N.  31393/01             R.G. N.R.

N.  4766/03               R.G. GIP

Sentenza n.

Del  3-5-05

depositata il 4.7.2005

 

 

TRIBUNALE ORDINARIO DI TORINO

Sezione

dei giudici per  le indagini preliminari  e dell’udienza preliminare

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

Il Presidente Aggiunto

Francesco Gianfrotta

ha pronunciato la seguente

 

S E N T E N Z A

ai sensi dell’art. 442 c.p.p.

 

nella causa penale contro

 

1) GOTTO FERRUCCIO nato a Villar Focchiardo (TO) il 13.5.1948, elett. dom. ex art. 161 c.p..p. a Torino in via Monte di Pietà n. 1 presso lo studio degli Avv. Andrea e Michele Galasso; libero presente;

 

2) PORTAS GIANFRANCO nato a Iglesias (CA) Il 23.9.1948, elett. dom. ex art. 161 c.p.p. a Torino in via Monte di Pietà n. 1 presso lo studio dell’Avv. Michele Galasso; libero presente;

 

3) STROCCHI FRANCO nato a Torino il 3.5.1935, elett. dom. ex art. 161 c.p.p. a Torino in via Monte di Pietà n. 1 presso lo studio degli Avv. Andrea e Michele Galasso; libero già presente;

 

difesi di fiducia:

il Gotto e lo Strocchi, dagli Avv. Andrea e Michele Galasso;

il Portas, dagli Avv. Michele Galasso e Maurizio Bortolotto;

tutti del Foro di Torino;

 

imputati

per i seguenti reati:

 

a) reato di cui agli artt. 110, 81 cpv., 572 c.p. perché, in concorso tra loro e nelle loro rispettive qualità Gotto Luigi di Amministratore Unico e legale rappresentante nonché datore di lavoro, Portas di Responsabile di Stabilimento, Strocchi di socio e di Dirigente della AG Industrie S.r.l., maltrattavano i dipendenti MOSCA UMBERTO, CAMASSA CIRO, PANACIULLI LUIGI, OGNIBENE CARMELO, PARIGI GIANLUIGI, PALLADINO LUIGI, DI MARTINO ANTONIO, D’AMICO SALVINO, ALBADORO ANTONIO, CONTORNO OTTAVIO, GIANGRANDE GIOVANNI, STILO EMANUELE, ROVELLI SALVATORE, ERARIO ROCCO, VIRZI’ MARIO, BONO ALESSANDRO, BRATTOLI MICHELE, GUIDI MAURIZIO, FERRARA BRUNO, GRANDE CAROLINA – sottoposti alla loro autorità per l’esercizio della professione - in quanto adottavano, o comunque non impedivano che venissero adottati, nei confronti di questi ultimi comportamenti ostili, umilianti, ridicolizzanti e lesivi della dignità personale e in particolare:

- insultando, denigrando, offendendo, rimproverando in continuazione, umiliando e minacciando i dipendenti in caso di errori nell’esecuzione del lavoro, di mancata accondiscendenza agli ordini, alle imposizioni  e alle angherie ovvero in caso di assenza dal lavoro per malattia;

- adottando rappresaglie, declassando, trasferendo e isolando i dipendenti che osavano prendere le difese dei colleghi di lavoro;

- adibendo in modo pretestuoso i dipendenti a mansioni nuove o comunque diverse dalle proprie ovvero chiedendo tempi di esecuzione impossibili in modo da poterli minacciare, riprendere e  insultare pubblicamente per gli errori commessi;

- imponendo ai dipendenti, senza alcuna necessità di produzione, turni lavorativi in modo tale da ostacolare necessità e obblighi della vita privata;

- adibendo a lavori pesanti e comunque estranei alle proprie mansioni i dipendenti con problemi fisici e addirittura con invalidità civile (quali i dipendenti D’Amico invalido al 74% costretto a effettuare lavori pesanti quali lo smontaggio di stampi o la verniciatura delle pareti del fabbricato in cui ha sede la società e Albadoro invalido al 46% affetto da lombosciatalgia persistente con cervicodorsalgia e tuttavia adibito a mansioni comportanti sollecitazioni statiche o dinamiche del rachide);  

- sottoponendo a mansioni di tipo punitivo (quali effettuare pulizie di macchine o locali di lavoro per giorni e anche settimane ovvero verniciare pareti o recinzioni) i dipendenti che erano stati assenti dal lavoro per malattia o che osavano prendere le difese dei colleghi o che non sopportavano passivamente le offese, minacce e angherie;

- effettuando ripetuti controlli, impedendo ai dipendenti di parlare tra loro, impedendo ad alcuni lavoratori di effettuare le pause e ad altri di effettuarle insieme, cronometrando il tempo che i dipendenti impiegavano per espletare i propri bisogni fisiologici, impedendo ai dipendenti di ricevere chiamate telefoniche dall’esterno.

In Nichelino (TO) dal 1998 a tutt’oggi. 

*****

Con l’intervento delle parti civili:

Albadoro Antonio, Rovelli Salvatore e Camassa Ciro, costituitisi nei confronti di tutti gli imputati, rappresentati ed assistiti dall’Avv. Laura D’Amico del Foro di Torino;

Ferrara Bruno, costituitosi nei confronti di tutti gli imputati, rappresentato e difeso dall’Avv. Silvano Rissio del Foro di Torino.

 

*****

Conclusioni delle parti

Il PM chiedeva dichiararsi la colpevolezza degli imputati e condannarsi lo Strocchi ed il Portas alla pena di anni 1 e mesi 3 di reclusione, il Gotto alla pena di anni 1 di reclusione, concedendosi a tutti il beneficio della sospensione condizionale della pena.

L’Avv. D’Amico (per le pp.cc. Albadoro, Rovelli e Camassa) chiedeva: condannarsi gli imputati alle pene di legge, in quanto colpevoli del reato loro ascritto,  nonché –in solido tra loro- al risarcimento di tutti i danni, patrimoniali e non patrimoniali, derivanti alle stesse dai fatti contestati, danni da liquidarsi in separato giudizio; assegnarsi a titolo di provvisionale, immediatamente esecutiva, la somma di € 10.000,00= in favore di ciascuna di esse, da porsi a carico degli imputati in solido tra loro, o altra somma ritenuta equa; subordinarsi l’eventuale sospensione condizionale della pena al pagamento di quanto stabilito in favore delle pp.cc. Depositava, inoltre, nota spese per complessivi € 8.699,44, oltre IVA e CPA.

L’Avv. Rissio (per la p.c. Ferrara) chiedeva: condannarsi gli imputati alle pene di legge, in quanto colpevoli del reato loro ascritto, nonché –in solido tra loro- al risarcimento di tutti i danni, patrimoniali e non patrimoniali, derivanti alla p.c. dai fatti contestati, danni da liquidarsi in separato giudizio; assegnarsi a titolo di provvisionale, immediatamente esecutiva, la somma di € 10.000,00= in favore di essa, o altra somma ritenuta equa; subordinarsi l’eventuale sospensione condizionale della pena al pagamento di quanto stabilito in favore delle pp.cc. Depositava, inoltre, nota spese per complessivi € 3241,13, oltre IVA e CPA.

Le difese chiedevano assolversi gli imputati con la formula perché il fatto non sussiste, oppure il fatto non costituisce reato per mancanza dell’elemento soggettivo.

 

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

 

1- Svolgimento del processo.

 

Il presente procedimento trae origine dall’esposto datato 5-10-2000 e indirizzato alla locale Procura della Repubblica, all’ASL 8 di Nichelino, all’Ispettorato del lavoro di Torino ed alla CGIL di Torino  da certo Umberto Mosca, dipendente di AG Industrie srl, impresa metalmeccanica avente sede in  Nichelino.

Il lavoratore affermava testualmente[1]:

 

Nella Ditta in cui lavoro,…non si può più vivere. Soprattutto, da quando è arrivato il sig. PORTAS, Direttore dei Vari Reparti, INTIMIDAZIONI, RICATTI, MINACCE e OFFESE, sono all’ordine del giorno”.

 

Con riferimento alle -propria ed altrui- condizioni lavorative, l’esponente precisava:

 

Personalmente, da mesi, devo fare lo spazzino il manovale e i lavori più umili, pur avendo anzianità dal 1972 e Qualifica <<INTERMEDIO 5° LIV>> con inquadramento da IMPIEGATO dal 1979. C’è gente come: GARIGLIO, CAMASSA, GUIDI  e altri che sono <<Scappati>> DISPERATI, e altri come: BALINZO-D’AMICO-CONTORNO-VIRZI-OGNIBENE-STILO-ROVELLI-PANACCIULLI e altri che come ME sono ancora qui a subire le ANGHERIE,VENDETTE e RITORSIONI dal sig. PORTAS, definito dall’ING. STROCCHI:<<A MIA IMMAGINE E SOMIGLIANZA>>!

 

Le ulteriori notizie contenute nell’esposto erano nel senso di operai che, nonostante l’esperienza e la non giovane età, sarebbero scoppiati a piangere (Ognibene), oppure che –al rientro da un breve periodo di congedo per malattia- “per punizione” sarebbero stati messi a fare le pulizie nei reparti per una settimana (Stilo e Bono), oppure ancora che, per avere rotto un pezzo durante il lavoro, sarebbero stati puniti con due giorni di sospensione dal lavoro, per di più non continuativi (Balinzo), oppure che sarebbero stati cercati a casa dal Portas mentre erano seriamente ammalati, e in tal modo indotti a riprendere il lavoro (Giangrande).

Problematiche, stando all’esposto, sarebbero state anche le relazioni sindacali. Il delegato Luigi Parigi, infatti,

 

…da quando si è << tolto>> viene lasciato in pace”.

 

Principale artefice del “clima”  determinatosi nella ditta sarebbe stato il Portas, solito “GRIDARE, MINACCIARE E SOPRATTUTTO UMILIARE”, al punto da indurre i dipendenti a subire tutto ciò, per “paura di VENDETTE  e RITORSIONI”, salvi i pochi che avrebbero svolto “una montagna di ore” di lavoro, anche nei giorni prefestivi e festivi, grazie al fatto di essere persone delle quali egli non poteva fare a meno, oppure che genericamente gli andavano bene. L’esponente concludeva dichiarando di essere personalmente stanco di tale situazione, di poter lavorare ancora per un anno prima della pensione, ma di ritenere quel lasso di tempo “un’eternità  essendo “sull’orlo dell’esaurimento nervoso” ed essendo costretto a “fare Mutua per depressione e stress”, di avere incubi notturni, di essere dimagrito di 15 Kg in un anno e mezzo, di soffrire, di notte, di “blocchi allo stomaco” che lo costringevano a stare piegato per alcune ore. Chiedeva, pertanto, alle autorità competenti di indagare.

All’esposto faceva seguito la formale richiesta di indagare, avanzata dalla struttura territoriale della FIOM-CGIL  all’Ispettorato del lavoro di Torino ed alla ASL territorialmente competente per il luogo in cui si sarebbero svolti i fatti. Per parte sua, la predetta organizzazione sindacale si diceva al corrente del “clima” aziendale, tale da avere impedito il formarsi di una rappresentanza sindacale; confermava, sulla base di quanto a sua conoscenza, che la retribuzione dello straordinario non era conforme alle regole vigenti e che i lavoratori assenti per malattia subivano  pressioni volte a farli  recare al lavoro.

Il PM delegava le indagini volte a verificare l’insieme delle circostanze di cui alla notizia di reato contenuta nell’esposto agli Ufficiali di PG che prestavano servizio presso la ASL di Nichelino[2].

Quest’ultima riferiva con annotazione di PG del 5-3-01, contenente: verbale di sopraluogo presso la ditta AG Industrie sita in via Goito 32, Nichelino; verbale di acquisizione, su richiesta, di documentazione; rilievi fotografici effettuati presso i locali della ditta; verbale di ispezione e provvedimento di prescrizione; numerosi verbali di sommarie informazioni testimoniali rese da altrettanti dipendenti della predetta ditta. In particolare, si evidenziava che il sopraluogo aveva fatto emergere plurime violazioni di norme anti-infortunistiche, il cui accertamento aveva dato luogo all’emissione del citato provvedimento di prescrizione (cfr. fasc. A, vol. 1); si acquisiva documentazione concernente i rapporti della ditta con alcuni dipendenti affetti da patologie a conoscenza della ditta medesima e, in un caso, destinatari di provvedimenti disciplinari (cfr. fasc. A e E, vol. cit.); si interrogavano i dipendenti su quanto a loro conoscenza in merito alle circostanze segnalate, in termini generici e specifici, dal loro collega Umberto Mosca (cfr. fasc. C).

Emergeva, tra i fatti segnalati dai dipendenti, che uno di loro, certo Emanuele Stilo, sarebbe stato costretto a sottoscrivere una lettera di dimissioni priva di data, con la minaccia consistita nella perdita del posto di lavoro se si fosse assentato per malattia o permesso. Il predetto “filone” di indagini veniva coltivato dal PM disponendo una perquisizione domiciliare dell’indagato –in ordine al reato di estorsione- Franco Strocchi, la quale consentiva il sequestro, tra l’altro, della lettera di licenziamento manoscritta a firma dello Stilo (cfr. fasc. D, vol. cit.), che era oggetto di consulenza grafica, volta a stabilire la provenienza dalla mano del predetto lavoratore della  “scrittura di compilazione e…della lettera di licenziamento” citata (cfr. fasc. H, vol. cit.).

Depositati gli atti ex art. 415 bis cpp, su richiesta della difesa, il PM interrogava i tre indagati, ai quali veniva contestato il reato di maltrattamenti (cfr. fasc. P-O-N). Del contenuto dei loro interrogatori, al pari che di quello delle informazioni testimoniali sopra citate, si dirà nel prosieguo. Successivamente, la difesa produceva documentazione, allegata ad una memoria.

All’esito, il PM richiedeva l’archiviazione sia quanto al reato di maltrattamenti, che quanto al reato di estorsione (in danno del solo Stilo).

Il Gip, fissata l’udienza camerale ex art. 409 cpp, accoglieva  la richiesta solo in relazione al reato di estorsione, mentre ordinava al PM di formulare l’imputazione quanto al delitto di maltrattamenti. Il PM provvedeva in conformità, chiedendo il rinvio a giudizio degli odierni imputati in ordine al reato di cui all’epigrafe.

All’udienza preliminare, si costituivano parti civili i dipendenti Antonio Albadoro, Salvatore Rovelli, Ciro Camassa e Bruno Ferrara. Le opposizioni alle costituzioni avanzate dalle difese degli imputati venivano decise con l’ordinanza allegata al verbale dell’udienza del 28-10-04 (cfr. fasc. verbali di udienza, in vol. 2).

Su richiesta degli imputati, si disponeva procedersi a giudizio abbreviato.

La richiesta del PM, di acquisire i verbali di atti di indagine compiuti dopo che, nella precedente udienza, era stato disposto procedersi con il citato rito alternativo, oltre che di acquisire documenti concernenti la situazione del personale alle dipendenze della AG Industrie, veniva respinta con l’ordinanza allegata al verbale dell’udienza in data 2-12-04 (cfr. fasc. e vol. cit.).

Peraltro, con la stessa ordinanza, si disponeva, ex art. 441.5 cpp, l’integrazione del materiale probatorio, mediante l’acquisizione della documentazione sopra specificata, oltre che l’assunzione delle testimonianze delle parti civili Albadoro, Rovelli e Camassa, oltre che di Carmelo Ognibene (dipendente della ditta citata), Luigi Strocchi (socio di uno degli imputati) e Michela Burdino (dipendente di ditta incaricata dalla AG Industrie di conteggiare le retribuzioni dei dipendenti e, come tale, informata dei mutamenti intervenuti nel personale della AG Industrie). A tali incombenti si provvedeva nelle udienze del 10-12-04 e 14-1-05 (cfr. i verbali delle udienze citate, oltre che  le trascrizioni delle registrazioni, disposte a partire dall’udienza del 14-1-05).

Ulteriori richieste di integrazione probatoria avanzate dalle parti venivano decise con l’ordinanza in data 21-2-05 (cfr. fascicolo atti vari, in vol. 2). Si procedeva, pertanto, agli interrogatori degli imputati (cfr. verbale di udienza dell’1-3-05, in fasc. e vol. cit.) ed all’acquisizione di altra documentazione  prodotta dalle loro difese (cfr. fascicolo atti vari cit.).

La discussione si svolgeva alle udienze del 4-4 e 21-4-05. All’udienza del 3-5-05, dopo le repliche del PM, della difesa della parte civile Ferrara e delle difese degli imputati, una delle quali depositava anche note scritte, veniva emessa la presente sentenza, con lettura del dispositivo.

2- Alcune notizie e circostanze di rilievo preliminare. In particolare: da AG International ad AG Industrie;  i contenuti e  le difficili prospettive di un progetto imprenditoriale.

 E’ opportuno che la disamina delle risultanze processuali direttamente attinenti all’imputazione contestata sia preceduta dalla ricostruzione di alcune vicende aziendali, da ritenersi provate (quando non pacifiche), in quanto risultanti dalle indagini svolte, oltre che  dalle dichiarazioni di testimoni e/o imputati, e comunque importanti perché concorrono a delineare il contesto entro il quale vanno collocati i fatti per cui è processo.

AG Industrie era all’epoca dei fatti ed è tuttora una srl[3]. Le sue  quote erano, in maggioranza, di proprietà  della famiglia di uno degli imputati, e cioè della famiglia Strocchi. Amministratore unico, oltre che socio di minoranza, era Ferruccio Gotto, incaricato della “gestione tecnica”. Gianfranco Portas era “direttore di produzione” e si occupava “della gestione del reparto produttivo e…anche degli acquisti”.

In particolare, le ragioni della nascita  di AG Industrie sono state con chiarezza illustrate dallo Strocchi, dichiaratosi socio della stessa dal 1998, anno della sua costituzione[4]:

 

ADR: La società venne acquistata dalla Breed una società americana che intendeva dismettere un ramo dell’azienda.

ADR: Il numero  dei nostri dipendenti ad oggi è di circa 50 persone. L’attività della società è la costruzione di stampi da utilizzare poi nell’industria automobilistica al 99%.

ADR:La mia quota sociale si aggira intorno al 17%…la mia occupazione principale riguarda la gestione e direzione del gruppo Strocchi e precisamente il mio ufficio si trova a Rivoli in Corso Francia n. 221/K presso la COMEC di cui sono amministratore delegato e che rappresenta in qualche modo la società capo-gruppo di tutte le altre società anche se non vi sono collegamenti diretti.

ADR: L’acquisto della AG Industrie è stato dettato da un lato dalla necessità della Breed nostra cliente di liberarsi di quel settore e per noi dalla opportunità di aumentare la capacità della nostra produzione. Nel contratto di acquisizione della società dalla Breed quest’ultima si impegnava a garantirci lavoro per un fatturato di 32 miliardi di lire in tre anni legato alla qualità del prodotto e fu anche per questo che la proposta destò il nostro interesse…Preciso che la Breed ci prospettò in alternativa alla vendita a noi la chiusura della azienda”.

 

Più analitiche e circostanziate le dichiarazioni rese, sul punto, dall’imputato nel corso del giudizio abbreviato[5]:

 

Voglio fare una premessa... un riferimento pregresso, dato che ho letto da qualche parte che qualcuno ha insinuato una cosa di questo genere, mio padre 50 anni fa era stato socio di AGHEMO che era il fondatore della A.G. Industrie e poi di altre attività. A.G. significa... sono le due lettere iniziali di AGHEMO.

          Mio padre ha avuto questa società insieme ad AGHEMO nel ‘49, ‘50/51, più o meno in quell’epoca lì, poi si sono lasciati di comune accordo, io ho mantenuto con AGHEMO un bel rapporto ed è andato avanti negli anni lui per la sua strada e noi per la nostra.

          Ho fatto questa premessa perché qualcuno ha detto che c’erano degli strani intrallazzi e una certa volontà da parte nostra di comprare quest’azienda per poi distruggerla per motivi personali, per vendetta o che so io.

          Allora, questa qui è una premessa che serve per inquadrare il mio iniziale interessamento alla A.G..

          L’A.G. apparteneva alla BREED, la BREED era un’impresa che costruiva come business core...

GIP: se non erro allora si chiamava A.G. International.

STROCCHI: si chiamava A.G. International.

          Allora, l’A.G. International mi è stata offerta dalla direzione dell’allora GALLINO che poi è diventata BREED perché qui c’è una successione di passaggi.

GIP: sì, certo, certo.

STROCCHI: quest’azienda è stata offerta a noi intorno alla primavera del 1998, mi pare, o ‘97... ‘97.

          Fatto sta che la richiesta che ci hanno fatto è stata esagerata e noi abbiamo rinunciato a partecipare a questa operazione.

          Successivamente, loro hanno interpellato tutti i fabbricanti di stampi della città, da questi hanno ricevuto da tutti un diniego, cioè nessuno ha voluto partecipare a fare quest’affare con loro.

          Sono ritornati da noi facendo delle offerte tutte diverse da quelle che erano state le richieste iniziali, cioè ci hanno offerto l’azienda ad un prezzo da pagare ratealmente, ci hanno offerto l’azienda con un carico di lavoro di 32 miliardi per i prossimi tre anni.

          A questo punto, noi siamo stati molto interessati ad acquisire quest’azienda perché aveva un duplice vantaggio: il primo era quello di poter fare degli stampi, forse di dimensione maggiori di quelle che erano le nostre precedenti capacità e di acquisire dal mercato più ordini e la possibilità di sviluppare dei progetti interni, cosa che invece prima eravamo limitati a fare uno o al massimo due progetti di... parlo di progetti intesi come lo sviluppo di una vettura intera.

          Allora, questo dava a noi la possibilità di offrire al mercato un servizio diverso. Sapevamo che quest’azienda per 10 anni non aveva più avuto una guida, cioè in pratica era stata abbandonata a sé stessa, tant’è vero che la maggior parte degli stampi che venivano fabbricati in quest’azienda, nell’A.G. International non funzionavano quando venivano messi in produzione e venivano dati al nostro gruppo per la messa a punto, per rimetterli in ordine, per fare in modo che funzionassero, questo con la vecchia proprietà.

GIP: sì.

