SOMMARIO
INIZIO
http://www.comuneadria.net/pane/storpan/storia.html
|
|
|
|
Non è possibile stabilire con certezza quando venne
utilizzato il pane per la prima volta. Non esistono leggende, storie o
documenti che ci informino al riguardo. Certamente tra Paleolitico e
Neolitico (10.000 - 9.000 a C.) ci furono i primi rudimentali tentativi di
coltivazione dei cereali tra i quali il grano. La pianta sembra originaria
del bacino orientale del Mediterraneo anche se poi si è estesa in ogni area
geografica ben adattandosi sia ai climi caldi che a quelli freddi. In Medio
Oriente sono venuti alla luce i resti di un villaggio risalente al 9.000 -
8.000 a C. che testimonia che già prima di quell'epoca ne era praticata la
coltivazione e l'utilizzo a scopi alimentari. Prima di allora l'uomo si
cibava di cereali saltuariamente quando ne trovava. Sembra che il primo
cereale a convertirsi in pane sia stato l'orzo, forse la più antica
graminacea, assieme al miglio, conosciuta dall'uomo. Un altro tentativo di
panificazione fu fatto con il miglio, dall'elevato potere nutrizionale, che,
dai tempi lontani a oggi, in Africa e nelle regioni caldo-aride dell' Asia
meridionale trova larga diffusione in una specie di tortino ("pan
di miglio"). La segale (cereale dotato di buone caratteristiche
panificatorie), era conosciuta, assieme all' avena, già all' età del Bronzo e
se sono ritrovati i residui in giacimenti di quell' era. È, in ogni caso, il
frumento che, da sempre, è destinato a conoscere il maggiore e più duraturo
successo, dovuto in buona parte alla sua straordinaria attitudine alla
panificazione. Per quanto riguarda la coltivazione del grano attuata
volontariamente (cioè l'atto vero e proprio) essa risale, come si è detto, a
tempi piuttosto remoti. Questi dati ci inducono a pensare che il pane, suo
principale derivato, sia uno dei cibi più antichi. All'inizio i cereali,
interi o frantumati, venivano mangiati crudi; in seguito si imparò a
tostarli. La torrefazione non solo ne migliorava il sapore e la digeribilità,
ma facilitava la conservazione impedendo il formarsi di muffe. Si cominciò,
poi, a pestare il grano secco in un mortaio o a frantumarlo utilizzando una
base di pietra levigata larga e pesante (levigatoio) sulla quale venivano depositati i grani che si
schiacciavano con un'altra pietra tenuta nel pugno (macinello). Il risultato
di queste operazioni era una farina grezza di grossa grana che veniva
impastata con acqua e consumata. La scoperta del pane, con ogni probabilità,
avvenne in modo casuale quando, lasciata la poltiglia di acqua e farina
vicino al fuoco, ci si accorse che induriva cambiando sapore. Quel pane duro
non lievitato e senza una forma definita non aveva nulla in comune con quello
di oggi, ma da lì iniziò la sua evoluzione come alimento. I primi
panificatori dell'antichità furono gli Egiziani ai quali si deve non solo la
costruzione dei primi forni con volta a cupola, che consentivano la cottura a
temperature più elevate, ma anche la scoperta della lievitazione naturale.
Fu, infatti, in Egitto che ci si accorse che, lasciando riposare
l'impasto per qualche tempo, il pane diveniva più leggero e voluminoso e dopo
la cottura più soffice e spugnoso. Presso gli antichi
Egiziani, di cui già Erodoto notava l'uso di impastare con i piedi, il pane
acquistò per la prima volta un valore economico e sociale essendo utilizzato
come moneta per pagare il salario tanto del contadino quanto delle più alte
cariche dello Stato e divenendo simbolo di distinzione sociale (al popolo era
destinato pane di orzo o spelta ai nobili quello di farina di grano). Il pane
era il cibo principale, anzi quasi l'unico dei contadini. La farina con la
quale era confezionato era ineguale, grossolana e conteneva una buona
quantità di polvere, sabbia portata dal vento e altri generi di impurità. Il
contadino non masticava delicatamente il suo pane, ma lo schiacciava con
grande sforzo delle mascelle. Le impurità abrasive alla lunga logoravano
anche i denti più forti e molti vecchi avevano la dentatura consumata fino
alle gengive. In Grecia la tecnica di panificazione fu notevolmente
migliorata sia nella costruzione dei forni sia nella varietà aggiungendo
nuovi aromi e spezie fino a produrre circa 72 tipi diversi di pane (al latte,
al miele, speziato, ecc.) i cui nomi prendevano origine dalle forme, dal tipo
di cereali usati, dagli ingredienti e dal modo di cottura. Alla base di questa
grande diversificazione panaria vi era la necessità di saper distinguere le
varie forme di pane da destinare nei voti e nei riti delle diverse divinità.
Furono i Greci ad istituire i primi forni pubblici e le prime associazioni di
panificatori stabilendo anche le regole per il lavoro notturno dei fornai. Il processo
evolutivo proseguì con i Romani che raffinarono la macinazione ottenendo
farine più bianche e pure. L'arte del pane si diffuse a Roma dopo la
sconfitta del re macedone Perseo ad opera dei suoi schiavi greci che ne
importarono la lavorazione. Gli storici Ateneo, Plinio il Vecchio e Gellio ci
informano sui tipi e le qualità di pane: dalla galletta di farina d'orzo al
vero e proprio pane di farina di grano che vennero a soppiantare il "puls"
(farinata di farro o di fave) fino ad allora cibo nazionale romano. La
panificazione come servizio pubblico sotto il controllo degli Edili fu
introdotta a Roma nel 168 a C. e conobbe un grande sviluppo tanto che ai
tempi di Augusto si contavano nella sola capitale più di 400 forni. La
cottura del pane era tuttavia praticata anche nei forni domestici delle
grandi case private. Durante l'Impero Romano, il pane, alimento base per gran
parte della popolazione, fu assicurato ed imposto da una legislazione apposita,
che consentiva a tutti i cittadini di comprare frumento dai granai pubblici a
un prezzo inferiore a quello di mercato. L'editto evidenziava che il pane,
fatto di farina di frumento, era più sano e preferibile alla polenta e agli
impasti di altri cereali allora in uso. La più importante innovazione
tecnologica introdotta dai romani, che tramutò la panificazione in una vera e
propria attività artigianale, fu il passaggio dalla macina di pietra mossa da
animali o da schiavi al mulino azionato dalla forza idrica. I
"pistores", termine latino derivato da "pistrinum"
(mulino) che indicava sia i fornai che i mugnai, in relazione al nuovo ruolo
si organizzarono in corporazione. L'esperienza acquisita dai romani nell'arte
della panificazione andò dispersa con la caduta dell'impero e le invasioni
barbariche. Si tornò così alla preparazione casalinga del pane. Panetterie di
una certa importanza continuarono ad esistere presso i conventi. In epoca
feudale furono in uso mulini e forni dei singoli signori, che, per rafforzare
il loro potere, li gestivano in regime di esclusiva impedendo ai sudditi di
costruirne altri ad uso personale. La maggioranza della popolazione, per la
precarietà della condizione economica, non poteva permettersi di utilizzare
il frumento ed era costretta a consumare altri cereali inadatti alla
panificazione: l'orzo, l'avena, il miglio, il farro la spelta, il sorgo che
si prestavano meglio ad altre preparazioni. Anche il pane, che si faceva
soprattutto con la segale, aveva un colore, un sapore ed una consistenza
assai viversi da quelli del frumento. Nel regime alimentare delle classi meno
abbienti i pani "poveri" di colore scuro, le focacce mal lievitate
e le polente di miglio o d'avena avevano un'importanza decisiva. Erano cibi
di riempimento che riuscivano ad allontanare lo spettro e la sensazione della
fame e fornivano il maggior apporto calorico assieme ad altri farinacei, come le leguminose
(fagioli, fave, ceci, piselli), le castagne (nelle zone di montagna) o, nei
periodi di maggior carestia, le ghiande. Nonostante il pane di frumento
venisse consumato solamente dai nobili e dai ricchi, cioè da coloro che non
basavano sul pane, ma sulla carne la loro alimentazione, le ricette si
arricchirono con l'aggiunta di ingredienti sempre più soffisticati come
acciughe, formaggio ed erbe aromatiche. I panificatori non scomparvero però
del tutto. I sovrani ed i signori ne tennero sempre al proprio servizio
(particolarmente rinomati furono quelli della corte papale). Con l'affermarsi
dei liberi comuni ricomparvero i fornai come artigiani indipendenti e la
panificazione fu regolata da prescrizioni molto rigide. In molti casi l'opera
del fornaio si limitava alla sola cottura del pane già preparato a casa dal
consumatore; in altri il cliente forniva la farina o il grano. La produzione
del pane fu notevolmente migliorata durante il Rinascimento utilizzando
farine più raffinate e bianche ed innovando il processo di fermentazione con
il lievito di birra, che, si dice, fu introdotto per la prima volta alla
corte di Maria dei Medici, la quale, in seguito, esportò l'arte della
panificazione a Parigi. Questa città acquisì nel tempo il primato nella
produzione del pane di lusso che successivamente passò a Vienna. Alla fine
del XVIII secolo con l'introduzione delle impastatrici meccaniche ed altre
macchine (spezzatrici, formatrici, ecc.) cominciò la fabbricazione del pane
su scala industriale perfezionata in seguito dalla scoperta dei lieviti
attuali e dalla introduzione di nuove tecniche di cottura. Così, tra alterne vicende,
questo alimento dagli albori della civiltà è giunto sino ai giorni nostri
differenziandosi sotto l'aspetto delle caratteristiche qualitative in base
alle usanze dei paesi in cui viene consumato ma sempre in grado per la
varietà degli ingredienti e la creatività dei fornai di accontentare il
palato più esigente. Anche il pane ottenuto con l'impiego di cereali poveri
(un tempo alimento principale dei ceti umili) riesce oggi ad avere una
notevole attrattiva, fino a comparire, costosissimo, nei banchi delle
erboristerie o di cibi naturali, non solo per il venir meno della memoria
storica o per il capriccioso desiderio di sfiziosità alternative, ma anche
perché la cultura dell'abbondanza consente di trasformarlo in una nuova
occasione di piacere.
|
|
|
|
|
Dal sito Molino
Quaglia:
Che cos'è il pane?
Risposta:
È denominato “pane” il prodotto ottenuto dalla cottura totale o parziale di
una pasta convenientemente lievitata, preparata con sfarinati di grano,
acqua, lievito, con o senza aggiunta di sale comune (cloruro sodico). D.L.
27 gennaio 1992, n. 109.
Qual è la differenza tra metodo diretto e indiretto?
Risposta:
L’impasto è l’operazione che consiste nel miscelare gli ingredienti tra di
loro. Generalmente è operato nelle impastatrici, ma può essere condotto
anche manualmente.
L’impasto può essere attuato tramite metodo diretto o indiretto.
Il metodo diretto consiste nell’impastare in un’unica fase tutti gli
ingredienti fino alla formazione di un impasto amalgamato ma non ancora
perfettamente omogeneo. Viene previsto un periodo di riposo che permette il
completamento dell’idratazione e della formazione del glutine ed il
controllo delle caratteristiche dell’impasto da parte dell’operatore. Il
periodo di riposo oscilla tra i 3 e i 5 minuti, dopodiché si riprende e si
completa l’impastamento.
Il metodo indiretto riguarda impastamenti in due fasi. La prima prevede la
preparazione della biga, del lievito naturale, della pasta di riporto, ecc.
La seconda consiste nell’aggiungere agli impasti preparati precedentemente
gli altri ingredienti.
Cos'è il fermabiga?
Risposta:
Il fermabiga è una cella a temperatura controllata dove vengono introdotte
le bighe per evitare una fermentazione eccessiva.
Cos'è il fermalievitazione?
Risposta:
È l’operazione che consente di rallentare la fermentazione mediante
l’utilizzo del freddo.
Generalmente è condotta all’interno di una camera dove è possibile
controllare la temperatura e l’umidità relativa.
Si distinguono quattro fasi a differenti temperature:
abbattimento: –6° C / -7° C
mantenimento: +1° C / +2° C
prefermentazione: +12° C
fermentazione: + 28° C
Che cos'è l'autolisi?
Risposta:
Il sostantivo “lisi” deriva dal greco “lysis” = scindere; la definizione
chimica è: “scissione enzimatica di una sostanza”.
L’autolisi è una tecnica di produzione del pane che si pratica miscelando
una quantità di acqua e farina che servirà per completare l’impasto e che
si lascia riposare per circa 30 minuti.
L’autolisi, applicata alla panificazione, serve soprattutto per migliorare
la lievitazione. Il metodo, infatti, dona morbidezza all’impasto, migliora
il volume e determina un più rapido impastamento, poiché la pasta risulta
più liscia in funzione della “lisi” che ha subito la maglia glutinica.
Cos'è il poolish?
Risposta:
È un “lievito” semiliquido, preparato alcune ore prima dell’impasto,
miscelando acqua e farina in pari quantità.
Preparazione poolish
Kg 1 acqua
Kg 1 farina
La percentuale di lievito compresso da aggiungere varia ed è in funzione
del tempo per il quale si lascia fermentare la poolish.
Durante la fermentazione, il volume del poolish semiliquido deve aumentare
più del doppio e la superficie presentare una forma concava. Una
fermentazione eccessiva rende l’impasto successivo troppo appiccicoso
quindi impanificabile. La temperatura finale del poolish non deve superare
i 25° C.
Fermentazione indiretta con poolish
Dose di lievito
1-2 ore gr. 30
4-5 ore gr. 15
7-8 ore gr. 5
10-12 ore gr. 3
15-18 ore gr. 1,5
24 gr 1
Temperatura ambiente ottimale per la lievitazione del poolish: 20/22° C
Temperatura ambiente ottimale poolish: 23/25° C.
|
|
|
ARGOMENTO: IL TERMOTRATTAMENTO ED I PRODOTTI TOSTATI
Cosa si intende per "Termotrattamento"?
Risposta:
Il termotrattamento è un processo naturale che garantisce una maggiore
igiene dei prodotti trattati
mantenendone le caratteristiche originarie per più tempo. La tostatura
conferisce inoltre, un profumo
ed un aroma più intensi e un colore più vivo ed acceso. Queste caratteristiche
permettono di ottenere
prodotti da forno (pane, grissini, biscotti, pizza) più appetibili e
digeribili esaltandone la fragranza
e la friabilità.
La tostatura dei prodotti derivati dalla macinazione del grano e di altri
cereali presso
il Molino Quaglia ha raggiunto negli ultimi anni una posizione importante
all’interno dell’ampia
gamma di prodotti offerti nel mercato.
Cosa sono le farine di grano tenero pre-gelatinizzate?
Risposta:
L’amido, contenuto nella farina, per effetto del termotrattamento si
rigonfia e forma un gel.
La “gelatinizzazione dell’amido” migliora la capacità d’assorbimento
dell’acqua da parte
della farina e contribuisce allo sviluppo di un’uniforme struttura
cellulare.
L’irrigidimento delle proteine, dovuto all’azione combinata di calore e
vapore, favorisce la formazione
di una rete glutinica molto solida e poco elastica.
Questo processo permette di ottenere una farina che aggiunta alla miscela
di quella utilizzata per la
produzione di prodotti lievitati (quali pandoro, panettone, croissant,
colombe ecc.) garantisce una
maggiore stabilità nella fase di lievitazione, evitando l’effetto
collassamento del prodotto.
Esempio di questa rivoluzionaria farina è il prodotto “Sostegno” della
Linea Pasticceria.
La “gelatinizzazione dell’amido” ne aumenta, inoltre, la
viscosità;il risultato di questo
processo è la farina pre-gelatinizzata, “Fritti”, un prodotto altamente
indicato per le fritture che
garantisce una migliore adesività della pellicola di farina al prodotto da
friggere.
Come avviene il processo di tostatura dei cereali?
Risposta:
La tostatura dei prodotti derivati dalla macinazione del grano e di altri
cereali presso il Molino Quaglia
ha raggiunto negli ultimi anni una posizione importante all’interno
dell’ampia gamma di prodotti offerti
nel mercato.
