GOCCIOLE DI RUGIADA
di
Santi Amoroso
PORTOVENERE (1945) RIFLESSI
(1945)
Ti ritrovo, mio mare, La brezza agita il lago,
tra gli scogli spumanti d’onde; poi fugge oltre i
colli,
e il rumore che giunge lontano.
smuove segrete ore di pace Si può vedere il cielo, ora,
d’uomo straniero, nell’acqua.
e ricorda il suo verso immortale Ogni volta così, per
me, l’amore.
foggiato nella grotta.
Uniforme linea
scruta l'occhio incantato
e il pensiero erompente
si libra lontano
ove un cuore forse attende.
Mare
unico amico
che culli questa mia solitudine.
FELICITA' E' SPERANZA (1946) TUTTO HO VISTO PASSARE (1946)
Non chiedo il tuo compianto: Ho visto fuggire
se t’amo la
rondine dal suo nido
è perché sono nato per amare, sotto il mio tetto;
per donare me stesso, così pure la gatta
anche senza ricambio, non ritornare
per sognare, dai
suoi piccoli con gli occhi chiusi.
anche se gli occhi sono arsi di lacrime. Ho visto trascorrere
La felicità, tesoro, fiumane
d'acqua
non sta nelle cose che s’hanno sotto gli archi
del ponte.
ma in ciò che il nostro cuore Tutto ho visto
passare
spera d’avere, e
non fare ritorno;
nella ricerca ansiosa di una meta: tutto:
felicità è speranza, anche gli attimi più
dolci
è trovare la strada sbarrata pel cui ritorno
e tentare d’aprirla darei la mia vita.
anche se tutto il sangue Tutto ho visto passare:
straripa dalle vene; anche la bellezza di un
viso,
è cader nell’abisso senza fine, la dolcezza di un
cuore,
o ascendere alle vette la
seta di tanti capelli.
Irraggiungibili, Ma
queste m'han tracciato una ferita
quando però nel cuore che mai scomparirà,
vive l’anelito di trovare l’amore come fanno due cose
nella vita:
sulla cima o sul fondo. la tua mamma che muore
Felicità e
il primo amore.
è la cosa che si cerca
e non si trova.
PER UN GRANDE AMORE (1946) FUTURO (1946)
Frammenti di tristezza Meglio era fermarsi bambino
carpiti a stelle cadenti; lungo questa strada
parole lette nel cielo arrossato d’acuminati
sassi,
pel tramonto del sole; quando sulle ferite
gocce di pioggia una
carezza
martellanti sul vetro; e un bacio della madre
rondini che cercano il nido; lenivano il dolore.
vento che trascina Meglio era non andare oltre
in un turbine foglie; nel campo in fiore
lacrime di una mamma dove infiniti ti assillano i
perché
sul capo del suo bimbo e gli ingannevoli echi dei
riscontri:
che non vedrà il domani: risposte? No, solo parole.
così i miei versi Ora,
quale sarà il futuro?
per un grande amore. Vivere con occhi aperti
che
non vedono,
essere
uomini che pendono da fili
per
far ridere gli altri,
e
morire, morire
come
un cavallo stramazzato,
come
una suora
rinchiusa
nella cella.
VENTO TRA
LE MIE FOGLIE (1946) GIOVANE
SINO IN FONDO (1947)
Ho rivisto
i miei luoghi: Conserva
il tuo viso,
anche per
essi fanciullo,
il tempo
del distacco è trascorso quando
t’inoltri nel bosco;
ed ha
mutato. conserva
il sorriso
La mimosa, ed
i lucidi occhi incantati.
che vidi
piantare nel giardino di sotto, Come
se ancora il sole
or si
protende t’accarezzasse
le membra
e sorpassa
la mia terrazza; e
il vento scompigliasse i capelli.
ora
s'inchina e porge i fiori Nutri
dentro di te
che prima sempre
un solo pensiero:
andavo a
cogliere. che
il tragitto nel bosco
Anche il
glicine è asceso è
necessario, anche se angusto,
e
s'abbarbica al muro per
raggiungere il campo di grano
o si
sorregge dalle
messi dorate.
ad un filo
di ferro che fu posto
per aiutar
la vite...
la vite che
non crebbe da quel lato.
Altrove,
ove è
rimasta,
non s'è
ingrandita
anzi sembra
più stanca,
forse
perché le manca
l'olmo
compagno.