STROCCHI: allora, a un certo punto, la vecchia proprietà, non avendo la possibilità né di gestire quest’azienda, perché richiedeva delle nuove capacità, delle nuove capacità imprenditoriali e soprattutto richiedeva delle nuove tecnologie, loro non avevano la possibilità di farlo e l’hanno messa sul mercato.

          Siamo arrivati poi noi, dopo le vicissitudini di cui ho parlato, e abbiamo deciso di acquisire quest’azienda, sapendo in partenza che: primo, quest’azienda aveva delle maestranze valide, perché AGHEMO, 10 anni prima, 15 anni prima, era riuscito ad impiantare per la prima volta in tutta Italia, su quell’azienda aveva impiantato il controllo numerico, quindi la base dei personaggi, la base di cultura delle persone che lavoravano in quell’azienda esisteva, esisteva molto a monte.

          Quindi abbiamo pensato: è vero, oggi sono lasciati allo sbando, oggi non si sono evoluti tecnologicamente, però la base delle persone deve esistere, quindi secondo noi, e questa è stata la nostra... l’incentivo che abbiamo avuto, era stato quello di dire: cerchiamo di portarli anche loro al livello di quelli che attualmente noi abbiamo e sicuramente riusciremo a fare un qualcosa di utile per noi e per loro.

Questo è stato un po’ lo spirito con cui abbiamo affrontato quest’avventura”.

 

Identiche le notizie forite dal Gotto circa la nascita di AG Industrie. Fin da allora (1998) egli ne fu l’amministratore unico, con competenze specifiche nella “parte tecnica”, vale a dire nell’occuparsi della “realizzazione complessiva dell’ordine” ricevuto dai vari clienti[6].

Gianfranco Portas fu dipendente di AG Industrie “dal febbraio 1999 al 15.10.2002”, con inquadramento, dapprima, da impiegato, poi da dirigente, ma sempre svolgendo “funzioni di capo officina” e perciò avendo il compito di “seguire l’andamento del lavoro dal punto di vista tecnico nell’ambito dell’officina[7].

Le circostanze di cui sopra ed altre strettamente connesse, attinenti la nascita di AG Industrie e i suoi successivi rapporti con la Breed, risultano anche documentalmente provate.  E invero, alla memoria depositata nella fase delle indagini preliminari dai difensori Avv. Andrea e Michele Galasso[8], sono allegati i seguenti documenti:

   a)  copia della scrittura privata in data 30-4-98, intercorsa tra Gallino Plasturgia srl e AG International srl, da una parte, e AG Industrie srl, dall’altra. In essa si dà atto che: nella stessa data, AG Industrie ha acquistato “l’azienda sita in Nichelino, Via Goito n. 32, dalla AG INTERNATIONAL; AG International e Gallino Plasturgia srl fanno parte del Gruppo Breed, in quanto “entrambe controllate dalla Breed European Holding Ltd, con sede in Inghilterra”; “GALLINO ha interesse ad assicurare la continuità del rapporto di forniture con AG INDUSTRIE quale cessionaria dell’azienda con cui GALLINO  intratteneva intensi rapporti commerciali”; la medesima Gallino, informata della cessione di cui sopra, il cui prezzo era stato “definito nella misura concordata anche sul presupposto dell’impegno che GALLINO intende assumere con il presente contratto”, intendendo collaborare con AG Industrie “per la fornitura di stampi e per la assistenza tecnica alla realizzazione delle modifiche e delle manutenzioni degli stessi”, si impegnava “irrevocabilmente,…, a garantire ad AG INDUSTRIE o ad altre società del GRUPPO STROCCHI,…quantitativi minimi di ordini”, sia di stampi che di servizi di manutenzione, alle condizioni e nelle misure specificate nella scrittura privata medesima;

    b) copia di documento di verifica effettuata, su carta intestata alla Breed Italian Interiors srl, dalle parti interessate, congiuntamente, in data 20-4-99, presenti, tra gli altri, gli imputati Strocchi e Gotto, dal quale risulta la descrizione analitica delle “anomalie rilevate nelle ultime fasi di prova stampi paraurti 188”, in epoca compresa tra il 10-3- ed il 14-4-99;

    c) copia di lettera raccomandata inviata dal Direttore Generale di Breed Italian Interiors srl, in data 27-4-99 alla AG Industrie. In essa si fa riferimento alle “numerose riunioni informali”, e in particolare all’incontro del 20-4-99 e si afferma che la società scrivente[9]non può ritenersi completamente soddisfatta…in special modo per gli aspetti qualitativi sui prodotti di…fornitura” di AG Industrie. L’elenco delle anomalie riscontrate viene trasmesso in allegato, segnalando che esso sta “pregiudicando il corretto avviamento delle produzioni su Fiat 188”. Infine, si preannuncia la sospensione del pagamento del “saldo degli importi…dovuti a benestare totale”, e si sollecita la controparte a compiere “un salto tecnico e culturale, tale da considerare uno stampo finito e vendibile solo quando risponde al progetto ed al capitolato”;

    d)  copia di missiva in data 29-7-99 con la quale Breed Automotive, preso atto dei “ripetuti e onerosi esempi di qualità non idonea, riscontrati su stampi” affidati alla realizzazione di AG Industrie, comunica a quest’ultima la propria intenzione di affidare ad altro fornitore ritenuto più affidabile “l’industrializzazione del progetto” denominato “IVECO 2000”.

Dunque, una prima serie di circostanze può ritenersi dimostrata.

AG Industrie nasce intorno ad un ben preciso progetto imprenditoriale, strettamente collegato, a monte e a valle, ad altrettanto precise esigenze della Gallino/Breed. Quest’ultima, in origine sua “dante causa” in quanto cedente ad AG Industrie un ramo di azienda (AG International) per  se stessa non più remunerativo, si poneva, fin dall’inizio della operatività di AG Industrie, quale  sua principale, se non esclusiva, cliente, garantendole un numero minimo di ordini.

Vi erano obiettivi imprenditoriali convergenti, anche se distinti, per i due contraenti. Quelli di AG Industrie sono stati illustrati con nettezza di profili dallo Strocchi, nella parte dell’interrogatorio sopra riportato ed in altra di cui si dirà; quelli della Gallino/Breed sono riportati nella scrittura privata indicata sub a).

L’esecuzione del contratto con il quale venivano stabiliti i reciproci diritti ed obblighi tra le parti, vide il formalizzarsi, a distanza di circa un anno dalla stipula, di contestazioni, avanzate da Gallino/Breed ad AG Industrie in merito alla qualità dei prodotti da quest’ultima consegnati alla prima. E tuttavia, dalla documentazione prodotta ed acquisita non emerge univocamente che le contestazioni di cui sopra abbiano portato ad una risoluzione anticipata del contratto stipulato in data 30-4-98, come invece, si sarebbe indotti a ritenere sulla base delle dichiarazioni dell’imputato Strocchi[10]. E’ certo, comunque, che i rapporti tra le parti si svilupparono in modo negativo, come dimostrato dal fatto che altri progetti di collaborazione industriale (quelli sopra indicati sub d) non ebbero il seguito al quale parrebbe che, in un primo momento, le parti, concordemente, avevano pensato.

Altre due  questioni che sono state oggetto di approfondimento sia nel corso delle indagini preliminari, sia nel corso del giudizio abbreviato, sono state quelle –risultate tra loro collegate- concernenti le “condizioni” in cui versava, dal punto di vista della produttività e del “clima” aziendale, l’AG International, nel momento in cui venne rilevata dalla neonata AG Industrie, e le ragioni dell’assunzione del Portas. Al riguardo –e prima di “dare la parola” ai protagonisti (in particolare, al quadro dirigente dell’impresa ed alle maestranze)-,  può fin d’ora dirsi che le voci raccolte sono risultate  in sintonia unicamente per ciò che concerne i cambiamenti apportati nel modo di lavorare, non su altri aspetti di ben maggiore rilievo, ai fini che qui interessano, e dei quali si dirà nel prosieguo.

L’assunto degli imputati, cardine della loro difesa durante tutto il processo e  sviluppato nel corso della discussione, è  stato nel senso che la necessità di rispettare gli impegni derivanti dalla “commessa Breed” comportava come conseguenza ineludibile che nei metodi di lavoro propri delle maestranze venissero introdotte profonde modifiche, tali da far crescere –e di molto- la qualità del prodotto, nel senso di un forte incremento della precisione nella costruzione degli stampi. Inoltre, ad avviso degli imputati, si sarebbe reso necessario ridurre –e di molto- i tempi delle lavorazioni, allo scopo di rispettare gli impegni contrattuali assunti, così abbandonando quel clima lassista che caratterizzava la vita aziendale nel periodo precedente l’acquisto da parte del gruppo Strocchi. Anche in vista della realizzazione di tali specifiche esigenze, di carattere –genericamente- imprenditoriale quando non anche direttamente produttivo, la proprietà si orientò per l’assunzione del Portas.

Queste le dichiarazioni rese, sul punto, dallo Strocchi nell’interrogatorio reso nel corso del giudizio abbreviato, conformi, peraltro, a quelle rese nel corso delle indagini preliminari[11]:

 

Sostanzialmente, quando io sono entrato in quell’azienda, noi siamo entrati fisicamente a maggio, anzi, prima abbiamo... fisicamente siamo entrati a maggio perché a maggio del ‘98 mi pare abbiamo fatto l’acquisto effettivo, in quel... nel primo intervallo di tempo c’era GARIGLIO che faceva il capo officina e c’era il ROGGIA che era il gerente generale e c’era un altro personaggio, che si chiamava MANNI, che era l’amministratore... definiamolo amministratore del... adesso non mi ricordo se era amministratore delegato o qualcosa del genere.

          Fatto sta ed è che il primo periodo è stato gestito da questi personaggi che facevano parte della vecchia guardia, con un mio intervento che è durato, diciamo, quei 9 mesi, 8-9 mesi fino a quando GARIGLIO voleva andare via, ROGGIA doveva andar via, allora abbiamo deciso che era necessario prendere qualcuno che lo sostituisse, questo l’abbiamo deciso insieme, GOTTO, i miei familiari eccetera.

GIP: sì.

STROCCHI: fatto sta che in questo intervallo di tempo io chiaramente partecipavo alla vita dell’azienda con chi?

          Con GARIGLIO, con ROGGIA e anche con MANNI che nel frattempo però era andato in pensione, ma continuava a darmi un assessoria.

          In questo intervallo è chiaro che si sono evidenziate tutte le magagne che esistevano dalla gestione..

GIP: precedente.

STROCCHI: ...precedente, ma più che gestione, proprio dalla mancata organizzazione, insieme a GOTTO, GOTTO è molto preparato da un punto di vista tecnologico e tecnico, abbiamo montato questa nuova tecnologia di cui ha parlato, con molta dovizia, il PORTAS, e credo che sia stato molto più esauriente lui, perché lui era molto più addentro ai problemi di quanto possa esserlo io, io ho sempre fatto un po’ un lavoro di coordinamento, proprio dal punto di vista operativo posso avere qualche informazione, ma molto vaga.

          È chiaro che quando facevo questo lavoro, cioè quando quelle 2 o 3 volte alla settimana quelle 2 o 3 ore al giorno in cui fisicamente giravo per l’officina, in quell’intervallo di tempo che è durato poi 7-8 mesi fino a quando non è arrivato PORTAS, se vedevo delle cose che non funzionavano le dicevo, ma le dicevo non solo all’operatore, ma al GARIGLIO, al ROGGIA che erano quelli che gestivano l’azienda. Questo è un po’ per inquadrare la mia figura.

          Cioè la mia figura era quella di andare in fabbrica, mi consultavo con loro, sentivo quali erano le problematiche tecniche di consegne, di attendimento al cliente, perché queste erano poi le mie funzioni, io avevo bisogno di mantenere un rapporto con il cliente.

          A un certo punto, si sperava che questi interventi fatti dal GOTTO, fatti dalla nuova tecnologia, dall’istruzione che si è fatto al personale attraverso GOTTO e attraverso delle ditte specializzate che hanno montato questi strumenti, si sperava che gradualmente il personale crescesse. È cresciuto, è cresciuto, alcuni meglio, altri un po’ meno bene, alcuni hanno avuto più difficoltà, però bene o male la certezza nostra era che con la base che avevano, avevano la possibilità di crescere e di migliorare, di diventare delle persone, cioè degli operatori che servivano realmente all’impresa e si evolvevano tecnologicamente.

          Ho letto che era nostra intenzione – da supposizioni di altri - che noi intendevamo o distruggere l’azienda o mandare via il personale.

          Allora, sarebbe stata la cosa più stupida che potevamo fare, perché per formare una persona di livello ci vanno 10 anni e quelle persone esistevano già. Quindi da parte nostra la volontà di mandar via la gente non poteva esistere, perché avremo dovuto prendere degli apprendisti e dedicare 10 anni del nostro tempo per farli crescere, quindi non... sarebbe stata una cosa molto sciocca fare questo, tant’è vero che abbiamo cercato in tutti i modi, di riciclare le persone che esistevano nell’interno, vedi il MOSCA, che faceva il magazziniere, si è cercato di invece di annullare la sua funzione, che nella fattispecie è stata annullata, invece di annullare la funzione abbiamo cercato di riciclarlo, istruendolo perché facesse il fresatore, per poterlo recuperare, anche perché era una persona già di una certa età che però era vissuto, aveva respirato l’atmosfera dell’impresa per tanti anni.

          Quindi era molto più facile, forse, istruire una persona come lui, che non prendere un ragazzino da avviare.

          A un certo punto, la qualità che era quella alla quale noi, almeno io in particolare ci tenevo perché era il mezzo attraverso il quale io riuscivo a far mantenere un rapporto con il cliente, teniamo presente che il cliente mi aveva dato 32 miliardi di garanzia di lavoro, il cliente era dall’altra parte della strada, nel senso che era a 50 metri da noi, noi costituivamo per il cliente una ricchezza e una forza se lavoravamo bene, ma per noi il cliente era dall’altra parte della strada e non dovevo andarlo a cercare né in Cina né in altri paesi. Quindi era una forza reciproca, perché il dialogo poteva esistere, la possibilità di... e il contratto era stato fatto in modo tale da dare a noi una priorità, cioè nel senso che, a parità di condizioni, noi avevamo la garanzia di prendere tutti i lavori che potevano essere acquisiti dal cliente.

GIP: ho capito.

STROCCHI: quindi il cliente non aveva nessun interesse di mandarci a fondo o di cacciarci.

          L’ha fatto perché?

          Perché a un certo punto abbiamo cominciato a dare degli stampi che erano delle cose impossibili da accettare da parte del cliente, ma non solo del cliente, ma dello stesso cliente del cliente che poteva essere FIAT o altri fabbricanti di automobili, i quali ricevevano dei prodotti dal nostro cliente, dei prodotti che non erano accettabili, nel senso che glieli riprovavano, non glieli pagavano perché non corrispondevano alle loro necessità.

          Tant’è vero che poi, a un certo punto, è venuta poi fuori prima delle lagnanze verbali e telefonate continue che infelicemente ricevevo io, perché ero quello che rappresentavo il gruppo, e contestualmente si vedeva che non avevamo nessuna possibilità di...

GIP: va bene”.

GIP: fin qui abbiamo fatto un discorso... stiamo facendo un discorso soltanto di esigenze, diciamo, specificamente produttive. Non so se sia corretto dire così.

          C’era anche un problema di tipo diverso, del quale magari avevate già saputo prima di acquistare A.G. International e che poi avevate verificato nei primi mesi, prima dell’arrivo di PORTAS?

          Mi riferisco a un problema - sintetizzo con un’espressione - di un certo rilassamento nei tempi e nei modi di lavoro, quindi un clima un po’ lassista, diciamo pure, rispetto alle esigenze produttive più specifiche.

STROCCHI: allora, questo non...

GIP:     che lei avesse saputo prima, che voi aveste saputo prima e che poi aveste avuto modo di verificare.

STROCCHI: questa situazione di lassismo, lei ha usato la parola giusta, non siamo noi che lo diciamo, ma è la storia degli ultimi 10 anni della A.G. perché quando c’era AGHEMO si lavorava con un certo ritmo, con una certa tecnologia e anche forse con molto entusiasmo perché AGHEMO era il proprietario diretto dell’impresa e gestiva l’azienda in forma operativa, cioè cercava di fare del suo meglio. Faceva l’imprenditore, ma come imprenditore, quindi cercava il meglio per la sua impresa cercando di ottenere, col buon senso, dalle maestranze il massimo che poteva.

          Da 10 anni... Da quando AGHEMO si è ritirato, l’azienda è passata in diverse mani, in mani non più di imprese, di imprenditori, ma in mano a società, alcune addirittura straniere, quindi il personale si è trovato disorientato.

          Questo non lo dico io, ma lo dice quello che erano le voci comuni che correvano in tutta la città nel nostro ambiente su quello che accadeva in A.G..

          È chiaro che il personale non avendo più una guida, non avendo più qualcuno che intendeva fare degli investimenti perché anche loro si rendevano conto, secondo me, e qui esprimo un mio personale parere, si rendevano conto che l’azienda perdeva di importanza, perdeva di tecnologia perché la tecnologia cresceva e gli altri investimenti non ne facevano proprio. Perché?

          Perché il loro core business era tutto diverso, cioè erano orientati a fare delle cose che non avevano niente a che fare con gli stampi, tant’è vero che poi alla fine hanno deciso di liberarsi da questo.

          Allora, gradualmente l’andamento anche umano, è comprensibile che le persone quando non hanno più nessuno che ti dice: «Fai questo, fai quell’altro, fai quell’altro», fanno quello che possono o che han voglia di fare.

          Quando siamo entrati noi, abbiamo dovuto necessariamente riprendere in mano la situazione, perché se era fallimentare la gestione di prima, gli stessi venditori speravano che noi rimettessimo tecnologicamente in pista quest’impresa perché a loro serviva la nostra presenza e, lo ripeto un’altra volta, perché eravamo dall’altra parte della strada e perché gli scambi erano estremamente facili, erano...

Cioè sarebbe stata una follia da parte di entrambi litigare tra di noi, perché era un modo per operare insieme con reciproca soddisfazione”.

 

E di analogo tenore le dichiarazioni del Portas nel corso del processo, in merito alle stesse circostanze[12]:

 

GIP:    senta, le fu detto da qualcuno di A.G. Industrie: «C’è quest’esigenza di riqualificazione delle maestranze»?

PORTAS: sì.

GIP:     va bene come espressione riepilogativa? Mi dica lei se ho inteso bene.

PORTAS: sì, sì, direi di sì. L’aggiornamento...

GIP:     l’aggiornamento, sì.

PORTAS: ...l’aggiornamento della tipologia di lavoro, ecco.

GIP:     benissimo. «C’è questa esigenza, in particolare i problemi sono questi, regolati in questo modo piuttosto che in un altro modo». Indipendentemente poi vediamo in che modo, se c’erano...

          Cioè le furono date indicazioni specifiche per ottenere questo risultato di aggiornamento dei metodi di lavoro e quindi riqualificazione delle maestranze? Se va bene questa espressione.

PORTAS: io credo che forse peccherò di modestia in questo momento, ma io credo che gli STROCCHI abbiano scelto sulla piazza del mercato una persona che fosse indipendente e capace di gestire da solo il lavoro. Quindi le linee guida di come fare il lavoro...

GIP:     sì, però mi scusi se la interrompo signor PORTAS. Questa è una sua opinione.

PORTAS: certo.

GIP:     sarà sicuramente aderente alla realtà, non lo metto in dubbio, io però le ho fatto una domanda su un fatto preciso se lei è in grado di rispondere.

PORTAS: non ho capito, mi scusi, non ho capito cosa...

GIP:     no no, gliela ripeto, non c’è nessun problema. Io le ho chiesto se l’ingegner STROCCHI o il GOTTO o altri le abbiano dato delle indicazioni operative, concrete, specifiche: «Regolati in questo modo piuttosto che nell’altro».

          Non so: «C’è molto assenteismo e questo comporta...» stiamo parlando di un altro problema, lo so bene, «...questo comporta delle difficoltà operative per l’azienda e quindi questo tipo di problemi, questo tipo di risultati negativi» oppure «C’è quest’altro problema...» «Si perde molto tempo...» «Si lavora poco» «Si lavora male» «Regolati in questo modo per ottenere questo risultato».

PORTAS: no.

GIP:     le furono fatti discorsi di questo tipo?

PORTAS: no, no. Preciso una cosa a questo proposito proprio per la tipologia del nostro lavoro.

          Allora, il nostro lavoro, contrariamente a tutte le lavorazioni meccaniche generiche, è un lavoro dove non si può calcolare il tempo di esecuzione di una determinata operazione. O quantomeno, la metto in altri termini.

          Non si può dire che quel lavoro debba necessariamente durare un’ora perché magari la durezza dell’acciaio nel lavorarlo, perché magari... le problematiche, perché magari la fresatura è stata meno precisa di altre condizioni, quindi l’aggiustatore mette più tempo nel pulirla, nel lucidarla, nel metterla a posto. Si può soltanto verosimilmente fare una preventivazione generica, come dire, per fare questo lavoro possono occorrere dalle 3 alle 8 ore, ma non si può fare questo.

          Detto questo, per cercare di rispondere alla sua domanda, se l’ho capita bene, il fatto che uno dei dipendenti si assentasse era abbastanza normale, quindi vuol dire: «Lo stampo va consegnato entro il 30 del mese di giugno e tu da oggi, che è febbraio, a giugno, hai tutto il tempo per fare l’efficienza necessaria perché tu possa in qualche maniera consegnarlo».

          In più, una delle cose che magari possono avermi detto o consigliato o aiutato, anche se lo facevo, è di chiedere alle maestranze se avevano voglia, tempo di dedicarsi a fare qualche ora di straordinario in più per poter supplire alle eventuali assenze o carenze che sono avvenute.

          Questo è quello che mi sembra di...

GIP:     quindi, diciamo, sul tipo di rapporto da instaurare con gli operai, con i dipendenti, tutti eccetera, mi pare di capire che non le fu data nessuna indicazione precisa. Mi corregga se ho capito male.

PORTAS: no, non ho ricevuto nessuna...

GIP:     va bene. Quindi lei comincia a lavorare con A.G. Industrie e che situazione trova?

