ANTISINDACALE LA PROROGA UNILATERALE E FIDUCIARIA IN SERVIZIO DI 3 ALTI DIRIGENTI
BANKITALIA
Tribunale di
Roma (sezione lavoro, 1° grado) – ordinanza - 9
febbraio 2004 – Giud. Calvosa – Fabi (di Roma e
provincia), Sindirettivo-Cida (segreteria provinciale di Roma), Fiba-Cisl
(sindacato regionale di Roma), Falbi-Confsal (segreteria provinciale di Roma),
Sibc-Cisal (segreteria provinciale di Roma), Fisac-Cgil Banca centrale c. Banca
d’Italia (avv. Scognamiglio, Catapano)
Disdetta
unilaterale del Regolamento per il personale
direttivo Bankitalia, pattuito contrattualmente tra le OO.SS. e la Banca
centrale – Finalizzata alla modifica dell’art. 79, per la proroga in
servizio e la sottrazione dall’imminente pensionamento per raggiunti limiti di
età, di tre alti dirigenti – Antisindacalità – Sussistenza.
La
Banca allega che, essendo stata deliberata una condizione sostanzialmente
migliorativa, non si ravviserebbe nei sindacati alcun interesse ad intraprendere
un procedimento cui potrebbe conseguire il ritorno ad una deteriore situazione
antecedente. Il giudicante dissente, osservando che la nuova disposizione
regolamentare introdotta ha giovato, sinora, ad un numero limitatissimo di
dirigenti, laddove, a fronte del loro precipuo interesse a non essere
immediatamente collocati a riposo, si pone l’interesse collettivo (che il
sindacato è chiamato a tutelare) al cd. “turn over”, che consente ad altri
lavoratori di accedere a quelle posizioni verticistiche, che la Banca ha,
invece, voluto mantenere inalterate.
Le
modalità attraverso le quali la Banca è addivenuta unilateralmente alla
modifica della disciplina attinente al collocamento a riposo del personale
direttivo, dunque, configurano, a parere del Giudice, chiari indici di un
comportamento antisindacale.
In
particolare, è indice del comportamento antisindacale della resistente la
tempistica e la celerità con cui la Banca è addivenuta alla predetta modifica,
a fronte di una circostanza certa nell’an e nel quando (il collocamento a
riposo di alcuni dirigenti per il raggiungimento dei limiti di età), che ben
avrebbe potuto permettere tempi maggiormente dilazionati e più compatibili con
il raggiungimento di un accordo con le organizzazioni sindacali.
L’antisindacalità
del comportamento di Bankitalia, inoltre, è confermata proprio dalla
circostanza che la stessa ha disdetto l’accordo di contrattualizzazione, solo
al fine di modificare un’unica norma (art. 79 Reg. Pers., n.d.r.) concernente il trattamento del personale.
La
Banca, cioè, ha illecitamente disdetto l’accordo (vincolante) con le
organizzazioni sindacali evidentemente per “sottrarsi” alla possibilità di
un dialogo costruttivo ed alla modificazione concordata di un’unica
disposizione, al fine di
salvaguardare la posizione di singoli professionisti (finora, infatti, la nuova
norma è stata applicata solo in 3 casi).