E il vento
le accarezza queste mie foglie,
o le
distacca,
e par che
inviti:
"Sii
come me:
passa
veloce
senza
acquistar rimpianti;
oggi bacia
chi tocchi,
svelli
domani;
ad ogni
istante muta
e pur sii
sempre quello".
GIRASOLE
STANCO (1947) LA
MIA MISERIA D’UOMO (1947)
Hai le
carni tepide Sono la foglia che s’innalza
come una
rosa bagnata di sole, trascinata
dal vento:
il soave
vibrare non
ho radici
di piccole
ali che volano, per
fissarmi alla terra.
lo sguardo
del bimbo Sono
la barca di carta
che sosta a
mirare balocchi. che
sul vortice gira
Cos'altro? e
poi scompare.
Un senso di
cosa perduta, Sono
il masso che rotola sul fondo,
di foglia
che cade, e la stella che sfreccia per un
attimo solo.
di girasole
stanco; Ho
l’anima del baobab gigante,
non la
conchiglia che si schiude ma
la vita
non l'acqua
che serpeggia tra le rocce, della
prima falda di neve che tocca il suolo.
ma l'onda
che s'adagia sulla riva. Ho
nei miei occhi
Sforzati
ancora di guardare il sole il
sole del tramonto e dell’aurora,
e la foglia
novella. il
cielo che s’annuvola e schiarisce
e
risplende di luci
il mare
quando freme e si distende,
la bellezza
del viso d'una bimba:
dovrò
chiuder quest'occhi...
Ho nel mio
cuore
il canto
della valle in primavera,
il mormorar
di mille rivi d'acqua,
la sinfonia
del fiore che si schiude,
l'organo
della chiesa:
si fermerà
il mio cuore...
Ho nelle
orecchie
parole
sussurrate nel tepor della sera
dal vento,
dal cantar dell'usignolo,
dalla terra
che dorme:
non udrò
più queste voci di Dio...
Ecco cosa
son io:
un granello
di sabbia
che si crea
rimpianti.
FRASTUONO
(1947) RIFLESSIONE (1947)
Il porto,
per la nave, Nulla io
chiedo,
non sia
solo riposo ma
se mi donano
si vuoti
delle merci prendo;
e ne
carichi altre nulla io
dono,
e sia di
nuovo un punto che scompaia ma
se mi chiedono
fra mare e
cielo. cedo.
La nave è
bella Così,
dopo avere imparato
quando
nella tempesta stride che
chiedere
e sprofonda è
un’eco senza risposta,
e
s'innalza. che
offrire
Tutto è più
bello non
vale la pena.
quando si
muove e freme.
Non cercare
anche tu il magico contatto
che arresti
il tuo congegno:
è un
mistero, la vita,
che si
rivela a tappe.
Mai
la tua sosta
nel porto
più
durevole sia
dell'attimo
che ti dia l'aire
per un
nuovo tragitto:
non sia
solo riposo
ma
frastuono.
L'orizzonte
si tocca con lo sguardo
non con la
mano,
anche se
tesa.
RICORDANDOTI
(1947) GOCCIOLE
DI RUGIADA (1948)
Misterioso ascolto
fruscio Raccogli,
di parole
passate; nell’attimo
che si tinge
attimi
rivivo dolci dei
primi colori,
accanto a
te trascorsi i
fiorellini del prato,
nell'età
che sospira serrati:
e non vuole
sconfitte le
tue dita saranno umide
ma sogni, per
gocciole di rugiada.
ad
avverarsi rari. E
se scorgi fra gli altri
Non sapevo un
bel fiore appassito
ch'era il
normale evolvere del sesso non
lasciarlo a se stesso
che mi
sconvolgeva ma
chinati a baciarlo:
al contatto
delle tue membra ambrate. le
tue labbra saranno umide
Io credevo
d'amarti. Per
le sue lacrime.
In te
cercavo il compenso Dal
cielo giungono
a questa
mia natura ad
ogni mattino
e, da te
lontano, il pensare gocciole
di rugiada;
scottanti
di sensualità momenti, e
se le vedi cadere dagli occhi
felici e
tremendi, della
donna che adori
mi dava
godimenti insperati. non
sarà stato vano
E credevo
d'amarti... averla
amata:
Erano quei
tuoi capelli lunghi il
fiore appassito è tornato a fiorire.
in onde cadenti
al tatto
morbidi, e vaporosi;
erano
quelle tue vesti corte,
quel
fiorire di vivide membra;
erano le
tue labbra carnose,
i grandi
occhi lustri,
le perle
nel riso splendenti,
che credevo
d'amare... Nient'altro,
anima che
non conosco.