Possono essere trattati termicamente oltre alla crusca di grano tenero, la
farina integrale di farro,
la farina d’orzo, di riso e quella di soia.
La farina di riso tostata è altamente indicata come prodotto da spolvero nella
produzione di pasta fresca.
La tostatura della farina di soia permette di bloccare l’attività degli
enzimi responsabili del caratteristico
gusto amaro della soia, rendendo idonea la farina che ne deriva per la
produzione di prodotti da forno.
La tostatura deI farro integrale, oltre a garantire una maggiore durata nel
tempo della farina,
permette di ottenere dei prodotti da forno integrali con un aroma ed un
gusto acceso e vivo.
Cos'è il germe di grano tenero e duro tostato e perchè è importante?
Risposta:
Il germe, l’apparato germinativo del chicco, si trova alla base del seme e
rappresenta il
2% del nocciolo. E’ un vero concentrato di elementi nutrizionali: ricco di
vitamine
E, C, D, del gruppo B, di sali minerali e di acidi grassi.
In 100 gr di prodotto
energia
|
kcal
|
415
|
|
kj
|
1740
|
minerali
|
sodio (mg)
|
3
|
|
potassio(mg)
|
820
|
|
ferro(mg)
|
10
|
|
fosforo(mg)
|
1100
|
A causa dell’alto contenuto di
grassi che limitano la conservazione della farina, il germe viene ad
essere scartato in produzione.
Il termotrattamento blocca l’attività enzimatica dei grassi responsabile
del degradamento
del prodotto. Una volta stabilizzato può essere venduto nel mercato per uso
alimentare,
come integratore vitaminico. Il germe di grano, una volta stabilizzato con
il processo termico, può essere reintegrato
alla farina esaltandone le caratteristiche nutrizionali ma soprattutto
tecnologiche.
Un esempio di farina con l’aggiunta di germe di grano stabilizzato è Più
Vita della
linea pizzeria che permette di ottenere una pizza più fragrante e
digeribile. L’aggiunta del germe
rende inoltre, l’impasto più estensibile migliorandone la lavorabilità.
|
|
Quale lievito: dal sito:
http://www.cucinait.com/cucinait/Ricette/SCucina/370_5015.html
Quale lievito?
Per fare il pane si può scegliere
tra due tipi di lievito, quello industriale, venduto in forma compressa nei
classici panetti di lievito di birra, e quello naturale, da fare in casa. Sono
entrambi adatti per la panificazione (il lievito di birra garantisce buoni
risultati in tempi più brevi) ma,per ottenere la tipica fragranza del pane, e
il suo profumo inconfondibile, il lievito naturale è insostituibile. Il lievito
di birra, infatti, dà l'avvio a una fermentazione di tipo alcolico, mentre
quello naturale, scomponendo gli zuccheri presenti nella farina, innesca una
fermentazione "acido-lattica". Sono proprio i batteri lattici
presenti in questo tipo di fermentazione a caratterizzare il sapore, l'odore,
la digeribilità e la conservabilità del pane.
Gli impasti base: pasta per pane
|
|
Il consiglio
|
|
|
Una
treccia con il lievito di birra
|
|
|
|
|
Mescolare
in una ciotola g 200 di farina bianca con g 15 di lievito di birra
sbriciolato, un pizzico di sale e g 50 di latte tiepido. Coprire quindi
lasciar raddoppiare di volume in luogo tiepido. Mescolare
nell'impastatrice g 300 di farina, il panetto così preparato, g 50 di
latte, 3 tuorli, g 40 di zucchero e g 80 di burro, morbido e a pezzetti.
Lasciar lievitare l'impasto, raccolto a palla e coperto, finché raddoppia
di volume, quindi metterlo sulla spianatoia; sgonfiarlo con le mani e
tagliarlo in tre parti uguali. Sulla spianatoia leggermente infarinata,
lavorare i tre pezzi, partendo dalla parte centrale in modo da ricavarne
tre filoncini uguali, lunghi circa cm 25. Sempre partendo dal centro,
intrecciare insieme le tre parti (come nella foto). Pennellare la treccia
ottenuta con un tuorlo d'uovo mescolato con un po' di acqua; lasciar
lievitare per un'ora, infine infornare a 190 °C per circa 45'.
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Gli ingredienti fondamentali
Sono tre i componenti
base necessari per fare il pane (e la pizza): acqua, lievito e farina: da
secoli è questa la ricetta base del pane, con l'eventuale aggiunta di un
po' di sale. Nonostante la semplicità degli ingredienti, tuttavia, da
questa "formula magica" nasce una serie di pani diversi tra loro
per aspetto, consistenza, formato, sapore. Per capire come ciò sia possibile,
bisogna conoscere più da vicino gli ingredienti.
La
farina
Nel caso del pane si
parla quasi sempre di grano tenero, il cereale che si presta meglio di ogni
altro alla panificazione, grazie alla sua composizione: è formato, infatti,
principalmente da amido (per il 60-68% del peso totale del chicco); ci
sono, poi, altri glucidi in piccola percentuale e zuccheri semplici come il
glucosio, il maltosio e le destrine, utili per permettere l'attività del
lievito. Ciò che è fondamentale, però, è la presenza, nel grano, di due
proteine: la gliadina e la glutenina. Impastate con l'acqua, queste
proteine si uniscono tra loro, originando una massa grumosa ed elastica,
chiamata glutine, che conferisce all'impasto la capacità di lievitare. In
particolare la glutenina conferisce tenacità all'impasto, la gliadina ne
garantisce l'elasticità. Nella scelta della farina per fare il pane si deve
tener conto anche del grado di raffinazione (dalla più alla meno raffinata:
"00", "0", "1", "2",
"integrale"):normalmente le farine 0 e 00 contengono meno glutine
delle altre, motivo per cui in genere non si usa la "00" per fare
il pane.
Farina
Manitoba
La farina tipo Manitoba
si ottiene dalla macinazione e dalla successiva lavorazione di varietà
(cultivar) di frumenti teneri coltivati nel Nord America, originari della
regione canadese di Manitoba (il nome deriva dalla tribù indiana che viveva
in quell'area). Questi tipi di farine, una volta impastate con acqua, hanno
la caratteristica peculiare di formare una elevata quantità di glutine,
durante la lievitazione e la cottura del pane. Queste farine vengono dette
"forti" o "di forza", per distinguerle da altri tipi di
farine di frumento tenero che si presentano di media o debole forza. Le
farine tipo Manitoba, quasi tutte di importazione, vengono spesso usate per
"tagliare" altri sfarinati nostrani, in modo da poter dosare la
forza dell'impasto, e quindi del pane, che si desidera ottenere (pugliese,
da pizza, francese, lavorato, ecc.). Questa miscelazione viene svolta direttamente
dai molini che specificano poi sugli incarti la "forza" finale
dello sfarinato (si chiama Valore W, ma, in genere, viene indicato sulle
confezioni con la dicitura "preparato speciale" per pane, per
pizza o per dolci).
L'acqua
Ha un ruolo fondamentale
nella fabbricazione del pane, non solo perché consente la formazione
dell'impasto e del glutine, ma anche perché consente al lievito di svolgere
la sua attività. Le caratteristiche dell'acqua utilizzata influiscono molto
sulla qualità e sul sapore del pane: dalla sua durezza, infatti, (quantità
di calcare disciolto) dipende la consistenza e la stabilità dell'impasto,
che, con acqua povera di calcare, risulta più morbido ed estensibile, e
porta a un pane di qualità inferiore.
Quale
lievito?
Per fare il pane si può
scegliere tra due tipi di lievito, quello industriale, venduto in forma
compressa nei classici panetti di lievito di birra, e quello naturale, da
fare in casa. Sono entrambi adatti per la panificazione (il lievito di
birra garantisce buoni risultati in tempi più brevi) ma,per ottenere la
tipica fragranza del pane, e il suo profumo inconfondibile, il lievito
naturale è insostituibile. Il lievito di birra, infatti, dà l'avvio a una
fermentazione di tipo alcolico, mentre quello naturale, scomponendo gli zuccheri
presenti nella farina, innesca una fermentazione "acido-lattica".
Sono proprio i batteri lattici presenti in questo tipo di fermentazione a
caratterizzare il sapore, l'odore, la digeribilità e la conservabilità del
pane.
Il sale
Talvolta all'acqua viene
aggiunto il sale, che ha l'effetto di migliorare la consistenza e
l'elasticità dell'impasto, aumentando la capacità di trattenere il gas e,
in definitiva, il volume del pane. Se viene messo in quantità eccessiva,
però, il sale ostacola l'attività del lievito e rende il pane troppo duro.
L'eventuale aggiunta, perciò, deve essere dosata con cura e, in genere, è
compresa tra lo 0,5% e l'1,5% del peso della farina.
|
|
|
Per ottenere il lievito naturale (pasta madre)
|
Per favorire la lievitazione, oltre alla farina e
all'acqua, conviene utilizzare del succo di frutta zuccherina. Qui, per
esempio, è stato usato quello dell'uva, filtrato attraverso un
canovaccio, ma si possono usare anche quello di mele, di albicocche
oppure lo yogurt.
|
|
|
Impastare circa g 50 di succo con g 150 di farina 00 di
buona qualità e g 50 di acqua a 24 °C; lavorare bene il tutto.
|
|
|
Raccogliere l'impasto in una ciotola, coprirlo con
pellicola trasparente e lasciarlo riposare a 28 °C per 48 ore, finché
sarà raddoppiato di volume.
|
|
|
Il lievito così ottenuto, però, non è ancora maturo e
dev'essere sottoposto a una serie di operazioni, dette di rinfresco. Va
reimpastato, cioè, con un uguale peso di farina e metà di acqua e
rimesso a lievitare, coperto, per circa 12 ore. L'operazione si ripete
allo stesso modo (con farina pari al 10 per cento del suo peso) finché
il volume dell'impasto triplica in sole 4-5 ore, diventando bianco e
acquistando il tipico sapore acido-dolciastro.
|
|
|
Per purificarne il gusto, la pasta madre va tagliata a
fette e messa a bagno per 15' in un litro d'acqua a 20 °C con poco
zucchero, quindi spremuta.
|
|
|
Dalla pasta madre al buon pane
|
La parte di lievito naturale (o pasta madre) purificata
in acqua, da conservare per usi futuri, va rilavorata, unendovi della
farina bianca e acqua.
|
|
|
Si conserva da 12 a 24 ore, al fresco, legata, ma non
stretta, in un telo pulito; il ciclo dei rinfreschi va ripetuto
regolarmente. Per fare il pane, un pezzo di g 250 di lievito naturale
maturo viene posto nell'impastatrice con kg 1 di farina. (Se si usa
invece il lievito di birra, calcolarne g 40 per kg 1 di farina).
|
|
|
L'impasto si lavora sulla spianatoia, poi si raccoglie a
palla e si lascia lievitare da 45' a un'ora.
|
|
|
Si passa nella farina e gli si dà la forma desiderata.
(Qui, pagnottelle tonde di circa cm 10 di diametro ricoperte di
farina).
|
|
|
Con un coltello affilato, se ne incide la superficie con
tagli a griglia. Dopo una nuova lievitazione, cuocere nel forno,
scaldato a 200 °C, per circa 25'. Per la cottura del pane, è indicato
l'uso di un forno a vapore. In mancanza, per creare umidità si può
porre sul fondo un recipiente con acqua.
|
|
|
|
|
|
|
|
Quale lievito?
Per fare il pane si può
scegliere tra due tipi di lievito, quello industriale, venduto in forma
compressa nei classici panetti di lievito di birra, e quello naturale, da
fare in casa. Sono entrambi adatti per la panificazione (il lievito di birra
garantisce buoni risultati in tempi più brevi) ma,per ottenere la tipica
fragranza del pane, e il suo profumo inconfondibile, il lievito naturale è
insostituibile. Il lievito di birra, infatti, dà l'avvio a una fermentazione
di tipo alcolico, mentre quello naturale, scomponendo gli zuccheri presenti
nella farina, innesca una fermentazione "acido-lattica". Sono
proprio i batteri lattici presenti in questo tipo di fermentazione a caratterizzare
il sapore, l'odore, la digeribilità e la conservabilità del pane.
Il sale
Talvolta all'acqua viene
aggiunto il sale, che ha l'effetto di migliorare la consistenza e
l'elasticità dell'impasto, aumentando la capacità di trattenere il gas e, in
definitiva, il volume del pane. Se viene messo in quantità eccessiva, però,
il sale ostacola l'attività del lievito e rende il pane troppo duro.
L'eventuale aggiunta, perciò, deve essere dosata con cura e, in genere, è
compresa tra lo 0,5% e l'1,5% del peso della farina.
|
|
|
|
|
|
Per ottenere il lievito naturale (pasta madre)
|
Per favorire la lievitazione, oltre alla farina e
all'acqua, conviene utilizzare del succo di frutta zuccherina. Qui, per
esempio, è stato usato quello dell'uva, filtrato attraverso un
canovaccio, ma si possono usare anche quello di mele, di albicocche
oppure lo yogurt.
|
|
|
Impastare circa g 50 di succo con g 150 di farina 00 di
buona qualità e g 50 di acqua a 24 °C; lavorare bene il tutto.
|
|
|
Raccogliere l'impasto in una ciotola, coprirlo con
pellicola trasparente e lasciarlo riposare a 28 °C per 48 ore, finché
sarà raddoppiato di volume.
|
|
|
Il lievito così ottenuto, però, non è ancora maturo e
dev'essere sottoposto a una serie di operazioni, dette di rinfresco. Va
reimpastato, cioè, con un uguale peso di farina e metà di acqua e rimesso
a lievitare, coperto, per circa 12 ore. L'operazione si ripete allo
stesso modo (con farina pari al 10 per cento del suo peso) finché il volume
dell'impasto triplica in sole 4-5 ore, diventando bianco e acquistando il
tipico sapore acido-dolciastro.
|
|
|
Per purificarne il gusto, la pasta madre va tagliata a
fette e messa a bagno per 15' in un litro d'acqua a 20 °C con poco
zucchero, quindi spremuta.
|
|
|
Dalla pasta madre al buon pane
|
La parte di lievito naturale (o pasta madre) purificata in
acqua, da conservare per usi futuri, va rilavorata, unendovi della farina
bianca e acqua.
|
|
|
Si conserva da 12 a 24 ore, al fresco, legata, ma non
stretta, in un telo pulito; il ciclo dei rinfreschi va ripetuto
regolarmente. Per fare il pane, un pezzo di g 250 di lievito naturale maturo
viene posto nell'impastatrice con kg 1 di farina. (Se si usa invece il
lievito di birra, calcolarne g 40 per kg 1 di farina).
|
|
|
L'impasto si lavora sulla spianatoia, poi si raccoglie a
palla e si lascia lievitare da 45' a un'ora.
|
|
|
Si passa nella farina e gli si dà la forma desiderata.
(Qui, pagnottelle tonde di circa cm 10 di diametro ricoperte di farina).
|
|
|
Con un coltello affilato, se ne incide la superficie con
tagli a griglia. Dopo una nuova lievitazione, cuocere nel forno, scaldato
a 200 °C, per circa 25'. Per la cottura del pane, è indicato l'uso di un
forno a vapore. In mancanza, per creare umidità si può porre sul fondo un
recipiente con acqua.
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Dal sito: http://www.vicenzanews.com/a_157_IT_1108_3.html
FERMENTAZIONE PANARIA E LIEVITAZIONE
Nella fase di lievitazione si determinano le proprietà
organolettiche del pane: dall'aroma alla fragranza della crosta. Questo
processo dipende soprattutto dall'azione di alcuni lieviti, che hanno lo scopo
di provocare la fermentazione panaria - favorendo, in tal modo, lo sviluppo di
anidride carbonica, che fa rigonfiare la pasta, rendendola spugnosa e, quindi,
più idonea alla cottura -, nonché di produrre un insieme di composti chimici
che insaporiscono il pane.
