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DIOCESI DI TEGGIANO - POLICASTRO 

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  MESSAGGIO DEL VESCOVO PER LA QUARESIMA 2001

 

Fratelli e sorelle carissimi,

l’inizio del tempo santo della quaresima fa risuonare nella nostra anime l’invito con cui il Santo Padre Giovanni Paolo II ha chiuso l’anno giubilare: “Duc in altum” (Lc 5,4).

Questa espressione del Vangelo di Luca può avere una traduzione letterale: “conduci in alto”, o una un po’ libera, appropriata, forse, nel significato al contesto del mondo dei pescatori in cui Gesù parlava: “prendi il largo”. In ambedue le forme di traduzione ciò che anzitutto colpisce è l’imperativo “conduci”, “prendi”. Che la si voglia leggere in chiave di invito per la propria esperienza personale: “prendi il largo”, o in chiave di un impegno di apostolato: “conduci in alto”, l’espressione di Gesù suona incalzante, imperativa.

In verità dal racconto di questo brano del Vangelo di Luca sembra che Gesù non abbia rivolto questa espressione a Pietro parlando ad alta voce, ma che, avendo appena finito di parlare ad una grande folla che “gli faceva ressa intorno per ascoltare la parola di Dio” (Lc 5,2) abbia parlato a colui che era il proprietario della barca in modo più personale, più diretto e quindi, forse, in maniera autoritativa nella decisione del tono più che nella forza del volume di voce.

In questa forza pressante di una parola personale, diretta, senza generalizzazione, mi pare che Gesù non solo indichi la solida unità dell’aspetto personale del vivere la fede e quello pastorale-caritativo ma che soprattutto orienti la nostra attenzione richiamandola verso prospettive più ampie e più feconde di conoscenza di verità e di ciò che è vita.

L’intero racconto evangelico, in cui è utilizzata questa espressione, è caratterizzata da alcuni passaggi ben scanditi:

-   l’invito di Gesù ad andare verso il largo,

-   l’adesione di fede di Pietro alla parola del Maestro

-   e, dopo il sorprendente risultato della pesca, l’annunzio della trasformazione di Pietro in “ pescatori di uomini” (Lc 5,10).

Pietro risponde con tutta la sua fiducia alla parola di Cristo e, nonostante la delusione per i risultati negativi del lavoro fatto precedentemente, aderisce al suo invito e, quando vede e tocca l’insperata abbondanza del bene ottenuto per l’adesione alle indicazione del Maestro, riconosce e confessa la sua distanza dalla verità, si scopre peccatore e la misericordia di Dio opera il prodigio, la pasqua, il passaggio ad una nuova dimensione di vita.

 

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In questo brano evangelico ci viene delineato un cammino che possiamo definire quaresimale, un cammino che siamo invitati a percorrere ogni anno in preparazione alla santa Pasqua.

Questo cammino è fatto di constatazione dell’insufficienza di sé, dei propri mezzi, delle personali capacità. È naturale, infatti, per l’essere umano guardare il mondo, giudicare la realtà della vita e delle persone secondo i propri criteri e secondo i propri pensieri e progetti, e a volte (o dovremmo dire più spesso) secondo i propri istinti e necessità. Ma tutto ciò che è vissuto o fatto secondo la nostra misura umana rivela inevitabilmente il suo limite lasciandoci nell’insoddisfazione e nella delusione.

Dove, o come, abbiamo gettato le nostre reti?

Se lo abbiamo fatto solo seguendo i nostri criteri, per assecondare il nostro bisogno, cadendo nella tentazione di afferrare con le nostre certezze qualcosa che ci desse una forma di sussistenza, che ci offrisse una possibilità di presentarci con una nostra potenza nel limitato orizzonte degli ambienti in cui viviamo, davvero ci ritroveremo delusi per aver faticato “tutta la notte” senza aver “preso nulla”.

Di più: nella delusione, nell’insoddisfazione c’è anche sicuramente una sorta di rassegnata consapevolezza della realtà. Infatti Pietro, il pescatore di Galilea, non mostra un atteggiamento rabbioso per non aver preso nulla; nelle sue parole ci sembra di cogliere piuttosto la rassegnazione di si adegua ad una situazione innegabilmente e normalmente incapace di generare vitalità.