Ora tutto è
un ricordo
che m'agita
a tratti e poi si dilegua,
di gioie
turbata isola
nel tempo
che galoppa e non perdona.
MERIGGIO
(1948) PARTIGIANO
(1948)
Non è
comparsa l'ora Tra
i boschi
che mitighi
la calura sono
vissuto
nel
sonnolento meriggio. come
un cinghiale braccato;
Il cielo
lontano ho
conosciuto il mistero della notte
somiglia al
mare trascorsa
fredda senza sonno
che bagna
la roccia di Sant'Alessio e
la sua poesia
nella mia
terra arsa dal sole. scandita
da un gocciolio di pioggia.
Se non
pensassi di te Non
ho conosciuto la noia
sarei solo nei
cammini tra i sassi e sui sassi,
con queste
mie membra spossate ma
il loro strazio
ed umide, e
la gioia del riposo sulle foglie cadute.
con questo
mio sangue Sono
vissuto come il pettirosso
povero
d'impulsi. gonfio
di libertà vigile,
Non è
comparsa l'ora come
il merlo che fa il verso
che scuota
questo caldo tedioso prima
di darsi alla fuga.
e
snervante, Ho
avuto sul labbro sorrisi
nel
meriggio che mi è caro e
per il corpo
perché ci
trova soli: i
gelidi brividi della morte
io e il
pensiero di te. che
mi camminava al fianco.
STASI
(1948) TERRA
NATIA (1948)
E' sempre
la fine d'un giorno Era
la soglia della mia terra
che non
porta mai nulla. più
cara a varcare
Se pensi, nel
mese che infiora i prati
in te trovi
le cose gioiosi
di grilli
che c'erano
ieri, di sera, e
di lucciole instabili,
e ancor
prima di ieri: quando
nella calura del meriggio
le stesse. è
piacevole essere stanchi
Il tuo
fiume non scorre, e
stendersi all’ombra dei filari di vite,
il tuo lago
non vibra pel vento, o
delle siepi di fichidindia;
il tuo
albero è fermo. quando
nella notte
Non è
questa una vita: chiara
di luna
è una cella e
di milioni di luci
dove il
tempo trascorre è
un’immensa fortuna
immoto. poter
poggiare il corpo sulla rena,
ora fredda,
e sentire,
vicino, il murmure del mare,
o, se
borbotta o mugghia,
gli spruzzi
come piccoli aghi
sul corpo,
sul viso bruno di sole.
E sentirsi
felice
giovane
forte,
oltre che
esserlo;
e sentirsi
stanco
dopo un
lungo cammino tra i limoneti,
tra il
grano dorato,
tra il
profumo dei gelsomini.
E poter
stare fermo la sera:
fermi gli
occhi,
fermo il
sangue,
ferme
queste membra
tra il mare
e il cielo
della mia
terra bruciata dal sole,
dalla
salsedine che il vento semina,
dalla lava
e lo zolfo
che sono
senza pietà.
NEL MIO
PAESE (1949) INUTILE
TEMPO (1949)
Nel mio
paese Strepere
lento di foglie
ove si
nutre il mandorlo e l'arancio, riascolto:
ove l'ulivo
non dà quiete di ombre una
quercia si staglia
e così il
limoneto; e
s’imbeve.
nel mio
paese È
cupo il mio cielo
ove l'aria
infocata s'innalza e
sosta gravido:
tremula,
nel meriggio, la
pioggia che goccia veloce
ed il mare
mai trova pace, cancella
un passato.
ove lo
scoccar della vela Ora
il giorno è volato:
che salpa
ed attracca inutile
tempo che scorre,
è simile a
un ricordo, inutile
vita che resta.
e il
pescatore menda la rete Voglio fuggire
tacito,
magro, riarso; dove
si muore al sole,
nel mio
paese o
l’uragano impaurisce
ove il
cielo è d'oriente e
non annoia
e la sera come
questa nostra pioggia
reca venti
soavi striminzita.
e non sonno
per
ristoro,
io ti voglio
portare.
