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Del resto te non dovresti aver problemi non
sei quello che nelle macchie di stipa ci va a passeggio con la morosa
in ciabatte e braette ? o Bergame, e lo hai detto che ci vado
in ciabatte e braette, in realtà io quelle le uso solo tra i
ginestroni, che ci sono un popoino allergico...per il resto vado ignudo
come un beco, specie per i canali, e s'intende
Visto
che negli scepaloni sei a tuo agio, qualche cosa dovresti cavarne, a
meno che anche questo non ti sembri un po' troppo “cervellotio” ...a
dirla tutta, un po' cervellotio mi pare per davvero, anche se la
procedura è chiara e semplice, soprattutto perché ben spiegata da te
Pitone-Pitone...ooops, intendevo: passo-passo! temendo che potessi
rispondermi come alle volte rispondo io (da far girà i...gaglini, lo
ammetto) avevo pensato a un altro sistema, più semplice e diretto, che
ha tra l'altro il vantaggio di non sovraccaricare le pagine (che può
essere un problema per chi ha una connessione lenta) e di lasciare a chi
legge la scelta se darci un'occhiata o meno (url a spazio web
personale). magari proverò a usare tutt'e due i sistemi ciao e grazie ancora Luca
o Pisanino! come stanno andando le ricerche diperinnà? è un po'
che non ti si sente. notizie del Fondone? e dalla parte bassa (mi vien
quasi da dire dal Fondone) di Campiglia verso Focoraccia-Granarola? a proposito, riguardando vecchie foto ho colto un dettaglio cui non avevo mai fatto caso prima: XXXXXXXXXXfoto CapraraXXXXXXXXXX e se fosse questo (per come poteva essere nel 44-45), il famoso Tecchione di cui parla Idea Rustighi? di lì poi è una bischerata arrivare al passo della Focoraccia o volendo anche in Granarola, no? ciao Luca
quando si incontrano opere non d'arte, ma di natura, e di cotanta
suggestione, viene spontaneo domandarsi: ma è mai possibile che una cosa
del genere sia in passato passata inosservata, e che non le abbiano mai
dato un nome? come si fa a non battezzare quello che è un vero e
proprio imponente gruppo scultoreo, che pare fatto dalla mano di un
artista?
e
la suggestione è ivi vieppiù amplificata nei dì di nebbia, allor che
cotesto palesasi in guisa di cangiante mistica apparizione...no no, qui
nessuno s'è fatto una canna di troppo, provare per credere...
questa
è la più...artistica delle ipotesi sui Gaglini, Gaggini: è possibile
che Sciamino o altri prima di lui attribuissero la <paternità> di
quest' <opera d'arte> a qualche scultore magari conosciuto sui
banchi di scuola, in qualche libro o al catechismo, come un certo signor
Gaggini, o Gagini? <GAGGINI (Gagini). - Famiglia di scultori e
marmorari lombardi originari di Bissone, in Canton Ticino, e attivi a
Genova dal XV secolo...> (fonte Dizionario Biografico Treccani, in
rete) e in particolare: <Antonello Gagini. Figlio dello
scultore Domenico Gagini, è fratellastro dello scultore Giovanni II
Gaggini...studia architettura non solo col padre...ma anche nei suoi
viaggi in Toscana per acquisto di marmi...Trova anche il tempo per un
soggiorno a Roma presso Michelangelo dal 1504 al 1506, collaborando alla
tomba di Giulio II...> (fonte wikipedia) ... insomma, se
questo fosse il Gaggini o Gaglini di Sciamino, allora si può anche
provare a disegnare il tracciato di una via che nella parte alta non
passa per il canale-corridoio delle Greppie, quello a ridosso delle
pareto dell'Altissimo, che è già difficile a farsi in buone condizioni
meteo, ma proprio dal <gruppo scultoreo del Gaggini>, che poi
altro non è che forse la più interessante e meglio riuscita delle guglie
della zona: le altre due guglie in questione, che delimitano il
passaggio scendendo dalle piccole guglie sul passo, potrebbero essere
quelle che chiamerei, perché no?, della <meta>, riferendomi al
<Pitone con Meta> del catasto lorenese (ci potrebbe anche
stare...la meta del Viarello del Prato...): quelle due guglie, la più a
valle è quella col vecchio cordino in cima salita da Guido, sembrano
infatti come le due colonne di un portone per il passo. e guarda caso
la via che viene giù di lì inarcandosi leggermente nella ripida
valletta fino al <gruppo scultoreo> passa proprio in mezzo a una
macchia di ginestroni, che a quella quota, tra la Focoraccia e
l'Altissimo, mi pare sia l'unica della zona. e comunque, anche se un
c'entrasse nulla la manodopera del signor Gaggini, la via rimarrebbe a
pieno titolo la via dei Gaglini, ovvero la via delle piccole guglie.