TRIBUNALE
DI ROMA
I
SEZIONE LAVORO
Il
Giudice, dott.ssa Carlotta Calvosa, a scioglimento della riserva assunta
all’udienza del 6.2.2004,
OSSERVA
con
distinti ricorsi ex art. 28 l. 300/70, poi riuniti, FABI –Federazione Autonoma
Bancari Italiani- SAB Sindacato Autonomo Bancari di Roma e provincia, Sindacato
Nazionale del Personale Direttivo della Banca Centrale –CIDA, segreteria
provinciale di Roma, Confederazione Italiana dei Dirigenti e delle Alte
Professionalità (CIDA) Delegazione provinciale di Roma, FIBA-CISL, Federazione
Italiana Bancari Assicurativi, Sindacato Regionale di Roma, FALBI-CONFSAL,
Segreteria Provinciale di Roma, SIBC-CISAL, Segreteria Provinciale di Roma e
FISAC-CGIL Banca Centrale, hanno adito il Giudice esponendo che:
-
nella Banca d’Italia il rapporto d’impiego è
contrattualizzato, in particolare, per il personale della carriera direttiva,
sin dal 1985, con previsione di una trattativa quadriennale, per gli istituti
normativi e con trattativa biennale
per gli istituti economici;
-
le organizzazioni sindacali si sono impegnate a non
presentare richieste di modifica sulle materie disciplinate dagli accordi e, dal
canto suo, l’amministrazione si è impegnata a non sottoporre al Governatore e, quindi, al Consiglio
Superiore, modifiche unilaterali sulle medesime materie;
-
per il personale direttivo, è attualmente in vigore il
contratto sottoscritto il 26.6.2002, con il quale si è confermata la disciplina
in vigore, sino alla definizione degli accordi per il quadriennio 2002-2005;
-
in data 23.6.2003, l’Amministrazione ha proposto la
modifica dell’art. 79 del Regolamento del Personale, in tema di collocamento a
riposo del personale direttivo, ed, a seguito di un primo incontro con le OO.SS.,
che ha avuto luogo il 30.6.2003, nel corso del quale i sindacati hanno avanzato
proposte alternative, dopo un “preavviso” in data 3.7.2003, il 7.7
successivo, il Consiglio Superiore ha deliberato la disdetta dell’accordo
concernente la contrattualizzazione del rapporto d’impiego e la modifica
unilaterale del solo predetto art. 79, con proroga in servizio per 36 mesi di
due alti dirigenti che avrebbero dovuto essere collocati a riposo il 1°.8.2003;
-
il 26.9.2003, l’Amministrazione ha prorogato in servizio,
per altri 36 mesi, altro dirigente che avrebbe dovuto essere collocato a riposo
l’1.11.2003.
Gli
istanti, quindi, dedotta l’illegittimità della disdetta, riferita, peraltro,
ad un’unica clausola contrattuale e l’antisindacalità della condotta
dell’Amministrazione, hanno concluso per la cessazione del comportamento
denunciato con rimozione degli effetti e perché venisse dichiarata
l’inefficacia della predetta disdetta e la vigenza dell’art. 79 Reg. Pers.
nel testo precedente all’integrazione unilaterale, con ordine alla Banca
d’Italia di darne piena applicazione.
Si
è costituita la convenuta sostenendo l’inammissibilità del ricorso, essendo
insussistente negli istanti l’interesse di cui all’art. 28, 1° co. e,
comunque, nel merito, contestandone la fondatezza e chiedendone il rigetto.
Preliminarmente,
va rilevata la sussistenza dell’interesse delle associazioni sindacali
all’esperimento del ricorso ex art. 28, nella fattispecie in esame.
Per
consolidata giurisprudenza, condivisa anche da questo Giudice, infatti, “per
ritenersi integrati gli estremi della condotta antisindacale …è sufficiente
che il comportamento del datore di lavoro leda oggettivamente gli interessi
collettivi di cui sono portatrici le organizzazioni sindacali, non essendo
necessario uno specifico intento lesivo da parte del datore di lavoro” (Cass.
sez. lav., 5.2.2003, n. 1684).
Nel
caso di specie, la Banca allega che, essendo stata deliberata una condizione
sostanzialmente migliorativa, non si ravviserebbe nei sindacati alcun interesse
ad intraprendere un procedimento cui potrebbe conseguire il ritorno ad una
deteriore situazione antecedente.
Il
giudicante dissente da tali considerazioni per un duplice ordine di motivazioni.
In
primo luogo, infatti, si osserva che la nuova disposizione regolamentare ha
giovato, sinora, ad un numero limitatissimo di dirigenti, laddove, a fronte del
loro precipuo interesse a non essere immediatamente collocati a riposo, si pone
l’interesse collettivo (che il sindacato è chiamato a tutelare) al cd.