          Quest’indicazione che le era stata data dall’ingegner STROCCHI e cioè: “C’è questa necessità, c’è questo bisogno”, è un’indicazione che lei riscontra come effettiva, cioè rispondente alla realtà? Che situazione trova?

          Ci sono dei problemi? E se sì quali? Di più o di meno di quelli che le erano stati detti?

PORTAS: ne ho trovati molti di più di quelli che mi erano stati detti.

GIP:     vediamo.

PORTAS: ricordo una frase che mi fu detta dal GOTTO quando mi assunse, disse: «Attenzione che avrai da lavorare tanto perché questa officina che ti sto proponendo non te la darò su un piatto d’argento. Ci sarà molto da fare e molto da lavorare».

GIP:     hm.

PORTAS: questo è quanto. Quando sono entrato in A.G. la sensazione... essendo un uomo che ha frequentato le officine meccaniche di precisione per tanti anni, un uomo della mia caratura sicuramente, soltanto entrando dentro a un’officina, si rende conto dal rumore delle macchine, dal movimento delle persone, dalle posizioni che hanno mentre lavorano, qual è il grado di professionalità all’interno.

          Questo perché è un lavoro molto particolare e, se non si riesce a capire questo, è difficile poter fare molte osservazioni su questo tipo di lavoro perché tutti generalizzano. Tutti pensano che sia una meccanica generica, invece in ognuna delle operazioni del nostro lavoro c’è di mezzo la dedizione e la professionalità di ognuno degli individui e solo da questo determina la buona riuscita di una lavoro.

          Quindi quando sono entrato dentro, in A.G. ho trovato, se posso usare una frase forte, un’azienda allo sbando.

          C’era molta improvvisazione nelle cose, ognuno sembrava che non prendesse direttive da nessuno. Mancava, ecco, la parola che mi piace dire perché è quella più tecnica, più mirata, più diretta: il metodo di lavoro. Mancava un metodo di lavoro in quell’azienda. Per metodo di lavoro vuol dire avere una sequenza di operazioni da fare una successiva all’altra e non contrariamente o non prima una o dopo l’altra, per far sì che l’operazione successiva a quella precedente non possa danneggiare.

          Questo è molto importante perché uno stampo, contrariamente a quello che erano gli stampi di 60 anni fa, dei mezzi gusci di noci dove si andava a iniettare il materiale o a colare qualcosa, oggi gli stampi sono delle macchine vere e proprie. A bordo di uno stampo esistono proprio dei macchinari, dei movimenti, delle meccaniche che consentono di poter avere più precisione nel pezzo stesso.

          In pratica, la A.G. costruiva comunque questi stampi. Quando io ricordo la A.G. perché essendo un responsabile di aziende loro concorrenti, la A.G. faceva comunque questi stampi.

          Li faceva magari non perfettamente perché sulla piazza di Torino si sentiva che... le critiche, così, come avvengono fra tutti i clienti e poi qualcuno esagera perfino per dare contro al proprio concorrente. Però, voglio dire, sulla piazza si sentiva che in A.G. il lavoro non veniva fatto bene. Questo lo si sapeva anche all’esterno.

          Quindi quando io sono arrivato ho trovato quest’azienda e questi operai, queste maestranze che peraltro molti avevano molta buona volontà, per carità, però il sistema non gli consentiva di ottenere i risultati necessari perché si potesse vendere il proprio prodotto in un certo modo.

Questo lo aggiungo del mio e ritengo che la BREED l’abbia venduta perché non era più forse in grado di gestire l’interno di quest’azienda. Forse anche in virtù del fatto che il lavoro era progredito e forse al loro interno non c’era la persona cardine che potesse in qualche maniera gestirla, ecco. Questo è il mio modo di pensare”.

 

Dunque, il progetto imprenditoriale di AG Industrie includeva l’introduzione di profonde modifiche tecnico-organizzative nel processo produttivo che era stato di AG International. Tali modifiche, volte a garantire alla società, attraverso il puntuale rispetto delle obbligazioni contrattuali assunte, la remunerazione dei cospicui investimenti finanziari effettuati[13],  erano, inevitabilmente, destinate ad avere un  impatto diretto e profondo sul modo di lavorare delle maestranze, transitate alle dipendenze della società subentrata al loro precedente datore di lavoro. Queste ultime sarebbero state richieste –ciò che effettivamente accadde- di assicurare un prodotto industriale nettamente diverso per quantità (maggiore) e qualità (migliore) rispetto al passato, per far sì che le aspettative della proprietà trovassero risposte positive. Garante della realizzazione di quest’ultima parte –peraltro, di rilievo centrale- del progetto era il Portas, che godeva della fiducia della proprietà e, segnatamente dell’ing. Strocchi, direttamente occupatosi della sua assunzione. Egli, infatti, chiamato da quest’ultimo a “dare gambe” al citato progetto, avrebbe dovuto curarne da vicino la effettiva realizzazione, in esecuzione dell’incarico di direttore di stabilimento, che lo obbligava ad una presenza giornaliera e costante in officina: ciò che nessuno della proprietà, a partire dall’ing. Strocchi, poteva assicurare e che, per contro, appariva indispensabile in vista del conseguimento di determinati obiettivi imprenditoriali.

Il Portas, peraltro, non venne inserito in AG Industrie fin dalla costituzione della società (aprile ’98), ma solo a partire da data successiva (febbraio ’99), e cioè due mesi prima che si manifestasse il contenzioso tra AG Industrie e la sua committente Breed.

Queste le circostanze emerse in merito all’assunzione del Portas[14]:

 

GIP:…Allora, PORTAS lo conoscevate già, qualcuno vi ha indicato che poteva essere la persona giusta per voi? Intanto, giusta per fare che cosa?

STROCCHI: allora, io implemento il discorso che ha fatto PORTAS, mezzora fa.

          Quando avete chiesto al PORTAS com’è che è arrivato da noi, io dico che cosa è accaduto.

          Noi avevamo un rappresentante di... un venditore di utensileria che serviva tutta la città, a questo venditore di utensileria abbiamo detto: «Senti, ci serve una persona da mettere qui, tu conosci l’azienda, sei un fornitore di quest’azienda da sempre, cercami un personaggio che possa sostituire quelli che adesso se ne vanno via».

          Questo signore mi ha portato, adesso per quel che ricordo io, magari ci saranno stati degli altri canali di cui... però questo a un certo punto mi ha portato il PORTAS. Il PORTAS si è presentato, presentato bene...

GIP: gli avete descritto a questo vostro conoscente, questo vostro venditore, una sorta di identikit della persona di cui avevate bisogno?

          Cioè voi cercate un capo officina, sono tutti uguali i capo officina?

STROCCHI: allora, non era necessario dare delle spiegazioni...

GIP: ah, benissimo.

STROCCHI: ...a questo signore e le spiego perché.

          Perché questo signore bazzicava fisicamente nella fabbrica...

GIP: ecco.

STROCCHI: ...da anni, già precedentemente.

GIP: quindi condivideva l’analisi che facevate voi sui problemi dell’azienda.

STROCCHI: quindi non aveva bisogno di avere delle...

GIP: è questo che vuole dire?

STROCCHI: perfetto, non aveva bisogno di indirizzi, lui sapeva esattamente quello di cui avevamo bisogno. Perché si trattava di prendere qualcuno che dirigesse l’azienda.

GIP: perfetto.

STROCCHI: è chiaro che non potevo farlo io in prima persona...

GIP: no no, ma questo è assodato.

STROCCHI: ...perché non avevo fisicamente il tempo di farlo.

GIP: sì.

STROCCHI: quindi la mia, definiamola, in quel momento è stata una fortuna che ho trovato il PORTAS da mettere lì al posto di quegli altri che se ne sono andati.

GIP: l’ha contattato lei direttamente o GOTTO?

STROCCHI: no no, non ricordo se è stato...

GIP: non ricorda.

STROCCHI: ...probabilmente è stato proprio accompagnato da questo signore quando è venuto.

GIP: sì, va bene.

STROCCHI: ce l’ha presentato come una persona capace, come una persona che aveva le caratteristiche. Poi sentendolo parlare mi ha dato la sensazione che fosse proprio la persona giusta per...

GIP: va bene.

STROCCHI: ...per poter gestire l’azienda con la nuova tecnologia. Gestirla voleva semplicemente dire portare avanti un discorso di miglioramento per fare in modo che queste persone, tutte, tutte, non qualcuna, ma tutte, crescessero in forma da mantenere il mercato.

GIP: che lei sappia, queste tecnologie nuove, quindi questo modo diverso, sia pure in parte, di lavorare, il PORTAS l’aveva già sperimentato in sue precedenti esperienze?

STROCCHI: io ho avuto la sensazione di sì, nel chiacchierare con lui, io non fatto delle indagini su quello che lui aveva fatto prima, cioè la presentazione di una persona comune, mi era sufficiente per poter dire: «Mi sembra...»

Poi, conversando con lui, si è presentato in un modo tale che ho capito che lui era la persona che poteva tecnologicamente servire a gestire l’impresa”.

 

Evidente, allora, risulta la specifica finalità della assunzione del Portas. Si trattò di atto che era specificamente volto a consolidare e completare il disegno della proprietà, per la cui realizzazione si rendeva necessaria anche la cooperazione di una persona nuova dell’ambiente, e che, condividendo gli obiettivi della società, ed essendo a diretto e continuo contatto con le lavorazioni da svolgersi, fosse in grado di modificare radicalmente tempi e modi della loro esecuzione. Ciò, anche indipendentemente da sue precedenti e specifiche esperienze professionali, che potessero accreditarlo come particolarmente idoneo a realizzare gli obiettivi della proprietà e dei quali si è detto: aspetto, quest’ultimo, che non risulta provato  e che  non pare affatto, stando alle dichiarazioni degli interessati, avere avuto rilievo decisivo sulla scelta della persona. Fu sufficiente, invece, l’indicazione di un fornitore ed il diretto contatto con l’interessato a convincere la proprietà di aver trovato “l’uomo giusto”.

Su quanto fin qui considerato, con particolare riguardo alle modifiche introdotte nell’organizzazione del lavoro,  è opportuno, peraltro,  dar conto della versione dei dipendenti di AG Industrie. Per esigenze di sintesi, si riporteranno parti delle dichiarazioni di alcuni soltanto di questi ultimi.

Guidi Maurizio ha dichiarato[15]:

 

ADR: Quando alla ditta AG INTERNATIONAL è subentrata la ditta AG INDUSTRIE, son state apportate numerose modifiche nei cicli di lavoro. Quando operavo presso la ditta AG INTERNATIONAL ogni operaio era addetto ad una sola macchina utensile. I programmi software per lo svolgimento delle lavorazioni con le macchine venivano preparati da personale specifico.

Successivamente il PORTAS ci costringeva ad operare su più macchine contemporaneamente e ci costringeva ad elaborare i programmi software per far funzionare la macchina. Per questo motivo tutti gli operai all’inizio commettevano dei piccoli errori”.

 

Mosca Umberto ha dichiarato[16]:

 

ADR: All’arrivo del sig. PORTAS, sono state apportate delle sostanziali modifiche riguardo la gestione del personale addetto alle macchine e controllo numerico. Ad esempio, prima dell’arrivo del sig. PORTAS, io lavoravo insieme ad un mio collega (sig. CAMASSA), su una fresatrice…Il Sig. PORTAS…ha rivoluzionato …tutto…il sig. CAMASSA si è licenziato. Il sig. PORTAS dopo alcuni mesi mi ha spostato da una fresatrice per lo sgrossaggio di stampi in acciaio ad un’altra per le operazioni di finitura. Preciso che io solo da qualche tempo operavo sulle fresatrici e quindi questo spostamento mi ha messo in grave difficoltà: infatti per operare su una fresatrice per le operazioni di finitura occorre una buona preparazione che io ancora non avevamo acquisito. Io ho fatto presente questa situazione/aspetto al sig. PORTAS che non mi ha fornito alcuna motivazione plausibile. Sulla fresatrice per le operazioni di finitura (macchina su cui operavo da solo) ho commesso, vista la mia poca esperienza, degli errori”.

Per un breve periodo di tempo sono stato addetto ad una fresatrice per l’esecuzione di lavori di precisione…Insieme a me, sulla medesima macchina, operava su turni diversi, il sig. FACCIORUSSO DOMENICO…Il sig. FACCIORUSSO non mi ha mai rimproverato anzi a volte ero io ad accorgermi dei suoi errori. Il sig. FACCIORUSSO aveva più esperienza di me. Dubito di essere stato affiancato al FACCIORUSSO per migliorare le mie capacità lavorative, visto che il sig. PORTAS, quando operavamo in due sulla fresatrice, mi mandava sempre in magazzino”.

 

Giangrande Giovanni ha dichiarato[17]:

 

ADR: All’inizio il sig. Strocchi mi voleva mandare a lavorare alle frese a controllo numerico. Io mi sono rifiutato poiché non era la mia mansione e non avevo mai lavorato con queste macchine. Mi pare che lo Strocchi abbia risposto che lui era il padrone e che gli interessava che le macchine a controllo dovessero funzionare. Poi non ha detto più niente ed io ho continuato il lavoro dalla mia postazione”.

 

D’Amico Salvino ha dichiarato[18]:

 

ADR: per girare gli stampi, noi utilizzavamo una macchina denominata  “”ribaltina stampi””. Siccome secondo il sig. Portas noi perdevamo, utilizzando la ribaltina, troppo tempo, oggi ci costringe a girare gli stampi in modo pericoloso”.

 

Rovelli Salvatore, infine, ha dichiarato[19]:

 

ADR: Sono stato dipendente della AG INDUSTRIE, prima AG INTERNATIONAL, dal 1987 e sono impiegato tecnico di V livello super, ho il diploma di perito meccanico. Fino a quando la ditta era AG INTERNATIONAL il mio lavoro consisteva nel coordinamento delle commesse: dovevo seguire le varie lavorazioni alle macchine compresa la distribuzione del lavoro agli operai. Tale ruolo era svolto da me e da altre 3 persone (BRATTOLI Michele –attualmente responsabile alle frese, GARIGLIO Carlo –che ha rassegnato le dimissioni poco dopo l’ingresso della AG INDUSTRIE, GASPARRI Giuseppe –ora in pensione) mentre ora è svolto dal solo PORTAS che ultimamente ha scelto due fresatori che lo supportano come responsabili di turno. Nel reparto aggiustaggio il PORTAS è ora coadiuvato da un ex dipendente della CAST (azienda del gruppo STROCCHI).

ADR: Il lavoro che veniva svolto dall’ufficio tecnico della AG INTERNATIONAL è ora svolto dall’ufficio tecnico della CAST (almeno credo); per questa ragione l’ufficio tecnico è stato smantellato.

- a seguito dell’ingresso del’AG INDUSTRIE e dello smantellamento dell’ufficio tecnico, io ed i colleghi BRATTOLI e GARIGLIO siamo stati chiamati a svolgere la funzione di responsabili di reparto. Preciso che io ero responsabile del reparto aggiustaggio mentre il BRATTOLI  era ed è responsabile del reparto di fresatura ed il GARIGLIO era il supervisore.

- Le prime difficoltà operative sono sorte in quanto si era in una fase di transizione e di cambiamento dell’organizzazione del lavoro che imponeva a tutti di adeguarsi a sistemi e metodi di lavoro assolutamente nuovi”.

 

Nella deposizione resa nel corso del giudizio abbreviato, il Rovelli è tornato sull’argomento in termini ancora più analitici e chiarificatori[20]:

 

Sono stato assunto…nell’87…Inizialmente ero aggiustatore, poi sono passato impiegato e le mansioni erano di ordinatore delle commesse. Ricevevo i disegni fatti dagli impiegati dell’ufficio tecnico (Muscato, Di Noia, Roggia, progettisti) e seguivo le lavorazioni, cioè l’attività svolta dagli operai sulle macchine. Fino all’arrivo del gruppo Strocchi c’era nello stabilimento un capo officina e io stesso avevo sopra di me un responsabile che era Gariglio. Con l’arrivo del gruppo Strocchi fu deciso che non aveva senso mantenere una posizione come la mia, ciò era collegato anche al fatto che era cambiato il sistema di lavorazione. In precedenza si riceveva il progetto complessivo e il particolare veniva gestito in officina. Da allora in avanti l’operaio doveva essere in grado di capire da solo il lavoro che doveva fare: leggere il complessivo e sviluppare il lavoro sui particolari. In concreto, io insieme a Gariglio e Brattoli dovevo seguire il montaggio degli stampi, cioè la parte finale della lavorazione: questo, dopo l’arrivo del gruppo Strocchi, prima seguivo tutta la lavorazione…Io sapevo bene che c’erano operai che avevano bisogno di essere seguiti più di altri…Per Strocchi eravamo lenti nel lavoro…

ADR: Con l’arrivo degli Strocchi vi furono nuove commesse. Nessuno si rifiutava di lavorare di più o meglio, ma quello che si faceva non bastava mai. Non c’era dialogo su come svolgere il lavoro, noi eravamo abituati al vecchio sistema che prevedeva un controllo successivo alla lavorazione effettuata…Sapevamo che l’azienda aveva ricevuto una commessa particolare dalla Breed, commessa che richiedeva lavorazioni più accurate. L’azienda ci comunicò che il committente chiedeva maggiori attenzioni nelle lavorazioni…effettivamente con la gestione Strocchi a noi fu richiesta nelle lavorazioni migliore qualità e minore tempo. Io stesso ebbi modo di leggere una lettera relativa a queste esigenze collegate alla nuova commessa”.

 

Dunque, i lavoratori di AG International, divenuti dipendenti di AG Industrie, dovettero misurarsi con le profonde modifiche apportate all’organizzazione del loro lavoro delle quali si è detto, e che percepirono –sì- come tali ma, non essendovi preparati, “vissero” come un evento che li travolgeva, senza che essi stessi avessero  avuto tempo e modo di assimilarlo,  accettarlo e “farlo proprio”, con conseguenze proficue per se stessi e per l’azienda.

Quest’ultima considerazione rimanda alla questione dell’attivazione o mancata attivazione di adeguati interventi formativi e, più in generale, al tema dei mezzi e dei modi con i quali l’azienda –per il tramite degli odierni imputati, ciascuno con il suo specifico ruolo e la sua specifica porzione di responsabilità, così come descritta in imputazione- cercò di realizzare i propri obiettivi.

 

3- I modi e i mezzi con i quali fu realizzato il progetto di AG Industrie. La versione dei testimoni e le spiegazioni date dagli imputati a propria discolpa.

 

Informazioni testimoniali rese durante le indagini preliminari e deposizioni rese nel corso del giudizio abbreviato convergono nel dimostrare che l’apprendimento da parte dei dipendenti di AG Industrie delle nuove modalità di lavorazione, essenziali per la realizzazione del progetto imprenditoriale sopra descritto, fu affidato, in modo pressoché esclusivo, ad interventi fatti, nel corso delle lavorazioni stesse, dallo Strocchi e dal Portas.

Fu, invece, assolutamente insufficiente (per l’irrisorietà delle risorse ad esso destinate e, comunque, per l’assoluta inadeguatezza) l’investimento in una formazione, che – per intensità, qualità e diffusione - consentisse ai lavoratori di acquisire la nuova professionalità necessaria ai fini del conseguimento degli obiettivi industriali e finanziari di AG Industrie, evitando loro di dover  pagare quei prezzi in termini di umiliazione e lesione della propria dignità di lavoratori e di persone, che indagini e processo hanno, invece, portato alla luce.

Nel dar conto di quanto emerso sul piano dei comportamenti tenuti dagli imputati nei confronti dei lavoratori di AG Industrie, si seguirà, nei limiti del possibile, un criterio “tematico”. Le diverse dichiarazioni, riportate analiticamente nei casi apparsi maggiormente significativi, saranno, perciò, raggruppate in base al tipo di “problematica” di riferimento, individuata –quest’ultima- sulla base delle condotte oggetto di contestazione.

Si legge nel capo di imputazione che i comportamenti penalmente rilevanti posti in essere dagli imputati in danno dei loro dipendenti si sarebbero svolti, tra l’altro,

 

insultando, denigrando, offendendo, rimproverando in continuazione, umiliando e minacciando i dipendenti in caso di errori nell’esecuzione del lavoro, di mancata accondiscendenza agli ordini, alle imposizioni  e alle angherie ovvero in caso di assenza dal lavoro per malattia”.

 

Questa parte della contestazione risulta ampiamente provata, numerosissimi essendo i contributi dati alle indagini dai dipendenti dell’azienda. Al riguardo –e prima di darne conto nel dettaglio- non sarà inutile sottolineare che il vaglio di attendibilità di tali dichiarazioni non può che portare ad un giudizio positivo. In primo luogo, la molteplicità delle fonti è elemento che, di per sé, depone a favore della raggiunta prova dei fatti. In secondo luogo,  tale conclusione è giustificata da “regole di giudizio”, fondate sull’esperienza, che fanno escludere che possa esservi stata, tra le diverse “fonti orali”, concertazione volta a far risultare come verificatosi ciò che non era accaduto, oppure anche solo enfatizzazione di fatti e circostanze di significato ben minore di quello apparente, al punto da doversene escludere il rilievo penale. La lettura dei relativi verbali, invero, fa emergere che i dipendenti di AG che hanno reso dichiarazioni hanno sempre distinto nettamente ciò di cui sono stati diretti testimoni, da ciò di cui si sono dichiarati a conoscenza per averne appreso da loro colleghi di lavoro.  Né è mancato chi, prima di riferire  fatti ed episodi accaduti in danno di altri lavoratori, ha correttamente escluso di essere stato personalmente vittima di analoghi episodi. Infine, ciascuno ha riferito i fatti secondo la propria capacità di serbarne memoria, con la conseguenza che le diverse allegazioni non sono risultate sempre sovrapponibili, pur evidenziando –comunque- divergenze su aspetti solo secondari e di rilievo probatorio marginale. Tutto ciò, pertanto, induce a qualificare le dichiarazioni delle quali si dirà come pienamente genuine e tali da fondare l’affermazione secondo la quale i fatti narrati debbono ritenersi pienamente provati.

