Dal Latino a Piemontese, Italiano, Francese
4) - Alcune differenze di grammatica e sintassi
rispetto al Francese e all'Italiano
una lingua neolatina indipendente

brevissime note di un dilettante ...
... per cui non si esclude la presenza di qualche errore (questo è un eufemismo)

indice casa indietro




    Alcune particolarità della grammatica e sintassi piemontesi
Naturalmente queste particolarità saranno viste in dettaglio parlando appunto di Grammatica e di Sintassi del piemontese. Qui diamo solo un brevissimo elenco, per richiamare i punti principali di differenza tra Piemontese, Italiano e Francese.

Invarianza al plurale dei nomi maschili e delle forme femminili non terminanti in "...a"
Salvo poche eccezioni che saranno viste, i sostantivi e aggettivi maschili piemontesi sono invarianti al plurale, anche quando terminano per vocale (ma non quando terminano con la "l"). Sono anche invarianti al plurale (salvo le solite eccezioni) i nomi femminili che non terminano, al singolare, con la vocale "...a". Tanto in Francese che in Italiano sono invece pochissimi i sostantivi ed aggettivi invarianti al plurale. In francese, però, spesso nella pronuncia il plurale si perde (e questyo la avvicina di fatto al Piemontese).

I pronomi personali verbali
Nella pagina precedente abbiamo parlato di desinenze personali delle voci verbali piemontesi, e (non lo abbiamo fatto notare ma) appare chiaro che nella maggior parte dei casi queste non sono sei desinenze diverse, ma sono uguali a due a due. Quando non vi è un soggetto esplicito, questo porterebbe confusione. Il piemontese supera questo inconveniente con un metodo tutto suo, che chissà come, è venuto naturale ai parlanti in piemontese (almeno 1000 anni fà). Esiste in piemontese una serie di pronomi personali associati al verbo e le cui regole d'uso saranno viste in Grammatica. Questa serie non esiste né in italiano, né in francese.

I pronomi personali interrogativi
Un'altra serie di pronomi personali che esiste in piemontese e che non esiste né in italiano né in francese, è quella dei pronomi personali interrogativi. Nelle frasi interrogative questi seguono il verbo e vi si uniscono, tamite trattino (non si tratta di una semplice trasposizione del pronome ma di una serie differente). Sono differenti dai pronomi personali verbali e possono sostituirli nella loro funzione logica. Tempi semplici e tempi composti presentano differenze di forma interrogativa. Le loro particolari regole d'uso saranno viste, al solito, in Grammatica. Il Francese, però, traspone il pronome soggetto dopo il verbo, con un meccanismo analogo.

La coniugazione negativa
Anche la frase negativa piemontese ha una costruzione che è diversa tanto dalla costruzione italiana quanto da quella francese. I due avverbi negativi usati nen, pà hanno valore ed uso diversi rispetto ai due avverbi negativi francesi ne, pà e così pure rispetto agli avverbi italiani non, mica. Tempi semplici e tempi composti presentano differenze di negazione. Vedasi come sempre Grammatica e Sintassi.

Le particelle pronominali complesse
Come anche in italiano, i complementi (dativo ed accusativo) espressi per mezzo di pronomi personali, danno origine a particelle pronominali, che sono complesse quando i due complementi sono contemporaneamente presenti. Ma in piemontese, alla definizione della particella pronominale concorre anche il pronome personale verbale. Questo dà origine a particelle che sono più complesse, e che non hanno una corrispondente particella in italiano (e neppure in francese). Sono molto più numerose, e possono rappresentare una difficoltà per un non-piemontese.

La costruzione di frasi con pronomi personali complemento
Vi sono alcune differenze in queste frasi, in particolare quando il verbo si trova in un tempo composto (ausiliare più participio passato). In quest'ultimo caso, la posizione delle particelle nella frase cambia, tanto rispetto all'italiano quanto rispetto al francese. Situazioni particolari si verificano con l'uso dei pronomi personali interrogativi e della particella locativa (avverbio di luogo) i, corrispondente agli avverbi di luogo italiano vi, ci. In alcuni di questi casi il Piemontese aggiunge delle particelle eufòniche che rendono più scorrevole la frase.

I complementi con il pronome relativo "che"
Il pronome relativo "che", in piemontese viene utilizzato in tutti i casi, dal nominativo all'ablativo, ogni volta che è possibile, senza preposizioni. Il senso corretto della frase si ottiene con apposita aggiunta di particelle (pronominali o avverbiali) come si vede in Grammatica. Il pronome "qual" =(quale), che pure è piemontese, tende ad essere usato il meno possibile, e più che altro in descrizioni tecniche e scientifiche.

Il pronome relativo "dont"
I pronomi relativi italiani "di cui, a cui, in cui", rispettivamente genitivo, dativo ecomplemento di luogo, in piemontese utilizzano, ogni volta che è possibile, il pronome dont invariante. L'uso è piuttosto simile all'uso francese, e per questo rimandiamo alla Grammatica. Non esiste un corrispondente italiano.