“turn over”, che consente ad altri lavoratori di accedere a quelle posizioni
verticistiche, che la Banca ha, invece, voluto mantenere inalterate.
A
fronte dell’opportunità (solo di interesse datoriale e dei singoli dirigenti,
che continuano a conservare il loro posto di lavoro, oltre il superamento dei
limiti di età) di mantenere ad alti livelli dirigenziali professionalità già
acquisite, infatti, si pone, senz’altro, il contrapposto interesse collettivo
e non riferibile a singole inividualità, di consentire ad altri lavoratori,
egualmente di notevole esperienza, di ricoprire posizioni di alta dirigenza,
all’interno di Bankitalia.
In
secondo luogo, si ritiene sussistente l’interesse delle organizzazioni
sindacali ad intraprendere l’odierno giudizio, proprio per l’oggetto del
procedimento, in quanto teso a far valere l’illegittimità del comportamento
di controparte nei confronti delle OO.SS.,
che lamentano la violazione dell’accordo di contrattualizzazione.
Nel
merito, ritiene il Giudice che la condotta tenuta da parte resistente possa
ritenersi antisindacale.
Occorre,
innanzi tutto, evidenziare che, nella fattispecie in esame, coesistono un
accordo di contrattualizzazione a tempo indeterminato (con il quale le parti si
sono impegnate l’una nei confronti dell’altra, le organizzazioni sindacali,
a non presentare richieste di modifica sulle materie disciplinate dagli accordi
e l’amministrazione, a non sottoporre al Governatore e, quindi, al Consiglio
Superiore, modifiche unilaterali sulle medesime materie) ed un accordo stipulato
il 26.6.2006 (con il quale le parti hanno confermato “la
disciplina del trattamento normativo ed economico del personale della Banca …
fintantochè non saranno definiti gli accordi per il quadriennio 2002-2005”).
Le
parti contraenti hanno, quindi, volontariamente assunto l’impegno reciproco a
regolare la materia in esame in genere a mezzo dei contratti collettivi e,
comunque, confermandosi la disciplina previgente, a mezzo del prossimo accordo
relativo al quadriennio 2002-2005.
A
fronte di tale duplice impegno, vincolante per entrambe le parti, ritenere che
tali accordi fossero, all’occorrenza, disdettabili unilateralmente, secondo le
necessità del momento, significherebbe privarli di ogni significato.
In
altri termini, ritiene il Giudice che l’accordo di contrattualizzazione
e l’esplicita conferma della normativa vigente fino ai successivi
accordi relativi al periodo 2002-2005 (con i quali, soltanto, in via
esclusiva, si è quindi prevista e ribadita la possibilità di modificare le
disposizioni in essere), non possano essere unilateralmente disattesi anche in
ordine a singole questioni, senza incorrere nella violazione degli stessi
impegni contrattualmente assunti.
Le
modalità attraverso le quali la Banca è addivenuta unilateralmente alla
modifica della disciplina attinente al collocamento a riposo del personale
direttivo, dunque, configurano, a parere del Giudice, chiari indici di un
comportamento antisindacale.
In
particolare, è indice del comportamento antisindacale della resistente la
tempistica e la celerità con cui la Banca è addivenuta alla predetta modifica,
a fronte di una circostanza certa nell’an
e nel quando (il collocamento a
riposo di alcuni dirigenti per il raggiungimento dei limiti di età), che ben
avrebbe potuto permettere tempi maggiormente dilazionati e più compatibili con
il raggiungimento di un accordo con le organizzazioni sindacali.
Infatti,
pur essendo evidentemente chiaro da tempo che il 1°.8.2003 due alti dirigenti
sarebbero stati collocati in pensione (ne è dimostrazione il parere richiesto
sul punto al Consiglio di Stato già il 28.3.2003), solo il 26.6 dello stesso
anno, la Banca ha proposto la modifica dell’art. 79 cit., contemplando la
possibilità di un differimento dell’età pensionabile, “per motivate esigenze di servizio dell’Amministrazione, salvo
contraria richiesta del dipendente”, fino ad ulteriori 30 mesi.