Queste le dichiarazioni di Mosca Umberto[21]:

 

ADR: I miei primi  “problemi lavorativi”  li ho avuti con il sig. STROCCHI, perché in più circostanze mi ha detto che ero una persona inutile e che era meglio se me ne andavo.. Infatti, quando l’AG INDUSTRIE  è subentrata all’AG INTERNATIONAL, io sono stato trasferito dal magazzino al reparto produttivo: qui svolgevo le mansioni di jolli occupandomi della preparazione di materiali di commessa. Il sig. STROCCHI reputava questa mansione inutile perché non giustificava il mio stipendio…All’arrivo del sig. PORTAS, sono state apportate delle sostanziali modifiche riguardo la gestione del personale addetto alle macchine a controllo numerico…io lavoravo insieme ad un mio collega (sig. Camassa), su una fresatrice a controllo numerico…Portas…ha invece rivoluzionato tutto…Camassa si è licenziato…Portas dopo alcuni mesi mi ha spostato da una fresatrice per lo sgrossaggio degli stampi in acciaio ad un’altra per le operazioni di finitura. Preciso che io solo da qualche tempo operavo sulle fresatrici e quindi questo spostamento mi ha messo in grave difficoltà…Io ho fatto presente questa situazione…al sig. Portas che non mi ha fornito alcuna motivazione plausibile. Sulla fresatrice per le operazioni di finitura (macchina su cui operavo da solo) ho commesso, vista la mia poca esperienza, degli errori. Il sig. Portas in queste circostanze non perdeva occasione per umiliarmi. In particolare…rivolgendosi al capo turno e agli altri operai,…diceva gridando:” è possibile lavorare con gente incompetente?…come è possibile produrre stampi di qualità se lavoriamo in questo modo?”

ADR: Intorno al mese di maggio-giugno ’99, a seguito dell’ennesima discussione con il sig. Portas e viste le mie condizioni di salute (stato di agitazione) ho chiesto al sig. Portas di allontanarmi dal lavoro. …Il sig. Portas ha acconsentito dicendomi che se volevo potevo anche non tornare più. Lo stesso giorno il sig. Portas mi ha mandato il controllo a casa. Preciso che io non ero in mutua ma solo in permesso….Il giorno seguente sono tornato al lavoro e ad un certo punto, mentre ero intento nel mio lavoro, il sig. Strocchi si è avvicinato e mi ha detto:”lei ieri, mancando dal lavoro, mi ha derubato di 100.000 lire”. Mentre mi parlava estraeva il portafoglio dalla tasca e si sfilava L. 100.000. Questa scena si è ripetuta per quattro-cinque volte di seguito. Il sig. Strocchi mi invitava con insistenza a chiedere scusa e mi ha detto di vergognarmi perché lo fissavo in volto. Io ho spiegato i motivi…ma il sig, Strocchi, viste le dichiarazioni di Portas che negava tutto, non mi ha dato retta anzi mi ha detto che …il Portas aveva il suo appoggio incondizionato…In alcune circostanze, mentre ad esempio mi recavo in bagno, mi è capitato di parlare brevemente con qualche mio collega di lavoro. Il sig. Portas in queste occasioni mi rimproverava dicendomi che ero nell’occhio del ciclone e che dovevo stare attento perché la ditta poteva prendere provvedimenti nei miei confronti…Il sig. Strocchi, mentre il sig. Giangrande prendeva un caffè alla macchinetta, gli si è avvicinato e ha buttato in terra L. 2000 dicendogli di prendersi il caffè fuori orario di lavoro”.

 

Ferrara Bruno,impiegato amministrativo”, addetto alla “gestione contabile e finanziaria della società”, ha dichiarato[22]:

 

…Quasi tutti i dipendenti hanno avuto questioni/problemi con il sig. Strocchi Franco….

ADR: Al momento dell’acquisizione della ditta AG International, ho avuto una serie di discussioni con il sig. Strocchi Franco relativamente alla mia età e alle mie capacità professionali. Sono stato più volte insultato e denigrato. Successivamente ho vissuto un periodo tranquillo dovuto alla stima che avevo acquisito, viste le mie capacità professionali, con la direzione aziendale.. All’arrivo del sig. Portas vi è stato un breve periodo di collaborazione che è andato via via scemando perché prendevo le difese degli operai. Una volta il sig. Portas, parlando del sig. Balinzo (ex dipendente), mi ha testualmente riferito:”io a quello gli taglio la gola e gli succhio il sangue”… Non ho mai ricevuto ingiurie dirette dal sig. Portas, mentre dal sig. Strocchi sì. Tuttavia il Portas mi ha sempre denigrato agli occhi degli operai e della mia collega sig.ra Grande Carolina”.

 

Conferme sono venute da Grande Carolina, “impiegata addetta alla gestione del personale, centralino, ricevimento, spedizione ecc.[23]:

 

ADR: Non ho mai avuto alcuna discussione con il sig. Strocchi Franco. Con il sig. Portas ho avuto invece parecchi problemi causati dai suoi atteggiamenti dittatoriali. Il Portas è solito inveire contro di me per qualsiasi questione e non mi dà la facoltà di controbattere. Se mi azzardo a muovere delle semplici osservazioni, utilizzando comunque sempre toni educati e remissivi, il Portas si allontana senza ascoltarmi. Spesso il Portas inveisce contro di me dicendo che sono un’incapace e sono poco collaborativa. Il Portas fa il terrorista con tutti anche con i fornitori (…) e con i clienti. Tutti gli errori che commette durante il suo lavoro li ribalta sui dipendenti dicendo che siamo degli incompetenti. Il Portas aveva l’abitudine di contattare personalmente dei ragazzi per farli lavorare in prova presso la ditta. Questi ragazzi a suo dire dovevano essere  “di facile comando”…erano privi di regolare contratto di assunzione e lo studio del commercialista ed io non venivamo informati. Il Portas non mi ha mai insultato direttamente. Più di una volta il Portas è venuto da me dicendomi che il Ferrara è una checca, un ignorante, un incompetente ed è deficiente. Il Portas mi diceva che tutti gli operai sono degli incompetenti e grazie a lui hanno imparato a lavorare. Di tutti i dipendenti che non lo assecondano, dice che lui gli taglia la gola e gli succhia il sangue e gli spara in mezzo agli occhi….Il Portas non parla più con il sig. Ferrara e quindi ho dei problemi organizzativi nel  mio lavoro… Il Portas non mi ha mai insultato direttamente, comunque mi rimprovera e mi dice sempre di essere più veloce…mi minaccia dicendo di stare attenta e di scegliere bene dove stare. So che il Portas quando alcuni lavoratori si mettono in mutua va a prenderli a casa…non risponde ai miei saluti e impedisce ai lavoratori di recarsi in segreteria e mi ha imposto di cacciare via i dipendenti altrimenti lui prende dei  provvedimenti contro di me”.

 

Significativo il fatto che alcuni dipendenti hanno dichiarato di non essere stati personalmente destinatari di insulti e denigrazioni, essendone, peraltro, al corrente per esserne stati testimoni, allorché essi avvenivano in danno di loro colleghi. Tale è il caso di Erario Rocco[24], il quale, mentre ha escluso di essere mai stato insultato dal Portas, con il quale aveva avuto solo discussioni “non particolarmente animate”, ha precisato:

 

ADR: Il sig. Portas è solito riprendere, urlando, gli operai che commettono degli errori nel corso della normale attività lavorativa…il sig. Portas ha adottato con alcuni operai un comportamento tale da indurli al licenziamento. Infatti alcuni operai si sono licenziati ed altri es.-sig. Mosca Umberto, sig. Rovelli, sig. Virzi- vengono continuamente “controllati” ed “umiliati” al cospetto dei colleghi dal sig. Portas….Ho sentito in alcune circostanze il sig. Portas insultare alcuni operai che a suo dire non lavorano correttamente: il Portas è solito affermare che tali operai non capiscono nulla, che lavorano poco, che rubano il pane, che sono dei coglioni. Il sig. Portas è solito urlare così che tutti gli operai possano sentire e nel corso delle discussioni è solito schernire e ridicolizzare il lavoro eseguito correttamente dall’operaio. Circa due anni fa ho subito un infortunio alla mano sinistra con una prognosi di sette giorni. Il Portas mi ha contattato telefonicamente chiedendomi di rientrare al lavoro previa chiusura del mio infortunio”.

 

Non diversamente, Brattoli Michele ha dichiarato[25]:

 

ADR:…Attualmente rivesto la qualifica di responsabile del reparto fresatrici a controllo numerico.

ADR: Il sig. Strocchi, quando non gli fornivo prontamente il nominativo di un operaio che aveva presumibilmente commesso un errore di piccola entità, mi dava del mafioso. Dopo che io provvedevo a fornirgli il nominativo del presunto colpevole lo Strocchi era solito convocarlo pubblicamente ed inveire contro di lui dandogli dell’incapace e altri epiteti che non ricordo.

ADR: Il sig. Portas è solito quando un operaio commette degli errori convocarmi ed in mia presenza provvede a chiedere delle spiegazioni riguardo l’accaduto: prima con tono fermo ed autoritario, poi se le giustificazioni dell’operaio non sono plausibili, con tono irruento…In una circostanza ho visto lo Strocchi avvicinarsi ad un trapano radiale e strappare davanti al sig. Giangrande dei soldi; non ricordo cosa lo Strocchi abbia detto al Giangrande…Ho saputo che il sig. Palladino che era in infortunio è stato probabilmente costretto dal Portas a rientrare al lavoro pur essendo ancora in infortunio”;

 

ed altrettanto dicasi di Bono Alessandro[26]:

 

ADR: Nel corso della mia attività lavorativa mi è capitato di sentire il Portas urlare contro i miei colleghi”.

 

Assai più specifiche di queste ultime, per contro, le dichiarazioni di Guidi Maurizio, ex-dipendente, anch’egli già occupato presso AG International[27]:

 

ADR: I miei problemi lavorativi si sono manifestati con l’arrivo in azienda del sig. Strocchi e del Portas…All’arrivo del Portas (…) i miei rapporti con il sig. Strocchi si sono incrinati…tutti gli operai all’inizio, commettevano dei piccoli errori. Quando il Portas si accorgeva di questi errori era solito urlare ed inveire nei confronti delle persone che li commettevano. Ho sentito il Portas dire ad alcuni miei colleghi:”Venite qui a rubare il pane” oppure “voi mi rubate lo stipendio” ecc…Il Portas quando richiamava un operaio era solito urlare per richiamare l’attenzione dei suoi colleghi e per umiliare l’operaio.

ADR: Durante una mia discussione con il Portas io gli ho chiesto come mai urlava e perché non mi rimproverava nel suo ufficio o comunque senza urlare. Il Portas mi ha detto che lui era padrone di fare quello che voleva e che lui aveva il benestare del sig. Strocchi…

ADR: Più volte ho sentito il sig. Portas dire al sig. Ognibene:”Sei un coglione, sei una testa di cazzo”.

ADR: Una volta nel corso di una discussione il Portas mi ha detto:”Lei mi ruba il pane. In una circostanza, durante una discussione con il Portas, lo stesso mi ha istigato di colpirlo in maniera tale da poter avere un valido motivo per licenziarmi”.

 

Camassa Ciro, nominato dal Mosca in quanto alternato con quest’ultimo nello svolgimento della prestazione lavorativa per ragioni sulle quali si tornerà oltre, ha dichiarato[28]:

 

ADR: Il sig. Portas era solito farmi delle osservazioni offensive in merito al mio lavoro: in particolare era solito dirmi, urlando:” lei può solo vendere noccioline davanti alla FIAT…Il Portas era solito muovermi delle critiche davanti agli altri operai. Il Portas è solito ridere e inveire (es.: sei un incapace, deficiente, ecc.)”,

 

concetti ribaditi con ancora maggiore chiarezza nella deposizione resa al processo[29]:

 

GIUDICE -       Allora ci dica quali erano i suoi rapporti con il PORTAS, in che occasioni c’erano, se erano rapporti normali o se erano rapporti conflittuali.

CAMASSA – Il lavoro era così diciamo distribuito, io avevo delle direttive date dal… se io facevo il primo turno, siccome facevo i turni, se io facevo il primo turno, io leggendo alla mattina il resoconto, il rapporto dell’operaio, del mio collega che ha lavorato la sera, bastava soltanto che leggessi questo rapporto, questo rapportino che si faceva e potevo andare benissimo avanti con il lavoro. Per cui non avevo per forza, non dovevo per forza trovarmi tutti i giorni o sentirmi tutte le mattine con un mio superiore. Se c’erano dei problemi ecco a quel punto lì allora potevo benissimo parlare, andavo dal signor BRATTOLI; per cui ripeto il mio diretto era BRATTOLI. Poi ogni tanto veniva, mi si presentava appunto il signor PORTAS chiedendomi delle cose di lavoro, nell’ambito del lavoro e dicendomi che magari non… incominciava dicendomi a dire che non ero all’altezza, che non ero capace, che non ero…

GIUDICE -        Veniva direttamente PORTAS da lei?

CAMASSA – Sì, sì o a volte…

GIUDICE -        Che non era all’altezza, che non era capace?

CAMASSA – Che non ero capace o che io potevo benissimo andare a vendere le noccioline davanti alla FIAT che forse facevo meglio ed altre cose, parecchie volte mi ha dato del down e senza, ripeto, senza motivo perché insomma il lavoro lo si eseguiva benissimo non… è chiaro errori se ne fanno, perché nell’ambito del lavoro, però non erano così come dire… non è che tutti i giorni si facessero degli errori o tutti i momenti; però le discussioni o le urlate o le sfuriate c’erano in tutti momenti e tutti i giorni. Motivi non c’erano, basta qualsiasi cosa, anche soltanto se io avessi preso un pezzo della macchina messo sul corridoio per magari perché stavo pulendo la macchina per poi dopo rimetterlo sopra, cioè operazioni di lavoro normale di routine, non andava assolutamente bene perché magari non avevo messo, che ne so, dei legni adatti a mettere sotto a degli stampi, bastava qualsiasi cosa, una scintilla qualsiasi per iniziare le discussioni, sfuriate e urlate.     Non dialoghi normali di lavoro, cioè proprio urlate molto vicino alla faccia, molto… dando sempre dei nomi, dando sempre dei…

GIUDICE -        Cosa intende con: “Molto vicino alla faccia”?

CAMASSA – Urlate proprio vicino.

GIUDICE -        Da vicino?

CAMASSA – Sì.

GIUDICE -        Cioè si avvicinava fisicamente?

CAMASSA – Sì, sì, io mi ricordo benissimo un giorno cercavo di ribattere dicendo: “Guardi non urli così perché le viene un infarto, non urli così perché le viene un infarto” ma continuava a urlare e basta. Un giorno mi sono preso anche le cuffie che di solito si hanno, me le sono messe proprio per non sentire più e continuare a lavorare. Insomma scene di questo genere qui. Dando, ripeto, dei nomi, dei…

GIUDICE -        Ma con lei in particolare questi episodi erano frequenti, lei ha parlato di cose, ha usato l’aggettivo giornalieri?

CAMASSA – Sì, giornalieri.

GIUDICE -        Giornalieri anche con lei, o giornalieri con…

CAMASSA – Con tutti.

GIUDICE -        …tenuto conto anche gli altri?

CAMASSA – Di solito…

GIUDICE -        Con lei in particolare erano frequenti, più frequenti che con altri, meno frequenti che con altri, giornalieri, di tanto in tanto?

CAMASSA – Io ritengo, per me, no, per me io ritengo da come sono che per me erano più frequenti che non con altra gente, però era un po’ con tutti, lui si… era una mia idea, si parlava anche magari tra i colleghi di lavoro che lui se puntava una persona o due o tre al massimo al giorno e poi continuava a martellare quelle persone lì di quel giorno lì. Poi dopo magari il giorno dopo erano anche altre persone, ma non è che mollava le altre dice: “Beh adesso le lascio stare”.

GIUDICE -        Ho capito.

CAMASSA – Era un po’… però a volte capitava proprio che a quelle due o tre persone durante la giornata si dedicasse molto”.

 

Analoghe indicazioni sono venute da altri dipendenti, interrogati durante le indagini preliminari e cioè da:

    -     Panacciulli Luigi[30], operaio di V livello (lo Strocchi, acquistata l’azienda, avrebbe detto ai dipendenti che  era ora di finire di fare gli impiegati statali e mantenuti; il Portas, appreso della sua intenzione di licenziarsi, avrebbe commentato il fatto dicendo che la sua “figura in azienda è poco più di un apprendista”);

     -  Palladino Luigi[31]  (“Il sig. Portas è solito urlare con tutti gli operai che a suo dire si comportano scorrettamente”);

     -    Ognibene Carmelo[32] (“Ho avuto qualche discussione con il sig. Portas in merito al mio operato in azienda…a causa di un mio errore, sono stato rimproverato. Il sig. Portas si è messo ad urlare dicendomi che non ero in grado di svolgere il mio lavoro e che dovevo cercarmi un altro posto di lavoro. Anche altri operai, visto che il Portas urlava, si sono accorti di quanto accaduto”);

    -      Parigi Gianluigi[33] (“Io…non ho mai ricevuto minacce/pressioni dal sig. Portas o dal sig. Strocchi. Alcuni miei colleghi sono invece vittime delle continue angherie del sig. Portas (es. Mosca, Rovelli ecc.)… Il sig. Portas è solito rimproverare, urlando, i dipendenti che a suo dire commettono degli errori. Se un lavoro viene svolto nei  tempi non previsti dal Portas, questi comincia ad urlare minacciando di licenziamento gli operai…è solito ripetere che gli operai rubano lo stipendio…In una occasione ho visto…Strocchi strappare L. 2000 alla macchinetta del caffè davanti a due-tre operai accusandoli di rubare lo stipendio”);

    -     Di Martino Antonio[34]  (“I miei rapporti con l’ing. Strocchi sono buoni, preciso di avere avuto solo una discussione in occasione di uno sciopero; il confronto verbale si è mantenuto entro livelli di assoluta civiltà…In merito al comportamento del sig. Portas ricordo che in un’occasione stavo lavorando con un collega giovane al quale insegnavo il lavoro;…dovevo realizzare una fresa. Non sono riuscito a realizzare la fresa in quanto la mole di lavoro era eccessiva; dovevo contemporaneamente realizzare la fresa, preparare il lavoro per il collega giovane che avrebbe cominciato l’attività nel secondo turno (…) e…preparare i programmi con il CAD…Il giorno dopo il Portas si è rivolto a me urlando in quanto il collega giovane nel suo turno ha cominciato a prepararsi la fresa in quanto io non ero riuscito a prepararla nel mio…mi ha detto urlando  “che se non mi piaceva quella era la porta…nel mese di gennaio 2001 ho dovuto sostituire il sig. Lo Bonn…avevo appena cominciato il lavoro ad una macchina quando il Portas si è avvicinato per farmi notare che l’impostazione CAD non era corretta (…); io ho detto che aveva ragione e che stavo preparando il programma….avrei dovuto fermare la macchina, sistemare il programma e riprendere il lavoro….se il Portas avesse visto la macchina ferma si sarebbe adirato, ho solamente diminuito la potenza della fresa (…) per poi recarmi in ufficio a sistemare il programma CAD. Il Portas si è accorto di ciò e mi ha aggredito urlando ed asserendo che io “lo prendevo per il culo”…un giorno urlava contro…Camassa Ciro e questi ha indossato le cuffie per non continuare a sentire insulti. Il Portas ha continuato ad urlare ancora di più…non conosco i motivi del diverbio”);

    -      D’Amico Salvino[35] (“Con…Strocchi io non ho mai avuto alcuna discussione…Portas,…, è solito aggredirmi. In alcune circostanze è solito ripetermi che sono un dawn e che non può perdere il suo tempo a spiegarmi il lavoro…in alcune circostanze mi ha detto che anch’io come altri operai rubo lo stipendio…è sempre solito urlare ed inveire contro gli operai…mi dice urlando e davanti ai miei colleghi che sono un down e che dopo 20 anni non sono ancora in grado di fare il mio lavoro”);

     -     Contorno Ottavio[36]  (“Dai primi giorni…Portas ha avuto verso di me un atteggiamento arrogante e cattivo…Un giorno che io per distrazione (…) avevo sbagliato un lavoro, in modo arrogante mi ha detto di seguirlo in ufficio…mi ha detto testuali parole <<Quando è che si cerca un altro lavoro?>> Io gli ho risposto che non avevo nessuna intenzione di cercarmi un altro posto di lavoro…all’inizio mi ha detto che rubavo il pane ai miei colleghi di lavoro:<<Non è capace a svolgere il proprio lavoro>>);

    -     Rovelli Salvatore[37] (“A seguito di un banale errore sullo stampo di un paraurti sono stato costretto a rassegnare le mie dimissioni come responsabile; ho poi saputo dall’impiegata [Lina Grande] che lo Strocchi si è espresso dicendo che finalmente era riuscito a far rassegnare le dimissioni ad un’altra persona. Dopo le mie dimissioni sono stato adibito a mansioni di aggiustatore e venivo denigrato ogni giorno dal sig. Portas (…) che diceva <<sei un incapace>>, <<sei uno statale>>, <<le cose stanno cambiando>> ecc….Un giorno stavo montando…dei cilindri idraulici quando,…, il Portas si è avvicinato per chiedermi come andava…Io ho detto…<<secondo me le gomme sono un po’ lunghe>> A questo punto mi ha strappato di mano le gomme, io ho mostrato per quale motivo ritenevo che le gomme fossero lunghe ed egli ha cominciato ad urlare e ad offendermi dicendo che ero un <<ciabattino>> e che facevo perdere tempo. Il Portas mi ha ancora detto che mi avrebbe cambiato la vita ed io ho risposto che la vita gliela avrei cambiata io. Le urla…hanno richiamato i miei colleghi, io ho quasi ceduto all’impulso di colpire il Portas e sono stato trattenuto a stento dai colleghi Panacciulli e Zichella e Bosco , il Portas ha continuato a provocarmi dicendomi di mettergli le mani addosso”);

    -     Rovelli Salvatore[38] (“Per Strocchi eravamo lenti nel lavoro. Per superare questo inconveniente una volta feci una riunione con gli operai ai quali raccomandai di fare un certo lavoro in fretta. Riuscimmo a fare quel lavoro in 10 giorni. Strocchi però mi diede dell’idiota perché finito quel lavoro non ne avevo procurato altro”).