Nel mio
paese
ove il
ritmo incalzante del tempo
è scandito
da un
monotono "nul...la"
ed un
destino avaro
esasperanti
premi
concede:
vagolare il
giorno
e vegliare
la notte.
MOMENTI
DELL'ANIMA (1949) POVERUOMO
(1949)
Cosa mi dà
questa vita Scompari
cielo azzurro
se non
d'amaro veleno che
mi hai visto felice,
ricolmi
calici; ed
anche tu terra matrigna,
ma nei
momenti dell'anima e
non patria mia cara,
l'ineffabile
gioia che
mi nutri d’affanno;
di scorgere
in me stesso non
gioie sognate
e spaziare
nell'infinito azzurro ma
sconsolati ricordi
della mia
solitudine. mi
agitate nel cuore,
Si crea,
fuoco nel tempo, e
le mie mani vuote
un'altra
vita non
stringono i capelli adorati
di soavi
ricordi e felici o
le membra candide di lei.
e di nuovo
si tende la mano Speranze
inutili,
e si
accarezza il viso come
ogni ora solinga:
d'ogni
persona perché
amare è soffrire?
amata nei
momenti dell'anima, Allontanati
mare,
che tornano
immutati. e
tu limite estremo,
Ogni altro
affanno si tramuta in cenere che
ti rinnovi al mio sguardo
che il
vento sperde. bramoso
di superate distanze,
muta il tuo
nome
nella riva
opposta
senza pesi
raggiunta.
Libera
anima mia
vola,
e mio corpo
non cedere ai richiami
ma lungi,
sempre più
lungi
nella
faticosa fuga,
conquista
(poveruomo!) un nuovo mondo.
Lascia
sterili pianti
al lontano
giovane tempo:
il mio
destino sia un immane dolore,
ed il
premio un'immemore morte;
darà la
zolla mia di terra
fertili
umori per vermiglia rosa
che si
abbarbichi
e copra il
nome inciso sul sasso
e lo
difenda da indiscreti sguardi.
ANCHE UNA
VOLTA SOLA (1963) PREGHIERA
FINALE (1970)
L'oceano
voglio varcare Rendimi,
Signore,
per vedere
ancora, pari al mio desiderio d’amare:
anche una volta
sola, come
le foglie
sperduto un
angolo della mia terra dei
sempreverdi
ove rade le
fronde del limoneto che
durano una vita,
danno
sembianze d'ombra come
il lambire d’onde
al paesano
insecchito senza
sosta
che sfugge
la canicola. alla
riva estasiata.
Tanta acqua
voglio varcare E
poi, Signore,
per sentire
ancora, lascia
che il povero cuore assapori
anche una
volta sola, una
morte fredda di luna,
il fiume
che gorgoglia un
rimbombare di frana
tra i
millenari argini ed
un sogno infinito
e culla,
dopo il vespro, che
si rispecchi negli occhi
riflessi di
lumini dell’amata
donna che vedrà la mia fine.
e l'Angelo
del Castello.
Voglio
tornare indietro
per
rinserrare ancora,
anche una
volta sola,
fra queste
braccia convulse
la vecchia
madre
che gli
occhi nutre di pianto
e di
sbiadite sembianze.
Per
riposare queste mie membra,
per
riempire questa mia vita
di melodie
e di affetti sognati,
voglio
tornare,
anche una
volta sola,
ove forse è
la pace.
DOLCI
RINTOCCHI (1995) UN
FIEVOLE LAMENTO (1996)
Mi son
rimaste solo le campane Amalgamato
con questi fogli
a dirmi che
son vivo, non
sono andato via
quando al
mattino ascolto anche
se non mi vedi.
il loro
suono a festa, Ecco,
son qui:
dolce,
argentino, abbarbicato
a questi frammenti di carta
che mi dà
il buon giorno. son
qui, in eterno,
Un altro
giorno da rubare al tempo? fra
tante parole scritte e non scritte
Questo
ora non so: fra
mille pensieri detti e non detti,
la conferma
a stasera. per
te da sviscerare…
E quando il
cielo imbruna e
per guidarti al cielo.
i rintocchi
accarezzano i capelli Non
leggi fra le righe?
color di
neve, Non
vedi quanto amore e gioia,
conciliando
il sonno: quanta
speranza e forse…
potrò forse
rubare anzi…di
certo!…
un'altra
notte ancora? un
fievole lamento:
vorrei non
esistesse
solo una
cosa al mondo:
quell'inganno
all'estremo della vita.