La temperatura ideale per la lievitazione degli impasti è di 30-36° C. Si ha
così un pane leggero, assai digeribile. I lieviti più comunemente usati in
panificazione sono due: il lievito naturale o lievito di pasta acida e il
lievito compresso. Il primo si ottiene impastando, a una temperatura di 20-30°,
farina con acqua, e rinnovando, poi, per tre giorni, tale impasto, con
altrettanta acqua e farina, dopo il riposo di una giornata.
Questa pasta lievitata si chiama anche lievito capo: è ricca
di microrganismi capaci di riprodursi abbondantemente e rapidamente in una
nuova pasta, facendola entrare in fermentazione. Il lievito compresso -
impropriamente chiamato lievito di birra, perché un tempo si usava allo stesso
scopo il lievito che si deposita sul fondo dei tini di fermentazione dei mosti
di birra -, viene preparato da case specializzate, attraverso un lungo processo
di coltura e di germinazione delle cellule di lievito selezionato dal melasso
di barbabietola, residuo della fabbricazione dello zucchero, che contiene dal
45 al 50% di saccarosio. Appena immesso il lievito nella pasta, inizia la
fermentazione panaria, la quale è sostanzialmente una fermentazione alcolica,
associata, in misura più o meno notevole, a fermentazioni acide. Questa
fermentazione è prodotta dall'azione catalitica degli enzimi (zimasi) presenti
nelle cellule del lievito; per effetto di tale azione, gli zuccheri delle
farine, provenienti dalla trasformazione dell'amido e che, nel frattempo, si
sono sciolti nell'acqua dell'impasto, penetrando nelle cellule del lievito, si
trasformano in alcool e anidride carbonica.
Quest'ultima è trattenuta dal glutine umido, molto elastico, formando gli
alveoli, che determinano la spugnosità caratteristica dell'impasto lievitato e
del pane cotto, mentre l'alcool contribuisce a dare al pane il suo sapore.
L'acqua, che si aggiunge all'impasto durante la lavorazione, dev'essere
sufficientemente calda in modo che esso mantenga una temperatura sui 25-30°, la
migliore, per una rapida fermentazione panaria.
Quando l'impasto ha raggiunto l'optimum di fermentazione, si procede alla sua
divisione nelle pezzature volute, che vengono subito foggiate nella forma
desiderata
Dal
sito: http://web.tiscali.it/directorypane/directorypane/inserire_qui_il_titolo.htm
Questo pane........ cos'è?
|
|
|
“ Il pane, secondo la legge italiana, è il prodotto ottenuto
dalla cottura di una pasta convenientemente lievitata preparata con sfarinati
di grano, acqua e lievito, con o senza aggiunta di sale comune".
I
Cereali
Tra
i cereali il frumento tenero (triticum aestivum) è quello più adoperato per
la panificazione, perché il suo glutine consente una fermentazione elastica
che da sofficità alla pasta, bell’aspetto e buon sapore. Poco indicati per la
panificazione sono i cereali minori quali orzo, mais, avena,riso in quanto
poveri di glutine. Ciò non toglie che questi cereali siano stati usati dagli
uomini-anzi dalle donne-per la panificazione. A tutt’oggi gli stessi
miscelati con farina di frumento vengono usati per la panificazione.
Un tempo il grano veniva tagliato con il falcetto, a manciate
grosse come la mano del mietitore. Le manciate di grano formavano delle “
bracciatelle “ che venivano raccolte dai bambini e consegnate a colui che le legava
in “covoni “ grossi come le braccia del coltivatore. I covoni legati
rimanevano sul campo. Alla sera gli uomini si raduvano e facevano le “covate”
composte da tredici covoni così sistemati: quattro mucchi composti da tre
covoni, uno sull’altro, sistemati a croce con le spighe rivolte all’interno.
All’apice un tredicesimo covone faceva da cappello. Il grano così sistemato
al momento opportuno veniva portato con i carri sull’aia e battuto. In questo
modo, i semi infestanti sfuggiti alla sarchiature manuali rimanevano in un
unico posto, lontano dal campo.
Oggi con la trebbiatrice i semi vengono, insieme alle pule e
alle stoppie, sparpagliati su tutto il terreno, costringendo gli agricoltori
ad usare dosi sempre più massicce di diserbanti, peraltro sempre più
inefficaci, che non solo alterano l’equilibrio microbiologico della terra, ma
anche quello delle farine, incidendo sulla qualità e sapore del pane.
La
Molitura
Anche la molitura incide sulla qualità della farina. Nel vecchio
mulino a palamenti- bassa macinazione, limitato numero di giri- l’azione di
sfregamento delle pietre sui chicchi di grano consentiva di amalgamare la
parte amidacea con quella lipidica contenuta nel germe, dando un prodotto
finale ricco di enzimi e vitamine. Nella molitura a cilindri- alta
macinazione elevato numero di giri- il germe di grano, che è la parte più
ricca nutrizionalmente parlando, viene eliminato- insieme alla crusca-perché
contenendo grassi limita la conservazione della farina, che viene pertanto ad
identificarsi con la sola parte amidacea. inoltre la rottura meccanica può
provocare anche un danneggiamento dello stesso amido rompendone la cellula.
Anche una parte dei sali minerali e delle vitamine, distribuite nella parte
esterna si perdono perchè finiscono nei prodotti di scarto della macinazione.
La
Lavorazione
Anche se la composizione delle materie prime è detrminante per
la buona riuscita del prodotto, non di meno è dal ciclo di lavorazione del
pane,impastamento, fermentazione e cottura che si creano i presupposti per
avere un pane di buon sapore, aromatico e conservabile nel tempo. La farina ,
bianca o integrale che sia, è il primo ingrediente, viene poi aggiunta acqua,
i sali di calcio e magnesio in essa contenuti svolgono un’azione positiva sul glutine, mediamente quando la si usa deve avere un calore
compreso fra i 25 e i 30°, il sale, anche se non indispensabile, agisce sulle
maglie del glutine conferendogli maggior consistenza, ha anche un'azione
addensante, il lievito naturale o di birra .
L’impasto deve
essere morbido, elastico e liscio. In tempi non troppo remoti il pane veniva
impastato a mano nella madia e lasciato crescere nella stessa coperto da un
telo di tela. Oggi è accettata da tutti l’impastatrice elettrica che può
essere, a secondo del tipo d’impasto, a spirale, per impasti soffici, a
forcella per gl’impasti più sostenuti.
Impastatrice
per piccoli impasti
.
La
Lievitazione
Gli agenti della lievitazione che provocano un rigonfiamento
degli impasti nei prodotti da forno si possono classificare in tre categorie:
il lievito chimico, il lievito di birra, il lievito naturale, meglio noto con
il nome di pasta acida. Alla prima categoria appartengono il bicarbonato di
sodio, il bicarbonato di ammonio e altre polveri lievitanti. Il lievito di
birra si ottiene dalla fermentazione delle melasse.
Questo lievito composto essenzialmente dal Saccaromyces
cerevisiae, è noto anche come lievito compresso in quanto venduto a
piccoli panetti avvolti in carta stagna, ha un colore bianco-grigio compatto
con odore tendente all’acido e vagamente aromatico. Il lievito naturale, o
pasta acida, si ottiene impastando farina e acqua e si lascia fermentare per
qualche giorno, per far riprodurre gli enzimi e batteri già presenti nel
chicco del cereale. Alto metodo di lievitazione è quello a più riporti,cioè
da un piccolo impasto iniziale, con acqua e farina, si ripete il procedimento
di impastatura a intervalli di circa 48 ore per tre volte utilizzando per
ogni impasto oltre ad acqua e farina anche altri elementi che favoriscono la
lievitazione come miele, mosto d’uva, olio di oliva, questo per dare forza
alla fermentazione, compromessa a volte dalla scadente qualità della farina
In termini correnti la differenza fra i due tipi di lieviti,
quello di birra e quello naturale è la seguente: il primo scatena una
fermentazione alcoolica, mentre il secondo dà luogo ad una fermentazione
acido-lattica nella quale sono presenti i batteri lattici della specie lactobacillus
che, durante la fermentazione, producono acido
lattico,acido acetico e anidride carbonica utilizzando gli zuccheri presenti
nella farina. Tali batteri caratterizzano quindi odore, sapore e conservabilità
del pane. La maggiore conservibilità è dovuta al fatto che la maggiore
acidità protegge l’impasto da successive contaminazioni, da muffe, agenti
filanti o altri difetti che possono interessare il pane. Per questo si
mantiene più a lungo.
forme di pane
La
Forma
Anche la forma e il peso del pane sono importanti soprattutto da
un punto di vista qualitativo. La pagnotta tonda o ovale che sia , il cui
peso medio dopo la cottura è di circa in chilo, si conserva meglio ed è più
ricca di vitamine e aminoacidi. Questo perché durante la cottura, che nel
forno a legna si esplica in maniera ottimale, la carica microbica ed
enzimatica che si è sviluppata durante la fermentazione viene distrutta dal
calore, ma nella parte centrale della forma, detta cuore o pulcino,ne rimane
viva una quantità perché lì la temperatura non supera i 60/70° e ciò mantiene
vive le spore dei lieviti. Una volta cotto il pane ed estratto dal forno i
lieviti che si trovano nel " cuore" di nuovo cominciano a
rimoltiplicarsi e a distribuirsi dappertutto arricchendo il pane di vitamine
e aminoacidi
Ciò spiega perché in passato il pane lo si consumava
almeno un giorno dopo la cottura, per dare modo alla carica microbica di
rigenerarsi e renderlo cibo vivo, aromatico e saporito.
Pane pronto
per essere infornato
La
Cottura
Quando la pasta del pane, in forma, è sufficientemente lievitata
i pani vengono infornati, manualmente a livello artigianale, o in modo
automatico o semiautomatico. Nella stragrande maggioranza dei casi i pani
vengono cotti in forni a riscaldamento indiretto dove la sorgente di calore è
situata al di fuori della camera del forno. Più rari sono i forni a legna,
presenti ormai solo nei piccoli paesi. Nei secoli la tecnica è rimasta la
stessa. Si riscalda con le fascine ed è pronto quando la cupola diventa
bianca. Allora si estraggono le braci,
si passa uno straccio bagnato sul pavimento per togliere le ceneri e
si passa ad infornare i pani.
sul pavimento per togliere le ceneri e si passa ad infornare i
pani. Il pane s’inforna prima che completi la lievitazione e individuare il
momento giusto è questione di esperienza ( una caratteristica è quella di
presentare delle piccole screpolature sulle superficie). Con la cottura il
volume del pane aumenta e risulta superiore al volume della pasta da cui
proviene; l’amido è reso più digeribile perché degradato ( con il calore ) a
destrine e zuccheri. L’aumento del volume del pane si verifica per la
formazione del vapore acqueo, di alcool etilico, di anidride carbonica, che
espandendosi dilatano l’impasto estensibile fino a quando le proteine del
glutine non vengono denaturate per azione del calore.
Da questo momento in poi gas e vapore escono attraverso i
microscopici pori, tagli del pane fatti in superficie. A questo punto nel
pane si sono formate le sostanze che gli danno gusto e fragranza. Queste sono
maggiormente esaltate soprattutto se è cotto nel forno a legna, perché le
calorie svilppate dal fuoco di legna valorizzano maggiormente il sapore del
pane così come quelle degli altri cibi.
Cesto in
vimini per il pane, oggi in disuso
torna su
dal sito : http://www.foodtechnologyinnovations.it/eng/allegati/Lievito-naturale.ppt
|
|
|
dal sito: http://www.racine.ra.it/ddalfonsine/panificazione/pane.htm
Esperimento n.2: IL PANE
Ingredienti: Farina 0(7etti) - lievito 60g - Una brocca
d'acqua (60g) - Burro (un cucchiaio) - Sale - Semi di papavero, finocchio e
sesamo - uovo
Materiale occorrente: Bilancia - una brocca - un contenitore - una tazza -
una teglia - un tovagliolo - una forchetta - un pennello da cucina -
Procedimento:
Abbiamo messo il lievito di birra in una tazza e abbiamo aggiunto un po’
d’acqua. Abbiamo quindi mescolato. Abbiamo aggiunto della farina per ottenere
un piccolo impasto, poi abbiamo messo questo impasto in una ciotola, che
contiene la farina rimanente. Successivamente abbiamo
coperto la ciotola con un tovagliolo e aspettato che lievitasse (circa 20
minuti). Nel frattempo abbiamo messo un pizzico di sale e un po’ d’acqua in una
tazza e mescolato.
Abbiamo aggiunto l’acqua salata e un cucchiaio di
burro nella terrina dell’impasto; abbiamo impastato il resto della farina,
aggiungendo acqua fino a fare diventare omogeneo l’impasto. Abbiamo coperto
l’impasto con un tovagliolo e aspettato circa 20 minuti. In una tazza abbiamo
sbattuto un tuorlo d’ uovo, con una forchetta.
Osservazione:
Guardando l’impasto abbiamo notato che si stava
gonfiando (questo processo si chiama fermentazione).
Approfondimento: fermentazione o
lievitazione
Cos’è la fermentazione alcolica?
La fermentazione, che si manifesta con la gonfiatura dell’impasto, è un
processo biochimico* mediante il quale il lievito scinde l’amido e trasforma lo
zucchero in alcool etilico, che dà il profumo durante la cottura, e anidride
carbonica (CO2).
* Biochimica: scienza che studia i processi chimici che
avvengono negli organismi viventi
Procedimento:
Con l’impasto lievitato abbiamo modellato dei piccoli pani: la forma era
libera. I panini sono stati messi in una teglia sopra un foglio di carta
antiaderente.
Sui panini si è spennellato l’uovo, precedentemente
sbattuto, e si è aggiunta una spolverata di semi; infine si è infornato.
Conclusione:
La farina si è trasformata in pane.
Dal sito : http://www.gennarino.org/lievitonaturale.htm
|
Il Lievito
Naturale
Ovvero
delle Paste Lievitate, altrimenti dette Impasti Acidi
(un lavoro a 4 mani di Ciccioformaggio e Gic)
|
Una
premessa
Molto probabilmente, se state cominciando a leggere queste pagine, siete
interessati a fare da voi il pane. Bene. Ma non è il pane che vi insegneremo a
fare bensì una cosa molto più importante: il Lievito Naturale. Base
indispensabile per fare pane e non solo… Panettoni, Colombe, Pandori sono dolci che
hanno bisogno del Lievito Naturale. Le ricette di tutte queste preparazioni
sono in altra parte del sito.
Tuttavia faremo un rapido accenno alla lievitazione, che è il risultato primo
dell’uso di un qualsiasi agente lievitante.
La lievitazione è la fase più importante del processo tecnologico che conduce
alla realizzazione di un prodotto da forno. Queste fasi sono 4 e, in ordine di
esecuzione, sono ordinate così:
- l’impastamento;
- la puntata (prima fase di lievitazione che intercorre tra la
fine dell’impastamento e l’inizio della fase di appretto);
- l’appretto (fase che comprende le lavorazioni successive alla
puntata come le girate, il taglio, la formatura e la seconda fase di
lievitazione fino al raggiungimento dell’optimum fermentativo);
- la cottura.
In queste 4 fasi avviene, in buona sostanza, il processo chimico-fisico di
trasformazione degli amidi della farina in prodotti digeribili dal nostro
organismo, attraverso una serie di modificazioni intermedie indotte dal
processo tecnologico che, tutte insieme, hanno lo scopo di rendere la massa
impastata meno densa e più sviluppata in volume. La fase finale del processo
tecnologico, la cottura, conclude le modificazioni chimiche e fisiche
indispensabili per l’ottenimento del prodotto da forno: con l’aumentare della
temperatura prosegue l’azione degli enzimi che in seguito vengono inattivati
dal calore e si verifica la morte dei lieviti, la denaturazione delle proteine,
la gelatinizzazione dell’amido, l’aumento di volume della massa per effetto
dell’evaporazione dei gas di fermentazione, la stabilizzazione della struttura,
la differenziazione tra crosta e mollica, la colorazione della crosta, la
formazione dell’aroma e, nel caso del pane, della croccantezza.
Cos’è
il Lievito Naturale?