Nel
successivo incontro del 30.6, peraltro, le organizzazioni sindacali hanno
mostrato una notevole disponibilità a tener conto delle esigenze di parte
datoriale, prospettando delle proposte alternative che, sostanzialmente,
aderiscono alla possibilità di prolungare l’attività lavorativa, seppur per
un minor lasso di tempo ed in presenza di presupposti più rigorosi.
La
disdetta dall’accordo di contrattualizzazione e la modifica unilaterale della
norma in esame nei termini imposti dalla Banca è stata, poi, preannunciata il
3.7.2003 ed attuata il 7 luglio successivo.
E’
palese che tempi così compressi sono, di per sé, difficilmente compatibili con
la possibilità di raggiungere un accordo con le organizzazioni sindacali
e che, quindi, da un lato, Bankitalia avrebbe dovuto e potuto affrontare
la questione con maggior anticipo rispetto alla scadenza del 1° agosto;
dall’altro, che, proprio per rispettare tale termine, è dovuta addivenire
alla disdetta unilaterale dei precedenti accordi.
La
data del 1° agosto, infatti, viene intesa da questo Giudice come un termine
ultimo entro cui modificare la preesistente disciplina, in quanto, se così non
fosse, non si giustificherebbe il comportamento datoriale e la necessità di
infrangere unilateralmente accordi pluriennali, con la modifica di una
disposizione rispetto alla quale i sindacati non avevano manifestato alcuna
intransigenza.
Né
vale a giustificare l’urgenza addotta dalla Banca la circostanza, allegata
dalla difesa, che prima d’allora non si era intavolata alcuna trattativa in
materia, attendendosi l’imminente riforma legislativa dell’intero sistema
pensionistico.
Nulla,
infatti, avrebbe impedito di verificare, con maggiore tempestività, la
disponibilità sindacale alla modifica della disciplina del trattamento di
quiescenza dei dirigenti, eventualmente, poi, modificando le intese raggiunte
nel rispetto della nuova legge, che, medio
tempore, fosse sopravvenuta.
Viceversa,
la resistente ha preferito attendere il decorso del tempo e, infine, provvedere
unilateralmente nei termini più conformi al proprio interesse, violando gli
accordi già assunti con i sindacati.
L’antisindacalità
del comportamento di Bankitalia, inoltre, è confermata proprio dalla
circostanza che la stessa ha disdetto l’accordo di contrattualizzazione, solo
al fine di modificare un’unica norma concernente il trattamento del personale.
La
Banca, cioè, ha illecitamente disdetto l’accordo (vincolante) con le
organizzazioni sindacali evidentemente per “sottrarsi” alla possibilità di
un dialogo costruttivo ed alla modificazione concordata di un’unica
disposizione, al fine di
salvaguardare la posizione di singoli professionisti (finora, infatti, la nuova
norma è stata applicata solo in 3 casi).
Ritiene,
infine, il Giudice che non valgano a giustificare il comportamento di Bankitalia
le considerazioni sulla tendenza (già affermatasi in altri Paesi) a prolungare
l’attività lavorativa oltre l’età attualmente pensionabile, in ragione del
progressivo aumento dell’età media.
Trattasi,
infatti, di valutazioni di ordine politico, che, pur astrattamente meritevoli di
tutela, non impongono decisioni di tale urgenza da rendere impossibile il
confronto con i sindacati.
Va,
pertanto, dichiarata l’antisindacalità del comportamento della Banca, di cui
dev’essere ordinata la cessazione con rimozione degli effetti, come prescritto
dall’art. 28 stat. lav.
P.Q.M.
Accerta
l’antisindacalità del comportamento tenuto dal datore di lavoro resistente,
consistito nella modifica unilaterale dell’art. 79 Reg. pers. e ne ordina
l’immediata cessazione e la rimozione degli effetti.