... il
<gruppo scultoreo del Gaggini> si trova su quella che ho chiamato
l'<alta via dei cavatori>, ovvero il sentiero in pari intorno a
quota mille che collega tutti e tre i valichi della zona. in direzione
mare si va verso i passi del Pitone, della Focoraccia e l'Aiola, a monte
si va verso il canalone delle Greppie all'altezza del tornante della
marmifera troncone Colonnoni, passando accanto ai resti di un paio di
postazioni (documentata la presenza di postazioni avanzate
partigiane-alleate subito sotto il Passo), e incontrando nella discesa
verso la Grotta di Celè numerose altre grotte, grandi e piccole, più o
meno naturali, in cui finita la guerra furono ritrovate una quantità di
oggetti anche di civili: ma il ricordo più forte di chi durante o subito
dopo la guerra è salito lassù era il solco profondamente scavato nel
terreno dal passaggio di migliaia di persone. questo convalida la
tesi del canale delle Greppie come viadotto collettore del traffico
proveniente anche dal passo del Pitone e dalla Focoraccia: a quote
diverse tutte le vie di valico vi si innestavano, per dirla col
Federigi, tutte le vie portano alla Grotta di Celè.
x Marco Dalla tua foto Marco la traccia gialla sotto i Gaglini
di Guido sembra un percorso possibile. Però mi è capitato varie volte di
individuare in foto pseudotracce che poi alla verifica sul terreno non
erano niente di definito o magari solo mini cengette naturali senza
tracce di passaggio. Un po’ quello che accade quando riconosciamo volti e
figure nelle rocce che poi cambiando anche di poco prospettiva
svaniscono del tutto.
Mi è venuto in mente però di andare a
verificare la cosa sulla tav. XXVII già postata qui da me (pag. 26) a
corredo dell’ormai famoso articolo dell’Armanini. Siccome la foto
ritrae proprio tutto quel versante e lo ritrae in condizioni di leggero
innevamento (il che mette in evidenza le tracce) ho pensato che forse da
lì si poteva ricavare qualche indizio. Per avere il massimo dettaglio
possibile sono andato a riguardarmi la foto direttamente sul libro
(comunque anche nell’immagine postata qui a pag. 26 si riesce a vedere
qualcosa): si vede in alto il tracciato del 188, in basso in primo piano
alcune case nel bosco di Campigli (quelle che sulla IGM sono a quota
860 e 750 ?), poi guardando attentamente in corrispondenza della tua
pseudotraccia gialla effettivamente “sembra” di distinguere una linea
lievemente più marcata che potrebbe essere anche un sentiero (o
perlomeno si nota una linea della stessa rilevanza di quella del 188
appena più alto). Questo ripeto con la premessa generale che a volte le
foto fanno prendere degli abbagli
xLuca Nudo
per canali ? Se ne era parlato tempo fa di uno che si aggirava ignudo
tra passo del vestito e Macina , allora eri te ? ma anche quando ti
metti in cerca della “via della libertà” ti metti in “libertà”? cioè ti
ci butti proprio anima e “corpo”
Vedo che hai ingranato con le foto ora aspettiamo quelle della “eccentrica” Galleria d’arte naturale dei Gaglini
L’ipotesi del tecchione come cava mi pare interessante: del resto le cave erano il regno dei “tecchiaioli”
A
proposito di Cave Caprara, "esplorando" i libri fotografici sulle
apuane accumulati nel corso degli anni ho trovato una foto interessante
su un libro del 1960 "Alpi Apuane" di Roiter-Montella, edizioni A.C.I.