Il Lievito Naturale è un composto ottenuto dalla fermentazione spontanea di un
impasto composto da farina di frumento e acqua, nel quale sono presenti
microrganismi di specie diverse: in particolare lieviti del genere
Saccaromiceti e batteri lattici; questi ultimi sono, in prevalenza,
Lactobacilli e Streptococchi.
Questi microrganismi si riproducono alimentandosi di zuccheri semplici (il
saccarosio) e, in parte, di zuccheri complessi contenuti nell’amido delle
farine; zuccheri che vengono trasformati principalmente in gas (l’anidride
carbonica) e, in misura minore, in alcool (l’etanolo), in acido acetico, in
acido lattico, in diacetile ed in acetaldeide.
L’insieme di questa attività biologiche viene comunemente definita
“fermentazione” e costituisce la parte più importante nel processo di
produzione delle paste lievitate.
L’anidride carbonica prodotta induce un aumento di volume dell’impasto (tale
attività è la “lievitazione” cui abbiamo fatto cenno in premessa) che viene
contrastato dalla struttura glutinica della farina che, essendo elastica, si
oppone all’espansione del gas di anidride carbonica, racchiudendolo all’interno
degli alveoli.
Con questo processo si ottiene un impasto poroso che, durante la cottura in
forno, si trasforma in prodotto morbido e soffice, conservando a lungo queste
qualità che sono la caratteristica dei prodotti ottenuti con le paste
lievitate.
I prodotti ottenuti dalla lavorazione con Lievito Naturale (Panettone, Colomba,
Pandoro, Babà ed altri) sono inoltre caratterizzati da uno specifico e gradevole
aroma apportato da particolari composti risultanti dalle fermentazioni
secondarie tipiche ed esclusive del Lievito Naturale.
Gli
agenti fermentanti
I microrganismi che si sviluppano nell’impasto acido producono, durante la
fermentazione, sostanze che caratterizzano il sapore e l’aroma del prodotto e
lo rendono più lungamente conservabile. I prodotti di fermentazione che
influiscono sull’aroma sono acidi organici (l’acido acetico e l’acido lattico)
e prodotti secondari quali diacetile e acetaldeide, tipici della fermentazione
lattica. Dalla fermentazione dei lieviti e dei batteri lattici ha origine anche
una sostanza che contribuisce a rallentare il raffermamento del prodotto: la
glicerina, che funziona da emulsionante naturale ed ha anche un lieve effetto
antimuffa. La microflora presente nel Lievito Madre produce anche enzimi che
influenzano le qualità reologiche della farina, agendo su alcune componenti
carboidratiche e proteiche. Gli enzimi prodotti sono pentosanasi, che degradano
i pentosani, abbassando la viscosità dell’impasto, proteinasi e peptidasi che
intervengono sulle proteine, aumentandone la frazione solubile in acqua.
I prodotti ottenuti con impasti acidi hanno però bisogno di tempi più lunghi di
lavorazione affinché avvengano le modificazioni citate (20-24 ore).
Le già menzionate caratteristiche di variabilità degli impasti acidi
tradizionali hanno reso particolarmente difficile la corretta identificazione
dei microrganismi fermentanti.
Gli studi effettuati a tale proposito non sono molti e riguardano, in
prevalenza, gli impasti usati per la preparazione di prodotti lievitati (per
esempio: il Panettone…) dove sono stati individuati batteri lattici del genere
Lactobacillus (e tra questi gli omofermentanti L. dèlbrueckii, L. planctarum.
L. leichmanii, L. casei e gli eterofermentanti L. brevis, L. fermentum, L.
pastorianus. L. buchneri; con minore frequenza sono state riscontrate specie
dei generi Leuconostoc, Pediococcus e Streptococcus).
Per quanto riguarda i lieviti, il principale agente fermentativo è il
Saccharomyces Cerevisiae.
La
fermentazione
Gli elementi critici di un corretto processo di fermentazione sono:
- la farina;
- l’acqua necessaria all’impasto;
- la temperatura di fermentazione;
- il pH.
Quali
farine impiegare?
Il tipo di farina impiegata influisce sul tempo di “maturazione” dell’impasto,
cioè sul tempo necessario alla formazione dell’acidità dei composti aromatici e
della struttura ottimale necessaria per l’ottenimento di un buon prodotto. Ad
esempio: le farine ad alto tasso di estrazione richiedono un tempo più lungo
rispetto a quelle a basso tenore di estrazione per il raggiungimento di un pH
idoneo. Altro esempio: in un impasto di farina integrale, a causa dell’elevato
potere tampone, lo sviluppo dei microrganismi e l’acidificazione dell’impasto
procedono più lentamente rispetto agli impasti di farine normali.
L’acqua
necessaria all’impasto
I tempi di fermentazione dipendono anche dalla quantità di acqua assorbita
durante l’operazione di impasto: più elevata è l’idratazione, più rapida è la
moltiplicazione microbica e più efficace sarà la fermentazione. Occorre
sottolineare che se si impastasse con valori vicini al 100% di assorbimento, si
avrebbe una eccessiva diluizione delle sostanze nutritive disponibili per i
microrganismi con conseguente riduzione dell’acidificazione. La consistenza
dell’impasto influisce sul rapporto tra acido lattico e acido acetico: impasti
poco consistenti (maggior idratazione) favoriscono lo sviluppo dei batteri
lattici (maggior contenuto di acido lattico), impasti molto consistenti (minore
idratazione) favoriscono lo sviluppo dei S. Cerevisiae con prevalenza di acido
acetico.
Le
temperature di fermentazione
La temperatura dell’impasto è un fattore molto importante in quanto condiziona
l’attività microbica e quindi l’andamento della fermentazione e il valore di
pH. Il valore critico di pH, per l’attività microbica dell’impasto, è circa 4,
raggiunto il quale si ha un rallentamento dell’acidificazione. Questo valore di
pH si ottiene in tempi tanto minori quanto più alta è la temperatura.
Temperature superiori ai 30 °C favoriscono i batteri lattici, di conseguenza si
ha un aumento della produzione di acido lattico, che conferisce al prodotto un
aroma indesiderato che permane nel prodotto finito, poiché l’acido lattico non
evapora in fase di cottura.
Temperature attorno ai 25 °C favoriscono lo sviluppo dei lieviti che producono
acido acetico.
Il
pH
Il valore del pH raggiunto dall’impasto acido è estremamente importante per una
buona riuscita del prodotto finale. È proprio dal grado di acidità che dipende
l’attività enzimatica e di conseguenza quelle caratteristiche di grana e
tessitura della mollica, di colorazione della crosta, di aroma e resistenza al
raffermamento che caratterizzano il prodotto finito. Ottimale per i diversi
tipi di prodotti da forno (Panettone, Colomba, Pandoro ed altri) è un pH
intorno a 4,8.
Come
misurare il pH?
La semplice cartina al tornasole non è sufficiente. Occorre quantomeno disporre
di quelle con scala colorimetrica (si possono trovare in negozi di articoli
medicali e/o in farmacie ben fornite), scegliendo un tipo che operi la
misurazione in un intervallo compreso tra 3 e 8. Anche il piaccametro non è lo
strumento ideale per il Lievito Madre in quanto lo strumento misura solo le
punte massime di acidità e alcalinità.
Come
produrre il Lievito Madre
L’elemento attivante del processo di fermentazione può essere costituito da un
frutto molto maturo ricco di sostanze zuccherine (ad esempio: albicocca, mela,
uva, luppolo ed altri) in forma di polpa. Altri elementi essenziali sono: acqua
potabile, non troppo dura, non troppo ricca di sali minerali, con un pH intorno
a 5/6, priva di odori sgradevoli, priva di cloro, con una temperatura intorno
ai 20 °C - 21 °C, non bollita. Farina di grano tenero tipo “00” di una certa
forza (attorno a W 380) molto equilibrata (attorno a P/L 0,55) e caratterizzata
da una buona qualità del glutine.
L’impasto
di base
1. Frullare il frutto scelto con la propria buccia riducendola in forma molto
fine;
2. Versare il prodotto ottenuto con una uguale quantità di acqua in un
recipiente pulitissimo e di vetro, il tutto ad una temperatura del prodotto di
26 °C - 28 °C iniziali;
3. Lasciar macerare il prodotto per 24 ore in un ambiente attorno ai 21 °C. Se
l’ambiente è più freddo i tempi di macerazione ideale si allungano nella
proporzione di 2 ore in più per ogni grado in meno e viceversa se l’ambiente è
più caldo;
4. Setacciare il prodotto liquido macerato ottenuto, eliminando le impurità più
vistose. Impastare a mano il liquido setacciato con una quantità doppia di
farina forte ottenendo un impasto omogeneo, asciutto e duro (se è troppo
idratato è più facilmente attaccabile dalle muffe);
5. Depositare l’impasto in un bagno d’acqua di rete a temperatura non inferiore
a 16 °C, in un ambiente con temperatura sui 21 °C. L’acqua, e quindi il
contenitore, deve essere almeno 5 volte il peso della pasta e comunque deve
permettere alla stessa di andare a fondo senza che alcuna parte rimanga fuori e
che, una volta a galla, non sia chiusa dal contenitore;
6. L’impasto, entro le 48 ore, verrà a galla per effetto dell’anidride
carbonica formatasi all’interno dello stesso. Se l’impasto non viene a galla in
48 ore significa che non si è sviluppata la carica batterica ottimale nel
prodotto; occorre, allora, ricominciare l’operazione;
7. L’impasto venuto a galla dovrà essere pulito da eventuali croste ed essere
rinfrescato con una dose di farina pari al suo peso e circa il 30-35 % del suo
peso in acqua (esempio: su 1000 g di impasto venuto a galla e ripulito di
eventuali croste aggiungere 1000 g di farina e 300-350 ml di acqua);
8. L’impasto così ottenuto va avvolto in un telo di cotone e legato con spago
robusto, ma non troppo strettamente (ci penserà la fermentazione a tendere telo
e spago) e si conserva per 24 ore in ambiente a 18 °C. Il giorno successivo si
ripete l’operazione: si libera il lievito dal telo e lo si pulisce dalle
croste; si pesa e si rinfresca con farina pari al suo peso e acqua a 30 °C in
ragione di metà del peso. Queste operazioni si ripetono ogni giorno fino a
quando la Madre non avrà raggiunto il grado di purezza richiesto. L’intero
ciclo, per essere completato, richiede dai 20 ai 30 giorni.
Un altro sistema consiste nell’attivare croste di Lievito Madre secche; nel
caso in cui riusciate a procurarvele, dovrete rigenerarle compiendo le seguenti
operazioni:
1. spezzettare minutamente le croste, pesarle, ed aggiungere acqua tiepida a
38°C, in ragione di metà del loro peso (150 gr di croste, 75 ml di acqua) e un
pizzico di zucchero:
2. Lasciarle a bagno per 24 ore senza coprirle, mescolando ogni tanto per
idratarle completamente;
3. Trascorse le 24 ore pesare la poltiglia ottenuta e mescolare con eguale peso
di farina forte. Se necessario aggiungere poca acqua: l’impasto deve rimanere
duro;
4. Depositare l’impasto ottenuto in un bagno d’acqua a temperatura non
inferiore a 16°C. L’acqua dovrà essere almeno 5 volte il volume dell’impasto
(almeno due litri) in modo che il panetto sia completamente sommerso. Lasciare
il contenitore in ambiente a temperatura di 21°-22°C;
5. Dopo circa tre ore l’impasto verrà a galla, per effetto dell’anidride
carbonica formatasi all’interno dell’impasto stesso.
Da questo punto procedere con i rinfreschi come suggerito a partire dal punto 7
della sezione precedente. In questo caso il ciclo di produzione è più breve; va
fatto un rinfresco giornaliero per almeno 4-5 giorni, dopodiché il Lievito
Madre è pronto per la panificazione.
La
purificazione dell’impasto base per arrivare al Lievito Madre
Per produrre la quantità di Lievito Madre necessaria per il primo impasto vero
e proprio occorre che lo stesso sia purificato e lavato in ogni fase di
riporto. La sequenza che segue ha lo scopo di mettere “in forza” il Lievito
Madre. Per la panificazione possono essere sufficienti due rinfreschi. Per i
prodotti di pasticceria (Panettone, Pandoro, Colomba, Babà ed altri) sono
necessari tre rinfreschi.
Primo
rinfresco
Si utilizza il Lievito Madre conservato in telo e, dopo averlo pulito dalle
croste, si taglia a fette spesse e si immerge in un bagno d’acqua tiepida a 38
°C e lo si lascia per 30-45 minuti. Si preleva il lievito dal bagno d’acqua, si
strizza leggermente e si impasta con una quantità di farina forte pari al suo
peso e 30-35 % del suo peso di acqua a temperatura non superiore a 30 °C.
Tale impasto dovrà essere sempre, all’interno, a temperature non inferiori a 25
°C e non superiori a 30 °C, dovrà essere tenuto a lievitare per 3 ore in una
camera calda o armadio termoprogrammato e comunque ad una temperatura di 30 °C
e umidità del 65%. La vostra camera calda sarà il forno [spento] nel quale
inserirete un pentolino metallico contenente acqua portata a bollore, da
sostituire quando la temperatura arriva a scendere sotto i 25°C (ci vuole però
un termometro, anche da pochi soldi...). Verrà posto su un panno di cotone
all’interno di un recipiente con parte superiore scoperta e sulla quale verrà
fatta la classica incisione a croce per verificare il corretto sviluppo
dell’impasto.
(Le tre
foto qui accanto spiegano quest’ultima indicazione)
Un panetto
raccolto a palla ed inciso a croce, pronto per una fase di lievitazione
(puntata)
La tazza ed il telo che servono
per una corretta lievitazione del panetto.
|
|
Il panetto pronto per la
lievitazione. Dovrà essere posto in un ambiente caldo-umido a 30 °C di
temperatura e con il 65% di umidità.
|
Secondo rinfresco
Il prodotto ottenuto dopo le tre ore viene, anche questa volta, lavato in acqua
a 38 °C (la temperatura può essere aumentata fino a 48 °C in funzione del grado
di acidità da eliminare) per 30 minuti (il tempo può essere prolungato fino a
60 minuti in funzione del grado di acidità da eliminare). Il prodotto lavato
viene asciugato e strizzato e nuovamente impastato con eguale peso di farina
forte e 30-35 % (del suo peso) di acqua. Viene lasciato per 3 ore a 30 °C in
maniera che il volume triplichi.
Terzo
rinfresco Il lievito ottenuto nel 3° rinfresco (per il quale deve essere
seguito il procedimento del 2° rinfresco) dovrà essere in quantità idonea per
l’impasto programmato nella giornata (in funzione dei kg di prodotto da
realizzare) e una parte verrà conservata e chiusa in telo per le necessità
della produzione del giorno seguente e così via per gli altri giorni.
Come conservare il Lievito Madre
Il procedimento
“standard”
Se il
lievito deve essere usato il giorno successivo la conservazione in telo può
avvenire in ambiente a 18 °C. Bisognerà conservare un panetto di almeno 300 gr.
che, pulito dalle eventuali croste renderà disponibile un “cuore” di 100 – 120
gr.
La
conservazione in frigo
Se non si prevede di usare il lievito per più giorni la conservazione si fa a
temperatura di 5 °C (frigorifero), secondo il sistema della legatura in telo.
In questo secondo caso è opportuno che il panetto pesi almeno 500 gr.
Si prelevano 125 gr dall’impasto dell’ultimo rinfresco (cioè prima di
aggiungere al lievito rinfrescato gli ingredienti caratteristici della ricetta
che si sta eseguendo) e si impastano con 250 gr di farina forte e 125 ml di
acqua. Questa operazione riduce l’attività microbica del Lievito Madre,
disponendolo ad una migliore conservazione a bassa temperatura. Si lega il
panetto in telo e lo si ripone in frigorifero.