    -     Stilo Emanuele[39]  (“Il Portas era solito rimproverarmi quando commettevo degli errori…è solito urlare ed umiliare tutti i dipendenti che a suo dire non si comportano correttamente…Quando un operaio commette un errore il sig. Portas accusa tutti gli operai di essere delle “bestie””);

    -     Virzì Mario[40] (“Il Sig. Portas, fin dal suo ingresso in azienda, ha cominciato ad insultarmi dandomi del panettiere e dicendomi che non ero in grado di effettuare correttamente il mio lavoro…chiamava a testimone il sig. Brattoli…ed iniziava il suo sproloquio nei miei confronti, terminando la frase con minacce di provvedimenti nei miei confronti e di licenziamento…era  solito dire che era una guerra persa contro di lui perché aveva l’appoggio della direzione”);

    -      Albadoro Antonio[41] (“Quando all’AG International subentrò l’AG Industria la situazione cambiò. In ditta c’era sempre qualcuno che gridava: prima Strocchi, poi Portas…Una volta poiché mi ero seduto, venni rimproverato e mi fu detto che rubavo lo stipendio…Mi dissero gridando che lo stipendio che prendevo era sprecato, che se avessi voluto sarei potuto andare via, che avrei potuto tenere al più un banco al mercato…, mi umiliarono…Lo Strocchi gridava tutti i giorni o quasi, a volte anche con parolacce. Sia Strocchi che Portas urlavano sia perché ritenevano di rimproverare qualcuno degli operai che a loro giudizio non aveva fatto bene il loro lavoro sia senza apparente ragione…urlavano quasi tutti i giorni anche per sciocchezze. Di Portas posso dire che non ce l’aveva con qualcuno in particolare. Urlava più che dire parolacce, minacciava, ti martellava con i rimproveri sul lavoro che riteneva fatto male…Quando ho parlato di minacce da parte di Portas, volevo dire che a me il suo modo di esprimersi e di rapportarsi con me o altri appariva minaccioso”).

Strettamente collegata alla parte della contestazione fin qui esaminata è quella avente ad oggetto le vessazioni che alcuni dipendenti dovettero subire ad opera degli imputati, fatti riconducibili, all’evidenza, alla parte della contestazione che recita testualmente

 

“- imponendo ai dipendenti, senza alcuna necessità di produzione, turni lavorativi in modo tale da ostacolare necessità e obblighi della vita privata…

- effettuando ripetuti controlli, impedendo ai dipendenti di parlare tra loro, impedendo ad alcuni lavoratori di effettuare le pause e ad altri di effettuarle insieme, cronometrando il tempo che i dipendenti impiegavano per espletare i propri bisogni fisiologici, impedendo ai dipendenti di ricevere chiamate telefoniche dall’esterno”.

 

Si menzioneranno, a tal proposito, numerose tra le fonti già citate, le cui dichiarazioni[42] danno conto di imposizioni/prevaricazioni poste in essere dagli imputati senza alcuna giustificazione oppure, nella migliore delle ipotesi, viziate da palese sproporzione rispetto alle esigenze realmente esistenti (correzioni di errori sul lavoro commessi dall’uno o dall’altro dipendente; accelerazioni dei tempi di esecuzione delle lavorazioni).

Di seguito si riportano le circostanze emerse.

    -     Grande (“Sono costretta a rispondere al telefono necessariamente prima del secondo squillo altrimenti il Portas inveisce contro di me…Durante la giornata non posso fare pause fisiologiche altrimenti il Portas mi riprende…Il Portas…impedisce ai lavoratori di recarsi in segreteria e mi ha imposto di cacciare via i dipendenti altrimenti lui prende dei provvedimenti contro di me”);

    -     Guidi (“Gli operai non potevano spostarsi dalle macchine se prima non ricevevano il cambio. Preciso che le macchine non hanno bisogno di un’assistenza continua (trattasi di macchine a controllo numerico)…Alcuni operai non potevano parlare tra di loro”);

    -      Mosca[43] (“In alcune circostanze, mentre ad esempio mi recavo in bagno, mi è capitato di parlare brevemente con qualche mio collega di lavoro…Portas in queste occasioni mi rimproverava dicendomi che ero nell’occhio del ciclone e che dovevo stare attento perché la ditta poteva prendere dei provvedimenti nei miei confronti…Portas ha proibito,…, ai sig.ri Palladino e Marinello di prendere il caffè insieme”);

    -      Mosca[44] (“…Portas è solito, quando mi capita di scambiare qualche parola con i miei colleghi, riprendermi o comunque mi fa intendere che questi atteggiamenti non sono graditi. Quando mi reco ai servizi igienici, il sig. Portas è solito controllare il mio tempo di permanenza”);

    -     Camassa (“…quando ero alle dipendenze della…AG International effettuavo, a causa dei miei problemi famigliari, sempre il I turno di lavoro. Sulla fresatrice a controllo numerico operavano sempre due lavoratori, io lavoravo con…Mosca[45].  Eravamo riusciti, vista la mia situazione, a metterci d’accordo sui turni di lavoro; in particolare io effettuavo sempre il I turno mentre il Mosca il II turno. L’azienda era al corrente della mia situazione e avallava questo accordo tra me e…Mosca. I miei problemi famigliari consistono nel fatto che sono divorziato e ho l’obbligo…, visto che ho ottenuto l’affidamento di mio figlio (età 2-3 anni), di passare almeno due ore della giornata con lui. Per questo motivo ero costretto a svolgere inevitabilmente il I turno di lavoro. Quando è subentrata l’AG Industrie,…, questo beneficio mi è stato inspiegabilmente negato. Io ho provveduto ad illustrare la mia situazione…Strocchi…mi ha testualmente risposto “in azienda non devono esistere pecore bianche!”. Ho inoltre fornito al sig. Strocchi tutta la documentazione legale in mio possesso…se avessi continuato…a svolgere il I turno…, non avrei recato alcun danno all’azienda e/o ai miei colleghi di lavoro….Portas mi aveva imposto di rimanere costantemente attaccato alla mia fresatrice…tale fresatrice non ha bisogno di assistenza continua…rimaneva accesa anche di notte senza l’assistenza dell’operatore…Portas mi proibiva di parlare…con i miei colleghi di lavoro…Nel ’99 durante la mia attività lavorativa sono stato informato dalla direttrice dell’asilo frequentato da mio figlio (…) che lo stesso si era fatto male ed era stato portato al Pronto Soccorso. Siccome mio figlio necessitava di alcuni punti di sutura, il Pronto Soccorso aveva bisogno della mia autorizzazione. Questo è accaduto intorno alle 16,30…Ho chiesto al Portas di allontanarmi…Portas mi ha concesso il permesso dicendomi però…”non ci devi rompere i coglioni per una tua scopata andata a male!…per circa 15 giorni sono stato costretto, a causa delle condizioni di salute di mio padre, ad allontanarmi, previa autorizzazione, dal mio posto di lavoro…ho usufruito del mio periodo di ferie….Gotto era al corrente di tale situazione e mi aveva concesso il suo benestare. Dopo il decesso di mio padre sono rientrato in azienda e il sig. Strocchi mi ha detto “lei andando via quei 15-20 giorni è come se mi avesse rubato dei soldi”. Mentre mi diceva questo, contestualmente, si sfilava il portafoglio e mi mostrava dei soldi sventolandoli in viso”);

    -     D’Amico (“Una volta ero alla macchinetta del caffè con…Panacciulli e…Portas è venuto a riprendermi dicendomi che non ero al bar e dovevo immediatamente andare a fare il mio lavoro”);

    -     Palladino (“Io…non posso…prendere il caffè o parlare con il mio collega…Marinello. Secondo…Portas quando io e…Marinello siamo insieme non lavoriamo”);

    -     Contorno (“Ho sentito dire da miei colleghi che…Portas è solito telefonare a casa dei mutuati e dire di riprendere il lavoro”);

    -     Parigi (“…Balinzo Francesco (ex dipendente) ha ricevuto una sospensione di due giorni per un errore commesso…si trattava di un errore banale eppure…Portas ha reagito in maniera spropositata…in presenza del sig. Strocchi e del sig. Gotto, ha insultato…Balinzo”);

    -      Rovelli (“Quando ho cominciato ad effettuare l’attività di aggiustatore sono stato relegato in un angolo del locale. Il mio posto di lavoro al banco è circondato da stampi e materiale per cui sono isolato”);

    -     Stilo (“…Portas era solito rimproverarmi quando commettevo degli errori…, mi impediva di prender e il caffè o di parlare, anche se la macchina era operosa, con i miei colleghi…aveva anche diposto che gli operai non ricevessero più chiamate esterne…Una volta sono stato costretto a lavorare anche con la febbre: ho informato delle mie condizioni di salute…Portas ma lui mi ha obbligato ugualmente a lavorare invitandomi a prendere una tachipirina);

    -     Albadoro (“Tutti i giorni Portas gridava e mi rimproverava anche quando andavo in bagno. Per lui non avrei dovuto muovermi da dov’ero”).

Merita, al riguardo, di essere segnalata la vicenda di Albadoro Antonio, ricostruita sulla base delle  dichiarazioni dell’interessato[46] e della documentazione in atti. Essa, infatti, appare rilevante in relazione ad altra parte della contestazione, quale quella di avere adibito

 

a lavori pesanti e comunque estranei alle proprie mansioni i dipendenti con problemi fisici e addirittura con con invalidità civile (quali i dipendenti D’Amico invalido al 74% costretto a effettuare lavori pesanti quali lo smontagio di stampi o la verniciatura delle pareti del fabbricato in cui ha sede la società e Albadoro invalido al 46% affetto da lombosciatalgia persistente con cervicodorsalgia e tuttavia adibito a mansioni comportanti sollecitazioni statiche o dinamiche del rachide”).

 

L’Albadoro, assunto nel ’94 dalla AG International, era invalido civile al 46% e la sua era stata una assunzione obbligatoria. Le sue mansioni erano di addetto alle pulizie ed allo svolgimento di commissioni all’esterno. Egli ha dichiarato:

 

Quando all’AG International subentrò l’AG Industrie…a me furono cambiate le mansioni. Cominciai a fare il muratore, mi capitava anche di salire su una scala per tinteggiare pilastri alti anche sei metri. Una volta poiché mi ero seduto, venni rimproverato e mi fu detto che rubavo lo stipendio alla ditta. Fui chiamato in ufficio dove erano presenti Portas, Strocchi, Gotto. Mi dissero gridando che lo stipendio che prendevo era sprecato, che se avessi voluto sarei potuto andare via, che avrei potuto tenere al più un banco al mercato, mi umiliarono. Questo episodio risale al 1998-1999. In seguito ebbi una visita medica che confermò la mia condizione di invalidità. Portai la documentazione in ditta ma la situazione non cambiò… A causa della mia situazione e del lavoro pesante, sovente ero in malattia e mi veniva inviato il controllo dal primo giorno”.

 

Dell’episodio riferito vi è, in atti, traccia documentale[47]. All’Albadoro venne contestato, con lettera della azienda del 25-5-99, di essere stato “sorpreso dal sig. Portas “”mentre stava sdraiato sulla sedia”” nel locale collaudo/formazione”. Egli chiese ed ottenne un incontro con la direzione per chiarire l’accaduto, ma ciò non fu sufficiente ad evitargli la sanzione disciplinare di 3 ore di multa. In seguito (19-7-99), egli fu sottoposto a visita medica presso il competente servizio di medicina del lavoro, il cui responsabile formulò una serie di prescrizioni  dettagliate circa le prestazioni lavorative al cui svolgimento non era consigliabile che egli venisse sottoposto. La situazione lavorativa dell’Albadoro, peraltro, non dovette avere una evoluzione lineare, atteso che, molto tempo dopo (il 22-1-01), il suo legale diffidava l’azienda “ad adibire il lavoratore ad attività lavorativa idonea allo stato di salute dello stesso”, atteso che egli stesso asseriva di essere adibito, nonostante la citata visita medica, “a mansioni incompatibili con il proprio stato di invalidità”.

In atti vi è anche la documentazione concernente l’invalidità di  D’Amico Salvino[48], invalido al 75% in quanto portatore di varie e serie patologie, e adibito, a suo dire, anche a lavori pesanti:

 

…Portas, pur conoscendo le mie condizioni di salute, mi costringe a svolgere dei lavori pesanti. Una volta mi ha costretto a smontare da solo uno stampo: in particolare dovevo svitare un bullone con una chiave a brugola. Mentre ero intento nel mio lavoro, visto lo sforzo che ero costretto ad esercitare sul bullone, mi sono sbilanciato e sono caduto in terra sopra delle cassette. Preciso che in altre occasioni mi era capitato di smontare degli stampi ma sempre insieme ad un mio collega di lavoro”.

 

Analoga la vicenda capitata al Rovelli:

 

Un giorno eseguendo, da solo come sempre, lavorazioni di smontaggio di stampi di paraurti mi sono bloccato alla schiena; sono stato portato in ospedale con autoambulanza ed al ritorno dall’infortunio sono stato adibito allo smontaggio di altro stampo di grosse dimensioni e sempre da solo”.

 

Tema anch’esso collegato a quello fin qui preso in considerazione, avendo ad oggetto –comunque- aspetti della prestazione lavorativa svolta, è quello del c.d. “declassamento”, vale a dire dell’assegnazione ad alcuni dipendenti di mansioni diverse e meno qualificanti rispetto a quelle originariamte svolte, compatibili con una categoria contrattuale di livello inferiore rispetto a quella propria dell’interessato; oppure, dell’esclusione di alcuni dipendenti da determinate opportunità, quali l’inserimento in turni lavorativi particolarmente remunerativi. Le ragioni di tali iniziative consistevano, quasi sempre, nella volontà di effettuare ritorsioni in conseguenza di assenze dal lavoro per malattia. In altri casi la ritorsione non consisteva in un declassamento, ma nell’accentuarsi della ordinaria pressione, allo scopo di ottenere, direttamente, una prestazione lavorativa svolta con una celerità superiore a quella ordinaria, e comunque, a dissuadere dal ricorso ad altri periodi di assenza

L’insieme di tali circostanze è stato oggetto di contestazione, atteso che il reato ascritto agli imputati si sarebbe consumato anche

 

    -    adottando rappresaglie, declassando, trasferendo e isolando i dipendenti che osavano prendere le  difese dei colleghi di lavoro;

    -   adibendo in modo pretestuoso i dipendenti a mansioni nuove o comunque diverse dalle proprie

    -    sottoponendo a mansioni di tipo punitivo (quali effettuare pulizie di macchine o locali di lavoro per giorni e anche settimane ovvero verniciare pareti o recinzioni) i dipendenti che erano stati assenti dal lavoro per malattia o che osavano prendere le difese dei colleghi o che non sopportavano passivamente le offese, minacce e angherie.

 

Anche con riferimento a tali aspetti le dichiarazioni rese dai lavoratori costituiscono fonti probatorie privilegiate rispetto alla contestazione. Anche per questa parte, esse meritano credito, non avendo –tutti, indistintamente- riferito le medesime circostanze o comunque affermato di avere vissuto vicende di declassamento. Queste le dichiarazioni rilevanti raccolte sul punto, che vanno lette tenendo presenti le altre, sopra riportate, che riferiscono degli insulti, umiliazioni e denigrazioni loro rivolte dagli imputati:

    -     Mosca[49] (“Personalmente, da mesi, devo fare lo spazzino, il manovale e i lavori più umili, pur avendo anzianità dal 1972 e qualifica “intermedio 5° liv.”, con inquadramento da impiegato dal 1979);

    -     Ferrara (“Lavoro alle dipendenze della…AG Industrie dal 1998 in qualità di impiegato amministrativo…Con il passare del tempo grazie agli interventi del Portas che mi denigrava agli occhi del sig. Strocchi e del sig. Gotto, sono stato declassato ovvero mi hanno trasferito in un ufficio e mi hanno isolato”);

    -     Grande (“…Ho anche paura di mettermi in malattia ed arrivare in ritardo perché…Portas mi considera poco collaborativa; quando rientro in ditta trovo arretrati e il Portas non mi dà il tempo di entrare neanche nel mio ufficio che subito comincia a impartire ordini e se chiedo chiarimenti mi viene detto di svegliarmi perché è tardi”);

    -     Erario (“All’inizio lavoravo su due turni ed il mio stipendio si aggirava intorno a £ 2.200.000; poi dal 1° gennaio 2000 sono stato messo nel turno “centrale” ed il mio stipendio è sensibilmente diminuito. Non conosco i motivi reali di tale spostamento; il sig. Portas mi ha detto che attualmente c’è poco lavoro e quindi non è giustificato il mio utilizzo nei due turni di lavoro e vi è bisogno di personale nel turno centrale. In realtà il carico di  lavoro secondo me non è diminuito”);

    -     Bono (“Mi è capitato di rimanere a casa in mutua per due giorni. Al mio rientro in azienda il Portas per punizione mi ha fatto pulire per tre giorni l’intero reparto di fresatura. Inoltre mi ha anche minacciato dicendomi che se mi fossi assentato un’altra volta mi avrebbe licenziato”);

    -     Mosca (“La mia qualifica è di intermedio V livello. Quando lavoravo alle dipendenze dell’AG International mi occupavo della gestione del magazzino utensilerie meccaniche…Il magazzino utensilerie meccaniche non viene più gestito da me e da nessun altro lavoratore….quando l’AG Industrie è subentrata all’AG International io sono stato trasferito dal magazzino al reparto produttivo: qui svolgevo la mansione di jolly occupandomi della preparazione di materiali di commesse…prima dell’arrivo del sig. Portas io lavoravo insieme ad un mio collega (sig. Camassa), su una fresatrice a controllo numerico…Portas…ha …rivoluzionato tutto…Camassa è stato spostato su un’altra macchina…Portas dopo alcuni mesi mi ha spostato da una fresatrice per lo sgrassaggio di stampi in acciaio ad un’altra per operazioni di finitura…a seguito dell’ennesima discussione con…Portas e viste le mie condizioni di salute (stato di agitazione) ho chiesto al…Portas di allontanarmi dal lavoro. La discussione…riguardava il fatto che ero stato in mutua…per alcuni giorni. Per vendetta…Portas mi ha chiesto di pulire le macchine utensili…Dal maggio 2000 io mi occupo della manutenzione del fabbricato e dei macchinari. In particolare mi occupo di verniciatura e imbiancatura…Dubito di essere stato affiancato al Facciorusso per migliorare la mia capacità lavorativa, visto che il sig. Portas, quando operavamo in due sulla fresatrice, mi mandava sempre in magazzino…In alcune circostanze sono stato addetto al taglio degli stracci per la pulizia delle macchine. A volte quando mi capitava di avere delle discussioni con Portas o con Strocchi vengo immediatamente e sistematicamente addetto ai lavori più umili e umilianti, es. pulizia macchine, rimozione di carcasse di animali morti ecc.”);

    -     Palladino (“Lavoro alle dipendenze della AG Industrie dal 1999…Pur essendo un operaio qualificato, la mia mansione è infatti di aggiustatore al banco, sono costretto dal sig. Portas ad effettuare dei lavori che non hanno nulla a che vedere con la mia qualifica. Sono infatti costretto a verniciare, ad effettuare la pulizia dei locali ecc…Sono sempre costretto ad effettuare dei lavori schifosi;…Portas non mi dà la possibilità di lavorare insieme ad un anziano in maniera tale che io mi possa perfezionare e diventare un buon aggiustatore. Io ho chiesto…spiegazioni al sig. Portas e lui mi ha risposto che prima devo fare la gavetta e poi si vedrà”);

    -     Di Martino (“Durante un periodo di mutua…ho telefonato in Ditta per avvertire che non mi sarei recato al lavoro in quanto avevo la bronchite (diagnosi del medico curante)…Al ritorno dal periodo di mutua il Portas mi ha apostrofato dicendo:”I malati di cancro terminale stanno a casa 15  giorni”. Mi ha poi ordinato di eliminare alcuni tratti di segnaletica a pavimento, con uso di solvente e senza mascherina di protezione delle vie respiratorie, nonché di rifare altri tratti di segnaletica”);

    -     D’Amico (“Quando qualche operaio rientra dal periodo di mutua,…Portas lo costringe ad effettuare i lavori più umili (verniciare, pulire gli stampi) e che non competono alla sua mansione. Anch’io ho subito il medesimo procedimento: in particolare, al rientro dal periodo di mutua, sono stato costretto ad effettuare la verniciatura delle pareti”);

    -     Stilo (“Nel 2000 sono stato in mutua per circa una settimana a causa di un’influenza. Il sig. Portas ed il sig. Strocchi sono soliti quando un operaio ritorna al lavoro dopo un periodo di mutua punirlo obbligandolo ad effettuare dei lavori che non rientrano nei compiti dell’interessato. Nel mio caso specifico sono stato costretto a pulire per due settimane l’officina”);

    -     Rovelli (“Un giorno eseguendo, da solo come sempre, lavorazioni di smontaggio di stampi di paraurti mi sono bloccato alla schiena; sono stato portato in ospedale con autoambulanza ed al ritorno dall’infortunio sono stato adibito allo smontaggio di un altro stampo di grosse dimensioni e sempre da solo”);

    -     Rovelli[50] (“Ebbi tre infortuni, una prima volta per una distrazione, legata al fatto che Portas era sempre dietro di me. Mi tagliai un tendine. Rimasi a casa sei mesi. Portas mi telefonava e mi diceva di rimanere a casa perché la mia presenza era inutile in officina. Tornato a lavorare mi fu chiesto di smontare uno stampo da solo, per me era impossibile e non vi riuscii…Nel primo periodo fu commesso un errore su uno stampo…mi fu chiesto di trovare il responsabile. Io non potevo fare nomi perché il lavoro era durato a lungo e lo feci presente. Mi fu chiesto di dimettermi da responsabile del reparto. Seppi poi dalla Grande che lo Strocchi aveva detto:”Meno male, ho fatto andare via un altro”. Da allora fui addetto a lavorazioni al banco come operaio”);

    -     Virzì (“Al ritorno da un periodo di mutua, il sig. Portas mi ha costretto a pulire la macchina “da cima a fondo””).

