LA GRANDE DISTRUZIONE DI BABILONIA NARRATA DA SENNACHERIB

 

Sennacherib fu un potente re assiro (704-681 a.C.), figlio di Sargon II. Abbandonò la città di Dur-Sharrukin e iniziò l’ampliamento e l’abbellimento di Ninive, che diventò la definitiva capitale dell’impero. Fu crudele verso tutti i popoli e si mostrò superbo e sprezzante soprattutto verso le varie divinità. Combatté contro gli elamiti e, dopo alterne vicende, decise di distruggere Babilonia (689), deportandone gli abitanti e distruggendone i templi. Non riuscì però ad espugnare Tiro[1], assediò senza successo Gerusalemme (701) e non concluse una spedizione punitiva contro l’Egitto, probabilmente per un’epidemia di peste scoppiata tra i suoi soldati. Fu ucciso da un figlio probabilmente deluso dalla designazione a erede del fratellastro Esarhaddon. La terribile distruzione di Babilonia operata nel 689 a. C.. da Sennacherib è descritta nel dettaglio dallo stesso re assiro alle righe 43-54 delle iscrizioni rupestri di Bavian: 

«Nella mia seconda campagna marciai rapido contro Babilonia bramando di conquistarla: mi scatenai come un uragano ricoprendola come un nebbione, la strinsi d’assedio e la conquistai aprendo brecce nelle mura e scalandole. Non risparmiai persona né piccola né grande e riempii le strade della città di cadaveri, deportai nel mio paese il re di Babilonia Šūzubu assieme alla sua famiglia [e a ...], distribuii ai [miei uomini] le proprietà di quella città, argento, oro, pietre preziose, beni e proprietà e se ne appropriarono essi. I miei uomini si impossessarono degli dèi che vi abitavano e li fecero a pezzi, e si presero i loro [beni] e proprietà, mentre io ricondussi dopo 418 anni da Babilonia a Ekallāte, nelle loro sedi, Adad e Šala, gli dèi di Ekallāte che Marduk-nādin-aḫḫē re di Accad (1100-1083 a.e.v.) al tempo di Tiglat-pileser re di Assiria (1115-1077) si era preso e aveva trasportato a Babilonia. Distrussi, rasi al suolo e detti alle fiamme la città e gli edifici dalle fondamenta alle merlature, strappai tutti i mattoni e la terra delle mura esterne ed interne, dei templi e della zikkurat e li gettai nel canale Araḫtu. Scavai canali nel mezzo di quella città, spianai con l’acqua il suo territorio e ne distrussi la pianta fino alle fondamenta devastandola più del Diluvio. Perché in futuro il sito di quella città e dei templi non fosse più riconoscibile la spazzai via con l’acqua fino a ridurla ad una piana».

 



[1] A proposito di Tiro, Flavio Giuseppe ricorda come il re dell'Assiria col suo esercito invase tutta la Siria e la Fenicia, mentre regnava Luli o Elulaio, che aveva avuto il coraggio di opporsi alla dominazione assira, già ai tempi di Salmanassar V e di Sargon II. Secondo gli Annali di Menandro di Efeso, Elulaio, detto anche Pyas, regnò trentasei anni, rifiutò di sottomettersi anche a Sennacherib e disperse la flotta assira con solo dodici navi. Il re della Assiria, nella ritirata, pose le guardie al fiume e agli acquedotti per prevenire che gli abitanti di Tiro vi attingessero acqua. Tiro però resistette per altri cinque anni, attingendo acqua dai pozzi.  In seguito, stremata dalla sete, la parte costiera di Tiro dovette cedere alle pressioni straniere, il Elulaio fuggì a Cipro e sul trono della Fenicia venne installato Tubal, fedele vassallo degli invasori. Dopo la caduta dell'impero assiro, Tiro fu assediata dal re babilonese Nabucodonosor II per ben tredici anni, cioè dal 586 al 573 a.C. Il re babilonese riuscì a conquistare la città sulla terraferma ma non l'isolotto fortificato, che sorgeva poco distante dalla costa. La distruzione completa di Tiro si verificò solo nel 332 a.C quando Alessandro Magno entrò in città dopo sette mesi di assedio, grazie alla costruzione di un terrapieno che collegò definitivamente la città alla terraferma, trasformandola in una penisola.