Ogni 5-7 giorni è opportuno rinfrescare il lievito conservato in frigorifero
secondo il seguente metodo:
- prelevarlo dal frigo e sciogliere il telo, come si vede nelle foto;
Un panetto conservato con legatura
in telo di cotone. Attaccarvi un semplice foglietto serve a ricordarsi data
di chiusura, peso e tipo del rinfresco.
|
|
Il panetto liberato dal telo di
cotone, intero e non ancora pulito. Accanto i teli che sono serviti per la
conservazione.
|
|
Il panetto come appare dopo le
operazioni di pulitura. Accanto (sotto) vi sono le croste da eliminare. Le
altre croste sono un esempio di croste da conservare.
|
|
|
|
|
- pesarlo;
- tagliarlo a fette spesse e metterlo in bagno d’acqua a 38°C (circa 2,5 litri
con un cucchiaino di zucchero) per 30 minuti;
Il panetto tagliato, pronto per
essere messo in bagno d'acqua.
|
|
Il panetto immerso in bagno d'acqua.
Accanto, sulla punta del coltello, la quantità di zucchero necessaria
all'avvio del rinfresco.
|
- prelevarlo dal bagno d’acqua, strizzarlo e pesarlo;
- impastarlo con egual peso di farina forte e acqua a 30°C (il 30% del peso
della farina);
- rullarlo 4-5 volte. L’operazione di rullatura è descritta nelle 5 foto qui
sotto);
La “rullatura”
E’ una operazione che serve ad omogeneizzare l’impasto del panetto.
Per ottenere un risultato ottimale la sequenza da 2 a 5 va ripetuta per 4-5
volte.
1 - Il panetto pronto per la
rullatura.
|
|
2 - Il panetto dopo la prima passata
del rullo.
|
3 - La
prima piegatura in tre parti.
4 - Il panetto girato di 90° è
pronto per il secondo passaggio del rullo.
|
|
5 - Capovolgere il panetto ed
iniziare la seconda rullatura.
|
|
|
|
- pesarlo nuovamente: 125 gr, con l’aggiunta di 250 gr di farina forte e 125 ml
di acqua, vengono chiusi in telo e riposti in frigo; il resto, dopo altre due
rullature, viene utilizzato in giornata. Se si tratta di pane si può procedere
dopo tre ore di maturazione; se si devono realizzare impasti complessi è
necessario fargli prendere forza con tre rinfreschi.
La
conservazione per congelamento
Il Lievito Naturale può essere conservato anche congelandolo.
Dopo aver utilizzato l’ultimo lievito, conservarne una piccola parte e metterla
a bagno finché non viene a galla. Attendere un’ora dopo che il lievito è venuto
a galla e porlo in frigorifero per 3-4 ore sempre a bagno d’acqua, poi inserire
il lievito nel congelatore, sempre a bagno d’acqua, che a sua volta si
congelerà. Il lievito in tale stato può restare mesi ed anni.
Per lo scongelamento porre il lievito e il relativo recipiente a temperatura
ambiente per 2 giorni (21 °C) poi lasciarlo a riposo per un altro giorno intero
in maniera che finisca di lievitare.
Abbiamo
un buon Lievito Madre?
Se la pasta avrà un aspetto bianco, con poca crosta e con gusto di millefiori
dove tuttavia prevale un retrogusto finale di miele; se, quando si apre, il
Lievito Naturale avrà acidità pungente e sarà soffice e con alveoli allungati,
allora la risposta è: sì!!
Si possono definire alcune caratteristiche per indicare la qualità del Lievito
Naturale:
MATURO: Sapore leggermente acido, pasta bianca soffice, con alveoli
allungati, pH 5;
TROPPO FORTE: Sapore acido-amaro, colore grigiastro e con alveoli
rotondi, pH 3-4;
TROPPO DEBOLE: Sapore acido dolciastro, colore bianco, pasta scarsamente
alveolata, pH 6-7;
INACIDITO: Sapore di acido acetico, odore formaggioso (per la presenza di acido
butirrico), colore grigiastro, pasta vischiosa, pH, molto basso, uguale a 3.
Il
Lievito Madre si può correggere
Se il lievito è troppo forte è necessario tagliarlo a fette e metterlo a
bagno d’acqua (21 °C) con 2 g di zucchero per litro d’acqua. Lasciarlo a bagno
per 30 minuti, poi rinfrescare il lievito con le seguenti dosi: 1 di lievito, 2
di farina, 1 di acqua.
Procedere a rinfreschi successivi finché il lievito non viene a galla in tre
ore.
Se il lievito è troppo debole occorre rinfrescarlo con le seguenti dosi:
1 di lievito, 0,75 di farina, 0,40 di acqua e 3 g di zucchero.
Procedere a rinfreschi successivi finché il lievito non viene a galla in tre
ore.
Infine: se il lievito è inacidito occorre rinfrescarlo con le seguenti
dosi: 1 di lievito, 2 di farina, 1 di acqua, 0,1 di tuorlo d’uovo, 3 g di
zucchero.
Procedere a rinfreschi successivi finché il lievito non viene a galla in tre
ore.
Dal sito : http://www.promexa.com/ingredienti.htm
riportiamo :
Gli
ingredienti e il processo di panificazione
|
|
Gli ingredienti
principali del pane (nella ricetta base) sono oltre l'acqua, la farina e i
lievito. La farina proviene generalmente dal frumento o da altri cereali
(mais, segale, riso) o dalla soia. Il termine farina deriva da far
(in latino, farro) che designava il prodotto della macinazione del farro, il
cereale più usato dagli antichi Romani per la preparazione di una pappa
simile alla polenta consumata nelle regioni dell'Italia settentrionale.
La farina di frumento è quella più comunemente usata
nella preparazione del pane. è ottenuta dalla macinazione del chicco che, a
sua volta, è costituito da tre parti: la crusca (involucro esterno), il germe
(il vero e proprio seme della pianta) e l'endosperma. In seguito si ha
l'operazione di abburattamento (da buratto, ovvero setaccio)
nella quale il macinato viene setacciato per eliminare crusca e germe (che in
parte invece vengono mantenuti nella farina integrale).
Le farine ottenute si
classificano in farine di grano duro (più giallognole e resistenti al tatto,
usate per la pasta) e di grano tenero (più morbide al tatto e di color bianco
latte). Queste ultime sono adatte per la produzione del pane.
A seconda del contenuto
di crusca si distinguono vari tipi di farina di grano tenero, che la legge
distingue in:
- tipo
“00” con ceneri fino al
0,50%
- tipo
“0” “
“ “
“ 0,65%
- tipo
“1” “
“ “
“ 0,80%
- tipo
“2” “
“ “
“
0,95%
- Integrale
“
“ “ “
1,40%/1,60%
Nella farina sono
presenti carboidrati (amido) e proteine (gliandina e glutenina), oltre a un
discreto apporto vitaminico (B1 e B2) e di minerali (ferro, calcio, fosforo,
sodio e potassio).
Nella panificazione il
lievito può essere di tre tipi: naturale, industriale e chimico. Il primo
è costituito da un impasto di acqua e farina preparato il giorno prima e
lasciato riposare: all'azione dell'aria, i batteri rendono acido l'impasto
(detto appunto pasta madre o pasta acida). Questo viene aggiunto all'impasto
nel processo di panificazione e dà luogo alla lievitazione.
Il lievito industriale
è invece generalmente il lievito di birra. Si tratta di una coltura di
microrganismi viventi, in particolare spore di
piccolissimi funghi (dal nome latino Saccharomyces cerevisiae)
in grado di trasformare l'amido presente nella farina presenti sviluppando
nel processo anidride carbonica. Questo gas "gonfia" l'impasto che
diventa quindi soffice. IL nome lievito di birra deriva dalla consuetudine in
passato di usare come lievito il residuo del processo di fermentazione della
birra. Il nome è rimasto anche se oggi si preferisce usare il prodotto della
lavorazione della barbabietola da zucchero.
Il lievito chimico è
invece il nome generico di alcune sostanze in grado di liberare
anidride carbonica grazie all'azione di un acido (es. cremortartaro) e del
calore. A differenza della lievitazione naturale la lievitazione chimica è
istantanea e non richiede alcun tempo di riposo dell'impasto.
La quantità di acqua
dipende dalla "pezzatura" (dimensione) della pagnotta prodotta, e,
per legge, varia dal 26% al 40%.
A questi ingredienti
viene generalmente aggiunto il sale da cucina (cloruro di sodio) che ha la
proprietà di intervenire sulla solubilità delle proteine del pane, rendendo
l'impasto meno "colloso".
Il processo di
panificazione è quindi costituito da tre fasi distinte:
1.
impasto: deve essere omogeneo, senza
grumi e ridurre a una massa omogenea farina, acqua, lievito e sale. Le proteine
vegetali a contatto con l'acqua formano una sostanza colloidale detta
glutine.In questa fase i composti solubili (zuccheri, sale) si sciolgono,
mentre quelli insolubili, come l'amido e le glutine aumentano di volume.
2.
lievitazione: generalmente a temperature
comprese tra 22 e 30 gradi, l'amido viene attaccato da alcuni enzimi presenti
naturalmente nella farina della maggior parte dei cereali, si scompone in
zuccheri più semplici che sono attaccati dal lievito con produzione di
anidride carbonica. L'impasto si gonfia per la presenza del gas
sviluppato dall'interno, mentre alcuni processi secondari di fermentazione
producono acidi (acido lattico e acetico) che rendono più digeribile il
pane.
3.
cottura: a temperature comprese tra 180
e 250 C, l'anidride carbonica fuoriesce dal pane, lasciandolo poroso, gli
zuccheri sulla superficie caramellizzano conferendo il colore dorato tipico
della crosta e l'acqua in parte evapora dando consistenza al
pane.
|
Inoltre dal sito: http://www.racine.ra.it/russi/webscuola/piadina/piadingr.htm
abbiamo notizie :
CONSIDERAZIONI
SUGLI
INGREDIENTI DELLA PIADINA
FARINA
LIEVITO
STRUTTO
SALE
ZUCCHERI
LATTE
E UOVA
La
farina
Il
grano può essere "duro"
o "tenero"
in base al suo contenuto in amido.
Il grano trebbiato subisce tutta una serie di lavorazioni.
I componenti della farina sono:
proteine,
amido,
lipidi,
zuccheri ed enzimi.
Il
grano duro
Il
"duro" contiene poco amido.
Quando viene macinato
grossolanamente dà la semola adatta per preparare la pasta alimentare; se è
macinato meglio à il semolino usato nelle polentine; se poi la macinazione è
accurata dà la farina che, contenendo molte proteine, quando è intrisa d’acqua,
dà un glutine resistente rendendola così adatta alla panificazione.
Il
grano tenero
La
farina di grano "tenero", ricca di amido e povera di proteine, è
adatta invece per confezionare paste friabili e soffici. Viene in genere
mescolata a farina di grano "duro" per ottenere la farina domestica
adatta per diverse preparazioni alimentari tra le quali ricordiamo quella della
piadina.
Lavorazioni
subite dalla farina
Con la
macinazione si eliminano i lipidi che, contenuti nell’embrione e nella crusca,
renderebbero la farina meno conservabile. In tal modo si separa l’endosperma,
il tessuto cellulare del grano, che verrà macinato e vagliato più volte fino ad
ottenere una farina con le dimensioni delle sue particelle adatte all’uso
culinario a cui è destinata.Si sottopone poi la farina ad imbianchimento per
eliminare il colore giallo dovuto alla presenza di xantofille. In tal modo però
si elimina anche tutta la vitamina E presente. Si deve poi maturare la farina
per azione del biossido di cloro. Con la maturazione della farina si migliora
la qualità degli impasti che saranno più resistenti ed elastici.
Le
proteine della farina
Il
grano è il più importante dei cereali perché ha proteine dell’endosperma , la
GLIADINA e la GLUTENINA, che, a contatto con l’acqua, reagiscono tra loro per
dare un glutine solido ed elastico che permette la panificazione. Infatti tale
glutine è in grado di espandersi per incorporare l’anidride carbonica,
sviluppatasi durante la lievitazione, senza rompersi.
L'amido
nella farina
Il 70 % della farina è costituito da
amido.
Sotto forma di granuli costituisce
l’endosperma che è la fonte dell’energia necessaria all’embrione per vivere e
svilupparsi.
I granuli di amido sono formati da
due tipi di molecole; l’amilosio e l’amilopectina.
Tali granuli, durante la cottura,
contribuiscono alla formazione della struttura fisica del prodotto cotto.
I granuli danneggiati poi sono
attaccati da enzimi che trasformano l’amido nello zucchero necessario per
nutrire le cellule di lievito.
I
lipidi della farina
I lipidi, pur essendo solo l’1% della
farina, svolgono un ruolo importante nella formazione del glutine perché
facilitano la formazione di legami chimici con le molecole di gliadina e di
glutenina e l’adesione del glutine ai granuli di amido.
Si forma così una struttura a
strati. Questi ultimi, scorrendo l’uno sull’altro, danno plasticità
all’impasto.
Gli
zuccheri della farina
Tra gli zuccheri, che costituiscono
il 2% della farina, oltre l’amido, ci sono le emicellulose e i pentosani.
Tutti questi zuccheri sono
insolubili per questo, trattenendo acqua, contribuiscono alla formazione della
struttura del pane.
Servono pure come nutrimento del
lievito, ma essendo presenti in scarsa quantità si deve aggiungere malto.
Questo, ottenuto facendo germinare cereali, possiede enzimi, come l’amilasi, in
grado di trasformare l’amido in zucchero anche la farina contiene amilasi in
tracce. Contiene pure proteasi e lipasi, enzimi in grado di
"digerire" le proteine e i grassi che però non hanno influenza sulla
panificazione
Il
lievito
Tra le 160 specie di funghi
unicellulari che si conoscono, il Saccharomyces cerevisiae o lievito di birra è particolarmente utile nella
produzione della birra e nella panificazione.
Il lievito di birra e il lievito
naturale non si usano nella preparazione della piadina romagnola dove invece
prevale l’uso del bicarbonato di sodio o delle polveri lievitanti.
L’azione dei lieviti naturali, come
è stato detto prima, è molto lenta ed è adatto solo per quegli impasti che sono
ricchi di glutine.
Per pastelle, per paste molli
vengono preferiti il bicarbonato e le
polveri lievitanti, tutti ad azione rapida.
Il primo può essere usato solo se la
pasta è sufficientemente acida. In genere si preferiscono le polveri
lievitanti.
Compito
del lievito
Il lievito trasforma gli zuccheri
come il glucosio, il fruttosio o il saccarosio, in alcool etilico, produce
l’anidride carbonica che fa rigonfiare l’impasto del pane.
La sua attività dipende dalla
temperatura: a 35 °C si ha il massimo del suo rendimento.
Tale lievito ha sostituito nella
panificazione, fin dall’antichità, il lievito naturale costituito dai fermenti
presenti nell’aria che, depositandosi sull’impasto della farina, lo facevano
lievitare in tempi molto lunghi e in modo non sempre desiderato.
Le
polveri lievitanti
Le polveri lievitanti sono miscele di
bicarbonato, di sali acidi come il cremortartaro, il fosfato acido di calcio,
di acidi come l’acido tartarico tutti agenti a temperatura ambiente, di solfato
doppio di alluminio e sodio che agisce solo ad alta temperatura.
Queste polveri, lavorando in due
fasi, prima e durante la cottura, potenziano e migliorano la qualità della
lievitazione.
Lo
strutto
L’impiego di grassi nell’impasto
porta a rendere friabile la massa del glutine rendendo così più morbido e
friabile il prodotto finale.
Contribuiscono infatti all’aumento
del volume rallentando la perdita di umidità.
Il
sale
Aggiunto all’impasto della piadina
per dare sapore, quando è troppo inibisce la lievitazione poiché forma forti
legami chimici con le proteine della farina che rendono più uro e meno
estensibile il glutine.
Nello stesso tempo però inibisce
pure l’azione degli enzimi che "digeriscono" le proteine e, in tal
modo, impedisce che il glutine diventi una massa appiccicaticcia, incapace di
trattenere l’anidride carbonica.
Lo
zucchero
Aggiungendo piccole quantità di
zucchero si facilita la lievitazione in quanto si fornisce, con esso, un
ulteriore cibo per le cellule del lievito.
In grandi quantità invece si
inibisce la lievitazione.
È per questo che i pani dolci
impiegano molto tempo per lievitare poiché lo zucchero contende l’acqua al
glutine che così stenta a rigonfiarsi.