Come era del tutto logico attendersi, i comportamenti posti in essere dallo Strocchi e dal Portas non rimanevano senza conseguenze. Dalle dichiarazioni dei dipendenti emerge che più di uno, in particolari occasioni, ebbe reazioni emotive sul luogo di lavoro, evidente sintomo di accumulo di tensione, indotta dal “clima” abituale nel quale si svolgeva la prestazione lavorativa, e di “specifica” rabbia insorta per l’ennesimo sopruso, fosse esso un insulto, una umiliazione, oppure “solo” un ordine o una direttiva ingiustificatamente punitivi. Ben più ampio, invece, il quadro delle patologie e dei disturbi di natura psicosomatica accusati, almeno in determinati periodi, da numerosi lavoratori. Al riguardo –e con riferimento alla problematica dell’attendibilità delle fonti- occorre aggiungere alle considerazioni già svolte il fatto che, pur non essendo stati in grado –i diretti interessati- di documentare quanto sopra (il che trova spiegazione nella natura delle patologie accusate e delle terapie solitamente praticate per il loro superamento), alcuni dei problemi emersi sono stati segnalati dai lavoratori che ne furono portatori vincendo, verosimilmente, comprensibili remore legate ad esigenze di riservatezza: a riprova di un disagio reale, che giustifica il credito che si ritiene di poter riconoscere alle relative dichiarazioni. Né può valere, a smentire i lavoratori, il fatto che il medico dell’azienda, dr. Baglio, non avesse ritenuto di assumere iniziative idonee a porre i responsabili della conduzione dell’azienda di fronte alle loro responsabilità. Quest’ultimo, infatti, ha dichiarato[51] di avere raccolto lamentele circa il “carattere troppo autoritario del Portas”, ma ha aggiunto di non avere dato loro peso e di non essere stato, comunque, informato dai lavoratori di “patologie (eruzioni cutanee, tachicardia, ecc.) riconducibili alle tensioni presenti all’interno della ditta”; circostanza, quest’ultima, tutt’altro che decisiva per dubitare dell’attendibilità delle dichiarazioni dei lavoratori, i quali possono avere avuto plurime motivazioni, tutte riconducibili ad una ragionata sfiducia nell’utilità di  un’iniziativa in tal senso, per non mettere al corrente il medico del loro datore di lavoro del dettaglio della propria condizione.

Queste le dichiarazioni rese sul punto dai lavoratori di seguito menzionati:

    -  Ognibene (“Ho avuto qualche discussione con…Portas. In particolare durante la mia attività lavorativa, a causa di un mio errore, sono stato rimproverato…Portas si è messo ad urlare dicendomi che non ero in grado di svolgere il mio lavoro e che dovevo cercarmi un altro posto di lavoro. Anche altri operai, visto che …Portas urlava, si sono accorti di quanto accaduto. Io non ho risposto al…Portas e a seguito di un attacco di nervosismo, ho cominciato a piangere”);

-    Ognibene[52] (“Praticamente io più delle volte mi sono messo a piangere,  perché   abbiamo   avuto delle reazioni non indifferenti. Di conseguenza ho sfogato la mia ira mettendomi a piangere, o  andando in bagno o dietro la macchina…  GIUDICE -     Intanto, scusi, è successo più di una volta questo? OGNIBENE – Sì, un paio di volte è successo, cosa che in una seconda volta io sono stato messo a fare il normale, cosa che ero un turnista, perché lui diceva che doveva tenermi sotto controllo”);

    -     Brattoli (Mi è capitato di vedere alcuni operai piangere (sig. Ognibene) a seguito della tensione nervosa creatasi da una animata discussione avuta con il sig. Portas. Ho riferito quanto accaduto al sig. Portas il quale mi ha detto che non erano problemi suoi”);

    -     Panacciulli (“Io personalmente…dopo circa una settimana di martellamenti con queste frasi urlate “Non muoverti di là” (posto di lavoro) “Non andare al gabinetto”, “Voglio vedere che tu fai solo lavoro”…ho sofferto di insonnia, mi svegliavo sentendo le urla, ho preso dei tranquillanti”);

    -     D’Amico (“Oggi visti i miei rapporti con il sig. Portas sono costretto ad assumere dei calmanti perché spesso riscontro un aumento della sudorazione dovuta alla tensione creatami dal sig. Portas. Di notte ho spesso gli incubi legati alla mia attività lavorativa: in particolare ho paura che il sig. Portas mi riprenda sul lavoro…Quando ho una discussione con…Portas accuso sempre un blocco alla bocca dello stomaco e poi sono costretto ad andare in bagno per vomitare. Tutte le mattine avverto, prima di andare al lavoro, un senso di spossatezza”);

    -     Contorno (“All’inizio pensando alla mia situazione in ambito lavorativo soffrivo di ansie, insonnie, mal di testa, senso di spossatezza, disturbi alla digestione. Mi è capitato dopo un litigio con Portas di andare in bagno e vomitare. Molto spesso mi sentivo isolato ed incapace di contrastare l’arroganza e la cattiveria del Portas. Avevo perso la mia serenità e dignità”);

    -     Rovelli (“Dopo alcuni mesi di gestione Strocchi-Portas ho cominciato ad accusare dolori allo stomaco, durante l’arco della giornata, con difficoltà alla digestione e nausea; i dolori si accentuavano nel periodo trascorso in azienda. Mi sono recato dal medico curante che mi ha prescritto dei farmaci che però non hanno avuto giovamento sulla sintomatologia. Sono ritornato dal medico curante che poi mi ha prescritto una gastroscopia che ha riscontrato la presenza di due ulcere a livello del duodeno. Attualmente sono ancora in cura per tale patologia. Nell’ultimo periodo di tempo ho necessità di ingerire una maggiore quantità di cibo. In questo ultimo periodo sono stanco, spossato al mattino, soffro di insonnia: ho difficoltà ad addormentarmi ed ho il sonno agitato. Soffro di cefalea, ho notato una perdita di concentrazione. Mi sento profondamente depresso, demotivato nel mio lavoro e mi reco di malavoglia al lavoro a causa della situazione che so di trovare. La sintomatologia è cominciata con la gestione Strocchi-Portas”;

    -     Virzì (“Spesso dopo i maltrattamenti del sig. Portas mi mettevo a piangere per reazione nervosa; a questi miei sfoghi erano presenti i colleghi…Bittolo,…Brattoli,…Facciorusso,…Damora… Spesso avevo delle amnesie, non riuscivo a concentrarmi perfettamente sul lavoro. In questo periodo mi sono recato dal medico curante…che mi ha prescritto una visita psichiatrica…Ho sofferto per circa sei-sette mesi di insonnia e i miei rapporti famigliari erano diventati difficili; avevo spesso dei diverbi con i miei famigliari. Soffrivo di inappetenza e sono arrivato a perdere 3-4 Kg. Soffrivo anche di emicrania. Da circa un anno le mie condizioni di salute sono migliorate perché…Portas non mi assilla più con la stessa frequenza di prima. Non ho mai assunto alcun medicinale”);

    -      Stilo[53] (“Quando ritornavo al lavoro dopo un periodo di malattia temevo sempre la reazione del Portas e la notte non riuscivo a riposare. Ho cominciato anche a fumare di più e ho cominciato a bere il caffè. A volte mi tremavano le mani e la palpebra dell’occhio sinistro. La notte mi svegliavo e perdevo sangue dal naso. Soffrivo di emicrania ed ero costretto ad assumere degli antinfiammatori”);

    -     Ferrara (“All’inizio, viste le mie discussioni con il sig. Strocchi, accusavo alcuni malesseri quali uno stato d’ansia, problemi di stomaco, insonnia ecc. Tali sintomi sono cessati quando i miei rapporti con…Strocchi sono migliorati. All’arrivo del Portas,…, i sintomi sopra decritti sono ricomparsi. Dopo il mio isolamento nell’ufficio ammezzato della ditta, i sintomi sono peggiorati e oggi soffro anche di malinconia e quando penso alla mia situazione ho anche degli scatti di rabbia. Con i miei famigliari ho a volte dei problemi dovuti all’insorta irascibilità causata principalmente dagli atteggiamenti del…Portas. La mia attività sessuale è difficoltosa visti anche i miei stati di ansia. Ogni tanto assumevo dei tranquillanti per riposare meglio”);

    -     Grande (“Soffro spesso di emicrania dovuta allo stress causatomi dal…Portas…Soffro di crampi allo stomaco e di incubi (sogno il Portas che inveisce contro i dipendenti e contro di me). La sera ho il terrore che la sveglia non suoni e quindi il Portas mi riprenda in caso di ritardo. Avverto spesso un aumento della sudorazione e soffro di tachicardia. A volte se sono particolarmente nervosa, rispondo male ai miei famigliari e non ho voglia di occuparmi delle faccende domestiche. Non assumo farmaci. Ho avuto un calo del  desiderio dovuto allo stress. Nel periodo delle festività, i sintomi sopra descritti cessano totalmente e quindi non ho alcuna difficoltà a relazionarmi con i famigliari e il desiderio sessuale aumenta”);

    -     Guidi (“A causa dei maltrattamenti del…Portas e…Strocchi ho cominciato ad accusare alcuni disturbi: crampi allo stomaco, inappetenza, insonnia, perdita di peso (circa 10 Kg.) nel giro di pochi mesi, bruciori di stomaco, vomito, incubi. Ero irascibile nei confronti dei miei famigliari e mi rifiutavo di colloquiare con loro. Quando sono andato in pensione, dopo alcuni mesi, questi sintomi sono scomparsi. Io sono andato in pensione nel marzo 2000. I sintomi sono durati circa 1 anno. Ho assunto anche dei farmaci”);

    -     Mosca[54] (“Durante la notte, accuso forti dolori allo stomaco e ai reni. Questi problemi si sono manifestati da circa due anni. Una o due volte al mese accuso questi disturbi. Il mio medico di famiglia dott. Mazza è al corrente di tale situazione”);

    -     Mosca[55] (“Mi capita spesso di accusare sensazione di prurito agli arti e al cuoio capelluto. Problemi che accuso da quando Portas è subentrato in ditta. Soffro di disturbi di tachicardia, ma la pressione sanguigna è normale. Accuso un senso di oppressione allo sterno e alla gola. A volte aumenta anche la sudorazione e subentra un senso di freddo. Accuso, quando mi capita di avere delle discussioni con il Portas o quando lo sento inveire con qualche mio collega, dei dolori muscolari e alle cosce. Soffro anche di insonnia, emicrania. A volte durante la notte mi sveglio pensando al lavoro e soprattutto sono ossessionato dal pensiero di incontrare il Portas….Consumo molti più caffè, sigarette e analgesici di prima. Assumo degli ansiolitici prescrittimi dal medico di famiglia che assumo quando sono agitato”);

    -     Camassa (“Quando sono cominciati i miei problemi con…Portas e con…Strocchi, ho cominciato ad accusare dei disturbi di salute: comparsa di eruzioni cutanee, comparsa di un senso di palpitazione, aumento della sudorazione ecc….In questo periodo ho cominciato a mangiare di più e ho ripreso a fumare…Il mio medico curante era al corrente della mia situazione e mi ha prescritto degli ansiolitici…la mia concentrazione era sensibilmente diminuita. Durante la notte mi alzavo improvvisamente perché avevo degli incubi che riguardavano la mia attività lavorativa. Il mio medico curante è la dott.ssa Gaido di Moncalieri”).

Tra le conseguenze delle condotte del Portas e dello Strocchi vanno, inoltre, incluse anche le dimissioni date da alcuni dipendenti. Ne è riprova –importante, trattandosi di documento formato al di fuori del processo- la lettera di dimissioni datata 25-10-2000[56] di Balinzo Francesco, illuminante in relazione non solo al “clima” instauratosi in azienda con l’arrivo del “gruppo Strocchi”, ma anche alle ragioni più profonde, riconducibili ad una ben precisa “filosofia imprenditoriale”, che quel “clima” avevano prodotto. Scriveva, infatti, il Balinzo, rivolgendosi direttamente al Portas (destinatario non solo delle sue dimissioni, ma anche della sua personale amarezza, peraltro accompagnata dalla orgogliosa puntualizzazione che sarebbero state rispettate, da parte sua, le regole vigenti):

 

Questa decisione è maturata in relazione al clima di astio assolutamente invivibile che si è creato nei confronti del personale con più esperienza e professionalità, per tanto pur avendo contribuito da moltissimi anni alla crescita di questa società non intendo più proseguire il mio rapporto di lavoro, resta comunque inteso che intendo portare a termine il periodo di preavviso come stabilisce il contratto”.

 

Il Balinzo, peraltro, non fu l’unico a dimettersi per aver ritenuto non più sostenibile il “clima” aziendale. Sono, infatti, in atti anche le copie delle lettere di dimissioni di Ferrara Bruno (del 26-4-02, motivate con i “veleni col dirigente” e che si chiudeva con un’ eloquente “Buona fortuna a tutti meno uno, e tanti saluti) e di Barbuto Massimo (del 3-7-99, motivate con le “incomprensioni con il capo officina”). Si dimisero, inoltre, prima del raggiungimento della massima anzianità di servizio a causa dei pessimi rapporti con il Portas e con lo Strocchi anche altri lavoratori: Camassa, passato alle dipendenze di altra ditta, la Anex di None; Panacciulli, le cui dichiarazioni, al riguardo, sono già state sopra riportate; Rovelli[57] (“Mi sono dimesso nel 2001 quando ho trovato un altro lavoro come operaio. In questo modo ho rinunciato alla categoria superiore pur di lavorare…So che anche altri hanno deciso di andare via per le mie stesse ragioni. Mi riferisco a Gariglio e a Stilo oltre ad altri di cui non ricordo il nome”), Albadoro[58].

Rimane il fatto che, dalla visura camerale in atti[59] risulta che AG Industrie aveva, al momento della sua costituzione, 55 dipendenti.  E’, invece, emerso che dal 2003 i dipendenti della società si sono ridotti a 33-34 e ciò per il numero elevato di dimissioni, più numerose dei pensionamenti[60].

Infine,  non può tacersi di quanto alcuni dipendenti hanno riferito di avere appreso dagli imputati in ordine ad alcuni dei loro obiettivi specifici, che –nel loro insieme- avrebbero dovuto risultare strumentali rispetto alle più ampie finalità imprenditoriali perseguite. Decisive, al riguardo, si rivelano le dichiarazioni di Rovelli e Brattoli che, pur nella non assoluta sovrapponibilità (a riprova, ove ve ne fosse bisogno, della reciproca autonomia), si riscontrano a vicenda, offendo uno spaccato della visione propria, in primo luogo, dello Strocchi, ma in realtà anche del Portas,  in merito ai rapporti che l’azienda avrebbe dovuto avere con le maestranze, in vista  del miglior risultato produttivo e del massimo profitto realizzabili. Queste le dichiarazioni del Rovelli.

 

Il sig. Strocchi ha più volte chiesto espressamente a me ed al collega Brattoli di adottare un comportamento più duro e delatorio nei confronti degli operai. Ogni volta che un particolare prodotto presentava anomalie o difetti occorreva, secondo Strocchi, individuare un colpevole anche se di fatto il lavoro era stato svolto da una pluralità di soggetti e quindi, considerata anche la nuova organizzazione del lavoro, non era possibile individuare il singolo responsabile. Preciso ancora che si trattava sovente di errori che normalmente possono accadere e non di questioni gravi o legate a dolo od incapacità lavorativa”.

 

Queste, invece, le dichiarazioni del Brattoli, parte delle quali già sopra considerate ad altri fini:

 

Il sig. Strocchi, quando non gli fornivo prontamente il nominativo di un operaio che aveva presumibilmente commesso un errore di piccola entità, mi dava del mafioso. Dopo che io provvedevo a fornirgli il nominativo del presunto colpevole lo Strocchi era solito convocarlo pubblicamente ed inveire contro di lui dandogli dell’incapace e altri epiteti che non ricordo. Il sig. Portas è solito quando un operaio commette degli errori convocarmi ed in mia presenza provvede a chiedere delle spiegazioni riguardo l’accaduto: prima con tono fermo ed autoritario, poi se le giustificazioni dell’operaio non sono plausibili, con tono irruento…Mi è stato chiesto sia dal Portas che dallo Strocchi di adottare nei confronti degli operai un atteggiamento più duro”.

 

Ancora più chiaro è il senso della testimonianza Rovelli se si considerano le dichiarazioni da quest’ultimo rese nel corso del giudizio:

 

L’idea di Strocchi era che bisognava costringere l’operaio a lavorare sotto pressione, in questo modo avrebbe lavorato di più. Ne parlammo io e Strocchi migliaia di volte in officina. Strocchi riteneva che la pressione sugli operai dovesse arrivare al punto di offendere le persone: egli pretendeva che io offendessi gli operai coi quali dovevo rapportarmi. Per questo mi veniva dietro, perché voleva verificare che mi comportassi così. Io ero contrario a questo metodo. Strocchi mi dava dell’incapace perché non adottavo il sistema che voleva lui. Io sapevo bene che c’erano operai che avevano bisogno di essere seguiti più di altri ma non condividevo la sua linea…Circa un anno dopo l’arrivo di Strocchi arrivò il Portas. Strocchi aveva detto a me e a Brattoli che avrebbe preso qualcuno con carattere più forte. Da allora la situazione si fece triste…Strocchi pretendeva che io fossi informato su tutte le presenze e assenze. Posso raccontare un episodio avvenuto durante il primo periodo dell’arrivo di Strocchi. Fui richiesto di notizie su un operaio che risultava assente, risposi che mi sarei informato presso la centralinista secondo la prassi, feci sapere che la centralinista mi aveva detto che l’operaio aveva comunicato l’assenza. Strocchi obiettò che la centralinista avrebbe dovuto avvertirmi subito. Secondo lui, perciò, io avrei dovuto rimproverarla fino ad offenderla. Io non ero d’accordo e non ero capace di tanto. Alzai la voce con lei ma non più di tanto, fui in seguito insultato da Strocchi. In particolare mi recai dalla centralinista con al seguito Strocchi che voleva verificare come mi sarei regolato con lei”.

 

Dunque, insulti, umiliazioni e vessazioni di vario tipo, nella versione dei testimoni, non costituivano episodi eccezionali o comunque legati a specifiche situazioni che si verificavano nella quotidianità lavorativa. Il loro grado di frequenza si collocava in una precisa strategia aziendale, essendo tali mezzi ritenuti idonei alla realizzazione del progetto imprenditoriale di AG Industrie, consistente in un forte incremento della produttività e della qualità del prodotto, conformemente a quanto richiedeva il rispetto delle obbligazioni nascenti dal contratto stipulato con Breed.

Occorre osservare, in proposito, che i mezzi e le modalità prescelti da chi, essendone socio di maggioranza o titolare di un importante incarico dirigenziale, ritenne di avvalersene, si accompagnarono ad un investimento nella formazione risultato davvero modestissimo e comunque rivelatosi, alla prova dei fatti, di scarsissima efficacia. Ci si riferisce alla documentazione prodotta dalle difese in allegato alla memoria 10-2-05[61]. Si tratta di 3 fatture emesse –una- da Lab srl e –due- da CIMsystem srl. La prima, del 30-5-98, è per l’importo di 10.000.000= di vecchie lire (oltre IVA), e va letta in collegamento con altro documento, parimenti prodotto dalle difese, costituente la proposta/offerta avanzata dalla medesima ditta ad AG Industrie, in data 8-5-98. In sostanza, per 10.000.000= di vecchie lire Lab srl prima offrì, quindi vendette ad AG Industrie, un software, comprensivo di due licenze,  a loro volta comprensive della “formazione di mezza giornatapresso la sede di AG Industrie. La altre due fatture, datate 28-2 e 30-6-99, sono –ciascuna- per un importo di 500.000= vecchie lire e si riferiscono, ciascuna, ad una giornata di formazione su “SUM 4.0”. Al di là del fatto che non è stato precisato se gli interventi formativi documentati si riferiscano effettivamente alle necessità collegate alle già esaminate innovazioni introdotte nel processo produttivo, rimane il fatto che, complessivamente, sono state documentate due giornate e mezza di formazione. Per contro, le modifiche introdotte nel modo di lavorare, valutate dagli stessi imputati come particolarmente significative,   coinvolsero alcune decine di lavoratori: come a dire che per AG Industrie la formazione delle maestranze non costituì affatto una priorità. Tra i diversi strumenti attivabili per conseguire i propri obiettivi di sviluppo produttivo e di profitto, l’azienda optò per altri, verosimilmente meno costosi, ma altrettanto verosimilmente meno efficaci, come le successive vicende puntualmente ed inesorabilmente dimostrarono. Fu, infatti, costante, e preferito alla formazione, il rapporto diretto tra socio di maggioranza e/o direttore di stabilimento, da un lato, e singolo lavoratore, dall’altro: rapporto che, peraltro, si caratterizzò  per tutto quanto emerso, compresi ripetuti, plateali gesti (quali lo strappare banconote in presenza dei dipendenti) che avrebbero dovuto –nelle intenzioni dello Strocchi- richiamare i lavoratori a comportamenti più corretti, in vista –tra l’altro- di un aumento della produttività, ritenuto obiettivo sul quale si riteneva opportuno coinvolgere e corresponsabilizzare i lavoratori stessi.

I fatti emersi nel presente processo non hanno trovato spiegazioni utili in chiave difensiva in quanto dichiarato dagli imputati Portas e Strocchi[62].

Il primo, dopo essersi soffermato sulle ragioni della propria assunzione da parte di AG Industrie, da porre in relazione agli obiettivi aziendali ed alle già illustrate difficoltà di conseguirli, nelle indagini preliminari[63], ha, in primo luogo, affermato che lo Strocchi, non essendosi limitato ad “acquistare solo i macchinari”, aveva dimostrato di volere “investire anche nel personale per rendere produttiva quella azienda”. Inoltre, egli ha dichiarato che gli obiettivi aziendali vennero raggiunti, essendo cresciuta la professionalità dei dipendenti ed essendo stata portata “una azienda che sembrava all’inizio sull’orlo della crisi a risultati importanti”.  Il Portas ha, poi, spiegato le dichiarazioni dei dipendenti, i cui verbali aveva avuto modo di leggere, in questi termini:

 

Io credo che le dichiarazioni rese dai lavoratori…siano state dettate dalla difficoltà di accettare le direttive e gli insegnamenti che io impartivo loro e che erano necessari a permettere la esistenza stessa della azienda in quanto il lavoro che si doveva fare era di alta precisione…e quindi alcuni di essi forse ne hanno sofferto dando una risposta secondo me sbagliata ad una sofferenza evidentemente vera…Mi hanno colpito molto le dichiarazioni di Mosca e di Camassa:…il Mosca (…) non aveva nessuna esperienza quale fresatore ed è vero che io lo ripresi molte volte ma ciò era determinato dal fatto che il lavoro non era stato eseguito in modo preciso…egli non si rendeva conto che un errore apparentemente lieve e cioè di pochi centesimi di millimetro compromettono la buona riuscita della lavorazione.