Condanna
la banca resistente a rifondere alle controparti le spese di lite, liquidate in
Euro 2.059,63, per ciascuna di esse.
Roma, 6.2.2004 (dep. 9.2.2004)
Il
Giudice
Carlotta
Calvosa
NOTA
QUANDO
L’ESEMPIO DELL’ARROGANZA VIENE DALL’ALTO
1. Nel settore del credito non è infrequente –
per le OO.SS. - imbattersi nella
supponenza, intransigenza ed arroganza delle aziende e/o istituti bancari, in
occasione delle trattative o vertenze sindacali ai vari livelli e - da parte dei
singoli dipendenti - negli atti di ordinaria e quotidiana gestione del
personale.
Agli
“onori” della stampa e della magistratura è venuto, recentemente,
l’atteggiamento autoritario -
nelle relazioni sindacali – della Banca centrale, cioè del vertice
“emblematico” degli istituti di credito.
Conviene
fornire il resoconto della disavventura in cui è incappata la Banca d’Italia
sotto la guida del suo attuale governatore.
Il
23 giugno 2003, veniva fatto pervenire alle OO.SS. presenti in Banca d’Italia
un invito ad un incontro con il Direttorio, finalizzato ad ottenere l’opinione
(rectius, l’adesione) delle stesse sulla modifica – che la Banca si
riproponeva – del Regolamento per il Personale, pattuito sindacalmente per
l’arco temporale 2002-2005. Modifica attinente alla permanenza in servizio,
sino ad un massimo di 30 mesi (poi divenuti 36), dei dipendenti che avessero
dato la loro disponibilità a proseguire il rapporto oltre gli attuali termini
definiti nel Regolamento contrattualizzato, costituiti dai 65 anni di età o 40
anni di effettivo servizio.
La necessità di generalizzare l’offerta a tutto il personale
della Banca d’Italia nasceva dall’esigenza, invero ristretta al momento a
tre alti dirigenti di cui il Governatore non intendeva privarsi, ma che che di lì
a poco (col 1 agosto, due, col 1 novembre il terzo) avrebbero dovuto – a bocce
ferme – lasciare le loro responsabilità, rispettivamente individuabili in
quelle di: a) direttore centrale e
capo della vigilanza creditizia, b) direttore centrale e responsabile del
rapporti col mercato, c) avvocato generale.
Il 26 giugno - a
tamburo battente – la delegazione aziendale alle trattative proponeva un nuovo
testo dell’art. 79 del Regolamento per il personale
e, di fronte a controproposte di taluni sindacati circoscritte ad un
massimo di 18 mesi oltre il temine originario e, comunque, collegate ad un
comprovabile carattere “eccezionale” delle esigenze richiedenti la proroga,
dichiarava non “contrattabile”, anzi cogente il testo prospettato. Tant’è
che il 7 luglio la banca - dopo
aver minacciato nei giorni precedenti l’intenzione di disdettare
unilateralmente il Regolamento, come si usa fare per quelli istitutivi di fondi
previdenziali senza prefissione di scadenza (ipotesi non ricorrente
assolutamente nella fattispecie di un Regolamento pattuito per la vigenza in un
arco temporale circoscritto al
2002-2005!) – faceva approvare all’unanimità dal Consiglio superiore
dell’Istituto la proroga fino a 36 mesi dei termini di mantenimento in
servizio.
Da qui le reazioni dei sindacati che, con tre distinti ricorsi,
denunciavano la Banca d’Italia per scavalcamento di ruolo, mancato
mantenimento degli impegni contrattuali e, quindi, per comportamento
antisindacale, giudizialmente reprimibile ex art. 28 dello Statuto dei
lavoratori.
