Le eruzioni
 

 

Eruzione del giugno 1794.
L'eruzione fu preceduta da una discreta attività sismica: la sera del 15 giugno l'attività cominciò con vivaci esplosioni e fontane di lava. Si aprì uno squarcio lungo il fianco occidentale del Cono, lungo circa 1200 metri, e da quella fenditura, con bocche a quota tra 320 e 480 metri, venne emessa una colata lavica piuttosto veloce che si diresse verso Torre del Greco, ricoprendola quasi interamente. La lava proseguì il suo cammino inoltrandosi poi in mare per altri 400 metri. Il campanile della chiesa di S. Croce a Torre del Greco venne sepolto per metà dalla lava. Dopo l'eruzione, che fu caratterizzata anche da una fase esplosiva e dalla ricaduta di ceneri sul lato orientale, la cima del Gran Cono si abbassò di 121 m.

Eruzione dell'agosto-ottobre 1804.
Dopo un periodo caratterizzato da attività stromboliana, l'eruzione successiva si ebbe nel 1804, con una colata lavica che tracimò dal cratere centrale. L'eruzione fu preceduta da una diminuzione del livello dell'acqua di falda dei pozzi e da un sensibile sollevamento del suolo tra Ercolano e Torre Annunziata. La lava fluì per circa due mesi, dirigendosi verso i Camaldoli della Torre e verso Torre del Greco.

Eruzione del febbraio-agosto 1805.
Si trattò nuovamente di un'eruzione effusiva dal cratere centrale. Le lave scesero a Torre del Greco e raggiunsero il mare verso Villa Salerno.

Eruzione del maggio - giugno 1806.
Durante quest'eruzione si formò una maestosa nube di cenere al cratere, e una veloce colata si diresse nuovamente verso i Camaldoli della Torre.

Eruzione del settembre 1810.
Una colata lavica, originata da bocche eruttive alla base meridionale del Gran Cono fuoriuscì apportando danni alle coltivazioni verso Boscotrecase e verso Ercolano. Si registrò la caduta di cenere vulcanica ad Ottaviano.

Eruzione del gennaio 1812.
L'eruzione ebbe inizio con una forte fase esplosiva, caratterizzata da fontane di lava. Una veloce colata, originata da una frattura sul lato SE, si diresse verso Torre del Greco.

Eruzione del dicembre 1813.
Alcuni mesi prima furono osservati dei sollevamenti del suolo. L'eruzione cominciò con fragorose esplosioni al cratere e l'apertura di una frattura sul lato E da cui fuoriuscì una colata lavica che si diresse verso Boscotrecase.

Eruzione del dicembre 1817.
Eruzione effusiva con emissione di lave che si divisero in due rami, dei quali uno si diresse verso il Mauro, il bosco di Ottaviano, l'altro verso sud.

Eruzione dell'ottobre-novembre 1822.
E' stata l'eruzione più importante dell'800 e fu preceduta da distinti fenomeni precursori (abbassamento del livello dell'acqua dei pozzi, sismicità, ecc.). Furono emesse grandi quantità di ceneri da una colonna eruttiva alta più di 3000 metri. I prodotti dell'attività esplosiva ricaddero con elevati spessori a sudest del vulcano, nei paesi di Boscotrecase e Torre Annunziata. Anche Napoli fu interessata dalla deposizione di ceneri. Si aprirono delle fenditure sulle pareti del Gran Cono. Le lave che ne fuoriuscirono si riversarono verso Pugliano e Torre del Greco da un lato, e verso Boscotrecase, dall'altro. Durante l'eruzione si verificò il crollo del cratere, che portò ad un abbassamento del Gran Cono di circa 200 metri. L'eruzione si concluse con devastanti colate di fango.

Eruzione dell'agosto-settembre 1834.
Si aprì una fenditura sul fianco E del Gran Cono, con formazione di diverse bocche eruttive da cui fu emessa la lava. Il cammino della colata prese la direzione di Ottaviano e proseguì verso Poggiomarino, distruggendo il villaggio di Caposecchi. Quest'eruzione fu osservata e descritta da Leopoldo Pilla, geologo dell' epoca.