Nella
foto mi pare che si veda in primo piano la Cava Caparara e in secondo
piano il passo del Pitone di mezzo (seminascosto) poi sullo sfondo il
passo della greppia e gli Uncini. Guardando sotto il Pitone mi sembra di
riconoscere la costa rocciosa da cui sono sceso nella mia esplorazione
descritta a pag. 10. Sul costone si nota una evidentisima traccia che
dovrebbe corrispondere a quella trovata da me in discesa e poi in
risalita (lungo quella che ormai è nota come traccia blu) .
Evidentemente all'epoca (fine anni '50) era piuttosto battuta. La stessa
foto inquadra anche il versante attraversato dalla pseudo-traccia
gialla di Marco. Lì non si nota niente, ma la zona è in ombra o potrebbe
essere anche colpa della bassa definizione dell'originale.
Eh sì, Bergame, quella della foto sembra proprio la tua traccia
blu, e ben evidente. L'hai viste le "sculture" di Luca? Vi siete un po'
sovrapposti... E non so, Luca, se hai visto la domanda che ti facevo sul
figlio di Sciamino; già che ci sono posto come promesso l'articolo di
Giannelli. Avevo letto frettolosamente solo "avevano", dice anche "e
hanno" riferendosi evidentemente a Mauro... che a occhio e croce
potrebbe essere sulla settantina o quasi se fosse nato dopo la guerra,
cosa possibile dato che all'epoca della Linea Gotica Pacifico Luisi
aveva 31 o 32 anni.
Marco
Sciamino. Si chiamava
Pacifico Luisi e aveva 88 anni. Chissà se coloro che l’hanno
accompagnato da via Cugnia al cimitero di Querceta sapevano chi fosse in
realtà. Io, che gli ho dedicato venti pagine dei miei libri “La
trappola del ‘44”,“Versilia kaputt!”e “Sant’Anna l’infamia continua”, lo
consideravo un mito. Anche suo padre, il nonno e il bisnonno, e lo
stesso suo figlio Mauro, avevano e hanno lo stesso soprannome, come un
titolo nobiliare. La madre del suo bisnonno coltivava la canapa nei
campi e, per allontanare gli uccelli, conciava questo suo figlioletto da
spaventapasseri con il compito di gridare “sciò-sciò”. Da 170 anni, i
maschi di casa Luisi vengono chiamati Sciamino. Era nato a Azzano e
trovò posto all’Henraux come elettricista, ma durante la guerra
l’ing.Balduini lo mandò alla Polla a far da guardiano alla casa dei
cavatori. E, dopo l’occupazione tedesca del settembre 1943, lassù tra le
capre dell’Altissimo, ebbe modo di conoscere il capo dei partigiani
apuani, l’ex frate domenicano Pietro Del Giudice, che gli è rimasto
amico per tutta la vita. Quando Pietro aveva bisogno di un punto di
riferimento in Versilia, anche dopo la fine del conflitto, si rivolgeva
inevitabilmente a Sciamino. Un giorno bloccò un soldato di Hitler
sulle Gobbie, a Campodallorzo, sparandogli con un vecchio fucile ’91, ma
cercando di non centrarlo e, quando quello stava per arrendersi, gli
fece cenno di scappare. In cambio, qualche mese più tardi, durante un
combattimento a fuoco fu lui ad esser centrato in pieno. Il colpo del
“Mauser” lo prese in piena fronte sull’elmetto, il proiettile penetrò
sotto il ferro e si depose innocuo lì, senza uccidere il partigiano che
in quel momento faceva la guida alle truppe americane nel corso
dell’ultimo attacco alla Linea Gotica. Quell’elmetto perforato ce l’ha
ancora in salotto in via Luigi Salvatori, gliel’ho chiesto, ma se l’è
voluto conservare tutto per sé. Il compito affidatogli da Pietro Del
Giudice non era quello di fare la guerra, bensì quello di manovrare la
teleferica della cava della Tacca Bianca che portava i rifornimenti ai
partigiani e trasportava anche sette uomini al sicuro del loro rifugio,
si chiamassero Renzo Mencaraglia, Lorenzo Bandelloni, Lalle Berti o
Aurelio Tonini. Quando il 27 giugno del ’44, dopo sei ore di duro
combattimento, i tedeschi riuscirono a prevalere, presentarono le armi
