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DIOCESI
DI T |
Fratelli
e sorelle carissimi,
l’inizio del tempo santo della quaresima fa risuonare nella nostra anime l’invito con cui il Santo Padre Giovanni Paolo II ha chiuso l’anno giubilare: “Duc in altum” (Lc 5,4).
Questa
espressione del Vangelo di Luca può avere una traduzione letterale:
“conduci in alto”, o una un po’ libera, appropriata, forse, nel
significato al contesto del mondo dei pescatori in cui Gesù parlava:
“prendi il largo”. In ambedue le forme di traduzione ciò che anzitutto
colpisce è l’imperativo “conduci”, “prendi”. Che la si voglia
leggere in chiave di invito per la propria esperienza personale: “prendi il
largo”, o in chiave di un impegno di apostolato: “conduci in alto”,
l’espressione di Gesù suona incalzante, imperativa.
In
verità dal racconto di questo brano del Vangelo di Luca sembra che Gesù non
abbia rivolto questa espressione a Pietro parlando ad alta voce, ma che,
avendo appena finito di parlare ad una grande folla che “gli faceva ressa
intorno per ascoltare la parola di Dio” (Lc 5,2) abbia parlato a colui che
era il proprietario della barca in modo più personale, più diretto e quindi,
forse, in maniera autoritativa nella decisione del tono più che nella forza
del volume di voce.
In
questa forza pressante di una parola personale, diretta, senza
generalizzazione, mi pare che Gesù non solo indichi la solida unità
dell’aspetto personale del vivere la fede e quello pastorale-caritativo ma
che soprattutto orienti la nostra attenzione richiamandola verso prospettive
più ampie e più feconde di conoscenza di verità e di ciò che è vita.
L’intero
racconto evangelico, in cui è utilizzata questa espressione, è
caratterizzata da alcuni passaggi ben scanditi:
-
l’invito di Gesù ad andare verso il largo,
-
l’adesione di fede di Pietro alla parola del Maestro
-
e, dopo il sorprendente risultato della pesca, l’annunzio della
trasformazione di Pietro in “ pescatori di uomini” (Lc 5,10).
Pietro
risponde con tutta la sua fiducia alla parola di Cristo e, nonostante la
delusione per i risultati negativi del lavoro fatto precedentemente, aderisce
al suo invito e, quando vede e tocca l’insperata abbondanza del bene
ottenuto per l’adesione alle indicazione del Maestro, riconosce e confessa
la sua distanza dalla verità, si scopre peccatore e la misericordia di Dio
opera il prodigio, la pasqua, il passaggio ad una nuova dimensione di vita.
****************
In
questo brano evangelico ci viene delineato un cammino che possiamo definire
quaresimale, un cammino che siamo invitati a percorrere ogni anno in
preparazione alla santa Pasqua.
Questo cammino è fatto di constatazione dell’insufficienza di sé, dei propri mezzi, delle personali capacità. È naturale, infatti, per l’essere umano guardare il mondo, giudicare la realtà della vita e delle persone secondo i propri criteri e secondo i propri pensieri e progetti, e a volte (o dovremmo dire più spesso) secondo i propri istinti e necessità. Ma tutto ciò che è vissuto o fatto secondo la nostra misura umana rivela inevitabilmente il suo limite lasciandoci nell’insoddisfazione e nella delusione.
Dove,
o come, abbiamo gettato le nostre reti?
Se
lo abbiamo fatto solo seguendo i nostri criteri, per assecondare il nostro
bisogno, cadendo nella tentazione di afferrare con le nostre certezze qualcosa
che ci desse una forma di sussistenza, che ci offrisse una possibilità di
presentarci con una nostra potenza nel limitato orizzonte degli ambienti in
cui viviamo, davvero ci ritroveremo delusi per aver faticato “tutta la
notte” senza aver “preso nulla”.
Di
più: nella delusione, nell’insoddisfazione c’è anche sicuramente una
sorta di rassegnata consapevolezza della realtà. Infatti Pietro, il pescatore
di Galilea, non mostra un atteggiamento rabbioso per non aver preso nulla;
nelle sue parole ci sembra di cogliere piuttosto la rassegnazione di si adegua
ad una situazione innegabilmente e normalmente incapace di generare vitalità.
