- OMISSIONI
COMPIACENTI NELLA PSEUDORIFORMA DI BANKITALIA
- Ok
del governo a riforma Bankitalia ma Fazio resta al suo posto
MILANO - Il consiglio dei ministri ha approvato "all'unanimità"
la riforma di Bankitalia, che sarà presentata sotto forma di emendamento
al disegno di legge sulla tutela del risparmio all'esame del Senato.
Il
presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, presentando la riforma della
Banca d'Italia, si è augurato che l'emendamento approvato all'unanimità
dal Consiglio dei ministri possa ottenere "il massimo consenso"
anche dell'opposizione. La riforma è "un corpo di regole innovative
di grande rilevanza che consentirà di riprendere credibilità e innovare
il modo di operare della banca", ha aggiunto il premier.
- La
riforma di Bankitalia si articola in 5 punti, ha spiegato Berlusconi.
"Indipendenza della Banca; ridefinizione della proprietà; rispetto
dei principi Ue di collegialità e trasparenza; mandato a termine di 7
anni non rinnovabile". La riforma è identica al testo predisposto da
Siniscalco tranne per quanto riguarda il limite di età per l'incarico
di governatore, che il ministro aveva proposto a 70 anni e che è stato
stralciato.
- La
riforma verrà però applicata dal prossimo governatore di Bankitalia, ha
precisato Berlusconi, che sull'opportunità del governatore Fazio di
dimettersi ha detto: "è una domanda che non deve fare a me, al
riguardo non voglio esprimermi". "Se qualcuno sente di avere
bene operato, e non ha dubbi sul fatto, si comporta in sintonia con quello
che suggerisce la propria coscienza. In generale- puntualizza il premier-
non credo si debba decidere sotto le pressioni e l'impatto dei
media".
- Subito
critica l'opposizione. "Questa cosa non verrà mai approvata":
è il primo commento di Enrico Letta, responsabile economico della
Margherita. "Questo vuol dire - ha aggiunto Letta - che ha vinto la
parte che voleva salvare Fazio". Secondo l'europarlamentare della
Margherita, i giorni che restano alla fine della legislatura non
basteranno per approvare il provvedimento. "C'è la finanziaria che
ha il testo al Senato". Quindi presentare questo emendamento è
"un modo per arrivare alla fine della legislatura, perchè questo
vuol dire che non si fa in modo bipartisan".
- (fonte:
www.repubblica.it 2/09/2005 -18:23 )
-
-
LA SCELTA DI
NON SCEGLIERE
-
- Dopo
il Consiglio dei ministri di ieri il caso Fazio ha cambiato nome per
diventare un non meno grave e increscioso caso Berlusconi. Di fronte alla
necessità e all'urgenza di tagliar corto con una vicenda che ha
pericolosamente minato la credibilità dell'Italia sui mercati, infatti,
il presidente del Consiglio ha gettato alle ortiche la maschera
decisionista del “ghe pensi mi” per scegliere, una volta di più, di non scegliere.
E così quella che era una questione sorta e sviluppatasi sul terreno
della (mancata) correttezza nella competizione economica ora si trasforma
e s'ingigantisce in una questione politica di superiore importanza: quello
di un governo della Repubblica incapace di offrire soluzioni adeguate al
recupero di immagine del Paese presso un'opinione pubblica internazionale,
che continua a dare inequivocabili segnali di sconcerto e di sfiducia,
dapprima per quanto accaduto e oggi per quanto non accade in Banca
d'Italia e dintorni.
- Mai
s'era visto un governo della Repubblica costretto a inchinarsi davanti al
potere di un personaggio che, dopo aver infranto la storica tradizione di
autorevolezza della Banca d'Italia, ora resiste incollato alla sua
poltrona, attorno alla quale si è mobilitato un inquietante fronte di
sostegni perfino esterni al circuito istituzionale, com'è accaduto con l'
intervento a gamba tesa – cosa finora inaudita – di un portavoce dell'Opus
Dei.
- In
questo scenario il compiacimento della maggioranza per la sedicente
riforma della banca centrale può ingannare solo i gonzi, merce per altro
scarsa soprattutto sui mercati finanziari del resto del mondo. In realtà,
la sostanza del messaggio che le (non) decisioni del governo Berlusconi
inviano alla business community,
interna ed estera, è presto detta: saranno sì rettificati i confini del
recinto, ma la volpe resta a guardia del pollaio.