MONDI
SOSPESI (1996) MAREE
GEMELLE (1996)
Siamo mondi
sospesi nel nulla, Quando
con lento calare la marea
come polline
inerte che vaga riscopre
tratti di compattata sabbia
all'infinito; la mano acquista coraggio
siamo
speranze deluse, e
con il dito traccia infocate parole
come sogni
interrotti che
asciugano il bagnato.
prima ancor
dell'aurora. Così
scrivo il mio libro della vita
Nel libro
della vita senza
principio o fine:
la nostra
storia è impressa: fantasiosi
episodi
NOI SIAMO che
durano un passare di luna
cellule
espulse per
elidersi poi
da amalgami
d'amore, all’eolico
suon dello sciacquio.
cellule
emerse Come
un foglio di carta che rimane bianco
da ciechi
contatti, non fecondato da lacrime o sorrisi,
cellule
impazzite come
una striscia di mare che lambisce
nello
sfolgorante pulviscolo acuminati
strapiombi di roccia
d'una
listerella di sole. ove
un mortale mai si attardò
per
lanciare un grido
o rimirare
il cielo.
Purtroppo è
giocoforza:
per legger
ciò che ho scritto
bisognerà
guadare questo mare
e andare
all'altra sponda
quando il
lento calar della marea
scopre
anche lì una sabbia
assetata
d'infocate parole.
Così
s'inizia il circolo
e si
chiude, fra maree gemelle.
IMMOTE
SPOGLIE (1996) SCORCIO
D’ESTATE (1996)
Non è morte Folate
frizzanti di ponente
è un freddo
perenne di ghiacciai dan
refrigerio alle membra
che
svettano nel cielo, tuttora
spossate
oltre lo
sguardo; pel
lungo tedio d’agosto affogato
è un
placido sonno di bimbo in
insulse baldorie.
che
continua nel chiarore del giorno, Ora
si vive;
oltre il tempo assegnato. ora si
ammira un terso cielo
Non è
morte: sui
Colli Albani
è un
candore nivale e
di fronte, lontano,
che
abbellisce il corpo, un
mare ceruleo
per poco
ancora; a
tratti calmo pur in eterna lotta
è un
riflesso d'amore per
riciclare inquinanti residui
che
svanisce nel nulla di
grassa umanità.
senza
riscontro. In
questo scorcio d’estate
io pesco il
mio ristoro:
mi godo il
biondo fiume
istoriato
qua e là di intermittenti cerchi
che
guizzanti tonfi creano dal nulla.
IN CERCA DI
PACE (1997) ECLISSI
(1997)
Stanco, mi
siedo Vorrei
celarmi
ove il
verde è padrone; in
uno scrigno
l'acqua
cheta del lago di
profumate rose,
scroscia
dai remi dei canoisti quelle
senza le spine
a benedire
intorno se
qualcuno
tutto un
mondo sommerso. mi
aiuterà a trovarle;
Pazzi di
gioia oppure
rintanarmi
i
passerotti saltellano in
un antro cumano
in ogni
dove, e si rincorrono ove
un solo lumino
come tanti
puntini illuminasse
a giorno
nell'intimo
degli occhi. le
preziose parole
Questa è la pace che cerco. incise sulle mura
per svelare
il mondo.
Così,
dietro il sipario arcano
della mia
eterna notte
splendente
di saggezza,
nell'eclissi
totale
potrò
inalare il profumo
dei sogni
che si avverano
e provare la
gioia
di
penetrare l'ignoto
quando
purtroppo è tardi.
SEGRETI
VERSI (1997) IN
ATTESA (1997)
I versi più
belli Sono
in attesa di un sorriso
non li ho
mai scritti: che
sfiori il labbro
sono
rimasti rinchiusi, contorto
di dolore,
come segreti, sono
in attesa di un verbo
fra le
corde del cuore che
rassereni l’animo
a nutrirsi
del sangue frantumato
da lotte,
che tra
vortici rigira, sono
in attesa di un lume
diluiti da
lacrime, che
rischiari la strada
i tanti
ricordi pietrosa ed erta,
che
allietano i giorni vuoti d'impulsi scavata
da questa nuvola di vita
e affollano
le notti ricche di sogni greve
di pioggia.
effimeri e
gioiosi. Ed
ogni giorno passa così,
I versi più
belli come
polline al vento
non li ho neppure
letti: sopra
terra infeconda.
anche i
poeti delle vette
non li
hanno mai scritti,
li han
tenuti segreti
nel
pensiero che non penetra il rigo
e vola nel
cielo infinito
del loro
eterno affanno.