Alcuni usi particolari delle parti del discorso
Articolo. È rifiutato da buona parte degli aggettivi possessivi. Alcune particolarità vi sono con i nomi di luogni, fiumi, ecc.
Nome. Alcune particolarità con qualche nome particolare. Particolarità per appellativi e titoli di persone. Qualche particolarità di declinazione. Differenze tra nome ed aggettivo quando una parola può essere l'uno o l'altro.
Aggettivo. Formazione dei superlativi relativo ed assoluto. Paragoni usati in senso superlativo. Espressioni idiomatiche per il grado dell'aggettivo e locuzioni con valore di aggettivo (come vedremo in Sintassi). Spesso si usano particolari paragoni al posto del superlativo, e molto spesso gli aggettivi qualificativi vengono accompagnati da un paragone (comparativo di uguaglianza) che li specifica in modo alquanto arguto. Si tratta di espressioni abituali, e quindi non in particolari contesti. Da notare in Piemontese la quasi totale assenza degli aggettivi numerali ordinali, rimpiazzati da particolari locuzioni.
Pronome. Alcune cose sono state viste sopra. Vari casi in cui è richiesta la ripetizione di pronomi complemento (esplicativi oppure "logicamente" ridondanti) anche in presenza del complemento espresso.
Verbo. Il passato remoto, in realtà, in piemontese esiste, ma da oltre duecento anni non viene usato nel linguaggio parlato e la prosa scritta (si usano ancora forme poetiche, scrivendo in rima). Questo avvicina il piemontese al francese parlato, che fa pochissimo uso del passato remoto (qualche francese non lo usa per nulla). Si nota, comunque, che la seconda persona singolare del passato remoto, per tutti i verbi, termina con la "s" (confrontare, a questo proposito, i criteri di suddivisione delle lingue neo-latine in occidentali ed orientali, visti prima). Alcune particolarità verbali si hanno in vari tipi di frase (optativo, dubitativo, etc.). Nei tempi composti il participio passato non è mai in concordanza con l'oggetto. Alcuni verbi transitivi in italiano non lo sono in piemontese e viceversa. L'ausiliare "avèj = avere", è più usato che in Italiano, e in particolare lo usano i verbi impersonali "meteorologici".
Preposizione. Anche in questo caso vi sono alcuni usi diversi, associati al diverso modo di esprimere alcuni complementi. La preposizione dë, ëd ( = di) ha un maggior uso, associato anche al maggior uso del partitivo. Alcuni casi, peraltro molto comuni, di preposizioni associate (due preposizioni diverse, ed a volte, uguali).
Avverbio. Costruzioni avverbiali particolari. Scarso uso di avverbi in "ment", che per lo più sono da considerare italianismi da evitare. Tre diversi gradi di si (affermazione), e due diverse negazioni. Serie di avverbi "francesizzanti".
Congiunzione. Qualche particolarità, la ripetizione di congiunzioni simili è abbastanza usuale, a volte richiesta. Uso molto più esteso della congiunzione che rispetto a ciò che si ha in italiano.
Esclamazione. Nulla di particolare, salvo l'originalità di qualcuna. Esistono locuzioni esclamative molto comuni che hanno una costruzione simile a quella francese.

La frase ed i complementi
Alcuni complementi, come già accennato, si esprimono in modo diverso, in piemontese, rispetto all'italiano, così come alcuni tipi di frase. Ne parleremo a fondo a proposito di Sintassi.

La prostesi vocalica
In piemontere esiste il meccanismo della "prostesi" per il quale parole che iniziano con s impura (seguita da altre consonanti) o da particolari gruppi di consonanti quali ad esempio fn, se sono precedute da parole che terminano per consonante, allora aggiungono una iniziale ë.

Consonanti e vocali eufoniche
Tanto per i verbi ausiliari come per le particelle pronominali si hanno molti casi di aggiunta di una lettera con funzione di facilitare la pronuncia (eufonica). Come sempre si rimanda a Grammatica e Sintassi per i dettagli di questo uso.

Parole senza corrispondente diretto in italiano
Esiste una serie di parole piemontesi che non hanno una parola corrispondente in italiano che le traduca correttamente, ma occorre una frase che ne illustri il concetto, o per lo meno un gruppo di parole, un sostantivo più aggettivo, e così via.

Queste sono solo le più evidenti differenze. Esiste poi anche una nutrita serie di frasi idiomatiche e locuzioni particolari, che sono di uso generale, di cui si parlerà in una apposita sezione.