ai “ribelli” in segno di rispetto per avere difeso con onore le loro
postazioni. I partigiani dovettero ritirarsi, ma Pacifico Luisi
rimase sul posto con l’incarico di controllare il passaggio clandestino
dell’unico punto strategico dal quale si poteva ancora transitare, a
rischio di prevedibili sorprese, dalle due parti della Linea Gotica da
Azzano e Antona. Da quel momento l’Altissimo prese il nome di “Zona
Sciamino” perché era lui, con pochi uomini fidati, a fare da”spallone”
ed a condurre la gente, dalla zona alleata a quella tedesca e viceversa,
con i nazisti che avevano preso alloggio al palazzo Henraux, dopo aver
minato la strada delle Cervaiole e costretto tutti gli uomini
disponibili a lavorare alle dipendenze della Todt per costruire
camminamenti e trincee fino al colle di Grattaculo. Conoscitore di ogni
sentiero e di ogni sasso dell’Altissimo, alla fine del conflitto la sua
opera di ardito venne contraccambiata con un pezzo di carta dove il
comandante Pietro gli attestava di essersi “prodigato infaticabilmente
per accompagnare oltre le linee, ufficiali alleati, missioni di
comandanti patrioti, nonché di moltissimi profughi civili”. A lui bastò,
non avendo in cuor suo altro da chiedere, ma dal colonnello Pursall,
dell’Intelligence executive office, aveva in precedenza avuto un
lasciapassare che lo contraddistingueva: “This man, Luigi Pacifico, is
ok”, l’uomo cioè che sovrintendeva la zona del fronte come guida
ufficiale del III battaglione, 442fanteria, Apo 464, e che seguì
l’esercito alleato nell’operazione finale da Azzano a Genova. E con lui,
Pursall volle condurre l’ultimo attacco che l’8 aprile portò alla
definitiva liberazione di Montignoso e che a Carrara lo volle al suo
fianco nel corso della sfilata delle truppe americane e poi sul palco
quando, di fronte alla popolazione entusiasta, sentì il dovere di
proclamare: “Non è solo a me che dovete il merito della vostra
liberazione, ma anche a questo partigiano italiano, mister Sciamino,
look, look, l’uomo che prevede tutto!”. In un rapporto del dottor
Vinci Nicodemi, comandante partigiano, si tentò una statistica del
contributo dato da Pacifico Luisi: 1.996 passaggi clandestini solo nel
mese di febbraio 1945 con un massimo di 156 il giorno 26. Nella cifra
erano compresi 187 militari nazifascisti prigionieri o disertori. Fonti
americane allargarono il numero dei passaggi a oltre ottomila, più o
meno una media di 25 al giorno nell’arco di sette mesi. Lascio la
parola al protagonista che in “Versilia kaputt!” (1995) mi fece
scrivere: “Di solito la traversata durava tre ore ed avveniva in certi
punti che solo le capre avrebbero potuto superare. Mi giovai
naturalmente di un accordo voluto da Pietro tra tedeschi e partigiani in
modo da lavorare in una specie di zona franca. Facevo ormai comodo a
tutti, anche se dovevo seguire certe regole come quella di muovermi in
un solo sentiero da percorrere senza che nessuno avesse armi addosso. I
tedeschi furono inflessibili, ogni altro accesso era stato minato,
compreso quello che andava dal Pitone ai Goggini e foce Capraia e così
scelsi un nuovo sentiero. I tedeschi avevano finalmente ceduto. L’8
novembre del 1944 avevano infatti dovuto riconoscere il diritto di
belligeranza alle formazioni partigiane (grossa marcia indietro,
rispetto all’eccidio di Sant’Anna di tre mesi prima!) il rilascio di
ostaggi civili italiani in cambio di prigionieri nazifascisti, la
dichiarazione della sovranità territoriale delle comunità locali ormai
controllate dai patrioti, la facilitazione nell’approvvigionamento della
popolazione. Non sempre l’accordo venne rispettato, ma divenne un fatto
di eccezionale importanza che i tedeschi discutessero ormai alla pari
con gli uomini della Resistenza”.