C’è, spesso, anche tra noi, anche nella nostra esperienza di fede e di vita ecclesiale tanta di questa delusione sopportata con lucida e consapevole chiusura alla speranza nel bene. Ciò si esprime spesso in una silenziosa inattività, o in forma di larvato risentimento, come pure nell’incapacità di sviluppare iniziative, di esprimere giudizi e proporre parole nuove alla storia dell’umanità, e, purtroppo, nell’adeguarsi ai ritmi ed ai pensieri, ai desideri del mondo più che a quelli di Dio. Il risultato è drammatico: ci si trascina banalmente in un rapporto con la realtà e con le persone che ripete stanchi rituali di convenienze sterili, e perciò mortali.

Ecco cos’è veramente il peccato dell’umanità.

 

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In questo orizzonte risuona la parola autoritativa del Cristo: “Duc in altum” (è interessante notare che nel testo originale greco il xxxxxxx sembra ripetere e quasi insistere ribadendo con due preposizioni iniziali un “verso” e un “sopra” cui indirizzare la conduzione e lo sviluppo dell’agire e del vivere).

Come San Pietro aderiamo prontamente all’indicazione del Maestro e gettiamo le reti là dove la nostra pesca potrà essere vera, abbondante e vitale.

Anzitutto la santa quaresima ci esorta ad un rapporto più diretto ed intenso con la Parola di Dio, in cui, come recitano i documenti conciliari, “Dio volle manifestare e comunicare se stesso e i decreti eterni della sua volontà riguardo alla salvezza degli uomini” (D. V. 6).

È la parola di Dio il primo, fondamentale tramite di una conoscenza della presenza del Signore che si fa contatto personale, comunione di vita con Lui.

-   L’accoglienza della parola di Dio è attenzione alla sua verità, fiducia nel suo giudizio sulla storia e sul mondo.

-    La meditazione della parola di Dio è fare propri i suoi pensieri e i suoi sentimenti, arricchirsi della forza vitale del suo Santo Spirito.

-   La risposta personale di fiducia alla parola di Dio è la comunione con Lui che libera l’uomo da ogni tentazione e condizionamento. La quaresima inizia proponendoci, nella prima domenica, la lettura del testo evangelico, quest’anno secondo Luca, che racconta le tentazioni di Gesù nel deserto e poi continua nelle domeniche successive con il racconto della trasfigurazione e con altre tre diverse pagine che annunziano una vicinanza di Dio che dialoga con l’uomo, libera e salva.

Gesù vince le tentazioni e sconfigge il diavolo facendo totale riferimento solo alla parola di Dio e alla personale e piena adesione alla Sua viva presenza, a quel dialogo di fiducia e di amore con Dio che avrà una sua luminosa manifestazione nella trasfigurazione sul monte da cui la voce del Padre lo indica come “il Figlio… l’eletto” (Lc 9,35).

E Gesù, allora, come ci raccontano i brani evangelici che leggeremo nelle altre tre domeniche di questa quaresima, è colui che è mandato dal Padre a zappare intorno alla pianta e a mettervi altro concime perché possa portare “frutto per l’avvenire” (Lc 13,9), ad annunziare l’inimmaginabile grandezza del cuore di Dio che desidera e accoglie con vera gioia colui “che era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato” (Lc 15,24), a liberare l’umanità dal peso di ogni possibile, e forse naturale, condanna perché possa progredire nella vita e “non peccare più” (Gv 8,11).

 

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C’è in queste pagine un invito costante e pressante a superare quella mentalità quasi meccanicistica che fonda il nostro vivere su rapporti di forza e di potenza, sulla naturale legge del dare e dell’avere, chiusa ad ogni possibilità di dialogo; c’è un invito a non perdersi nella banalità del pensare che la vita si acquisti cercando di possedere una forza in grado di renderci vincitori a danno del più debole. È triste vedere tanti di noi che ricorrono a presunte forze di magia o confondono la preghiera con formule in grado di evocare potenze di utilizzare secondo le proprie necessità o, ancora, vanno alla ricerca di indicazioni prestabilite da un destino che si compie meccanicamente ed inesorabilmente ed in maniera assolutamente irragionevole. È triste perché si vede in questi nostri fratelli una spaventosa debolezza di fede ed un chiudersi nella paura e nell’egoismo, in una visione della vita limitata e soffocante, sottomessa alle varie forze e situazioni cui si lega e da cui si sente di dipendere, incapace di essere protagonista della propria storia. Il Signore ci chiama a libertà, alla libertà di dire e di narrare, di parlare a Lui, di essere in dialogo con Lui e con i fratelli, di diventare con Lui e con loro protagonisti di una storia illuminata dalla carità, dall’amore che genera, che offre ogni giorno forza di vita.

