LA CHIESA CATTOLICA E LA BIBBIA












LA BIBBIA E LA TRADIZIONE



La tradizione nel passato 

 

Non c’è chiesa, assemblea, congregazione o setta acattolica che eviti di mostrare sarcasmo e disprezzo verso la tradizione cattolica, spesso paragonata alle ipocrite tradizioni farisaiche (Matteo 15,6) e quasi sempre assimilata alle vane tradizioni umane (Colossesi 2,8).

 

La tradizione cristiana è però “la parola di Dio non scritta”, comunicata a viva voce da Gesù Cristo agli Apostoli e giunta inalterata fino ai giorni nostri per mezzo della Santa Chiesa. Lo stesso Giovanni evangelista riconosce che “Vi sono ancora molte altre cose compiute da Gesù, che, se fossero scritte una per una, penso che il mondo stesso non basterebbe a contenere i libri che si dovrebbero scrivere” (Giovanni 21,25) e che “Molti altri segni fece Gesù in presenza dei suoi discepoli, ma non sono stati scritti in questo libro. Questi sono stati scritti, perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome” (Giovanni 20,30-31).

 

L’esistenza della tradizione orale è chiaramente testimoniata dalla Bibbia. Basti a tal proposito leggere le lettere di Paolo ai Tessalonicesi e a Timoteo:

 

·       e le cose che hai udito da me in presenza di molti testimoni, trasmettile a persone fidate, le quali siano in grado di ammaestrare a loro volta anche altri (2 Timoteo 2,2);

·       Perciò, fratelli, state saldi e mantenete le tradizioni che avete apprese così dalla nostra parola come dalla nostra lettera (2 Tessalonicesi 2,15);

·       O Timòteo, custodisci il deposito; evita le chiacchiere profane e le obiezioni della cosiddetta scienza, professando la quale taluni hanno deviato dalla fede (1 Timoteo 6,20-21);

·       Custodisci il buon deposito con l’aiuto dello Spirito Santo che abita in noi (2 Timoteo 1,14).

 

Evidentemente la fede è stata trasmessa ai credenti una volta per sempre (Giuda 3) e quand’anche la Chiesa stessa o un Angelo del cielo predicasse un Vangelo diverso da quello annunziato dagli Apostoli la nuova rivelazione andrebbe rigettata con orrore (Galati 1,8).

 

Gesù però promise che lo Spirito Santo avrebbe guidato i cristiani alla verità tutta intera (Giovanni 16,13), insegnando ogni cosa e ricordando tutto ciò che egli aveva detto (Giovanni 14,26). Rifiutare la tradizione vuol dire rigettare non solo la Parola di Dio giunta a noi oralmente ma anche tutto il processo di interpretazione, di comprensione e di approfondimento della rivelazione, sviluppatosi per azione dello Spirito Santo all’interno delle comunità cristiane fin dal tempo degli Apostoli. Senza aggiungere o togliere nulla alla Parola di Dio (Proverbi 30,5; Galati 3,15; Apocalisse 22, 18), la tradizione è stata determinante per la comprensione delle cose rivelate. È stato infatti il Deposito della Tradizione che, con l’aiuto dello Spirito Santo, ha permesso:

 

·       di identificare i Libri Sacri da includere nella Bibbia;

·       di chiarire il mistero di Cristo nei primi quattro Concili;

·       di approfondire lo studio dell’Antico e del Nuovo Testamento.

 

Si noti che la tradizione non coincide con il pensiero di singoli padri, di singoli vescovi, di cardinali isolati, di tribunali ecclesiastici, di sinodi ristretti e di concili locali: sebbene elementi della tradizione ed importanti riflessioni sulla Parola di Dio siano ivi contenuti, talora non mancano opinioni personali, idee bislacche, visioni distorte, errori ed eresie anche nei documenti di vescovi, teologi, tribunali, sinodi e concili locali.