Giorgio Giannelli (da Versilia Oggi, settembre 2001). Nella foto, Sciamino con il suo elmetto, qualche anno prima della scomparsa
Dok...o preferisci Luca....in tempo remoto...(qualche post fa )
ho scritto...che dalle ultime case...basse diroccate del bosco di
Campiglia si stacca un bel sentiero......per di piu' anche a suo tempo
segnato di rosso,che in parallelo si porta a sfiorare il ravaneto,poi
con andamento destroso aggira il ravaneto e ci passa sopra superandoo i
blocchi di marmo (posti all'inizio del ravaneto) e il sentiero meno
marcato ma molto visibile...si congiunge con il 188/bis in linea del
passo del Pitone/Massese (piu' o meno dove c'è il cavetto nel
canale).Abbiamo fatto anche sabato con Fabbri un sopraluogo..dal
laghetto delle trote di Antona(loc.Darola).Risalendo il torrente di
Antona e percorrendo il sentiero/mulattiera che usano anche per andare
nella falesia della Laguna,in prossimita'della falesia (dopo aver
attrversato il torrente Antona)ci siamo portati in direzione bosco di
campiglia. All'inizio abbiamo seguito tracce di sentiero che tagliava
tutti i terrazzamenti che sono stati costruiti nel bosco in tempi
remoti........e la certezza del sentiero....era la comferma che le
scope...sulla linea dello stesso,erano tagliate per passare.....siamo
riusciti ad arrivare..piu' o meno in linea con le ultime case diroccate
basse....non vicino....in quanto...il tempo a disposizione èra
limitato.Al ritorno in prossimita' del torrente Antona (dove lo avevamo
attraversato)abbiamo scoperto altra mulattiera (predominante un po' di
vegetazione ma percorribile)che va in direzione Antona altezza via dei
castagni (dove parte la via della liberta')anche questa ....percorsa
solo 10 minuti per mancanza di tempo........Si aspettava a darvi
notizie...di tutto cio' per completare meglio con altre uscite in
loco........(Comunque anche nella cartina dei sentieri il fosso
Campiglio (cosi è scritto)e il primo dopo il colle della
Bianchina..........NB= per il sentiero del ravaneto mi riferisco alla
foto della cava caprara. x Bergame=non so dove vedi il sentiero in
quella foto......ma volere e potere..x la cava in foto bianco/nero si
chiama Caprara o Granarola tutalpiu'...perche' se sbagliamo ora
noi...con i nomi figuriamoci gli altri dal 45..al 2012... x Marco
as..il sentiero 188/bis,non parte dalla tecchia come sostieni
tu,....ma....dalla ex tana del lupo (circolo motociclisti)con itinerario
pruneta-c.lle della bianchina-fosso di campiglio-campiglia-
focoraccia.....come riportato sulla cartina multigraphic-attualmente in
possesso di Fabbri..la foto dell'itinerario 188-bis è stata inviata
anche a Bergame Mi sa...che prima di trovare la via della liberta' diventiamo.....come Sciamino.....in foto..ha!ha!ha! Vi salutiamo tutti Fabbri/Pisanino...