Eruzione del gennaio 1839.
Eruzione mista effusiva-esplosiva, di breve durata. Le lave tracimarono dal cratere e si riversarono nel Piano delle Ginestre. La fase esplosiva produsse un'abbondante ricaduta di cenere, con maggiori accumuli in direzione meridionale.

Eruzione del febbraio-marzo 1850.
Una relazione su questa eruzione fu scritta da Luigi Palmieri e Arcangelo Scacchi, due eminenti scienziati dell'epoca, il primo geofisico, il secondo mineralogista. Preceduta dall'abbassamento della falda freatica, l'eruzione cominciò con la formazione di una frattura sul lato settentrionale del Gran Cono. La lava fuoriuscì da diverse bocche eruttive e si incanalò nell'Atrio, piegando verso Ottaviano, dove portò la devastazione dei campi coltivati, e a Poggiomarino.

Eruzione del maggio 1855.
Prima di quest'eruzione si verificò un crollo del fondo craterico e la formazione di una voragine. Si formò una spaccatura sul lato settentrionale del Gran Cono, non lontana da quella dell'eruzione precedente. Sulla frattura si aprirono ben 11 bocche. La lava emessa si accumulò nell'Atrio del Cavallo, riversandosi poi, per la prima volta, nel Fosso della Vetrana, in direzione NW, e nel sottostante Fosso del Faraone, formando due cascate. La colata si divise in due rami, di cui uno si diresse verso Cercola, l'altro verso S. Giorgio a Cremano.

Eruzione del maggio 1858-aprile 1861.
Si aprirono due fenditure orizzontali alla base del Gran Cono, una verso il Piano delle Ginestre, l'altra nell'Atrio del Cavallo, tra 600 ed 800 metri di altezza. Lungo le fenditure si formarono diverse bocche eruttive da cui fuoriuscì la lava, che si accumulò nel Piano delle Ginestre e si riversò nel Fosso Grande, colmandolo. Le lave fuoriuscirono da1 maggio 1858 alla prima metà del 1861.

Eruzione del dicembre 1861.
In quest'anno si verificò un'eruzione eccentrica; una lunga frattura radiale si aprì dalla base del cono fino a Torre del Greco, giungendo fino al mare. Nel tratto superiore si formarono 9 bocche eruttive; a quote minori prevalsero le fumarole e le mofete, che si formarono anche in mare. Alle bocche si ebbe attività stromboliana e la fuoriuscita di una colata lavica che, dopo aver attraversato campi coltivati, si arrestò alle porte Torre del Greco. L'eruzione fu preceduta da intensi fenomeni precursori, come terremoti, vistose deformazioni del suolo, ecc. Curiosamente, prima dell'eruzione, il livello dell'acqua dei pozzi nella zona di Torre del Greco aumentò, e non si abbassò; molte sorgenti divennero termali (temperatura = 38°C) ed elevato fu il flusso di anidride carbonica proveniente dal suolo. Le deformazioni del suolo e la nuova frattura formata provocarono numerosi danni e crolli di edifici a Torre del Greco.

Eruzione del 1868.
Eruzione effusiva con colata di lava originata da una fenditura sul lato NW del Cono. La lava seguì il percorso delle lave del 1855, dirigendosi verso S. Sebastiano e dilagando nella zona delle "Novelle", presso S. Vito ad Ercolano, con gravi danni alle colture ivi esistenti.

Eruzione dell'aprile-maggio 1872.
L'eruzione fu preceduta, nei mesi ed anni precedenti, da un'intensa attività effusiva ed esplosiva. La notte de1 24 aprile il Cono appariva rischiarato da molte colate, che risplendevano nella notte e attirarono visitatori e curiosi. L'attività sismica era elevata. La notte successiva, improvvisa, si aprì una lunga frattura sul fianco NW del Vesuvio, da cui immediatamente fuoriuscì lava in grandi quantità, che si accumulò nell'Atrio del Cavallo. Da lì si divise in due ramificazioni, una diretta verso Massa di Somma e S. Sebastiano, l'altra verso ovest, minacciando Torre del Greco. Poco dopo si sviluppò al cratere principale una elevata colonna eruttiva che provocò una forte ricaduta di ceneri vulcaniche.