 

Basti a tal proposito pensare all’eresia montanista abbracciata dal grande padre della chiesa Tertulliano (207), agli errori del presbitero di Antiochia Ario (325), alla ripetuta approvazione dell’eresia ariana da parte dei concili locali di Tiro (325), Antiochia (340), Milano (355) e Rimini (359), alle eresie del vescovo di Costantinopoli Nestorio (428), dell’archimandrita Eutiche e del patriarca di Alessandria Dioscuro (448), alla condanna del culto delle icone da parte del sinodo ristretto di Costantinopoli (754) ed alla doppia condanna inflitta a Galileo Galilei da parte del Sant’Uffizio (1616 e 1633).

 

Il Vangelo del Regno è stato meditato, compreso, interpretato ed approfondito grazie al contributo dei Padri, dei Dottori, dei Teologi, della Sacra Liturgia, dei Concilii Ecumenici e delle Encicliche Papali. Voci isolate non fanno testo: perché si possa parlare di "tradizione" occorre un consenso diffuso, antico e qualificato di testimoni autorevoli, di uomini santi e di maestri della fede. La retta interpretazione della Parola di Dio (scritta ed orale) non è pertanto frutto di private interpretazioni (2 Pietro 1,20) ma appartiene al Magistero della Chiesa, validamente esercitato dal Papa quando parla "ex cathedra" e dai Concilii Ecumenici quando sono regolarmente costituiti.

 

 

 

La tradizione nei tempi moderni

 

Nel XIX secolo, il positivismo, l'evoluzionismo, il razionalismo, la critica biblica e lo studio comparato delle religioni misero in dubbio molti antichi presupposti della fede cristiana. Secondo la cosiddetta alta critica distruttiva, larga parte dei fatti narrati nei libri della Genesi e dell’Esodo mancherebbe di fondamento storico, la creazione ed il diluvio altro non sarebbero che miti e leggende, Mosè non avrebbe scritto il Pentateuco, Isaia avrebbe realizzato solo una piccola parte dei sessantasei capitoli attribuitigli, il libro di Daniele risalirebbe al II secolo avanti Cristo, la nascita verginale e la resurrezione di Gesù andrebbero lette come fantasie dei primi discepoli, la seconda lettera di Pietro non gli apparterrebbe e Paolo potrebbe non essere l’autore delle lettere pastorali. Sicuramente poco equilibrate furono le reazioni del fondamentalismo evangelico e del tradizionalismo cattolico durante tutto il XX secolo, ma non poche perplessità continuano a suscitare alcune frange del protestantesimo liberale e del cattolicesimo progressista che adottano, insegnano e tentano di imporre alcune ipotesi come verità ormai definite, scientifiche e inconfutabili. Il problema è grave in tutta la cristianità perché convivono, più o meno pacificamente, posizioni estreme e difficilmente conciliabili: si incontrano (e si scontrano), infatti, tanto teologi, porporati e dottorati disposti a gettare alle ortiche tutta la Bibbia quanto studiosi e ricercatori pronti ad accettare solo un'interpretazione ottusa e iperletterale di tutta la Scrittura.

 

Un documento cattolico autorevole e al di sopra di ogni sospetto ha giustamente osservato che: L "approccio fondamentalista è pericoloso, perché attira le persone che cercano risposte bibliche ai loro problemi di vita. Tale approccio può includerle offrendo interpretazioni pie ma illusorie, invece di dire loro che la Bibbia non contiene necessariamente una risposta immediata a ciascuno di questi problemi. Il fondamentalismo invita, senza dirlo, a una forma di suicidio del pensiero. Mette nella vita una falsa certezza, poiché confonde inconsciamente i limiti umani del messaggio biblico con la sostanza divina dello stesso messaggio". (Pontificia Commissione Biblica, L'interpretazione della Bibbia nella Chiesa, 1993). Si tratta di parole sacrosante ma lo stesso documento avrebbe forse dovuto ricordare che anche lo scetticismo, assunto come approccio teologico, invita ad un'altra forma di suicidio altrettanto grave: il suicidio della fede.

 

Presentiamo nella tabella sottostante un breve confronto tra alcuni modi diversi di affrontare alcuni problemi legati alla lettura e all’interpretazione delle Sacre Scritture.