ADR: la vera ragione della acredine dimostrata dai lavoratori…credo sia da individuare nella necessità –per la grossa mole di lavoro- di organizzare il lavoro su due turni (…) ed eccezionalmente su tre.

ADR Il lavoro organizzato su turni prevedeva contrattualmente incentivi…richiede però un po’ di autonomia dell’operatore…molti lavoratori non erano ancora adatti a quel tipo di organizzazione in quanto avevano bisogno di una guida e di un aiuto…Decisi pertanto di mettere ad orario normale…i lavoratori che non erano ancora pronti a lavorare nel turno;…ciò determinò del malcontento in quanto essi venivano a guadagnare un po’ meno…

ADR: Ricordo la vicenda del…Camassa…;…nell’ottica di cui ho detto…decisi di affiancare al Camassa un altro lavoratore più esperto…il nuovo collega non gli permise più il sistema che avevano adottato col Mosca. Camassa mi parlò dei suoi problemi fino ad allora a me ignoti e io gli proposi di…alternare una settimana sul turno di mattina e una sull’orario normale in modo da venire incontro alle sue esigenze di famiglia; tuttavia il Camassa non fu d’accordo poiché in tal modo guadagnava un po’ meno….

ADR: Per quanto riguarda…D’Amico e Albadoro escludo nel modo più assoluto che essi siano stati adibiti a lavori pesanti in danno della loro salute…Albadoro…lo trovai a dormire…e gli avevamo fatto una lettera di ammonizione…D’Amico… aveva negli ultimi tempi problemi di salute…noi abbiamo cercato di fargli fare lavori più leggeri…compatibilmente con quello che il lavoro in azienda permetteva….

ADR: Non è vero che io abbia adibito a mansioni punitive i lavoratori;…le macchine utensili hanno necessità di essere pulite dai trucioli prodotti nella lavorazione e quindi ogni operatore addetto ad una macchina in occasione del cambio di lavoro deve occuparsi di questa operazione di pulitura…quando torna al lavoro il lavoratore assente…deve occuparsi di pulire la macchina prima di farla lavorare di nuovo….

ADR: Non è vero che io abbia mai cronometrato i tempi di lavorazione poiché il tipo di lavoro non permette un tempo di lavorazione predeterminabile.

ADR:…alcuni lavoratori in passato hanno abusato dei servizi per cui vi è stata la necessità di riprendere qualcuno che era stato sorpreso a telefonare

ADR: Non ho mai impedito le chiamate telefoniche ma ad un certo punto abbiamo dovuto dare una regola per come doverle distribuire”.

 

Di analogo tenore le dichiarazioni rese dallo Strocchi nelle indagini preliminari[64]:

 

Nei primi mesi la mia presenza in azienda fu costante, andavo in azienda due o tre volte alla settimana per qualche ora al fine di conoscere il personale e di capire quali fossero le capacità operative di questa impresa. Dopo i primi mesi visti i miei molteplici impegni e considerato che trascorrevo molti mesi all’anno all’estero la mia frequentazione della AG  si è diradata e mi recavo in azienda una volta ogni 15 giorni, sempre che non fossi all’estero.

ADR: In azienda i miei rapporti più frequenti erano con i capi reparto e quindi con il  Portas il quale mi informava circa l’andamento della produzione;…non avevo rapporti diretti con i dipendenti salvo che non mi accorgessi che si facevano operazioni in modo errato. In questi casi riprendevo in modo particolare il Portas poiché lui era responsabile della produzione ma siccome lo facevo in prossimità della postazione di lavoro ascoltava anche il lavoratore. Ammetto di essermi arrabbiato in qualche occasione soprattutto quando lo stesso errore si ripeteva in diverse occasioni.

ADR: Non è vero che ho posto in essere alcuno dei comportamenti che mi vengono contestati…nelle aziende di cu mi sono occupato nella mia vita non vi sono mai stati scioperi…a dimostrazione del fatto che ho sempre cercato la collaborazione e un buon rapporto con il personale.

ADR: Neppure il Portas in mia presenza ha mai trattato male, insultato o umiliato lavoratori…

ADR: Se in qualche occasione si è ripreso qualche lavoratore ciò è stato dettato dalla necessità di richiamare gli stessi ad una maggiore attenzione…

AD difesa: Mi è capitato in alcune occasioni di sorprendere alcuni lavoratori trascorrere più di un’ora alla macchinetta del caffè, premetto che nella mia attività di gestioni aziendali mi sono sempre preoccupato di spiegare in modo semplice quanto costa l’inefficienza con elementari calcoli aritmetici dicendo che ogni minuto di inefficienza costava circa 2000 lire tenendo conto del costo orario del lavoro pari a 120.000 lire. In una circostanza –esasperato dalla lunghezza della pausa- diedi una dimostrazione plateale di questo concetto accennando a strappare una banconota da lire 2000 ma non intendendo offendere nessuno bensì con l’intento di spiegare ai lavoratori quanto costava il loro comportamento alla azienda. Aggiunsi che era come se le 2000 lire fossero state gettate per strada senza che ciò venisse a vantaggio né per loro né per l’azienda…

AD difesa: nei primi mesi allorché mi accorsi dei molti errori di esecuzione del lavoro parlai con i capi-reparto Brattoli e Rovelli chiedendo loro di essere maggiormente collaborativi nella individuazione degli errori e dei responsabili affinché si potesse ad essi porre rimedio;…mi accorsi che essi facevano fatica a dare queste indicazioni per paura di danneggiare i colleghi ma io spiegai che l’intenzione della azienda non era di mandare via chi avesse sbagliato ma di fare in modo che certi errori non si ripetessero ancora.

AD difesa: Non ho mai saputo dal Gotto, dal Portas o dai lavoratori che vi fossero situazioni di maltrattamento nei confronti di lavoratori in particolare da parte del Portas né mi furono riferiti episodi o circostanze che mi potessero indurre a pensare ciò”.

 

Nel corso del processo il Portas e lo Strocchi, interrogati, hanno ribadito quanto sopra specificato: parte delle loro dichiarazioni è stata riportata all’inizio del precedente capitolo.

La linea di difesa dei due imputati, con le eccezioni e precisazioni che risultano dalla lettura delle rispettive dichiarazioni, non è stata, di conseguenza, di negazione di tutti i fatti portati alla luce dai dipendenti dell’azienda. Essi, per spiegare possibili rimproveri anche vigorosi rivolti ai lavoratori, hanno fatto riferimento a molteplici esigenze, tra loro strettamente collegate: dal rispetto delle obbligazioni assunte verso la clientela in termini di qualità dei prodotti da consegnare e di tempi da osservare, al rilancio della presenza sul mercato di un’azienda che, col trascorrere del tempo ed anche a causa della assenza prolungata di una conduzione efficace, aveva perso competitività; e, sul versante delle maestranze, all’esigenza di una riqualificazione professionale che, valorizzando un patrimonio di professionalità già acquisite e superando atteggiamenti lassisti, consentisse ai lavoratori –e, per il loro tramite, all’azienda- di essere al passo con l’innovazione tecnologica imposta dal mercato stesso[65].

Al riguardo, peraltro, non può non osservarsi che i fatti riferiti dai lavoratori costituiscono un “insieme” davvero impressionante, rispetto al quale la chiave di lettura prospettata dagli imputati appare davvero asfittica. Occorre, infatti, tener presente che ciascuno dei testimoni ha riferito una propria vicenda della quale è rimasto vittima e che ciascuna vicenda, unitamente a quelle –omogenee- riferite da vari loro colleghi, si presta ad essere  inserita in un gruppo, individuato e definito  secondo i criteri sopra utilizzati, a loro volta corrispondenti ad altrettante contestazioni. Dunque, se quanto dichiarato dagli imputati a propria discolpa tende ad accreditare l’ipotesi di una enfatizzazione di singoli episodi, non meritevoli di tutta l’attenzione ricevuta, che sarebbe stata –invece- conseguenza di fraintendimento da parte dei lavoratori, condizionati, anche nella propria sensibilità, dal loro passato; a ciò non può non obiettarsi che, in tal modo, non troverebbero spiegazione né la ripetitività dei fatti, né le conseguenze che essi produssero.

Non può, invero, trascurarsi che, rispetto agli esiti che un certo “clima” aziendale determinò, né le dichiarazioni degli imputati, né le difese hanno potuto smentire alcuni dati incontrovertibili.

Se è vero che la lettera di dimissioni del Gariglio[66] non contiene indicazioni in ordine alle ragioni della cessazione del rapporto di lavoro e dunque non può essere valutata in chiave accusatoria, non altrettanto può dirsi per le altre sopra menzionate, le quali, invece, sono straordinariamente eloquenti. Né il fatto che il Rovelli abbia menzionato il Gariglio tra i dipendenti che decisero di licenziarsi prima del raggiungimento dei limiti di età è circostanza che possa essere ritenuta idonea a dubitare dell’attendibilità della sua testimonianza, la quale, al contrario, risulta ricca di indicazioni per nulla smentite, anzi riscontrate, da quelle di altri testi.

Non basta. Il fatto che l’Albadoro possa essere stato sorpreso in una pausa “abusiva”, al punto da meritarsi una sanzione disciplinare, a quanto risulta, non contestata, non esclude l’attendibilità dell’altra sua affermazione, processualmente rilevante (di essere stato adibito a mansioni incompatibili con le sue condizioni di salute, note all’azienda): circostanza, quest’ultima, che parrebbe tutt’altro che smentita da una lettera di diffida, indirizzata all’azienda dal suo legale a distanza di tempo considerevole dalla visita medica di controllo.

Né può far dubitare della attendibilità del Camassa il fatto che egli, alla PG, abbia riferito la frase “non devono esistere pecore bianche” al solo Strocchi,  ed abbia parlato, invece, al plurale nella deposizione resa in giudizio. Una lettura anche sommaria della trascrizione di quest’ultima chiarisce che ciò accadde nel contesto di una dichiarazione che, in quel momento, riferiva delle condotte di chi aveva la titolarità dell’azienda e/o la responsabilità della sua conduzione, senza ulteriori distinzioni. E neppure può valere a suggerire interpretazioni diverse da quelle prospettate dal Camassa (di un ingiustificato cambiamento del suo turno, che ostacolava la sua possibilità di far fronte ai suoi doveri familiari, derivanti, tra l’altro, anche da un provvedimento dell’Autorità Giudiziaria) quanto affermato dal Portas circa l’esigenza di affiancargli un lavoratore più esperto. A tacere del fatto che nessuna indicazione è stata data dall’imputato sull’identità di quest’ultimo, si impongono due osservazioni. In primo luogo, la spiegazione data dal Portas non si concilia con quella frase sulla inaccettabilità di posizioni di privilegio in azienda che egli non ha mai negato di avere pronunciato e che è, invece, sintomatica di una posizione preconcetta, che non teneva conto, nell’organizzazione del lavoro, di situazioni obiettivamente diverse. In secondo luogo, rimane il fatto che anche il Camassa fu destinatario di apprezzamenti tutt’altro che lusinghieri,  e ciò non si concilia con l’attribuzione al medesimo di una sorta di “tutor”, in funzione di accrescimento della sua professionalità.

4- Il reato di maltrattamenti. Le posizioni dei singoli imputati.

 Come è noto, la sentenza 22-1-01, n. 10090, della sezione VI penale della S.C. ha posto alcuni punti fermi in ordine alla astratta configurabilità del delitto di maltrattamenti nell’ambito dei rapporti di lavoro subordinato. Il reato de quo sarebbe, di conseguenza, ravvisabile nel contesto di un rapporto di tale natura, dal momento che, pur essendo

 

l’ipotesi…di più frequente verificazione…quella che dà il nome alla rubrica dell’art. 572 cod. pen. (“maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli”), la norma incriminatrice prevede altresì le ipotesi di chi commette maltrattamenti in danno di “persona sottoposta alla sua autorità, o a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l’esercizio di una professione o di un’arte”.

 

Situazioni, queste ultime, per il cui verificarsi

 

non è richiesta,…, la coabitazione o convivenza tra il soggetto attivo e quello passivo, ma solo un rapporto continuativo dipendente da cause diverse da quella familiare”.

 

Va da sé –e la S.C. lo ha ribadito con chiarezza- che

 

il rapporto intersoggettivo che si instaura tra datore di lavoro e lavoratore subordinato, essendo caratterizzato dal potere direttivo e disciplinare che la legge attribuisce al datore nei confronti del lavoratore dipendente, pone quest’ultimo nella condizione, specificamente prevista dalla norma penale…richiamata, di “persona sottoposta alla sua autorità”, il che, sussistendo gli altri elementi previsti dalla legge, permette di configurare a carico del datore di lavoro il reato di maltrattamenti in danno del lavoratore dipendente”.

 

Tali essendo le premesse in termini di astratta applicabilità della norma penale la cui violazione è stata contestata agli imputati, non può non rilevarsi che potrebbe costituire una remora rispetto alla declaratoria di penale responsabilità degli imputati il fatto che, nell’unico (salvo errori) caso che ha visto una decisione di colpevolezza dei giudici di merito trovare conferma in sede di legittimità, erano state accertate

 

ripetute, e sistematiche vessazioni fisiche e morali, consistite in schiaffi, calci, pugni, morsi, insulti, molestie sessuali e, non ultima, la ricorrente minaccia di troncare il rapporto di lavoro senza pagare le retribuzioni pattuite (minaccia assai cogente, dato che il lavoro era svolto in nero e le retribuzioni venivano depositate su libretti di risparmio intestati ai lavoratori, ma tenuti dal datore di lavoro)”.

 

In sostanza, potrebbe “operare” (nel senso di far ritenere –i fatti accertati nel presente processo- non riconducibili alla fattispecie incriminatrice) la suggestione rappresentata dalla molto maggiore gravità –per non dire dall’odiosità- delle condotte accertate nel caso portato al vaglio  della S.C.; condotte –all’evidenza- assai diverse da quelle accertate nel presente processo. Sarebbe agevole osservare, al riguardo, che la diversità delle condotte accertate nel presente processo, molto meno gravi rispetto a quelle emerse nel “precedente” considerato, è elemento che potrebbe giustificare un trattamento sanzionatorio proporzionato e perciò diversamente calibrato, ma che –di per sé- non consentirebbe di escludere la sussistenza del reato, ricorrendone gli elementi costitutivi, oggettivo  e soggettivo.

Ne consegue che è su quest’ultimo aspetto che occorre soffermarsi, per stabilire se gli imputati debbano o meno ritenersi colpevoli del reato loro ascritto.

La doverosa verifica non può che condurre a risultati affermativi, dal momento che il materiale probatorio raccolto dimostra univocamente la sussistenza di entrambi gli elementi costitutivi del reato.

Sul piano oggettivo, invero, i numerosissimi fatti emersi (gli insulti, le mortificazioni, i rimproveri rivolti urlando e con modalità aggressive, le pressioni esercitate per far rientrare i dipendenti  al lavoro da periodi di assenza per malattia e poi le ritorsioni poste in essere in danno di chi era stato assente, le altre vessazioni gratuite e di vario tipo, la mancata considerazione dei problemi di carattere fisico -accusati da alcuni lavoratori- nell’ordinare  loro di svolgere determinate prestazioni; in sostanza, l’insieme dei fatti e delle circostanze accertate) integrano quel requisito che, nella giurisprudenza di legittimità, è stato ripetutamente identificato nella pluralità di atti volontari, anche non delittuosi, realizzati in momenti successivi ma collegati tra loro da un nesso di abitualità,

 

idonei a produrre quello stato di sofferenza fisica e morale, lesivo della dignità della persona, che la legge penale designa col termine di maltrattamenti[67].

 

Con ciò, la giurisprudenza di legittimità ha posto l’accento su una pluralità di aspetti, che ricorrono –tutti- nel caso di specie.

In primo luogo, la volontarietà degli atti è desumibile, anzitutto, dalla loro ripetitività e riconducibilità ad una precisa strategia (volta ad ottenere la massima soggezione possibile al disegno imprenditoriale da parte di lavoratori ritenuti non in grado, per le ragioni sulle quali ci si è già soffermati, di garantire all’azienda la necessaria competitività). Inoltre, va sottolineato,  in quanto anch’esso indicativo della realizzazione di condotte volontariamente poste in essere,  il fatto che fu  conseguenza di una precisa scelta anche il ricorso a quella che è stata definita, da uno dei difensori, la “formazione tecnica”, affidata ai rapporti che si creano “sul campo”, come tale da tenere distinta dalla c.d. “formazione tecnologica”, realizzabile con interventi specialistici affidati ad esperti, ed invece rimasta assente. Peraltro, alla prova dei fatti, la c.d. “formazione tecnica” si rivela espressione che, lungi dall’evocare una attività effettivamente volta ad accrescere la professionalità dei lavoratori, appare un mero artificio retorico. Di più. Essa costituì, infatti, la premessa di quella sequela di comportamenti sopra elencati, a loro volta   produttivi di una serie di conseguenze certe: umiliazione dei destinatari, sofferenze fisiche, alcune dimissioni.

In realtà, il “nodo” della (mancata) formazione (di quella senza ulteriori aggettivi; della sola che, da sempre, può fregiarsi di tale impegnativa definizione) e della scelta di avvalersi esclusivamente della c.d. formazione tecnica, rimane centrale ai fini della analisi dei fatti di causa e delle responsabilità dei protagonisti in relazione all’ipotesi di accusa.

Anzitutto, sarebbe del tutto ininfluente la considerazione dell’efficacia che l’impiego di altri mezzi e modi possa avere avuto rispetto all’obiettivo principale (la realizzazione del progetto imprenditoriale del quale si è detto sub 2). Se è vero che l’azienda, nonostante le difficoltà incontrate nel rispettare gli accordi commerciali stipulati con Breed, comunque, parrebbe avere superato la sua fase più critica[68], non è affatto dimostrato che scegliendo altri modi ed altri mezzi, per nulla traumatici per i lavoratori,  non sarebbe stato possibile conseguire i medesimi risultati.

In secondo luogo, di decisiva rilevanza è il profilo della illiceità dei modi e mezzi adoperati dagli imputati per conseguire quei risultati.

Ciò che, infatti, è emerso nel processo è che nella decisione di AG Industrie di assumere determinate obbligazioni con la sottoscrizione del contratto di cui si è detto sub 2,  non pesò in alcun modo la valutazione delle risorse umane sulle quali l’azienda avrebbe potuto far conto. Il richiamo fatto dagli imputati Portas e Strocchi alla esistenza di un valido e utile capitale umano, parte del ramo di azienda acquistato ed elemento positivo sul quale sarebbe stato costruito il futuro della azienda di nuova costituzione, appare rituale e poco credibile. In realtà, se è vero che AG Industrie era a conoscenza della crisi di direzione che si era manifestata nell’azienda acquistata, e che sarebbe stata all’origine del lassismo diffusosi e, comunque, del fatto che l’azienda stessa non era più al passo con i tempi, la considerazione della necessità di riqualificare professionalmente le maestranze avrebbe dovuto suggerire una attenzione tutt’affatto diversa rispetto al problema dei modi e dei mezzi con i quali  far conseguire ai lavoratori la nuova professionalità e dei tempi entro i quali ciò sarebbe stato possibile.

Quest’ultima considerazione rileva sotto due ulteriori profili.

Per un verso, l’illegalità dei comportamenti direzionali non fu conseguenza di gesti impulsivi dell’uno o dell’altro soggetto avente responsabilità direzionali in AG Industrie. All’origine di essa vi fu la precisa scelta di affidarsi ad un “uomo forte” ed ai suoi metodi per nulla rispettosi della dignità dei lavoratori, per far crescere nel più breve tempo qualità e quantità del prodotto e con esso il profitto, anche a costo di infliggere ai lavoratori stessi sofferenze fisiche e morali e così di costringere  alcuni di loro a dimettersi. Date queste premesse, che  davano sostanza  alla filosofia di direzione dell’azienda,  ben difficilmente in AG Industrie  avrebbero potuto trovare puntuale osservanza norme costituzionali e leggi ordinarie, quali quelle correttamente menzionate dal PM in quanto poste a tutela di specifici diritti e beni giuridici: del lavoro quale fondamento della Repubblica e perciò della comunità nazionale (art. 1 Cost.); dei diritti inviolabili dell’uomo, come singolo e nelle “formazioni sociali ove si svolge la sua personalità” e perciò anche là dove egli, insieme ad altri, è chiamato a svolgere la sua prestazione lavorativa (art. 2 Cost.); dell’uguaglianza sostanziale tra tutti i cittadini, volta –tra l’altro- ad assicurare  “il pieno sviluppo della persona umana” (art. 3 Cost.), di certo impedito in un contesto lavorativo quale quello emerso nel processo; del diritto fondamentale alla salute (art. 32 Cost.), di certo leso ogni volta che, in AG Industrie, un lavoratore venne costretto a sacrificare la salute pur di evitare comportamenti ritorsivi di uno degli imputati, oppure venne costretto a prestazioni lavorative non compatibili con le proprie condizioni di salute; del diritto di tutti i cittadini –e quindi, in primo luogo, dei lavoratori- a che l’iniziativa economica, pur libera, non si svolga in modo da recare “danno…alla dignità umana” (art. 41 Cost.), diritto di certo abitualmente violato in AG Industrie; del diritto dei lavoratori a che il datore di lavoro si faccia carico della tutela della loro integrità fisica e dignità morale (art. 2087 c.c.), ciò che non rientrava tra le preoccupazioni degli imputati. Dunque, l’illegalità dei comportamenti fu la deriva “obbligata” di un’idea della conduzione dell’azienda  che non includeva il rispetto della dignità delle persone chiamate a prestarvi il proprio lavoro: un’idea a tal punto radicata che il Portas, avuta percezione della serietà dei controlli che gli uffici preposti avevano avviato, ritenne di dimettersi, manifestando in  forme non prive di una certa ridondanza la sua insofferenza verso di essi[69].