Eruzione del giugno 1891 - febbraio 1894: Colle Margherita.
Il 7 Giugno 1891, da una frattura lungo il versante nord del Cono, venne emessa una colata di lava a corde, che si accumulò presso il punto di emissione. La fuoriuscita di lava proseguì, lentamente, fino al 1894, portando alla formazione di una cupola lavica, nell'Atrio del Cavallo, alta più di 100 metri.

Eruzione del 1895-1899: formazione del Colle Umberto I.
Anche l'eruzione del Colle Umberto, un'altra cupola lavica formata per accumulo di lave in corrispondenza della bocca di emissione, ebbe origine da una frattura, situata sul fianco NW del Gran Cono. Si formarono delle bocche a diverse altezze (1180-1110-900-750 m s.l.m.). Il flusso lavico fu lento e poco fluido, durò fino al 1899 e provocò la formazione di un piccolo rilievo, che fu dedicato al Re Umberto I. Il Colle Umberto, interposto tra il Gran Cono e l'Osservatorio Vesuviano, costituì quindi da allora un baluardo di protezione per l'edificio dell'Osservatorio dalle colate laviche delle eruzioni successive.

Eruzione dell'aprile 1906.
Qualche mese prima dell'eruzione del 1906 il Vesuvio aveva raggiunto l'altezza di 1335 m, la voragine craterica era stata colmata e le dimensioni del conetto intracraterico lo facevano apparire tutt'uno con il Gran Cono. Quella del 1906 è stata l'eruzione a maggiore energia di questo secolo. L'evento fu preceduto da esplosioni al cratere. Ebbe inizio con la formazione di una frattura radiale sul lato SE del Cono, da circa 1200 m a 800 m di quota. Da questa frattura venne emessa una imponente colata che si diresse verso sud, mentre, contemporaneamente, al cratere si ebbe un'intensa attività esplosiva, con ricaduta di ceneri sul territorio circostante, Napoli compresa, dove provocò il crollo della tettoia del mercato di Monteoliveto e la morte di 11 persone. Il 6 aprile si formò una nuova bocca, più ad est. La grande quantità di lave emesse si riversò in direzione di Boscotrecase e Torre Annunziata, apportando notevoli danni. Il giorno successivo, da un'altra frattura ubicata ad est della bocca del 6, fuoriuscì una nuova colata che si diresse verso Terzigno. L'8 aprile invece fu l'attività esplosiva al cratere a subire un notevole incremento. Scorie e litici vennero eruttati con esplosioni direzionate verso NE, andando a colpire principalmente i paesi di Ottaviano e S. Giuseppe Vesuviano, e ricoprendoli con un deposito dello spessore di circa un metro. Molti tetti crollarono, compreso quello della chiesa di S. Giuseppe, dove persero la vita 105 persone. Lo stesso giorno si formò al cratere una colossale colonna eruttiva, alta 13 km, costituita prevalentemente da gas, insieme a ceneri, lapilli e litici, la cui fuoriuscita fu accompagnata da esplosioni e forti scariche elettriche. Nei giorni successivi l'attività andò man mano diminuendo e continuò a cadere una sottile cenere, prima rossastra, poi biancastra. Nei mesi e negli anni successivi molta della cenere vulcanica depositata sui fianchi del vulcano venne mobilizzata dall'acqua piovana, dando luogo ad alluvioni, che furono particolarmente rovinose dopo i temporali del maggio e giugno dello stesso anno. I paesi più colpiti furono ancora Ottaviano e S. Giuseppe. Anche la funicolare del Vesuvio fu distrutta. In seguito all'eruzione il cono subì notevoli modificazioni: la cima si abbassò di più di 200 metri e la profondità del cratere raggiunse i 600 metri.