Il 6 febbraio 2004 il giudice monocratico della 1° sezione lavoro
del Tribunale di Roma, Dr. Calvosa sanzionava il comportamento della Banca
d’Italia riconoscendo in esso i requisiti dell’antisindacalità – con
conseguente condanna aziendale alla rimozione degli effetti, implicante la
dismissione dei tre alti dirigenti mantenuti in servizio che dovevano, pertanto,
lasciare l’Istituto - e
depositava l’ordinanza il successivo 9 febbraio (onerando la Banca d’Italia
delle spese legali di € 2.059 per ogni parte ricorrente), sentenza prontamente
notificata dalle OO.SS. medesime e che di seguito (al par. 2) riportiamo
per completezza e per necessaria cognizione dei lettori.
Dopo aver preannunciato ricorso, la banca ha deciso di ottemperare
all’ordine giudiziale ed ha iniziato ad insediare in almeno due delle tre
cariche “vacanti”, due dirigenti vicari di quelli “giudiziariamente”
dimissionati.
Singolare in questa vertenza il fatto che il legale della Banca
d’Italia – Prof. Scognamiglio – sia stato difensivamente affiancato
dall’avvocato generale della Banca centrale (uno dei beneficiari dalla proroga
incriminata, che sostanzialmente ha difeso se stesso), che sono risultati
soccombenti a fronte dei ricorsi dei legali avversari, fra cui – per il
Sindirettivo Banca d’italia – il prof. Dell’Olio.
Singolari
anche le primarie argomentazioni prospettate dai legali della Banca d’Italia
per inficiare l’interesse sindacale ad impugnare la modifica unilaterale
dell’art. 79 del R.P. consistenti
– a loro avviso – nell’avere
la Banca posto in essere una condizione generalizzata di “miglior favore”
che avrebbe dovuto essere apprezzata e non avversata dalle OO.SS..
Ma
a tale tesi il magistrato non ha “abboccato”, obiettando giustamente che per
il momento la “condizione di miglior favore” aveva fatto beneficiare in
tutta fretta i tre dirigenti della cui prestazione la Banca intendeva
fiduciariamente continuare a beneficiare (nonostante la imminente scadenza dei
limiti di età) e che, in ogni caso, a fronte di tale interesse “fotografia”
per il momento, le OO.SS. firmatarie avevano scelto di tutelare quello che
avevano valutato essere un divergente e superiore interesse collettivo per i
propri rappresentati, costituito dal “turn over”, cioè a dire dalle
aspirazioni all’avvicendamento nelle più alte cariche e, quindi,
dall’interesse dei più giovani alla progressione di carriera, non
osteggiabile unilateralmente per iniziativa ed opposto interesse della Banca
centrale.
Indici dell’antisindacalità sono stati ritenuti: a) la frettolosa
ed illegittima dismissione unilaterale degli impegni contrattuali, assunti con
la stipula del Regolamento per il personale, per il quadriennio 2002-2005, cioè
a dire “la tempistica e la celerità con cui la Banca è addivenuta alla
predetta modifica, a fronte di una circostanza certa nell’an e nel quando (il
collocamento a riposo di alcuni dirigenti per il raggiungimento dei limiti di età),
che ben avrebbe potuto permettere temi maggiormente dilazionati e più
compatibili con il raggiungimento di un accordo con le organizzazioni sindacali”;
b) “ il parere richiesto sul punto al Consiglio di stato già il 28 marzo
2003”. A ciò aggiungasi il riscontro giudiziale che le OO.SS.
“hanno mostrato una notevole disponibilità a tener conto delle
esigenze di parte datoriale, prospettando delle proposte alternative che,
sostanzialmente, aderiscono alla possibilità di prolungare l’attività
lavorativa, seppur per un minor lasso di tempo ed in presenza di presupposti
più rigorosi”.
Né va sottovalutato secondo il magistrato, ai fini della valutazione di antisindacalità del comportamento aziendale – consistito nella deliberata volontà di “sottrarsi” alla possibilità di un dialogo costruttivo con le OO.SS. - il fatto che la disdetta dell’accordo aziendale atteneva ad una singola norma contrattuale (il già citato art. 79), evidentemente per una esigenza “particulare” e “contingente” (maldestramente contrabbandata per generale e come trend transnazionale nel pensionamento, in ragione dell’aumento della vita media).
MARIO
MEUCCI