C’è,
spesso, anche tra noi, anche nella nostra esperienza di fede e di vita
ecclesiale tanta di questa delusione sopportata con lucida e consapevole
chiusura alla speranza nel bene. Ciò si esprime spesso in una silenziosa
inattività, o in forma di larvato risentimento, come pure nell’incapacità
di sviluppare iniziative, di esprimere giudizi e proporre parole nuove alla
storia dell’umanità, e, purtroppo, nell’adeguarsi ai ritmi ed ai
pensieri, ai desideri del mondo più che a quelli di Dio. Il risultato è
drammatico: ci si trascina banalmente in un rapporto con la realtà e con le
persone che ripete stanchi rituali di convenienze sterili, e perciò mortali.
Ecco
cos’è veramente il peccato dell’umanità.
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In
questo orizzonte risuona la parola autoritativa del Cristo: “Duc in altum”
(è interessante notare che nel testo originale greco il xxxxxxx sembra
ripetere e quasi insistere ribadendo con due preposizioni iniziali un
“verso” e un “sopra” cui indirizzare la conduzione e lo sviluppo
dell’agire e del vivere).
Come
San Pietro aderiamo prontamente all’indicazione del Maestro e gettiamo le
reti là dove la nostra pesca potrà essere vera, abbondante e vitale.
Anzitutto
la santa quaresima ci esorta ad un rapporto più diretto ed intenso con la
Parola di Dio, in cui, come recitano i documenti conciliari, “Dio volle
manifestare e comunicare se stesso e i decreti eterni della sua volontà
riguardo alla salvezza degli uomini” (D. V. 6).
È
la parola di Dio il primo, fondamentale tramite di una conoscenza della
presenza del Signore che si fa contatto personale, comunione di vita con Lui.
-
L’accoglienza della parola di Dio è attenzione alla sua verità,
fiducia nel suo giudizio sulla storia e sul mondo.
-
La meditazione della
parola di Dio è fare propri i suoi pensieri e i suoi sentimenti, arricchirsi
della forza vitale del suo Santo Spirito.
-
La risposta personale di fiducia alla parola di Dio è la comunione con
Lui che libera l’uomo da ogni tentazione e condizionamento. La quaresima
inizia proponendoci, nella prima domenica, la lettura del testo evangelico,
quest’anno secondo Luca, che racconta le tentazioni di Gesù nel deserto e
poi continua nelle domeniche successive con il racconto della trasfigurazione
e con altre tre diverse pagine che annunziano una vicinanza di Dio che dialoga
con l’uomo, libera e salva.
Gesù
vince le tentazioni e sconfigge il diavolo facendo totale riferimento solo
alla parola di Dio e alla personale e piena adesione alla Sua viva presenza, a
quel dialogo di fiducia e di amore con Dio che avrà una sua luminosa
manifestazione nella trasfigurazione sul monte da cui la voce del Padre lo
indica come “il Figlio… l’eletto” (Lc 9,35).
E
Gesù, allora, come ci raccontano i brani evangelici che leggeremo nelle altre
tre domeniche di questa quaresima, è colui che è mandato dal Padre a zappare
intorno alla pianta e a mettervi altro concime perché possa portare “frutto
per l’avvenire” (Lc 13,9), ad annunziare l’inimmaginabile grandezza del
cuore di Dio che desidera e accoglie con vera gioia colui “che era morto ed
è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato” (Lc 15,24), a
liberare l’umanità dal peso di ogni possibile, e forse naturale, condanna
perché possa progredire nella vita e “non peccare più” (Gv 8,11).
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C’è
in queste pagine un invito costante e pressante a superare quella mentalità
quasi meccanicistica che fonda il nostro vivere su rapporti di forza e di
potenza, sulla naturale legge del dare e dell’avere, chiusa ad ogni
possibilità di dialogo; c’è un invito a non perdersi nella banalità del
pensare che la vita si acquisti cercando di possedere una forza in grado di
renderci vincitori a danno del più debole. È triste vedere tanti di noi che
ricorrono a presunte forze di magia o confondono la preghiera con formule in
grado di evocare potenze di utilizzare secondo le proprie necessità o,
ancora, vanno alla ricerca di indicazioni prestabilite da un destino che si
compie meccanicamente ed inesorabilmente ed in maniera assolutamente
irragionevole. È triste perché si vede in questi nostri fratelli una
spaventosa debolezza di fede ed un chiudersi nella paura e nell’egoismo, in
una visione della vita limitata e soffocante, sottomessa alle varie forze e
situazioni cui si lega e da cui si sente di dipendere, incapace di essere
protagonista della propria storia. Il Signore ci chiama a libertà, alla
libertà di dire e di narrare, di parlare a Lui, di essere in dialogo con Lui
e con i fratelli, di diventare con Lui e con loro protagonisti di una storia
illuminata dalla carità, dall’amore che genera, che offre ogni giorno forza
di vita.