Eruzione del giugno 1929.
Nei giorni immediatamente precedenti questa eruzione si manifestò un'intensa attività sismica ed esplosiva. La lava emessa dal conetto intracraterico tracimò dal lato orientale del cratere, riversandosi verso la Valle dell'Inferno. La colata si diresse verso Terzigno, dividendosi in due rami, uno dei quali oltrepassò Terzigno ed arrivò a distruggere parte dei paesi di Pagani ed Avini. Durante l'eruzione si verificarono alcune fontane di lava al cratere i cui prodotti andarono ad aggiungersi alle colate esistenti. Alla fine dell'eruzione, quando ormai la fuoriuscita di lava era cessata, continuarono ad essere registrate esplosioni ed intense scosse sismiche.

Eruzione del marzo-aprile 1944.
Dopo l'eruzione de1 1929, l'attività stromboliana al cratere proseguì, portando alla formazione di un conetto di scorie che raggiunse l'altezza di ben 100 metri al di sopra della piattaforma craterica, prima dell'eruzione del 1944. Secondo il prof. Imbò, allora direttore dell'Osservatorio Vesuviano, la notte del 18 marzo si verificò il crollo del conetto, e per tutta la giornata successiva si ebbe una stasi dell'attività esplosiva.

Ma alle 16. 30 l'esplosività riprese, il magma risalì attraverso il condotto e si riversò all'esterno formando due colate che si diressero a nord e a sud; alcune sottili digitazioni si fermarono sulla parte alta del Gran Cono, verso W. La colata diretta a N era costituita da lava piuttosto fluida, che si accumulò nell'Atrio del Cavallo e nei giorni successivi deviò la sua direzione verso NW, quindi verso S. Sebastiano, scorrendo lungo il Fosso della Vetrana.

La velocità misurata fu di 10 m/ora nella sera del giorno 18. La lava raggiunse gli abitati di S. Sebastiano e Massa di Somma il giorno 21 marzo, scorrendo con velocità da 50 a 100 m/h e proseguì verso Cercola. Il giorno 22 marzo cessò l'alimentazione e la colata si fermò, a 1200 m circa da Cercola. La colata meridionale avanzò velocemente lungo il fianco del Gran Cono, diramandosi poi in varie digitazioni e fermandosi il giorno 22. Dal 21 marzo l'esplosività delle manifestazioni al cratere crebbe, e alle 17.15 si verificò una prima fontana di lava che si innalzò per almeno due chilometri di altezza. I prodotti ricaddero in direzione E-SE verso Angri e Pagani.

La prima fontana fu seguita da altre sette, con intervalli da 30 minuti a 3 ore l'una dall'altra. L'ultima fontana di lava ebbe una durata eccezionale, di circa 5 ore, e terminò alle 12. 30 del 22 marzo. L'accumulo delle scorie sui fianchi del vulcano e la loro mobilizzazione provocò la formazione di "pseudocolate". Il 22 marzo, dalle 12 alle 13, si verificarono delle emissioni di ceneri scure.

Queste ceneri erano in parte non juvenili, provenienti cioè non da magma fresco, ma dalla frammentazione di rocce già solidificate della zona craterica. Durante questa fase si formarono colonne eruttive dell'altezza di circa 5 km, dette "a cavolfiore" per la forma assunta, seguite poi dall'emissione di nubi "cipressoidi", a forma allungata. Da queste colonne eruttive si separarono piccoli flussi di materiale piroclastico ("nubi ardenti in miniatura") sui fianchi del cono. La fase esplosiva continuò fino alla mattina del 23 marzo. L'eruzione proseguì nei giorni successivi in maniera meno violenta. Si formarono nubi di cenere biancastre, che ammantarono come neve il Gran Cono. Queste manifestazioni furono accompagnate da una notevole attività sismica, tale da conferire a questa fase il nome di fase SISMO-ESPLOSIVA, anche se forti terremoti furono registrati anche durante le fasi precedenti. Questi fenomeni si arrestarono il giorno 26. Durante la fase finale dell'eruzione, che cominciò dal giorno 27, si ebbero continue frane all'interno del cratere, che portarono alla definitiva ostruzione del condotto. Il giorno 7 aprile l'eruzione si concluse. L'area che subì i maggiori danneggiamenti fu quella a E-SE del vulcano, mentre Napoli fu risparmiata dalla ricaduta del materiale piroclastico per la presenza di forti venti provenienti da E e N.