„Duc in altum”: sia la quaresima il tempo favorevole per liberare da ogni contraddizione, da ogni incrostazione e condizionamento negativo la nostra vita di fede, la nostra adesione alla presenza ed all’amore di Dio, la nostra attenzione alla Sua parola.

Vorrei invitarvi tutti, fratelli carissimi, a coltivare momenti personali e comunitari di preghiera e di riflessione, di studio e di conoscenza dei sacri testi, perché la nostra vita sia ispirata nelle sue scelte e sia orientata e guidata nel suo agire dalla vera luce della vita.

 „Duc in altum”: sia la quaresima il tempo favorevole per vivere intensamente, con tutta la Chiesa, l’incontro vivo con il Signore nella preghiera di lode riconoscente e nella celebrazione liturgica dei santi sacramenti.

Vorrei invitare tutti, laici e presbiteri, a liberare la dignità delle azioni sacre che celebriamo nella Chiesa e con la Chiesa da ogni equivoco di richiesta e di offerta di prestazioni di sapore… “privato” che rischiano di sfociare in forme di profanazione del mistero della salvezza se le attiviamo in vista di un qualche guadagno o interesse materiale. La liturgia riacquisti la caratteristica di essere “un’adunanza solenne” (Gl 2,15), un’assemblea del “popolo di Dio” convocata a celebrare in fraternità la misericordia del Padre, a vivere un atto di comunione con la Sua presenza, di partecipazione alla Sua offerta di amore, di santificazione della vita nostra e del mondo.

„Duc in altum”: sia la quaresima il tempo favorevole per sperimentare e vivere la gioia di una più feconda partecipazione alla carità di Dio, al Suo amore per la vita degli uomini: nel soccorrere i fratelli nei bisogni materiali e nell’umile ma vera offerta di riconciliazione, nell’attenzione a sostenere con la preghiera e la testimonianza, con al parola ed il consiglio il cammino spirituale di ogni uomo. Vorrei invitare tutti voi, fratelli, a sviluppare ed esercitare la carità in due direzioni: la solidarietà e la parola.

-        Carità nella solidarietà verso l’umanità in difficoltà, in particolare verso i fratelli che vivono le terribili conseguenze del terremoto che ha devastato la regione del Gujarat nell’India occidentale ed El Salvador nell’America Centrale.

A queste emergenze dedicheremo la quaresima di carità

-             Carità nella parola, in particolare verso i fratelli che abbiamo più vicini: nelle nostre comunità, nelle nostre famiglie, nei luoghi in cui lavoriamo o semplicemente trascorriamo il tempo.

Non usiamo male il dono della parola, non disperdiamo in parole e discorsi banali la possibilità che ci è stata offerta dal Signore di comunicare tra noi. Correggiamo la triste abitudine della bestemmia. Ogni discorrere ci aiuti a progredire nella conoscenza della verità ed a sviluppare attenzione alla vitalità del bene, a comunicare ed intensificare reali rapporti di fraternità.

 

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Infine, fratelli, mentre vi chiedo di pregare per me, perché sappia seguire il Cristo Signore e possa sollevarmi dalle mediocrità che mi appesantiscono ed impacciano nel cammino di fede e di speranza e di carità, vi esprimo anche il desiderio di poter pregare con voi in qualcuno dei momenti intensi della vita spirituale delle nostre comunità. Volentieri sarò presente e parteciperò, compatibilmente con le possibilità, e nella forma più semplice ed informale, a momenti di adorazione eucaristica, di veglia di preghiera, di celebrazione della riconciliazione, di catechesi che si terranno nelle nostre parrocchie in questo tempo santo di quaresima e di Pasqua.

 

Il Signore Dio, che ha pietà di chi si pente e dona la sua pace a chi si converte, accolga la nostra preghiera perché attraverso l’itinerario della Quaresima giungiamo completamente rinnovati a celebrare la Pasqua del suo Figlio.

Angelo Vescovo

Teggiano 28 febbraio 2001, inizio della santa Quaresima

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