- In
altre parole, il presidente del Consiglio e i suoi ministri hanno fatto
propria la posizione assunta da Antonio Fazio nella sua relazione al
Comitato per il credito: quel che conta è la conformità degli atti.
Tutto il resto - cioè quelle intercettazioni telefoniche che hanno
svelato la familiarità faziosa di governatore (e consorte) con una delle
parti in lotta sul mercato - «non attiene ai fattori da prendere in esame».
- Insomma,
lo struzzo Berlusconi ha nascosto la testa sotto la sabbia e ha fatto fìnta
di non vedere e di non sapere che il ripristino di un minimo di credibilità
per
la Banca
d'Italia, oltre che per il sistema Paese, passa inesorabilmente per
l’allontanamento di un governatore che potrebbe anche non aver violato
le leggi ma che, sicuramente, ha fatto strame del più elementare galateo
istituzionale al quale dovrebbe attenersi chi ricopre il suo alto
incarico. Cosicché le annunciate nuove regole per la banca centrale, sia
nella forma sia nella sostanza, risultano essere soltanto un paravento per
far finta di affrontare il nodo Fazio senza scioglierlo, una miserabile
foglia di fico per coprire la vergogna di un governo impotente ad assumere
le decisioni indispensabili.
- Certo,
alcune delle novità annunciate toccano punti importanti. È giusto, per
esempio, che si punti a risolvere il conflitto d'interesse latente fra
vigilante e vigilati estromettendo le banche dal capitale dell'istituto
centrale (ma su questo punto perfino il Quirinale ha serie perplessità
sul come e il quando). È bene anche che si ponga fine alla carica
vitalizia, ponendo un termine di tempo al mandato del governatore.
Altrettanto può dirsi dell'obbligo alla collegialità delle decisioni e
alla pubblica motivazione delle scelte. Ma ciò che manca in questo testo
è più significativo di quanto esso contenga. Non si è voluto affiancare
al mandato a termine anche il limite d'età. Soprattutto, si è rinunciato
a spostare da Via Nazionale all’ Antitrust i poteri relativi alla
concorrenza nel mercato creditizio, infischiandosene del palese conflitto
d'interesse fra vigilanza sulla stabilità e controllo della competitività
nel sistema bancario.
- Due
lacune che, guarda caso, sono ritagliate su misura della persona e
dell'opera di Antonio Fazio. La prima, perché un limite d'età a
settantanni avrebbe suonato la campana dell'ultimo giro per il
governatore. La seconda, perché è proprio il controllo su fusioni e
acquisizioni nel settore bancario che ha consentito a Fazio di
trasformarsi nel sovrano assoluto del sistema, nel pianificatore
dirigistico della mappa creditizia nazionale, accumulando nelle sue mani
un potere così esorbitante da poter forse spiegare qualche più recente
delirio di onnipotenza. Come la trattazione di operazioni mercantili alla
stregua di affari di famiglia ovvero come la manifesta ostilità alle
regole del mercato unico. Le quali non tollerano – lo ha appena
ricordato il pur prudentissimo presidente della Bce - alcuna
discriminazione nazionalistica in caso di scalate o intese azionarie fra
banche europee.
- Chissà?
Magari alcuni ideatori di questa riformetta s'illudono che l'attuale
governatore possa continuare a fare il bello e il cattivo tempo come
prima, allestire nuove linee del Piave contro gli stranieri e perfino
sfidare la globalizzazione dell’ economia favorendo qualche banchetta di
campanile.
- Perché
questi, alla fine, sono i miopi propositi ai coloro che più si sono
battuti per l'intangibilità di Fazio, come i colonnelli di Umberto Bossi
che, anche in quest'occasione, hanno messo il guinzaglio a Berlusconi
menandolo in giro per l'aia leghista. Spettacolo non nuovo nella Casa
delle libertà, ma che ha finito per trasformare il caso Fazio in
un'umiliante Caporetto del governo Berlusconi, obbligato a piegarsi
dinanzi a un potere personale che mostra radici più fuori che dentro le
istituzioni.
- MASSIMO
RIVA
- (fonte:
la Repubblica 3.9.2005)