La presenza di zucchero, rallentando
la perdita d’acqua, rende più tenero il prodotto finale e facilita la
caramelizzazione della crosta di pane.
Latte
e uova
Nella piadina, il latte e le uova
possono sostituire l’acqua. Questi ingredienti oltre all’acqua possono fornire
pure proteine e grassi all’impasto.
Le loro proteine si aggiungono a
quelle del glutine influenzando la struttura del prodotto finale.
I loro grassi, come lo strutto,
rendono più friabile il prodotto.
Il tuorlo poi dà anche colore e
sapore all’impasto.
In genere però l’uovo non viene
impiegato nell’impasto della piadina.
http://www.cibo360.it/alimentazione/cibi/cereali/derivati/pane_produzione.htm#FERMENTAZIONE
abbiamo :
Fasi di produzione del pane
Conoscere i processi che avvengono nelle varie
fasi della produzione del pane aiuta chi si cimenta nella produzione casalinga
a produrre un pane migliore.
Impastamento
Gli ingredienti di base vengono mescolati in
modo più o meno lento a seconda che il processo sia manuale o con impastatrice.
Lo scopo primario di questa operazione è quello di formare il glutine:
una massa elastica e modellabile formato dall'unione delle proteine del
frumento, la gliadina e la glutenina.
Durante l'impastamento il glutine si dispone in modo tale
da formare un reticolo ordinato che si intreccia tra i granuli di amido.
Nelle maglie di questo reticolo rimangono intrappolate bolle d'aria, che
verranno alimentate con l'anidride carbonica prodotta dalla
fermentazione. La struttura elastica e resistente del reticolo non fa
fuoriuscire il gas, determinando l'aumento del volume dell'impasto.
Le macchine impastatrici esercitano una sollecitazione molto maggiore
sulla farina, si alternano quindi fasi di impastamento a fasi di riposo per
favorire l'idratazione e la formazione del glutine.
L'impastamento può avvenire unendo da subito tutti gli ingredienti, oppure con
il cosiddetto metodo Poolisch.
Questo sistema prevede un primo impastamento di 1/3 - 1/4 della farina con
tutto il lievito e una parte dell'acqua necessaria, dopo una prima lievitazione
si aggiunge il resto della farina e dell'acqua, e il sale, e si procede con
l'impastamento finale. Con questo sistema si favorisce lo sviluppo dei lieviti
che agiscono più rapidamente: si può utilizzare meno lievito, il pane risulta
migliore e dura più a lungo.
Il metodo con lievito naturale utilizza la pasta acida, che viene
impastata con l'acqua e la farina, fatta lievitare, e cotta. La pasta si chiama
"acida" perché ha un pH compreso tra 5 e 6 (e infatti ha un sapore
acido). Una volta fatto l'impasto, se ne può staccare un pezzo e farlo fermentare
per un paio di giorni, ottenendo una nuova pasta acida da utilizzare nella
successiva panificazione.
Fermentazione
I lieviti trasformano il glucosio presente
nell'impasto in alcool etilico (il cui odore è avvertibile chiaramente
durante la lievitazione) e anidride carbonica. Quest'ultima viene
imprigionata nel reticolo formato dal glutine, che le impedisce di fuoriuscire.
L'impasto, di conseguenza, aumenta di volume.
Tempi prolungati di fermentazione provocano la perdita di tenacità dell'impasto,
che tende a sgonfiarsi. La temperatura ottimale è di circa 25 gradi, in
ambiente umido. Per questo motivo è bene coprire il pane durante la
lievitazione, per consentire la ritenzione dell'umidità.
Dopo una prima lievitazione, la pasta viene modellata nella forma finale, fatta
lievitare nuovamente per qualche decina di minuti, e cotta.
Cottura
Il pane viene cotto in forni elettrici,
alcune produzioni artigianali continuano a produrlo come una volta, nel forno a
legna.
La temperatura varia da 180 a 300 gradi, solitamente si attesta
nell'intervallo 180-200 gradi. I pani più piccoli cuociono in 15 minuti, per
quelli di 1 kg e oltre occorrono più di 60 minuti.
All'interno del pane la temperatura aumenta gradualmente fino a 98-100 gradi,
all'esterno si mantiene stabile a 100 gradi mentre l'umidità degli strati
interni fuoriesce, e aumenta a fine cottura.
I lieviti hanno uno sviluppo massimo a 40-45 gradi, quindi all'inizio della
cottura si verifica un'incremento della lievitazione.
A 45-50 gradi i lieviti muoiono.
A 100 gradi l'impasto diventa rigido.
A 120-140 gradi la crosta solidifica e comincia a diventare gialla a
causa della trasformazione degli amidi in destrine, glucidi maggiormente
digeribili rispetto all'amido. Questo spiega perché la digeribilità della
crosta è superiore a quella della mollica.
A 140-150 gradi avviene la caramellizzazione di tutti gli zuccheri.
A 150-200 gradi si formano composti di colore bruno e composti
aromatici, anche causati dalla reazione di Maillard.
A temperature maggiori di 200 gradi il pane carbonizza.
Dal sito: http://www.coopfirenze.it/info/art_1840.htm
Le dosi
Questione di lievito
E’ possibile aggiungere olio, burro, margarina, olive, frutta secca e molti
altri ingredienti per condire a piacere la pasta da pane. Questo rende
l’impasto più difficile da gonfiare, in tal caso è bene aumentare la dose di
lievito a 15 g per litro di acqua.
Molte riviste, o anche libri di tipo divulgativo e non per professionisti,
danno dosi di lievito stratosferiche, da un minimo di 25 g fino a 50 g per
chilo di farina. Questo viene fatto per spingere la lievitazione ed ottenere
paste lievitate in un’ora, al massimo due. In realtà le ricette non specificano
che fornai, pizzaioli, pasticceri non fanno così, perché il prodotto lievita a
causa della sproporzione tra gli ingredienti. Se il lievito è troppo si
ottengono prodotti asciutti, compatti, difficili da digerire ed anche poco
saporiti. Ricordate che tutte le volte che spianate la pasta lievitata spremete
via il gas, quindi se volete un prodotto morbido dovete aspettare che rigonfi,
prima di infornare.
Dal sito: http://www.lnetwork.it/regis/attiv_pane.htm
via
Garibaldi 13 – 10122 TORINO - (+39 011.532824 – Fax +39 011.5158000 Orario:
dal lunedì al venerdì 9 – 19, al sabato 9 – 12
LE MERCI PARLANO
Il pane e il suo valore
1 – La produzione
2 – La trasformazione in
farina
3 – La conservazione della
farina
4 – La panificazione
4.1 – La fase di cottura
4.2 – Gli additivi chimici
5 – Scheda del pane
5.1 – Valutazione e sintesi
Il pane e il suo valore
Il pane costituisce l'alimento base nella nostra tavola sin dal 2000
a.C. Nei secoli precedenti al nostro, questo alimento era altamente nutriente
poiché era costituito da chicci interi di grano.
Il "progresso industriale" ha completamente modificato le
tecniche di panificazione, peggiorando sensibilmente il valore nutritivo
dell’alimentazione.
Il chicco di grano è stato privato del germe (parte più nutriente e
più ricca di vitamine) e degli involucri, che vengono utilizzati come mangime;
ridendo possiamo dire che gli animali mangiano meglio di noi! Anche la
lievitazione ha dovuto subire un processo chimico.
Il risultato di queste modificazioni nel contenuto e nella lavorazione di
questo alimento, porta ad una perdita delle proprietà, invece necessarie al
nostro organismo (es. crusca, vitamine, oligoelementi, alcuni sali minerali).
Nonostante i pareri discordanti sull'alimentazione con pane integrale (pane
fatto di farina di grano in cui si utilizza il chicco in tutta la sua
"veste"), riteniamo che se ne dovrebbe fare un più largo uso,
volendo, alternandolo con il pane bianco.
Abbiamo iniziato come consumatori ad autorganizzarsi usando nella nostra
alimentazione pane integrale fatto con grano biologico (cioè coltivato senza
prodotti chimici) e cotto nel forno a legna.
Abbiamo anche preparato una scheda tecnica che confronta il ciclo produttivo
del pane, dalla coltivazione del grano al consumo, comparando tra di loro
quello prodotto biologicamente con quello prodotto chimicamente, nelle loro
differenze di valore nutritivo.
Se
siete interessati ad approfondire questo discorso e all'acquisto
di
pane integrale biologico, rivolgetevi a
Giorgio
Barazza (tel 011-9236038 ore serali, E-mail azzarab@icip.com)
Documentazione a cura
del gruppo di acquisto del pane biologico di
Ciriè-Robassomero
1. La produzione
Il pane era un alimento altamente
nutritivo: vediamo cosa è successo.
C’era una volta il
biologico
Il frumento è il cereale
maggiormente coltivato nel mondo ed è il più adatto ad essere panificato; può
essere di due tipi: tenero e duro. Il tenero è quello destinato alla
panificazione, mentre quello duro è più nutriente e ricco di glutine:
I grani adatti alla trasformazione
in farine per la panificazione hanno rese per ettaro inferiori alle altre e non
c’è una politica dei prezzi che compensi la minore resa, né un sistema di
stoccaggio differenziato in funzione delle qualità, il buono (poco) ed il
cattivo (molto) sono spesso mescolati.
Non sono sufficienti le
caratteristiche chimico-fisiche previste dalla legge 580 per avere una farina
da panificazione: è necessario conoscere i valori di altri parametri
(alveografici, indici valorimetrici al farinografo, il numero di caduta). La
qualità dei frumenti è andata via, via peggiorando a motivo:
·
· della
selezione delle varietà
- dell’impiego massiccio
di fertilizzanti
- dell’uso di prodotti
chimici in genere
Tutto questo per aumentare le rese
per ettaro e i profitti delle aziende
LA QUALITA’ DEI FRUMENTI
FRUMENTO BIOLOGICO
|
FRUMENTO CHIMICO
|
Contiene:
1) grano
2) fertilità del suolo costante
|
Contiene:
1) grano
2) fertilizzanti
3) prodotti chimici (pesticidi...)
4) inquinamento
(residui nel prodotto e nella terra)
5) vulnerabilità del prodotto
6) maggiore quantità di energia consumata per unità di prodotto
7) fertilità del suolo decrescente
n. 67 veleni possono essere usati nei frumenti
|
2. La trasformazione in farina
C’era una volta il
biologico
·
·
Con i mulini a pietra (60-100 giri al minuto) la farina non si scalda,
gli amidi si impregnano degli oli del germe per effetto dello sfregamento e le
cellule dello strato aleuronico liberano la fitasi, un enzima che neutralizza
l’acido fitico. (Acido che tende a fissare il calcio, il magnesio e altri
elementi trasformandoli in sali non più assimilabili.) La fitasi neutralizza
l’acido fitico.
- La cellula degli strati
più esterni viene ridotta in fiocchi più o meno grossi a seconda della
consistenza (crusca o cruscetta) e delicatamente amalgamati gli altri
componenti: questa è la farina integrale.
Ora è così chimico
·
·
I mulini a cilindri metallici ruotano a 300-350 giri al minuto e
scorticano i diversi strati del chicco. Con questa tecnologia si raccolgono
separatamente crusca, cruscetto, germe e amido.
- Il prodotto ottenuto è di
facile conservabilità (non irrancidisce come la farina completa) ma
presenta vari inconvenienti nutrizionali.
- Il mulino a cilindri non
consente l’apertura della cellula dello strato aleuronico e la liberazione
della fitasi.
- Il calore e l’elettricità
del metallo producono perdite vitaminiche e altri danni non valutabili
Il grano cosi raffinato risulta più
povero.
Tabella
comparativa
tra
100 gr. di farina di frumento integrale e 100 gr. di farina bianca
FARINA
INTEGRALE
|
INGEDIENTI
|
FARINA
BIANCA
|
13 gr. (144%)
|
Proteine
|
9 Gr. (100%)
|
2,2% (440%)
|
Sali minerali
|
0,5 % (100%)
|
50 mg (357%)
|
Calcio
|
14 mg (100%)
|
450 mg (500%)
|
Fosforo
|
90 mg (100%)
|
150 mg (300%)
|
Magnesio
|
50 mg (100%)
|
0,6 mg (600%)
|
Vitamina B1
|
0,1 mg (100%)
|
0,3 mg (750%)
|
Vitamina B2
|
0.04 mg (100%)
|
6 mg (1200%)
|
Vitamina PP
|
0,5 mg (100%)
|
0,7 mg (350%)
|
Vitamina B6
|
0,2 mg (100%)
|
Effetti terapeutici della crusca:
cosa può succedere se non c’è
·
·
Intossicazione intestinale, dovuta a
sostanze non espulse velocemente
·
·
Formazione di diverticoli intestinali
(piccole sacche nelle pareti dell’intestino)
·
·
L’irritabilità del colon (colite)
·
·
Calcolosi biliari per l’eccesso di
colesterolo non eliminato e riassorbito
·
·
Alterazioni della struttura delle
funzioni delle arterie, con concrete possibilità di emorragie, trombosi e
infarti
·
·
Emorroidi e vene varicose dovute alla
eccessiva pressione addominale che ostacola una normale circolazione sanguigna
·
·
Obesità, poiché se i cibi raffinati da
una parte apportano all’organismo maggiori calorie, dall’altro saziano di meno
favorendo quindi un maggiore consumo
·
·
Cancro del colon, per la trasformazione
dei sali biliari in composti tossici o addirittura cancerogeni
3. La conservazione della farina
C’era una volta il biologico...
Problemi di conservazione nel tempo
richiedono un consumo veloce e vicino ai posti di produzione.
L’esigenza di portare lontano gli
eserciti a stimolato la produzione a lunga conservazione
Oggi è così il chimico...
Le farine cosi ottenute con grano
coltivato chimicamente raffinate e devitalizate dalla molitura presentano non
pochi problemi di conservazione e lievitazione.
La legge italiana permette tutta
una serie di manipolazioni e sofisitcazioni che vanno dalla vera e propria
frode (aggiunta di polvere di marmo, creta caulino, solfato di sodio),
all’aggiunta di sfarinati meno pregiati (farine di fave, ceci, orzo), fino ai migliorativi
e conservanti chimici: possono essere aggiunti ingredienti sbiancanti e
antimuffa (acido ascorbico, tartarico), tensioattivi per mantenere il pane
fresco, acido ascorbico per renderlo soffice, solfato di rame ecc.
4. La panificazione
La
legge stabilisce che il pane dev’essere fatto impastando la farina con acqua e
lievito e sale, ma cosa succedo poi dopo?
·
·
Impastando la farina con acqua si forma una massa elastica in seguito
all’interazione tra l’acqua, l’amido e le proteine (i due costituenti
principali della farina).
- Il lievito presente
nell’impasto decompone gli zuccheri, presenti in piccola quantità nella
farina o formatosi dall’amido, e li trasforma per fermentazione in alcol
etilico e anidride carbonica
- Quest’ultima si libera
come gas che cerca di uscire dalla massa dell’impasto, e lo fa gonfiare
raccogliendosi sulle bolle che caratterizzano la mollica.
- Dopo un certo numero di
ore di riposo, necessarie per la fermentazione, il pane è scaldato alla
temperatura di 200-250 gradi in forni chiusi aventi particolari
caratteristiche.
- L’anidride carbonica e
l’alcool etillico escono dall’impianto come gas; il calore del pane
trasforma i costituenti della parte esterna dell’impasto
- Questa parte viene ad
assumere l’aspetto e il carattere croccante e aromativo della cresta.