Inoltre, le considerazioni fin qui svolte suggeriscono conclusioni anche in ordine alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato. Al riguardo, occorre considerare che, come nel caso valutato dai giudici di legittimità con la sentenza citata, il dolo del reato, pacificamente generico, risulta non solo dalla “coscienza e volontà di ledere in modo abituale l’integrità fisica e morale” dei lavoratori, ma anche dalla prova del “movente”, che –nella vicenda oggetto del presente processo- va individuato nella piena realizzazione, nel più breve tempo possibile, del disegno imprenditoriale così come ricostruito sub 2, anche a costo di ledere diritti e di cagionare danni ai lavoratori. Nessun dubbio, pertanto, può residuare sul fatto che i singoli comportamenti posti in essere dagli imputati, in questa vicenda, al pari di quella definita con la più volte citata sentenza della S.C., risultino “cementati da una volontà unitaria e persistente, che va oltre il singolo episodio[70]. Quanto si è fin qui osservato in ordine alla reiterazione dei comportamenti illeciti ed al movente che li ispirava e sorreggeva è, infatti, indicativo della

 

…inclinazione della volontà ad una condotta oppressiva e prevaricatoria che, nella reiterazione dei maltrattamenti, si va via via realizzando e confermando, in modo che il colpevole accetta di compiere le singole sopraffazioni con la consapevolezza di persistere in un’attività illecita, posta in essere già altre volte (Cass., 6 novembre 1991, Faranda, Cass. Pen. 1993, 828; Cass., 22 febbraio 1994, Pirozzi, ivi, 1995, 2892), non rilevando, data la natura abituale del reato, che durante il lasso di tempo considerato siano riscontrabili nella condotta dell’agente periodi di normalità e di accordo con il soggetto passivo (Cass., 26 giugno 1996, Lombardo, Cass. Pen. 1997, 2450)[71].

 

Per tale ragione, i comportamenti sopra specificati non possono ritenersi scriminati dal preteso esercizio dello ius corrigendi, causa di giustificazione non codificata che pure sembra  riconosciuta da dottrina e giurisprudenza in capo al datore di lavoro, quale espressione del suo potere di indirizzo dell’attività imprenditoriale. La questione, invero assai problematica[72], dei limiti della sfera di applicabilità di tale istituto, pare debba essere risolta in senso negativo sulla base di due considerazioni convergenti. Il termine “correzione” e i suoi derivati rimandano, infatti, a tipi di relazioni fortemente caratterizzate da assenza di parità delle parti. E’ pur vero che anche il rapporto di lavoro subordinato è tutt’altro che privo di tale connotazione. E tuttavia non può neppure negarsi che altro è la legittimità di un potere di indirizzo, che si manifesta –tra l’altro- nelle varie determinazioni di ordine organizzativo necessarie alla conduzione dell’azienda, altro è il catalogo delle sanzioni cui possa farsi legittimo ricorso da parte del datore di lavoro, in presenza di violazioni delle regole nella corretta esecuzione della prestazione lavorativa da parte dei suoi dipendenti. Su quest’ultimo versante, infatti (e si tratta della seconda considerazione), non può trascurarsi che le leggi e i contratti, collettivi ed individuali, prevedono una pluralità di strumenti, attivabili con gradualità,  per sanzionare l’illecito civile eventualmente commesso dal lavoratore. Ne consegue che, se è vero che la già citata sentenza n. 10090/2001 della S.C. ha richiamato (ma escluso) l’applicabilità dell’istituto in esame nel caso sottoposto al suo giudizio, non pare corretta l’invocazione della scriminante in subiecta materia, salvo aprire il varco a conseguenze francamente paradossali, quali l’assicurare l’impunità ad un datore di lavoro che abbia insultato ed umiliato un suo dipendente per un lavoro male eseguito, pur senza attivare quella gamma di istituti giuridici previsti dall’ordinamento per adeguatamente sanzionarne l’errore.

Si ritiene, pertanto, integrato il reato di concorso nel delitto di maltrattamenti a carico dello Strocchi e del Portas: entrambi –sulla base di quanto emerso- esecutori materiali delle condotte illecite accertate; il primo, anche responsabile della scelta del secondo quale proprio uomo di fiducia  al quale egli affidò l’esecuzione delle fondamentali opzioni aziendali, sia rispetto agli obiettivi imprenditoriali da conseguire, sia rispetto alla quotidianità delle relazioni con le maestranze  all’interno dello stabilimento, ed il cui operato difese anche, più volte, in presenza dei lavoratori.

Il reato, peraltro, deve ritenersi consumato in danno di tutte le persone menzionate in imputazione, ad eccezione che in danno di Parigi Gianluigi, dipendente di AG Industrie che, come evidenziato sub 3, ha escluso di essere stato personalmente vittima di comportamenti lesivi della propria integrità fisica e dignità morale ad opera di  qualcuno degli imputati. Limitatamente a questa parte  della contestazione,  gli imputati vanno mandati assolti perché il fatto non sussiste.

Non vi sono, invece, le condizioni perché possa giungersi ad una affermazione di colpevolezza nei confronti del Gotto.

L’ipotesi accusatoria nei confronti di quest’ultimo sarebbe fondata, più che su un ruolo diretto nella commissione del reato ascritto, sulla omissione –rilevante ex art. 80 cpv. cp- di ogni iniziativa volta ad impedire gli eventi dannosi verificatisi in danno dei dipendenti, in conseguenza delle condotte poste in essere dagli altri due imputati, essendone stato, peraltro, al corrente, per conoscenza diretta e per informazione ricevutane dai dipendenti stessi.

In realtà, il materiale probatorio raccolto nei confronti dell’imputato, il cui ruolo nell’azienda è stato illustrato sub 2, non presenta i necessari caratteri di univocità richiesti per  addivenire ad una decisione di colpevolezza.

In chiave accusatoria pesano le dichiarazioni del Rovelli, il quale[73] ha affermato di avere personalmente informato il Gotto della situazione che si viveva in azienda, compreso il comportamento dello Strocchi”.

Di diverso e minore peso probatorio, invece, le dichiarazioni dei testi Ferrara e Grande[74], i quali hanno affermato che il Gotto era a conoscenza “delle angheriecui erano sottoposti i dipendenti, hanno aggiunto che egli non aveva mai preso posizione contro il Portas, limitandosi a dire al Portas di non urlare[75], ma non hanno indicato  l’origine di tale notizia in loro possesso (se frutto di conoscenza diretta, oppure di informazione ricevuta da altri).

Per contro, il Brattoli[76] ha affermato nettamente che Gotto non ha mai avuto alcuna discussione con gli operaied il Mosca[77], teste importante per l’Accusa, si è limitato ad affermare che “Per qualsiasi problema il sig. Portas si relaziona con il suo superiore sig. Gotto e/o con il sig. Strocchi”.

Orbene, dal punto di vista della sua plausibilità, l’ipotesi che il Gotto non fosse al corrente del “clima” aziendale e dei fattori che lo determinavano (intesi, questi ultimi, come ragioni dei conflitti e protagonisti degli stessi) appare poco convincente. L’azienda aveva comunque dimensioni tali da doversi ecludere che potessero verificarsi eventi quotidiani importanti, senza che ne fosse al corrente l’amministratore unico. Tuttavia, per un verso, il materiale testimoniale di cui sopra non si presenta univoco; per l’altro, va pure considerato che, per i suoi specifici compiti (di tenere i rapporti con i fornitori, all’esterno dell’azienda), il Gotto non aveva una presenza assidua in stabilimento. Soluzione equa si ritiene, pertanto, quella della assoluzione dell’imputato per non aver commesso il fatto, risultando contraddittorio il materiale probatorio raccolto.

Il Gotto, pertanto, va assolto dal reato continuato ascrittogli per non aver commesso il fatto.
 

5- Il trattamento sanzionatorio. Le questioni civili.

 

All’affermazione di colpevolezza dello Strocchi e del Portas, in ordine al delitto di maltrattamenti continuato (per essere stato commesso in danno di tutte le persone indicate in imputazione, ad eccezione che in danno di Parigi Gianluigi, con riferimento al quale si rimanda a quanto si legge sub 4), consegue la condanna dei medesimi alle pene di legge.

La gravità in concreto del reato commesso, comunque consumato con condotte verbali, per quanto reiterate, consente di irrogare agli imputati una sanzione calibrata sui minimi edittali.

L’incensuratezza per il Portas  e i non gravi precedenti (per reati colposi, sanzionati con la sola pena pecuniaria) di cui risulta portatore lo Strocchi, rendono concedibili le attenuanti generiche. Peraltro, la reiterazione delle condotte illecite induce a non farne applicazione nella massima estensione.

Valutati, pertanto, tutti gli elementi di cui all’art. 133 cp, si ritiene equa, per ciascuno degli imputati, la pena di mesi 8 di reclusione, così determinata:

pena base, riferita al reato commesso in danno di Rovelli Salvatore, considerato come il più grave ai fini della continuazione: un anno di reclusione;

diminuita ex art. 62 bis cp: mesi 9 di reclusione;

aumentata ex art. 81 cpv. cp (di 5 gg. di reclusione per 18 volte, tante quante le ulteriori persone offese, e così, complessivamente, di 90 gg. di reclusione): mesi 12 di reclusione;

diminuita ex art. 442 cpp: mesi 8 di reclusione.

Alla condanna di cui sopra segue, ex lege, quella degli imputati, in solido tra loro, al pagamento delle spese processuali.

Lo stato di incensuratezza (per il Portas) e l’assenza di precedenti ostativi (per lo Strocchi) consentono la formulazione di una prognosi favorevole, di astensione dalla commissione di ulteriori reati, sicché può essere concessa ad entrambi gli imputati la sospensione condizionale della pena e, al Portas, anche la non menzione della condanna sul certificato penale, giusta il disposto degli artt. 163 e 175 cp.

Alla condanna come sopra inflitta consegue, ex artt. 538 e ss. cpp, la condanna dello Strocchi e del Portas, in solido tra loro, al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali a favore delle parti civili costituite Rovelli Salvatore, Camassa Ciro, Albadoro Antonio e Ferrara Bruno, danni rispetto ai quali non vi è stata, da parte delle parti civili medesime, determinazione, sicché per la liquidazione, conformemente alla richiesta delle parti civili medesime, si rimettono le parti davanti al giudice civile.

Essendovi stata richiesta, si assegna a ciascuna delle parti civili, a titolo di provvisionale, immediatamente esecutiva per legge, la somma di € 2.500,00=, che appare equa, in quanto calcolata con riferimento al solo danno non patrimoniale, in assenza di elementi in merito alla quantificazione dell’eventuale danno patrimoniale. Non appare peraltro, accoglibile, in quanto non giustificata da obiettive esigenze sostanziali e/o processuali, la richiesta di subordinare la concessione della sospensione condizionale della pena al pagamento della provvisionale, attesa –tra l’altro- l’immediata esecutività del relativo capo della sentenza.

Segue, infine, per legge, la condanna degli imputati, in solido tra loro, al pagamento delle spese processuali in favore delle citate parti civili. La liquidazione delle stesse viene calibrata  sulla richiesta, ritenuta equa,  della parte civile Ferrara. Di conseguenza, la liquidazione delle spese viene fissata, a favore della  parte civile Ferrara, in € 3200,00= e,  a favore delle altre parti civili, in complessivi € 4608,00=, oltre IVA e CPA, somma, quest’ultima, determinata operando due aumenti del 20% sulla somma come sopra precisata.

 

PQM

Visti gli artt. 442, 533, 535 cpp;

dichiara PORTAS Gianfranco e STROCCHI Franco colpevoli  del  reato continuato  loro ascritto, con esclusione dei fatti contestati come commessi in danno di Parigi Gianluigi;

e, concesse le attenuanti generiche, valutata la diminuente del rito,    condanna  ciascuno alla pena di mesi  8 di reclusione, ed entrambi in solido al pagamento delle spese processuali.

Visti gli artt. 163 e 175 cp;

concede a PORTAS Gianfranco i benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna sul certificato penale, e a STROCCHI Franco il beneficio della sospensione condizionale della pena.

Visto l’art. 530.1 e 2 cpp;

assolve GOTTO Ferruccio dal reato continuato ascrittogli per non aver commesso il fatto;

assolve PORTAS Gianfranco e STROCCHI Franco dal reato loro ascritto limitatamente ai fatti contestati come commessi in danno di Parigi Gianluigi, perché il fatto non sussiste.

Visti gli artt. 538 e ss. cpp;

condanna PORTAS Gianfranco e STROCCHI Franco, in solido tra loro:     

-     al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali in favore delle parti civili costituite Rovelli Salvatore, Camassa Ciro, Albadoro Antonio e Ferrara Bruno, danni da liquidarsi dal giudice civile, avanti al quale rimette le parti;

    -     al pagamento, a favore di ciascuna delle medesime parti civili costituite, della somma di € 2.500,00= a titolo di provvisionale, immediatamente esecutiva;

    -     al pagamento delle spese processuali in favore delle parti civili costituite, che liquida –quanto alle parti civili Rovelli, Camassa e Albadoro- in complessivi € 4608,00, e –quanto alla parte civile Ferrara- in € 3200,00, oltre IVA e CPA.

 

Visto l’art. 544.3 cpp;

indica il 4-7-2005 quale termine di deposito della sentenza.

 

Torino, 3-5-2005 

 

Il Presidente Aggiunto

Francesco Gianfrotta

                                            

Note

                                                                 

[1] Cfr. vol. 1, fasc. B

[2] Cfr. fasc. e vol. citati.

[3] Cfr. annotazione di PG del 4-12-01, in fasc. C, vol. 1.

[4] Cfr. interr. Strocchi, in fasc. O, vol. 1. Per la precisione, AG Industrie venne costituita il 16-2-98: cfr. visura camerale in fasc. A, vol. 1.

[5] Cfr. fasc. trascr. ud. 1-3-05, pagg.  51 e ss., in vol. 2.

[6] Cfr. interr.  Gotto 18.12.02,  in fasc. N, vol. 1.

[7] Cfr. interr. Portas 20-12-02, in fasc. P, vol. 1.

[8] Cfr. memoria 28-1-03, in fasc. R, vol. 1

[9] In realtà la lettera apparentemente venne spedita per posta, ma la copia in atti risulta trasmessa dal fax della Direzione Gallino, il cui numero è ben leggibile.

[10] Cfr. fasc. trascr. ud. 1-3-05, pag. 68, in vol. 2. Anche nelle indagini preliminari, le dichiarazioni dello Strocchi erano state conformi al contenuto del carteggio sopra menzionato (cfr. interr. Strocchi in fasc. o, vol. 1): “…la Breed…dopo sei mesi rifiutò di adempiere al contratto riscontrando la scarsa qualità del nostro prodotto”.

 

[11] Cfr. fasc. trascr. ud. 1-3-05, pagg. 53 e ss., in vol. 2;  e fasc. O, vol. 1.

[12] Cfr. fasc. trascr. ud. 1-3-05 pagg. 5-8, in vol. 2; e fasc. P, vol. 1.

[13] Cfr. interr. Strocchi, pag. 67,  fasc. trascr. e vol. cit.: “…apro una parentesi, noi abbiamo speso, all’epoca, 3 miliardi che li abbiamo dati a quei signori della BREED fisicamente, pagati a rate, ma comunque glieli abbiamo pagati, più abbiamo messo 2 miliardi di nostro per far girare l’azienda. Quindi abbiamo investito 5 miliardi.

[14] Cfr. interr. Strocchi, pagg. 59 e ss., in fasc. trascr. e vol. cit.

[15] Cfr. verb. 2-3-01, in fasc. C, vol. 1

[16] Cfr. verbali 5-2-01 e 7-2-01, in fasc. C, vol. 1.

[17] Cfr. verbale 21-2-01, in fasc. C, vol. 1.

[18] Cfr. verbale 21-2-01, in fasc. C, vol. 1.

[19] Cfr. verbale 22-2-01, in fasc. C, vol. 1.

[20] Cfr. verbale udienza del 10-12-04, in fasc. verbali udienze, vol. 2.

[21] Cfr. verbale 5-2-01, in fasc. C, vol. 1.

[22] Cfr. verbale 29-11-01, in fasc. e vol. cit.

[23] Cfr. verbale 4-12-01, in fasc. e vol. cit.

[24] Cfr. verbale 26-2-01, in fasc. e vol. cit.

[25] Cfr. verbale 27-2-01, in fasc. e vol. cit.

[26] Cfr. verbale 27-2-01, in fasc. e vol. cit.

[27] Cfr. verbale 2-3-01, in fasc. e vol. cit.

[28] Cfr. verbale 8-2-01, in fasc. e vol. cit.

[29] Cfr. trascrizione udienza del 14-1-05, pagg. 5-9

[30] Cfr. verbale 14-2-01, in fasc. c, vol. 1.

[31] Cfr. verbale 16-2-01, in fasc. e vol. cit.

[32] Cfr. verbale 16-1-01, in fasc. e vol. cit.

[33] Cfr. verbale 16-2-01, in fasc. e vol. cit.

[34] Cfr. verbale 20-2-01, in fasc. e vol. cit.

[35] Cfr. verbale 21-2-01, in fasc. e vol. cit.

[36] Cfr. verbale 21-2-01, in fasc. e vol. cit.

[37] Cfr. verbale 22-2-01, in fasc. e vol. cit.

[38] Cfr. verbale udienza del 10-12-04, in fasc. verbali udienza, vol.2.

[39] Cfr. verbale 22-2-01, in fasc. C, vol. 1; e verbale 12-7-02, di informazioni assunte dal PM, sul punto, di identico contenuto, in fasc. I, vol. cit.

[40] Cfr. verbale 26-2-01, in fasc. C, vol. cit.

[41] Cfr. verbale udienza 10-12-04, in fasc. verbale udienza, vol. 2.

[42] Per ciascuna di esse, si farà riferimento al verbale ed al volume già citati in precedenti note.

[43] Cfr. verb. 5-2-01, in fasc. e vol. cit..

[44] Cfr. verb. 7-2-01, in fasc. e vol. cit..

[45] Il Mosca ha confermato la vicenda riferita dal Camassa.

[46] Cfr. verb. udienza del 10-12-04, in fasc. verbali udienza, vol. 2.

[47] Cfr. fasc. A, vol. 1.

[48] Cfr. fasc. E, vol. 1.

[49] Cfr. l’esposto citato nella parte dedicata allo “svolgimento del processo”.

[50] Cfr. verb. ud. cit.

[51] Cfr. verbale 1-3-2001, in fasc. C, vol. 1.

[52] Cfr. pagg. 39 e ss., fasc. trascr. ud. 14-1-05, vol. 2.

[53] Cfr. anche verbale di informazioni al PM, in fasc. I, vol. 1.

[54] Cfr. verb. 5-2-01, in fasc. e vol. cit..

[55] Cfr. verb. 7-2-01, in fasc. e vol. cit.

[56] Cfr. fasc. A, vol. 1.

[57] Cfr. verb. udienza 10-12-04, in vol. 2

[58] Cfr. verb. ud. 10-12-04, in fasc. e vol. cit..

[59] Cfr. fasc. A, vol. 1.

[60] Cfr. deposizione di Burdino Michela, dipendente di società incaricata di curare l’amministrazione del personale di AG Industrie, in fasc. trascr. udienza 14-1-05, pagg. 70 e ss. , in vol. 2.

[61] Cfr. fasc. atti vari, in vol. 2.

[62] La posizione del Gotto sarà esaminata a parte.

[63] Cfr. interrogatorio 20-12-02, in fasc. P, vol. 1.

[64] Cfr. verbale interr. Strocchi, in fasc. O, vol. 1.

[65] Cfr., in particolare, gli interrogatori nel processo di Portas e Strocchi, in fasc. trascr. ud. 1-3-05, pagg. 7-16; 53-56.

[66] Cfr. allegato alla memoria 10-2-05 cit., in fasc. e vol. cit.

[67] Cfr. sez. VI, 22-1-01, n. 10090, cit.

[68] Cfr. interrogatorio Strocchi, in fasc. trascr. udienza 1-3-05, pagg. 68 e ss., in vol. 2.

[69] Cfr. interr. Portas, pagg. 16 e 30, in fasc. trascr. ud. 1-3-05, vol. 2: “PORTAS: allora, io sono andato via ad ottobre del 2002, il 15 ottobre, stanco e deluso di tutta questa situazione che si è venuta a creare. Dentro di me...GIP: ci spieghi meglio.PORTAS: ...psicologicamente...GIP: ci spieghi meglio, stanco e deluso perché? PORTAS: stanco e deluso da quelle denunce che ho letto da queste persone, alle quali, secondo il mio punto di vista, avevo dato tutto me stesso e parte anche della mia famiglia”… “ AVV. D’AMICO: prima di andarsene ha parlato con STROCCHI e con GOTTO? PORTAS: quando è successo, l’ultima volta che è successo, credo che per una macchina che era rimasta ferma e il capofficina non aveva preso nessuna iniziativa per poterla mettere in opera, era intervenuto anche il sindacalista interno e nel corridoio dell’azienda si era andato a lamentare con il signor STROCCHI. Quella fu l’occasione per dire agli STROCCHI e al sindacato: «Io adesso sono stanco», le parole esatte sono state queste: «Io adesso sono stanco di questa situazione, vado a casa, se avete bisogno di me mi richiamate». Nessuno mi ha richiamato, io l’indomani sono venuto con le dimissioni”.

 

[70] Cfr. sentenza cit.

[71] Cfr. Lattanzi-Lupo, Codice penale, Rassegna di giurisprudenza e di dottrina, 2000, vol. X,  pag. 82.

[72] Lo afferma la migliore dottrina: cfr. Romano, Commentario sistematico del codice penale, I, 2004, pagg. 545-546.

[73] Cfr. verbale udienza 10-12-04, in fasc. verb. ud., vol. 2.

[74] Cfr. i verbali di sommarie informazioni cit., in fasc. C, vol. 1.

[75] Cfr. verbale s.i. Ferrara cit., in fasc. e vol. cit.

[76] Cfr. verbale s.i. Brattoli, in fasc. e vol. cit.

[77] Cfr. verbale s.i. Mosca, 5-2-01, in fasc. e vol. cit.

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