„Duc
in altum”:
sia
la quaresima il tempo favorevole per liberare da ogni contraddizione, da ogni
incrostazione e condizionamento negativo la nostra vita di fede, la nostra
adesione alla presenza ed all’amore di Dio, la nostra attenzione alla Sua
parola.
Vorrei
invitarvi tutti, fratelli carissimi, a coltivare momenti personali e
comunitari di preghiera e di riflessione, di studio e di conoscenza dei sacri
testi, perché la nostra vita sia ispirata nelle sue scelte e sia orientata e
guidata nel suo agire dalla vera luce della vita.
„Duc
in altum”:
sia
la quaresima il tempo favorevole per vivere intensamente, con tutta la Chiesa,
l’incontro vivo con il Signore nella preghiera di lode riconoscente e nella
celebrazione liturgica dei santi sacramenti.
Vorrei
invitare tutti, laici e presbiteri, a liberare la dignità delle azioni sacre
che celebriamo nella Chiesa e con la Chiesa da ogni equivoco di richiesta e di
offerta di prestazioni di sapore… “privato” che rischiano di sfociare in
forme di profanazione del mistero della salvezza se le attiviamo in vista di
un qualche guadagno o interesse materiale. La liturgia riacquisti la
caratteristica di essere “un’adunanza solenne” (Gl 2,15), un’assemblea
del “popolo di Dio” convocata a celebrare in fraternità la misericordia
del Padre, a vivere un atto di comunione con la Sua presenza, di
partecipazione alla Sua offerta di amore, di santificazione della vita nostra
e del mondo.
„Duc
in altum”:
sia la quaresima il tempo favorevole per sperimentare e vivere la gioia di una
più feconda partecipazione alla carità di Dio, al Suo amore per la vita
degli uomini: nel soccorrere i fratelli nei bisogni materiali e nell’umile
ma vera offerta di riconciliazione, nell’attenzione a sostenere con la
preghiera e la testimonianza, con al parola ed il consiglio il cammino
spirituale di ogni uomo. Vorrei invitare tutti voi, fratelli, a sviluppare ed
esercitare la carità in due direzioni: la solidarietà e la parola.
-
Carità
nella solidarietà
verso l’umanità in difficoltà, in particolare verso i fratelli che vivono
le terribili conseguenze del terremoto che ha devastato la regione del Gujarat
nell’India occidentale ed El Salvador nell’America Centrale.
A
queste emergenze dedicheremo la quaresima di carità
-
Carità
nella parola, in
particolare verso i fratelli che abbiamo più vicini: nelle nostre comunità,
nelle nostre famiglie, nei luoghi in cui lavoriamo o semplicemente
trascorriamo il tempo.
Non
usiamo male il dono della parola, non disperdiamo in parole e discorsi banali
la possibilità che ci è stata offerta dal Signore di comunicare tra noi.
Correggiamo la triste abitudine della bestemmia. Ogni discorrere ci aiuti a
progredire nella conoscenza della verità ed a sviluppare attenzione alla
vitalità del bene, a comunicare ed intensificare reali rapporti di fraternità.
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Infine,
fratelli, mentre vi chiedo di pregare per me, perché sappia seguire il Cristo
Signore e possa sollevarmi dalle mediocrità che mi appesantiscono ed
impacciano nel cammino di fede e di speranza e di carità, vi esprimo anche il
desiderio di poter pregare con voi in qualcuno dei momenti intensi della vita
spirituale delle nostre comunità. Volentieri sarò presente e parteciperò,
compatibilmente con le possibilità, e nella forma più semplice ed informale,
a momenti di adorazione eucaristica, di veglia di preghiera, di celebrazione
della riconciliazione, di catechesi che si terranno nelle nostre parrocchie in
questo tempo santo di quaresima e di Pasqua.
Il
Signore Dio, che ha pietà di chi si pente e dona la sua pace a chi si
converte, accolga la nostra preghiera perché attraverso l’itinerario della
Quaresima giungiamo completamente rinnovati a celebrare la Pasqua del suo
Figlio.
†
Angelo Vescovo
Teggiano
28 febbraio 2001, inizio della santa Quaresima