- L’interno trattiene
ancora gran parte dell’impasto ed assume il carattere ancora elastico e
aromatico della mollica
Gli
ingredienti
BIOLOGICO
|
oltre alla
FARINA
|
CHIMICO
|
ACIDO-NATURALE
(= processo lento)
- Il lungo periodo
di lievitazione favorisce le condizioni per fare agire la pitasi
- Dopo la cottura
nel pane i fermenti saccoromiceti ricominciano a moltiplicarsi
rivitalizzando di vitamine e amminoacidi il prodotto
|
LIEVITO
|
SECCO,
DI BIRRA
(=
processo veloce)
- Non c’è
sufficiente tempo per permettere alla pitasi di agire
|
MARINO
INTEGRALE
- Cloruro di sodio
al 96-97%
- Cloruro di
magnesio 0,05 - 0,9 %
- Solfato di
magnesio 0,2-0,3 %
- Solfato di calcio
0,05 -1%
- Oligoelementi (potassio, boro, cromo, fluoro, zinco, rame,
manganese, molibdeno, litio, stagno, arsenico oro, …)
|
SALE
|
RAFFINATO:
·
·
Cloruro di sodio al 99,9%
|
4.1 La fase di cottura
TEMPERATURA
|
MODIFICAZIONI DEL PANE
|
30°
|
Massima attività saccaromiceti
Aumento del volume del pane
|
45-50°
|
Inattivazione dei lieviti
|
60°
|
Intensa attività enzimantica,
sviluppo di gas
|
70-80°
|
Evaporazione dell’acqua, aumentà
per dilatazione termica il volume del gas, coagulazione dei calloidi
glicimici e proteici
|
100°
|
Intensa evaporazione in superficie
che provoca la formazione della crosta.
Fine dello sviluppo interno del
pane
|
120-140°
|
Colorazione della crosta
per la formazione di destrine
|
150°
|
Carammelazioni degli zuccheri e
formazione degli aromi caratteristici del pane fresco
|
4.2 Gli additivi chimici
(di
cui la legge autorizza l'uso)
1. NELLA
FARINE: E 300 (Acido ascorbico)
2. NEGLI
IMPASTI PER PANIFICAZIONE:
-
Addittivi con effetto conservativo: E 260, 261, 262, 263, 270, 280, 281, 282,
283
-
Additivi antiossidanti: E325, 326, 327
3. NELL'ESTRATTO
DI MALTO
-
Additivi con effetto conservativo: E270, 280
-
Addittivi antiossidanti: E325, 326, 327
4. NEGLI
INGREDIENTI CON CUI SI CONSERVANO I VARI TIPI DI "PANE SPECIALE"
Latte
in polvere:
-
Additivi antiossidanti: E300, 301, 304, 322, 331, 339, 340
-
Additivi stabilizzanti e addensanti: E400, 401, 402, 404, 406, 407, 440, 450
Burro
strutto:
-
Addittivi antimicrotici: E200, 201, 202, 203
-
Additivi antiossidanti: E304, 306, 307, 308, 309, 310, 311, 312, 320, 321
5. COLORANTI:
(anmessi solo per il burro) E160
6.GRASSI
EMULSIONANTI:
-
Additivi emulsionanti: E322, 471, 472, 473, 474
n.
44 tipi diversi di additivi possono trovarsi nel pane che hai appena comprato.
Chiedi
al panettiere cosa ti ha venduto
5. Scheda del pane
Quanto più raffinata è la farina
con cui è fatto il pane, tanto minore è il suo valore nutritivo
Il contenuto in proteine di 100 gr.
di pane con 35% di umidità cioè il 35% di acqua risulta:
Pane tipo
|
Grammi
|
%
|
"00"
|
4,5
|
100
|
"0"
|
6
|
130
|
"1"
|
7
|
170
|
Composizione
di 100 gr di pane di farina di grano tenero:
acqua:
29-40 gr a seconda del frumento
proteine:
4,5-7 gr a seconda del tipo di farina
amido:
55-65 gr
Valore
energetico: da 1 a 1,11 megajoule per 100 gr (250-280 kilocalorie per 100
gr.)
5.1 Valutazione di sintesi
Una
persona media
ha
un fabbisogno quotidiano di sostanze nutritive per
un
valore energetico a circa 10 megajoule e di circa 50-100 gr. di proteine.
Un chilo
di pane
soddisfa
quindi il fabbisogno sia energetico sia proteico di un individuo per un giorno
Notizie legislative e sindacali sulla panificazione dal
sito: http://www.ilpane.it/Sindacato/notizie.htm#Art.%208
NUOVE NORME LEGISLATIVE
CORSI
Le normative in
elenco sono il riassunto, delle nuove disposizioni di legge, redatto dal
Consigliere della Associazione Panificatori Bresciani "Mauro Marini"
per ulteriori chiarimenti " MAURO
MARINI"
Homepage
Art.
1
Pane parzialmente cotto
1. ai fini
dell’applicazione dell’articolo 14, comma 4, della legge 4luglio 1967, n° 580,
come modificato dall’articolo 44 della legge 22 febbraio 1994, n° 146, il pane
ottenuto mediante completamento di cottura da pane parzialmente cotto,
surgelato o non surgelato, deve essere distribuito e messo in vendita in
comparti separati dal pane fresco e in imballaggi preconfezionati riportanti
oltre alle indicazioni previste dal decreto legislativo 27 gennaio 1992, n° 109
anche le seguenti:
- "ottenuto da pane parzialmente cotto
surgelato" in caso di provenienza da prodotto surgelato;
- "ottenuto da pane parzialmente cotto"in
caso di provenienza da prodotto non surgelato né congelato .
2. Ove le operazioni di
completamento della cottura e di preconfezionamento del pane non possano
avvenire in aree separate da quelle di vendita del prodotto, dette operazioni
possono avvenire, fatte salve comunque le norme igenico-sanitarie, anche nella
stessa area di vendita e la specifica dicitura di cui al comma 1 deve figurare
altresì su un cartello esposto in modo chiaramente visibile al consumatore
nell’area di vendita.
Art.
2
Denominazione di vendita specifiche
- il pane ottenuto dalla miscelazione di diversi tipi
di sfarinati è denominato "pane al" seguito dal nome dello
sfarinato caratterizzante utilizzato; gli sfarinati utilizzati figurano
nell’elenco degli ingredienti.
Art.
3
Aggiunte
- nella produzione del pane è consentito l’impiego in
aggiunta agli ingredienti previsti dall’articolo 14 della legge 4 luglio
1967 n° 580 delle seguenti sostanze:
- farine di cereali maltati;
- estratti di malto;
- alfa e beta amilasi ed altri enzimi naturalmente
presenti negli sfarinati utilizzati;
- paste acide essiccate, purché prodotte esclusivamente
con gli ingredienti previsti dagli articoli 14 e 21 della legge 4 luglio
1967, n° 580. In questo ultimo caso le paste acide essiccate possono
essere usate solo per la preparazione del pane di cui all’articolo 21;
- farine pregelatinizzate di frumento;
- glutine;
- amidi alimentari
- zuccheri
- Gli estratti di malto e gli zuccheri sono impiegati
in quantità inferiori a quelle previste dall’articolo 4.
Art.
4
Ingredienti particolari
- Quando nella produzione del pane sono impiegati,
oltre a quelli previsti dall’articolo 14 della legge 4 luglio 1967, n°
580, e dall’articolo 3, altri ingredienti alimentari, la denominazione di
vendita deve essere completata dalla menzione dell’ingrediente utilizzato
e, nel caso di più ingredienti, di quello o quelli caratterizzanti.
- Il pane con aggiunta di sostanze grasse deve
contenere non meno del tre per cento di materia grassa totale riferito
alla sostanza secca.
- Il pane con aggiunta di malto deve contenere non meno
del 4 per cento di zuccheri riduttori, espressi in maltosio, riferiti alla
sostanza secca.
- Il pane con aggiunta di zuccheri deve contenere non
meno del 2 per cento di zuccheri riduttori riferito a sostanza secca.
- Le disposizioni del presente articolo si applicano al
pane di cui all’articolo 21 della legge 4 luglio 1967, n° 580.
- Lo strutto commestibile, ottenuto dai tessuti adiposi
del suino, è designato con la sola parola strutto.
- Il pane di cui al comma 1, venduto allo stato sfuso
deve essere tenuto, nei locali di vendita, in scaffali separati
Art.
5
Umidità
- ai pani ottenuti con sfarinati alimentari diversi da
quelli di grano o miscelati con questi ultimi, nonché ai pani ottenuti con
l’aggiunta di ingredienti di cui all’articolo 4, si applicano le
percentuali di umidità di cui all’articolo 16. Primo e secondo comma,
della legge 4 luglio 1967, n° 580 aumentate del 10 per cento.
- In deroga a quanto previsto dal comma 1 è consentito
per il pane di segale, indipendentemente dalla pezzatura, un tenore di
umidità non superiore al 44 per cento.
Art.
6
Grissini
- è denominato grissino il pane a forma di bastoncino,
ottenuto dalla cottura di una pasta lievitata, preparata con gli sfarinati
di frumento utilizzabili nella panificazione, acqua e lievito, con o senza
sale alimentare.
- Alla produzione di grissini si applicano le stesse
disposizioni previste per il pane dal presente regolamento e dalla legge 4
luglio 1967, n° 580.
Art.
7
Trasporto del pane
- in deroga a quanto previsto all’articolo 16, comma 8,
del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n°109, nelle fasi di consegna del
pane agli esercizi commerciali, l’elenco degli ingredienti dei diversi
tipi di pane viene fornito in occasione della prima consegna e ogni volta
che ne venga variata la composizione.
Art.
8
Lievito
- il lievito impiegabile nella panificazione deve
essere costituito da cellule in massima parte viventi con adeguato potere
fermentativo, con umidità non superiore al 75 per cento e con ceneri non
superiori all’8 per cento riferito alla sostanza secca.
- La crema di lievito impiegabile nella panificazione
deve essere costituita da cellule in massima parte viventi con adeguato
potere fermentativo, con umidità non superiore all’80 per cento e con
ceneri non superiori all’8 per cento riferito alla sostanza secca.
Art.
9
Mutuo riconoscimento
- Le disposizioni del presente regolamento, nonché
quelle previste dalla legge 4 luglio 1967, n° 580, non si applicano al
pane legalmente prodotto o commercializzato negli Stati membri dell’Unione
Europea ed a quello originario dei Paesi contraenti dell’Accordo sullo
spazio economico, introdotto e posto in vendita sul territorio nazionale.
Art.
10
Abrogazioni
- dall’entrata in vigore del presente regolamento
cessano di avere efficacia le seguenti disposizioni:
- gli articoli 18, comma primo, 19, 20, 22, 24, commi
terzo e quarto, 25, comma secondo, 37 e 38 della legge 4 luglio 1967, n°
580;
- l’articolo 31 del regio decreto-legge 15 ottobre
1925, n° 2033, convertito dalla legge 18 marzo 1926, n° 562;
- l’articolo 124 del regio decreto 3 agosto 1980, n°
7045
Art.
11
Norme transitorie
- Per centottanta giorni dalla data di entrata in
vigore del presente regolamento è consentita l’utilizzazione di etichette
ed imballaggi non conformi, purché conformi alle disposizioni della legge
4 luglio 1967, n° 580, e del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n° 109.
Il presente decreto, munito del sigillo dello stato, sarà inserito nella
Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica Italiana. È fatto
obbligo a chiunque spetti di osservarlo e farlo osservare..
Aliquote I,V.A.
La normativa in vigore
sull’IVA ( L. 410/97) prevede che l’aliquota del 4% è da applicarsi oltre che
al pane di cui all’ articolo 14 della legge 580/67 contenente farina, acqua,
lievito e sale, anche ai cosiddetti pani speciali " ….. contenenti
ingredienti e sostanze ammessi dal titolo III della legge 580/67, senza
aggiunta di zuccheri, miele, uova o formaggio". Il DPR 502/98, prevedendo
l’abrogazione dell’articolo 20 della legge 580/67, che individua le sostanze
tassativamente ammesse nella produzione dei cosiddetti pani speciali e
introducendo la possibilità sancita dall’articolo 4 di preparare il pane, oltre
che con gli ingredienti previsti dall’articolo 14 della legge 580/67 con
qualsiasi altra sostanza alimentare, apporta una modifica sostanziale alla
citata legge ( titolo III 580/67) che la norma sull’IVA richiama espressamente,
e pone il problema circa l’individuazione dei pani ai quali continuare ad
applicare l’aliquota IVA del 4%.
Mentre rimane fuori
discussione che l’aliquota da applicarsi al pane di cui all’articolo 14 580/67
rimanga al 4%, il problema dell’applicazione I.V.A. si pone per i pani
approntati con l’utilizzo di altri ingredienti. A seguito di nostre ripetute
richieste di chiarimento sull’argomento, il Ministero delle Finanze sembra
intenzionato a fornire una interpretazione secondo la quale si debba continuare
ad applicare l’aliquota del 4% per tutti i tipi di pane previsti dalla 580/67 (
ex art. 20), resterebbero fuori il pane con aggiunte di zuccheri, miele, uova,
formaggio. Alla luce di quanto esposto, nonostante l’impossibilità di dare
certezza interpretativa assoluta, fino all’emanazione della circolare da parte
del Ministero delle Finanze e fermo restando la facoltà di applicare l’aliquota
IVA del 10% al pane fino ad oggi definiti speciali, si ritiene ragionevole e
legittimo continuare ad applicare l’aliquota del4% al pane comune ed al pane
speciale contenente gli ingredienti previsti dall’ex articolo 20 della legge
580/67.
dal
sito : http://www.emmeti.it/Cucina/Toscana/Prodotti/Toscana.PRO.16.it.html
Pane
LA TRADIZIONE
Secondo la mitologia greca fu Demetra, dea delle messi, - Cerere per i Romani -
a donare all'uomo i cereali, in particolare il frumento da cui appunto si
ricava la farina per panificare. Da sempre il pane ha avuto una sacralità che
nel mondo greco prima e romano poi era legata alla fecondità della terra, tanto
che Demetra era celebrata durante i riti dei misteri eleusini e ad essa veniva
offerto il pane Thargelos preparato con la prima farina dopo la mietitura
durante le feste rurali che nell'antica Grecia si svolgevano da metà maggio a
metà giugno, epoca della raccolta del grano.
Nella cultura e religione cristiana il pane assume centralità legata alla metafora
del corpo di Cristo: «Questo è il mio corpo» e con l'identificazione
ostia-corpo di Cristo si compie un processo di sublimazione del pane che da
alimento diventa anche mezzo di comunicazione capace di trasmettere significati
profondi. «Dacci oggi il nostro pane» recita la preghiera base della religione
cristiana-cattolica: dove pane è sinonimo di cibo, perché nel cuore del
Mediterraneo, dove tale religione si è sviluppata, la cultura del pane ha avuto
origine e diffusione. Così questo alimento è un tema ricorrente nella
simbologia cristiana. Come esempio basterà ricordare che ad Adamo - scacciato
dal Paradiso - fu imposto: «Ti guadagnerai il pane con il sudore della fronte».
Nei primi secoli dell'era cristiana i pani ecumenici erano molto grandi, a
forma di ciambella. Dopo l'XI secolo divennero più piccoli anche per aderenza
alla realtà storica (gli Ebrei usavano pane azzimo, non lievitato). Soltanto
dalla metà del XIII secolo il pane eucaristico divenne ostia di finissima
farina di grano cotta su appositi ferri dapprima ad opera degli stessi
sacerdoti; successivamente la preparazione delle ostie fu affidata alle monache
nei conventi.
Ancora oggi il pane ha conservato un valore simbolico legato alle feste
religiose: basti pensare ai pani speciali realizzati per la festa di San Nicola
(6 dicembre), Santa Lucia (13 dicembre) e molte altre che variano da paese a
paese; del resto il panettone natalizio presente in tutto il mondo, che altro è
se non un pane dolce? Così per la nostra colomba pasquale.
UN PO' DI STORIA
Il pane è uno dei cibi più antichi dell'umanità, realizzato attraverso i secoli
con grano vario; fra i primi cereali usati si ricordano il miglio e le ghiande.
I chicchi venivano prima frantumati e poi abbrustoliti su pietre caldissime. Se
ne ricavavano delle gallette che figurano ancora fra i cibi rituali in alcune
culture. La pietra fu successivamente chiusa con un vaso di terracotta
ottenendo così il primo rudimentale forno.
