali sono condivisi dal pittore, che li
ha fissati sulla tela con uno stile esemplare, con
una corrispondenza immediata fra segno e
significato. Il risultato sono appassionanti
rappresentazioni, accese di colori vivaci, cariche
di simboli, facili da leggere e interpretare come le
vite dei Santi affrescate nelle chiese.
Solo i braccianti hanno sembianze umane, i padroni
sono descritti come piccoli rapaci, quelle civette,
che nella tradizione popolare annunciano disgrazie.
Le forze dell’ordine sono senza testa o
rappresentate come i neri uccellacci che predano i
raccolti.
Le tinte sfumate rendono reali e tridimensionali i
braccianti, mentre i colori uniformi appiattiscono e
schematizzano le forze dell’ordine e i proprietari
terrieri.
Le figure si muovono in spazi aperti, nei quali
basta un casolare o un filare di alberi stilizzati a
rendere l’immagine delle nostre campagne, ampie
distese spesso popolate da simboli che orbitano
attorno alle figure.
Bandiere rosse, falci, martelli, vanghe e carriole,
ruotano attorno ai braccianti, mentre forze
dell’ordine e latifondisti sono circondati dai
simboli del potere e della repressione, come denaro,
armi, catene, manette e sbarre, che ricordano la
detenzione subita da numerosi manifestanti: una
visione bipolare del mondo, diviso in due blocchi
contrapposti.
Ma Barbieri immette in questo contesto anche
elementi di ricerca artistica, come la sequenza di
immagini delle mondine in stile pop art. La
schiera di fiere mondine di Palata Pepoli è resa con
un collage che riprende e moltiplica l’immagine di
Silvana Mangano nel film Riso Amaro, una
scelta che collega la situazione locale al tema del
film, anch'esso sulla dura condizione del lavoro
delle mondine e la lotta per migliori condizioni di
lavoro.
La narrazione si snoda nella partizione delle scene
con semplici figure geometriche.
Nella descrizione dell’occupazione delle terre del “Pascolone”,
giorno e notte, autunno ed estate si intrecciano in
un unico racconto, proponendo gli episodi salienti
di quella vicenda: le strade chiuse dai blocchi dei
carabinieri, i negozianti del paese che di notte
portavano sporte di cibo, i crumiri protetti dalle
forze dell’ordine, i carri che trasportano il grano
seminato dagli occupanti, raccolto e goduto dal
proprietario del terreno.
Barbieri ricorre anche ad alcuni accorgimenti
figurativi.
Nell’episodio che tratta della difesa della casa del
popolo a Crevalcore, la strada maestra che collega in linea retta
le due porte del paese è piegata a ferro di cavallo
e le due porte invece di trovarsi di fronte si
trovano affiancate, una soluzione che permette di
mostrare i due punti di partenza della carica della
polizia, mentre nel centro della scena i dimostranti
avvolti dai gas lacrimogeni oppongono una vana
resistenza. Anche dal teatro, rappresentato a fianco
della casa del popolo, si scagliano sassi con le
fionde sulle forze dell’ordine. Dal tetto qualcuno
col suono di un corno incita alla resistenza.
Sempre in questa ricostruzione sono mostrati due
momenti in cui è coinvolto il sindacalista leader
della protesta. Nel primo lo si vede in lontananza
mentre lotta con i poliziotti, nel secondo è già
fermato e viene scortato da tre militari che
continuano a colpirlo con il manganello.
Una presenza, quella delle forze dell’ordine,
ricorrente anche negli altri episodi: dai crumiri
della Bolognina, che armi in pugno si preparano ad
affrontare la contestazione dei braccianti, alla
particolare protesta della Fossetta delle armi.
Nell’episodio relativo alla "legge truffa", nella
piazza del paese è mostrato anche il Sindaco, che si
oppone all’intervento dei carabinieri. Una presa di
posizione che costò a Loris Manfredi la sospensione
dalle funzioni di Ufficiale di Governo.
L’azione della Pubblica Sicurezza poneva
regolarmente fine alle agitazioni con cariche, manganellate e qualche arresto.
I dimostranti si opponevano costruendo
barricate di biciclette, sistematicamente travolte e
distrutte dalle cariche dei mezzi militari. Solo in
una occasione, raccontata nell’episodio delle
mondine, erano le jeep della celere ad avere la
peggio e finivano in fondo ad un fosso, per l'azione
coordinata di un gruppo di donne.
Alla vigilia della mostra, un commissario di P.S.
sporse denuncia ritenendo una “grossolana offesa“
all’arma dei carabinieri e alle guardie di pubblica
sicurezza le rappresentazioni dei militari senza
capo, armati di mitra, o con teste di uccelli rapaci
coperti da elmetti, che percuotevano cittadini.
Un'offesa che, a suo parere, era ribadita anche
nell’opuscolo di presentazione della mostra, in cui
si parlava di “violenza padronale e poliziesca” e di
“stupida bestialità da parte delle forze di
Polizia”.
