UN TRAGICO ERRORE UN TRAGICO ERRORE

UN TRAGICO ERRORE

 

 

 

Quando i media hanno ricordato che il 15 marzo 1990, ancora cardinale, in un discorso nella citta di Parma, Joseph Ratzinger ha ripreso un’affermazione di Feyerabend secondo cui «All’epoca di Galileo la Chiesa rimase molto più fedele alla ragione dello stesso Galileo. Il processo contro Galileo fu ragionevole e giusto», molti cattolici ed acattolici non hanno potuto che dissentire dalle affermazioni del filosofo austriaco. Molti hanno finito così per equivocare anche il pensiero del papa che attraverso la citazione di alcuni filosofi marxisti e libertari tentava di criticare alcune posizioni estreme ed amorali emerse nel corso degli ultimi secoli, sotto la tonaca della scienza e della libera ricerca.

 

Nonostante le attenuanti dell’epoca, il processo a Galileo fu e rimane un tragico errore, cioè:

 

 

Se Galilei non aveva la forza e gli argomenti per sostenere in modo scientifico la sua tesi, la Santa Inquisizione avrebbe dovuto avere la prudenza, la discrezione ed il consiglio di affrontare in modo più lungimirante un caso così delicato. Nessuno ha mai preteso (né mai pretenderà) che la Bibbia riveli in modo esplicito, puntuale e dettagliato verità scientifiche e segreti archeologici ma è indubbio che la conoscenza infallibile delle cose, della struttura del mondo e della forza degli elementi possono venire solo dal Creatore, mentre ogni errore non può che essere totalmente estraneo allo Spirito di Dio (Sapienza 7,16-21). Di fatto, la chiesa del Seicento fu forse abbastanza tollerante per i tempi ma sicuramente non lo fu abbastanza per la Carità e per il Vangelo... Ogni revisionismo lascia pertanto il tempo che trova, anche se il relativismo filosofico porta oggi nuova acqua al mulino della retorica, del paradosso e dello spiritualismo dialettico ....

 

Del resto, la verità e la tradizione cattolica non coincidono nè hanno mai coinciso con il pensiero di singoli padri, di singoli vescovi, di cardinali isolati, di tribunali ecclesiastici, di sinodi ristretti e di concili locali: sebbene elementi della tradizione ed importanti riflessioni sulla Parola di Dio siano ovunque contenuti, talora non mancano opinioni personali, idee bislacche, visioni distorte, errori ed eresie anche nei documenti di vescovi, di teologi, di tribunali, di sinodi e di concili locali.

 

Basti a tal proposito pensare all’eresia montanista abbracciata dal grande padre della chiesa Tertulliano (207), agli errori del presbitero di Antiochia Ario (325), alla ripetuta approvazione dell’eresia ariana da parte dei concili locali di Tiro (325), Antiochia (340), Milano (355) e Rimini (359), alle eresie del vescovo di Costantinopoli Nestorio (428), dell’archimandrita Eutiche e del patriarca di Alessandria Dioscuro (448), alla condanna del culto delle icone da parte del sinodo ristretto di Costantinopoli (754) e……. alla doppia condanna inflitta a Galileo Galilei da parte del Sant’Uffizio (1616 e 1633).

Dalla condanna di Galilei fu soprattutto la Chiesa ad uscire sconfitta. Se è vero che nessun papa impegnò la propria infallibilità condannando "ex cathedra" le idee dello scienziato, dall'altro lato è innegabile che il Magistero Supremo risultò a lungo incapace di interpretare correttamente le Sacre Scritture, determinando un enorme danno a tutta l'immagine della cristianità. Nonostante i continui tentativi di minimizzare il caso Galilei, la gravità dei fatti è innegabile e non può prescindere né dalla profondità che avevano raggiunto gli studi teologici di quei tempi né tantomeno dalla semplicità degli strumenti logici e metodologici che avrebbero, comunque, evitato di errare. Non erano necessari profondi studi storici, critici, filosofici ed esegetici per porsi almeno due domande: "chi disse" e "quando e perché" certe cose furono scritte.

A proposito del chi disse, è abbastanza evidente che non si può dare lo stesso peso ad un insegnamento di nostro Signore (ama il tuo prossimo come te stesso), ad una citazione temeraria fatta da Satana (verranno gli angeli a salvarti), ad un'affermazione di Ponzio Pilato (cosa è mai la verità?), ad un ragionamento cavilloso elaborato degli amici di Giobbe, ad una sentenza trombona di Caino (son forse io il guardiano di mio fratello?) e ad un resoconto di uno testimone poco informato sui fatti del tempo. Benché siano tutti versetti biblici, nessuna persona logica li considererebbe dotati della stessa autorità narrativa e morale.

Per quanto riguarda poi il quando ed il perché certe cose furono scritte, ci si dovrebbe sempre chiedere se tratta di fatti storici di cui l'autore sacro è stato testimone personale oppure di eventi riferiti ed interpretati con dati, notizie e informazioni attinte dalle fonti disponibili a quei tempi. Inoltre dovrebbe essere naturale chiedersi se i fatti riportino informazioni genuine o facciano ricorso anche a cronache e testimonianze di seconda mano.

Di fronte ad eventi naturali, ci si dovrebbe poi domandare se si tratti di rivelazioni divine o di fenomeni osservati, letti e compresi con la mentalità ed i limiti legati al livello culturale degli uomini di quell'epoca.

Un distinguo andrebbe anche fatto tra i libri storici e le profezie. Nei libri storici, spesso, alcuni comportamenti non furono sufficientemente censurati (ma addirittura narrati con un certo compiacimento), perché gli autori si limitarono ad interpretare la storia ed il favore divino alla luce della fedeltà al monoteismo. Nei libri profetici, invece, il giudizio morale fu quasi sempre più articolato e maturo, considerando come immorali molti comportamenti contrari alla carità e all'amore del prossimo (basti pensare alle stragi di Jehu, viste di buon occhio dagli storici dei libri dei Re e delle Cronache, ma chiaramente biasimate dal profeta Osea).

Infine andrebbe distinta l'ispirazione proveniente da parole frontali di Dio (come nel caso di Mosé), dalle riflessioni profonde ed ispirate (come nel caso dei Salmi e dei Proverbi) e dalla rielaborazione personale di sogni e visioni, magari davvero inviati dall'Eterno ma interpretati con tutti i limiti psicologici e culturali degli autori sacri.