Prima che si affrontasse in modo scientifico...
... un'analisi del piemontese, questo veniva indicato facilmente come "dialetto" (un secolo e mezzo fà per vari scrittori e letterati, ancora adesso per il governo italiano). Come tale, però, aveva qualche problema di collocazione. È curioso notare come se ne parlava:
  • ... un misto di italiano e francese, con parole latine, greche, ispane, e teutoniche ...
  • ... oltre a parole italiane o francesi o latine, vi è una netta predominanza di parole galliche ...
  • ... è francese, solo la pronuncia è quella italiana, il resto è francese ....
  • ... un italiano alterato o mozzo, con qualche parola francese, a volte pura a volte alterata ....
  • ... un misto di italiano e provenzale ....
  • ... Dante, nel "De vulgari eloquentia" lo definiva un turpissimo volgare che, a causa dell'influenza dei linguaggi d'oltralpe, era talmente degradato da essere a lui del tutto incomprensibile ....
  • ... e così via ...
Questi signori, ovviamente, si riferivano solo al lessico, non a grammatica e sintassi, che probabilmente non supponevano esistessero (da bravi studiosi).
    Considerazioni a ruota libera su alcuni aspetti del piemontese
A complemento di quanto detto e di quanto si trova in Grammatica e Sintassi, qui facciamo qualche considerazione alla rinfusa, senza pretese di sequenza logica o altro schematismo. Si tratta solo di riflessioni su parole, frasi, modi di dire, etc. della lingua piemontese. Come sempre il tutto è senza pretesa di completezza e di rigore, ma può comunque risultare interessante.

Gli aggettivi "bon" e "brav"
Si possono assegnare a questi aggettivi, come valori principali (in prima approssimazione), quelli dell'italiano buono e bravo rispettivamente, ma vediamo subito fino a che punto questo è vero.
Nel senso di "saporito, gradevole al palato", oppure, riferito a profumo "gradevole all'olfatto", le due parole bon e buono si corrispondono.
Come parola per descrivere una bontà d'animo, in piemontese non viene quasi mai usato bon (limitato di solito ad "applicazioni" poetiche). Viene invece usato quasi esclusivamente brav.
Un uso idiomatico importantissimo di bon, in piemontese, è nella forma bon a .... (ed a volte bon për ...), con il significato di capace di ..., oppure semplicemente bon con valore di capace (nel senso, ovviamente di abilità, non di volume). Non esiste, infatti, un altro aggettivo piemontese che corrisponda all'italiano capace.
Dal canto suo brav viene anche usato nel senso di "bravura" oltre che di "bontà", benchè anche in questo caso l'uso non sia molto frequente. Vengono infatti preferite forme quali abil, vajant, etc., oppure locuzioni quali an gamba, an piòta ..., etc..
In proposito notiamo che nelle forme italiane correnti si usa dire: una brava persona, una persona buona, ma raramente si sente: una buona persona con un valore corrispondente a sottolineare la bravura o abilità. La locuzione indicherebbe piuttosto qualcosa come "una persona ben scelta, una persona che fà al caso". In piemontese si dice na brava përson-a, na përson-a brava. Anche per il piemontese "na bon-a përson-a " vale "una persona ben scelta, una persona che fà al caso".
In italiano esistono le espressioni bravuomo, buonuomo, che hanno in piemontese i corrispondenti bravòm, bonòm, con significati quasi analoghi. Bravòm è l'uomo onesto, buono, che non fà del male. Bonòm è sempre e solo il sempliciotto, che facilmente cade nei tranelli. I femminili del primo sono brava fomna, brava dòna, che sono equivalenti, mentre il femminile del secondo è soltanto bon-a dòna.
Qualche esempio su quanto detto sopra:
  • Quella sempliciotta non è stata capace a dirgli di nò = Cola bon-a dòna a l'é nen stàita bon-a a dìje che 'd nò
  • Per fortuna quel sempliciotto ha trovato un bravuomo = Për boneur che col bonòm a l'ha trovà 'n bravòm
  • È una persona buona, ma nel suo lavoro non è molto bravo = A l'é na përson-a brava, ma an sò travaj a l'é nen vàire lòn
  • Sei capace a stare zitto? Nò! non sono capace = Ses-to bon a sté ciuto? = Nò! i son nen bon
  • Stai buono un momento = Stà brav na minuta

Ciuto (Cito) - Silensi
Corrispondono, in prima approssimazione, alle parole italiane "zitto" e "silenzio"
In italiano, la parola "zitto" è un aggettivo: zitto, zitta, zitti, zitte. In piemontese "ciuto" si comporta piuttosto come avverbio, in quanto è invariante ed il suo uso non corrisponde molto a quello italiano.
Anche la parola piemontese "silensi" ha un uso un po' diverso dall'italiano "silenzio". In particolare è meno usata, a vantaggio di "ciuto", come dimostrano gli esempi seguenti:
sta zitto!, sta zitta! ---> stà ciuto!
state zitti!, state zitte! ---> sté ciuto!
loro stavano zitti ---> loràutri a stasìo ciuto!
fate silenzio! ---> sté ciuto! la forma "fé silensi!", ancorché non errata, non è usata e suona "strana"
lui faceva silenzio ---> chièl a i stasìa ciuto la forma "chièl a fasìa silensi", ancorché non errata, non è usata e suona "strana"
vi era un profondo silenzio ---> a-i era un silensi ancreus

.

indice grammatica casa
lago10
  Lago dei 9 colori in Valle Maira (foto B. Garmondi)