La richiesta di archiviazione del procedimento da
parte del procuratore della Repubblica di Bologna
che non ravvisava nei dipinti e nell’opuscolo
“contenuto vilipendioso” era accolta dal giudice con
la seguente motivazione: “I dipinti esprimono con
una grafia volutamente elementare e popolare, la
cronaca di alcuni episodi della lotta di classe
sindacale e politica, verificatisi nella Bassa
Bolognese, con un simbolismo che ha antiche radici
nella storia della pittura, e sempre nuove forma di
espressione.”
Come riferisce lo stesso commissario, "tutti i dipinti…si riferiscono a fatti
reali verificatisi a Crevalcore". |
Articolo tratto da L'Unità
La Mostra del pittore Barbieri a Crevalcore
Non punibili le critiche ai “celerini”
Con una esemplare sentenza la magistratura ha
archiviato il procedimento intentatati dalla
polizia- Le opere si ispirano alle violente
repressioni dei movimenti bracciantili per la terra.
Abbiamo da Milano :
Un’esemplare sentenza in materia di libertà di
espressione è stata emessa dal giudice istruttore di
Bologna dott. Governatori .
In vista dei festeggiamenti del Primo Maggio 1966, a
Crevalcore fu allestita una mostra di dieci dipinti
del pittore Aldo Barbieri e diffuso un opuscolo
contenente una presentazione del sindaco e un
commento di Armando Sarti . Ma proprio alla vigilia
della festa il commissario di P.S. di San Giovanni
in Persiceto, sporse denuncia . Secondo lui,
infatti, i dipinti che raffiguravano episodi delle
lotte avvenute fra il 1946 e il 1956 (scioperi,
occupazione della casa del popolo, della tenuta
Patrignani, Cavallini , Torlonia, vendita della
tenuta Barchessa ecc.) costituivano una “grossolana
offesa “ all’arma dei carabinieri e alle guardie di
Pubblica Sicurezza , mostrano militi senza testa,
questurini armati di mitra con teste di uccelli
rapaci coperti da elmetti, poliziotti che
percuotevano cittadini ecc. L’introduzione alla
mostra sempre secondo il commissario ribadiva tale
offesa parlando di “violenza padronale e poliziesca”
e di “stupida bestialità da parte delle forze di
Polizia “ .
Ma il procuratore della Repubblica di Bologna si
mostrò di diverso avviso e chiese la archiviazione
del procedimento perché né i dipinti né l’opuscolo
avevano “contenuto villipendioso” e ora il giudice
ha accolta la richiesta motivandola come segue : “i
dipinti esprimono con una grafia volutamente
elementare e popolare, la cronaca di alcuni episodi
della lotta di classe sindacale e politica ,
verificatisi nella Bassa Bolognese .. con un
simbolismo che ha antiche radici nella storia della
pittura, e sempre nuove forma di espressione .
L’approssimativa figurazione dei carabinieri privi
del capo e con un sovrastante triangolo, nel punto
in cui dovrebbe essere il cappello , non è che la
valutazione popolare, resa espressivamente e
simbolicamente , delle forze ciecamente esecutive
della legge , che i lavoratori vedevano schierati a
favore della classe padronale agraria , negli
episodi di lotta storicamente verificatisi e
umanamente e artisticamente rivissuti dal pittore.
Le figurazioni di militari con teste di rapace ,
armati con fucile mitragliatore , appaiono pure come
l’espressione concreta di un potere ritenuto ostile,
crudele ingiusto e sopraffattore .
I dipinti contengono scene in cui si vedono
carabinieri e militari percuotere o fronteggiare o
attaccare lavoratori. Come riferisce lo stesso
commissario tutti i dipinti…si riferiscono a fatti
reali verificatisi a Crevalcore …nella
rappresentazione l’autore ha incluso anche molti
altri elementi espressivi , quali esseri con capo da
rapaci , nero vestiti e con copricapo da gerarchi
fascisti, per ravvisarvi gli agrari, lavoratori
incatenati ecc. . In sostanza si èdi fronte a uba
rappresentazione artistica , dimbolica e espressiva
, che svolge episodi e temi ndi un pensiero e di una
storia cui è immanente la lotta di classe: pensiero
che trova la base di libertà e di liceità
nell’articolo 21 della Costituzione.
“Non si può quindi ravvisare il preteso vilipendio
in una civile espressione di pensiero, mediante la
rappresentazione artistica . E tanto meno si può
parlare di pretesto per un attacco villipendioso ,
come sostiene il commissario , quando si ammette che
la rappresentazione riguarda fatti concreti ,
realmente verificatisi , e presenta caratteri di
attualità storica .
Anche la presentazione e il commento critico
sviluppano le stesse idee del pittore ; e se in un
punto Si parla di stupida bestialità con riferimento
al fatto che i camion della Celere futrono fatti
passare su centinaia di biciclette di braccianti ,
il riferimento estremamente critico , riguardante
come negli altri casi , un singolo reale episodio ,
rientra nella libertà e liceità di giudizio
dell’operato anche dei corpi armati e delle autorità
costituite , naturale in un regime autenticamente
democratico “ . |
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