SPARUTA
SCHIERA (1997) IN
QUESTO FRAGILE GUSCIO (1997)
Noi
rimarremo in pochi: Non
so se la sera mi porti
una sparuta
schiera la
gioia del mattino a venire
d’itala
gente che da Enea discese, e
poi il mattino
dissodò
campi ovunque, la
pace della sera.
col proprio
sangue In
questo fragile guscio
ubertose e
ricche rese contrade fra
queste mura infinite
petrose ed
arse, io
nutro l’incertezza
conquistò
il mondo noto d’allora, di
un travaglio
varcò
cosmici mari, che
mi culla e mi piace:
ponti
arditi innalzò al cielo ad
occhi chiusi vagheggio
e si dissolve ora che
nato non sono
nella lenta
agonia di un’unione infeconda. per
poi solo morire.
Noi
rimarremo in pochi:
una misera
prole
per caso
originata
da pavida
gente
che non
nutre il coraggio
di
trasmigrare a Selene
od
esplorare il pianeta
cosparso di
ruggine rosata
che lo fa
più bello
del nostro
sole al tramonto.
NEL PRATO
DELLA VITA (1997) IL
CIELO NO (1998)
In questo
prato che si chiama vita Su
questa terra,
un filo
d’erba è un nulla, anche
nel più remoto anfratto,
come lo
siamo noi. ho
lasciato le indelebili orme
Anche il
fiore più bello del
mio umano contatto.
non regge
al tempo Pure
l’acqua di fiumi e di laghi,
e china il
capo, in silenzio, di
mari e oceani
per
asciugar, non visto, ha
ribollito intorno alle mie membra
la rugiada
degli occhi. di
fuoco pregne e di luce
Perché tu,
uomo che passi, e
si è retratta,
calpesti un
sogno con
movenze di gioia,
e lasci
dietro a te al
mio procedere.
una gravosa
orma di pena Ma il cielo, il cielo
no:
che
schianta ogni speme d'amore muraglia
invulnerabile di roccia
e desìo di
pace non
ha ceduto spazio
al
tramontar del sole? all’insulto
di questo bonzo
privo
di generose ali
che
possano battere ai venti
libere
e possenti
sotto
e sopra le nuvole,
bianche
di sogni estasiati
nere
di tempeste imminenti.
Il
cielo no,
non
può essere mio:
allora,
che vale domare
ogni
altro regno?
LE VOCI
DELLE COSE (1998) COME
FOGLI DI LIBRO (1999)
Ascolto le
voci delle cose Come
fogli di libro
che vive
non sono che
le dita accompagnano,
ma parlano
per grazia delle mani con
tenerezza,
che
plasmato hanno la lor materia. verso
l’oblio,
Straziata
la voce giro
davanti a me
dell'uomo
che mi vive accanto i
miei cari scomparsi.
non odo Si
affolla l’umana mia storia
ma odo la
muta voce che
io,
dell'uomo
di marmo ultimo
foglio ancora non scritto,
che contro
il gigante chiuderò,
con rimpianto.
scaglia un
sasso letale, È
il libro della vita
o della
donna dal capo reclino ove
ogni foglio è un essere
sulle
membra immote del figlio (un
amico, un nemico,
che con
umana pietà un
amore, un rancore)
sorregge
fra le braccia pieno
di gioia e dolore,
e
silenziosa piange. destinato
all’eterno
Anche se
suono non hanno ma
col tempo contato.
ascolto le
voci delle cose Quanti
fogli ho girato...
che bello
fan questo mondo i
vecchi nonni, i genitori amati,
pieno di
luna e astri i
parenti non tutti noti,
pieno di
sole e fiori i
compagni di giochi e di scuola,
pieno di
mare e terre, in
verità sì cari,
con esseri
che senza voce parlano i
colleghi e le donne
e cose che
con il loro silenzio a
quel tempo gentili.
si fanno
udire al cuore. Sono giunto al mio
foglio
che dovrò
girare.
Manca il
coraggio:
mi regga
qualcuno la mano
e la guidi,
ché la vita
continua.