Incerta è l'epoca della nascita del frumento le cui tracce - trovate nella
caverna di Merkenstein in Austria - lo fanno risalire al periodo Paleolitico;
altre all'età neolitica (6000 anni avanti Cristo). Per la provenienza ci è
gradito dar fede - fra le molte ipotesi - allo storico Diodoro Siculo (I secolo
a.C.) che rivendica la Sicilia (Trinacria) come patria legittima del frumento
in quanto in questa terra cresce spontaneo il Tricutum villosum che attraverso
la coltivazione si sarebbe trasformato in Tricutum sativum, usato per la
panificazione. È certo che il frumento con cui oggi viene preparato il pane è
il risultato di vari incroci e pertanto è ben diverso da quello degli antichi.
Possiamo però affermare che il pane realizzato in vari modi e con vari elementi
è presente nella storia di tutti i popoli della Terra. In età romana, già
all'epoca dell'imperatore Augusto a Roma vi erano trecento forni. I mulini
pubblici venivano edificati vicino ad essi per realizzare agevolmente il ciclo
della panificazione. Rispetto ad altri popoli antichi i Romani iniziarono
tardivamente (circa a metà del II secolo a.C.) a fare il pane. Secondo lo
storico Plinio furono alcuni prigionieri Macedoni a insegnare ai Romani l'arte
della panificazione che ben presto divenne un lavoro assai redditizio e
socialmente considerato tanto che nacque spontaneamente il collegio dei
pistores.
Per l'istituzionalizzazione del mestiere del fornaio bisognerà giungere in
Italia all'epoca dei Comuni e delle Signorie; e precisamente al XIV secolo,
quando ha inizio una vera e propria arte della cucina italiana. Nacquero un po'
ovunque le corporazioni composte da Fornai e Pistori con Statuti che regolavano
in modo rigoroso sia l'accesso che l'esercizio di questo mestiere che andò via
via sviluppandosi in una produzione varia per qualità e tipologie.
Alcune curiosità da segnalare: nel 1300 furono realizzati dei panini bianchi
detti «da bocca», utilizzati al posto dei tovaglioli. Il pane del boia - che i
fornai furono obbligati per legge a realizzare - veniva consegnato capovolto in
segno di disprezzo. Ancora oggi è sgradito il pane capovolto sia quando si
porge che quando si mette in tavola, avendo assunto nella credenza popolare un
significato negativo di porta sfortuna che si è trasformato in una regola di
galateo.
Nei fasti culinari del Rinascimento (famosissimi quelli fiorentini dei Medici)
le numerose portate erano sempre accompagnate dal pane che compare però anche
nei pasti frugali che si consumavano nelle botteghe di Leonardo da Vinci e di
Michelangelo che quando lavorava - così vuole la tradizione - mangiava solo
pane.
Sarà però l'Ottocento il secolo in cui vengono condotti studi sulla
composizione e sul valore energetico degli alimenti e in cui si diffondono
colture di frumento selezionate per ottenere farine sempre migliori per una
panificazione sempre più raffinata.
Conseguentemente progredisce anche la macinazione che viene realizzata con una
macina a doppio cilindro, via via perfezionata per l'eliminazione delle
impurità. Si costruiscono le prime impastatrici, si migliorano i forni, si
svincola l'arte del pane dal potere governativo per consentire la concorrenza
nella convinzione che avrebbe migliorato il prodotto e contenuto i prezzi
dell'alimento in assoluto il più diffuso in tutto il paese.
È del 1875 la famosa Inchiesta Agraria di Stefano Jacini che evidenzia il pane
come alimento base per gli operai, mentre ancora il consumo della carne era
molto basso.
Nel nostro secolo il pane da un lato è stato migliorato attraverso l'uso di
miscelare più farine allo scopo di arricchire il potere nutritivo; da un altro
ha subito il processo di industrializzazione che, se è vero che assicura
l'igiene, è altrettanto vero che appiattisce i sapori in un livellamento che fa
rimpiangere antiche fragranze solo in parte compensate da speciali lavorazioni.
GLI INGREDIENTI BASE
Ma gli ingredienti base sono sempre gli stessi: farina, acqua, lievito con
l'aggiunta di un po' di sale.
Da noi il cereale principale usato per fare la farina è il frumento, ma nel
mondo si contano almeno un centinaio di piante che servono (e in buona parte
servivano) per fare la farina per il pane (dalle ghiande alle castagne, dal
riso alla segale ecc. ecc.). Il frumento si distingue in quello che produce
grano tenero (Tricutum aestivum dal quale si ottiene la farina) e grano duro
(Tricutum durum) dal quale si ottiene la semola; ma molte sono le varietà
all'interno di queste due specie, varietà che consentono la coltivazione del
grano in tutti i paesi del mondo, tanto che in ogni mese dell'anno in qualche
parte della terra si raccoglie o si semina il grano. Esso assolve nel campo
della nutrizione una funzione fondamentale assicurando oltre il 50% delle
proteine necessarie per la crescita, il 40% delle calorie e il 40% di ferro.
Purtroppo i sali minerali vengono persi durante la trasformazione del grano in
farina in quanto si trovano nelle parti tegumentali del seme, in quelle parti
cioè che ricoprono il seme.
Dalla varietà del grano dipende la varietà della farina da cui a sua volta
dipende la varietà del pane la cui qualità è ovviamente influenzata anche
dall'acqua che può essere più o meno pura, più o meno dura, più o meno genuina.
Oltre al sale, l'altro elemento base è il lievito, formato da microrganismi
(fermenti) che si nutrono di zuccheri e che come prodotto di rifiuto danno
anidride carbonica. Questo gas fa gonfiare l'impasto rendendolo sottile e
morbido; ma è necessario che durante la lievitazione la temperatura sia tiepida
e costante perché le possibilità del lievito sarebbero inibite da sbalzi di
temperatura mentre sono favorite da una temperatura piuttosto elevata.
Il lievito può essere industriale (venduto in piccoli panetti) che viene
prodotto utilizzando la melassa (liquido che rimane dopo la lavorazione della
canna da zucchero, barbabietole ecc.) o naturale che si ottiene attraverso
diversi passaggi dall'impasto di acqua e farina tenendolo all'aria alla
temperatura di 25°C. Praticamente si può usare come lievito un pezzo di pasta
della lievitazione precedente. Il tempo di lievitazione richiesto dal lievito
industriale è assai inferiore rispetto a quello richiesto dal lievito naturale
che però assicura un pane più saporito, di maggior durata e di migliore
digeribilità.
LA PRODUZIONE DEL PANE
Oggi in Italia lavorano giorno dopo giorno prima dell'alba oltre 35.000 fornai
per impastare, far lievitare, informare e sfornare pani e panini. Esistono
oltre 200 tipi di pane che - per la varietà delle forme e delle denominazioni -
si moltiplicano fino a 1.500.
La Toscana è famosa per la produzione del pane senza sale che ancora oggi è il
più diffuso: un pane semplice, dal sapore antico, dalle forme più tradizionali:
le principali sono la forma tonda detta bozza, allungata detta filone,
schiacciata della ciabatta. L'aspetto è sempre rustico con la crosta croccante
e la mollica molto alveolata che richiede una lunga lievitazione e un'attenta
altrettanto lunga cottura.
Il pane toscano richiederebbe - proprio per l'essenzialità degli ingredienti
che si propone di esaltare il più genuino sapore - la cottura nel forno a legna
che diventa sempre più rara anche se esistono ancora un po' ovunque panifici
che sfornano fragrante profumatissimo cotto a legna. Il pane chiamato toscano è
senza sale per una tradizione lontanissima che affonda le sue radici nella
povertà e che si è perpetrata nei secoli perché al mangiare saporito di questa
terra (basti pensare al prosciutto toscano!) ben si accompagna un pane
"sciocco".
Il tipico pane toscano - se ben cotto - si conserva a lungo, certamente almeno
per un'intera settimana, anche nelle case di città dove spesso viene acquistato
appunto il sabato. Questa usanza è legata alla cultura contadina che prevedeva
la panificazione nei forni a legna, di cui quasi tutte le case erano dotate,
ogni 2/3 mesi e i pani erano conservati nelle madie avvolti in panni.
Naturalmente anche in Toscana oltre al pane tradizionale si trovano grandi
varietà di pani in parte legati alla cultura multirazziale che va sviluppandosi
ovunque (basti pensare alla diffusione del pane arabo, solo per fare un
esempio).
La ricetta base del pane ha trovato modo di arricchirsi nel tempo con infinite
varianti. In Italia l'impiego di ingredienti diversi da quelli previsti per
legge deve essere indicato; gli ingredienti consentiti sono: burro, olio
d'oliva, strutto, latte, mosto d'uva, uva, uva passa, fichi, olive, noci,
mandorle, rosmarino, anice, origano, cumino, sesamo, malto, saccarosio o
destrosio, zucca, miele, semi di lino.
L'uso di arricchire il pane è una moda nata dopo la grande crisi subita dal
pane durante gli Anni Sessanta quando, in pieno boom economico, le tavole
quotidiane dei paesi industrializzati erano ricchissime e il pane fu accusato
di far ingrassare; il pane tradizionale fu quasi bandito e venne sostituito in
minime quantità dai pani lavorati con gli ingredienti cui abbiamo accennato e
in larga parte con crackers, grissini e fette biscottate. Seri studi hanno poi
dimostrato che - nelle giuste quantità - il pane più consono a qualsiasi dieta
è quello tradizionale soprattutto perché privo di condimenti. Oggi il consumo
di pane è in ripresa in tutta Italia anche in coincidenza con la rivalutazione
della «dieta mediterranea» che si basa in gran parte sui cereali.
IL PANE NELLA PRODUZIONE ARTISTICA E LETTERARIA
Il pane è una presenza costante nella rappresentazione pittorica: la sua storia
ad esempio è descritta sulle pareti delle tombe, dei templi e nei papiri egizi.
Del Medioevo il pane nelle pitture, negli affreschi, nell'iconografia religiosa
come simbolo di volta in volta di carità, di raffinatezza, di abbondanza, di
bontà.
Nel Seicento quando la ricchezza dei banchetti ispira le più belle nature morte
(VEDI) anche in Toscana, il pane compare in molti quadri accompagnando vari
cibi, dai fagiani alla frutta alle verdure. Ma anche nell'arte del nostro
secolo il pane è protagonista: basterà ricordare René Magritte che nell'opera
La leggenda dorata immortala le baguettes in una rappresentazione surrealista
di navi spaziali., E che dire dell'artista americano Man Ray che ha realizzato
l'evento artistico Pane dipinto (esposto alla Galleria d'arte di Sidney)
dipingendo di blu due pani?
Anche nella letteratura il pane ha un suo spazio di rilievo: limitiamoci a
citare il Manzoni dei Promessi Sposi con due riferimenti: il «pane del perdono»
che padre Cristoforo chiede al fratello dell'uomo che ha ucciso e «il pane
della provvidenza» presente in molte pagine. Ma non dimentichiamo la fiaba che
ha sempre un posto di rilievo nel nostro immaginario: Cappuccetto Rosso porta
alla nonna un paniere pieno di focacce e Pollicino segna la strada con briciole
di pane.
Nel cinema il pane è usato come richiamo nei titoli (Pane, amore e fantasia,
Pane, amore e gelosia, Pane e cioccolata, ecc.) e come elemento significante di
pace e amore (es. Baci rubati di Truffaut).
LA SACRALITÀ DEL PANE NELL'USO QUOTIDIANO
La presenza di questo alimento nella cultura di tutti i tempi e di tutti i
popoli ha ad esso conferito una sacralità che costituisce anche un impegno
quotidiano sia per la conservazione (dalla madia al congelatore) che per l'uso
del pane "vecchio" (duro o stantio). E per questi aspetti la cultura
contadina ci insegna molto trasferendoci l'impossibilità di buttare il pane
che, quando proprio non può essere mangiato o usato per altri cibi, può sempre
alimentare molti animali domestici.
La Toscana è terra di pane duraturo e di ricette famose quanto gustose che
hanno come elemento base il pane: dalla minestra di pane, alla pappa al
pomodoro, dalla ribollita alla panzanella, per citare solo le più famose. Ma
con il pane si può realizzare un pasto completo: dall'antipasto di crostini al
dolce (torte e soufflé); la nostra fantasia si può sbizzarrire perché il pane
(come l'olio) non può mancare in nessuna casa: è una presenza rassicurante che
merita il più profondo rispetto; ognuno di noi può fare propria l'affermazione
del grande agronomo francese, precursore settecentesco della scienza
dell'alimentazione: «Il pane è un dono generoso della natura, un cibo
insostituibile... Si addice ad ogni ora del giorno, ad ogni età della vita, a
ogni persona. È così connotato all'uomo che ce ne nutriamo, si può dire, fin
dalla nascita e non ce ne stanchiamo mai fino alla morte».
Dal sito del MolinoQuaglia:
È
denominato “pane” il prodotto ottenuto dalla cottura totale o parziale di una
pasta convenientemente
lievitata, preparata con sfarinati di grano, acqua, lievito, con o senza
aggiunta di sale
comune (cloruro sodico). D.L. 27 gennaio 1992, n. 109.
Qual è la differenza tra metodo diretto e indiretto?
Risposta:
L’impasto è l’operazione che consiste nel miscelare gli ingredienti tra di
loro. Generalmente
è operato nelle impastatrici, ma può essere condotto anche manualmente.
L’impasto può essere attuato tramite metodo diretto o indiretto.
Il metodo diretto consiste nell’impastare in un’unica fase tutti gli ingredienti
fino alla formazione di un impasto amalgamato ma non ancora perfettamente
omogeneo.
Viene previsto un periodo di riposo che permette il completamento
dell’idratazione
e della formazione del glutine ed il controllo delle caratteristiche
dell’impasto da parte
dell’operatore. Il periodo di riposo oscilla tra i 3 e i 5 minuti, dopodiché si
riprende e si
completa l’impastamento.
Il metodo indiretto riguarda impastamenti in due fasi. La prima prevede la
preparazione della biga,
del lievito naturale, della pasta di riporto, ecc. La seconda consiste
nell’aggiungere agli
impasti preparati precedentemente gli altri ingredienti.
Cos'è il fermabiga?
Risposta:
Il fermabiga è una cella a temperatura controllata dove vengono introdotte le
bighe per evitare
una fermentazione eccessiva.
Cos'è il fermalievitazione?
Risposta:
È l’operazione che consente di rallentare la fermentazione mediante l’utilizzo
del freddo.
Generalmente è condotta all’interno di una camera dove è possibile controllare
la temperatura e l’umidità relativa.
Si distinguono quattro fasi a differenti temperature:
abbattimento: –6° C / -7° C
mantenimento: +1° C / +2° C
prefermentazione: +12° C
fermentazione: + 28° C
Che cos'è l'autolisi?
Risposta:
Il sostantivo “lisi” deriva dal greco “lysis” = scindere; la definizione
chimica è: “scissione enzimatica
di una sostanza”.
L’autolisi è una tecnica di produzione del pane che si pratica miscelando una
quantità di acqua
e farina che servirà per completare l’impasto e che si lascia riposare per circa
30 minuti.
L’autolisi, applicata alla panificazione, serve soprattutto per migliorare la
lievitazione.
Il metodo, infatti, dona morbidezza all’impasto, migliora il volume e determina
un più rapido
impastamento, poiché la pasta risulta più liscia in funzione della “lisi” che
ha subito la maglia glutinica.
Cos'è il poolish?
Risposta:
È un “lievito” semiliquido, preparato alcune ore prima dell’impasto, miscelando
acqua e farina
in pari quantità.
Preparazione poolish
Kg 1 acqua
Kg 1 farina
La percentuale di lievito compresso da aggiungere varia ed è in funzione del
tempo per il quale
si lascia fermentare la poolish.
Durante la fermentazione, il volume del poolish semiliquido deve aumentare più
del doppio e la
superficie presentare una forma concava. Una fermentazione eccessiva rende
l’impasto
successivo troppo appiccicoso quindi impanificabile.
La temperatura finale del poolish
non deve superare i 25° C.
Fermentazione indiretta con poolish
Dose di lievito
1-2 ore gr. 30
4-5 ore gr. 15
7-8 ore gr. 5
10-12 ore gr. 3
15-18 ore gr. 1,5
Temperatura ambiente ottimale per la lievitazione del poolish: 20/22° C
Temperatura ambiente ottimale poolish: 23/25° C.