MOBBING E VIOLENZA PSICOLOGICA SUL POSTO DI LAVORO
Problemi
Medico-Legali, Legislativi e Giuridici
Roma
4 Giugno 2003 ore 9/18 Centro Congressi Università “La Sapienza”
Prof.
Dr. Emilia Costa*, Dott. Massimiliano Costa**
*Titolare 1° Cattedra di
Psichiatria Università “La Sapienza”
** Prat. Avvocato Foro di Roma
Le grandi trasformazioni
socio-culturali degli ultimi secoli, che da una società agricola hanno condotto
alla società industriale e post industriale, hanno prodotto diversi e vari
cambiamenti nella politica, nell’economia, nella giustizia, nella sanità.
Cambiamenti che a loro volta hanno portato alla modifica dello stile di vita,
delle regole, dei ruoli, dei compiti e responsabilità svolti dall’uomo e
dalla donna nella famiglia, nella scuola, sul lavoro, nell’intera struttura
della società; in sintesi a comportamenti diversi che non hanno ancora oggi
trovato una equilibrata composizione all’interno dei singoli individui e delle
comunità. Inoltre la rapidità con cui si sono succeduti i progressi
scientifico-tecnologici negli ultimi 50 anni non ha permesso un altrettanta
rapida crescita consapevole delle persone ed un veloce adeguamento interiore al
cambiamento esterno. Non sempre quindi il progresso ha promosso benessere e
salute, ma anche squilibrio, malessere, involuzione; non sempre ha rispettato
valori etici e culturali, ma spesso distorcendo in peggio l’innovazione ha
prodotto degrado ambientale, politico, culturale ed etico.
Ci troviamo allora, in un
momento storico in cui la stessa vita umana
ha poco valore, dove prevaricazione,
sopruso, aggressività e violenza non solo fanno da padroni, ma vengono anche
premiati dai Media e non solo. Come diceva E. Fromm in “Anatomia della
distruttività umana“ le pulsioni a controllare, sottomettere, torturare , il
sadismo, la necrofilia, le guerre, le molteplici sembianze in cui si manifestano
le tendenze distruttive dell’uomo sono legate e condizionate da fattori
storico - culturali
Ed infatti, oggi, questi
fattori esistono tutti, e paradossalmente predichiamo la pace e siamo sempre in
guerra uno contro tutti, insoddisfatti, nervosi, aggressivi, ostili. Sulle
strade sempre più incidenti e più morti, ogni telegiornale è un bollettino di
guerra: tra terrorismo, guerre di religione, guerre di mafia e di mafia bianca,
guerre tra le grandi potenze e le grandi industrie, tra omicidi di coppia, di
genitori, di figli, di neonati, suore, preti e quant’altro, tra terremoti ed
alluvioni, ecc. Dicevamo che nel nostro paese si era persa la certezza del
diritto, adesso si e’ persa anche la certezza della pena ed anche
la stessa vita umana è ad alto rischio
e non sappiamo da che parte arriverà il pericolo. In questo clima di guerra
totale nuove e più raffinate moderne
*******
Siamo costretti dunque ad dover
affrontare nuovi mali per trovare nuove auspicabili soluzioni degli stessi. Si
dice che ogni epoca si esprime anche con le sue malattie, e che le malattie
diventano metafore per manifestare “i
problemi della civiltà attuale”, così la letteratura ottocentesca vedeva la
TBC come il prodotto di un eccesso di passione, la malattia degli spericolati e
dei sensuali, il morbo in cui trovava espressione un sentimento appassionato e
frustrato. Il tubercolotico dell’era vittoriana altri non era che colui che si
opponeva al modello dell’homo economicus dell’ottocento, il quale esigeva un
individuo disciplinato, in grado di regolare le spese, i risparmi e la
contabilità, in grado cioè di inserirsi proficuamente in un economia che
dipendeva dalla limitazione razionale del desiderio. Il soggetto da TBC era
l’esatto contrario di tutto ciò: era l’incarnazione del desiderio
irrefrenabile, dello sperpero di vitalità fino alla consunzione ed al
deperimento. Cosi’ il canceroso del novecento viene descritto come un
individuo dalla passione insufficiente, sessualmente represso, inibito, privo di
spontaneità, incapace di esprimere la collera.
Anche in questo caso l’esatto contrario dell’homo economicus del capitalismo avanzato, la cui economia dipende dall’appagamento irrazionale del desiderio e quindi dai facili entusiasmi, dalla mobilita’, dalla competitività e dalla rapida creazione di nuovi bisogni. Il canceroso è colui che non si lascia coinvolgere e che quindi si rifiuta di “consumare e di spendere”. Non è quindi forse un caso che all’inizio di un nuovo secolo ci troviamo sempre più spesso a dover affrontare un nuovo tipo di patologia: le Patologie da Mobbing; e non c’è nemmeno da meravigliarsi o da negarlo, come accade agli ingenui o ai troppo furbi. Accade infatti che in un ambiente di lavoro dove spesso prevalgono ambizioni sfrenate non supportate da altrettante capacita’, la carriera diventa carrierismo, la sana competitività viene distorta in favore dell’impedimento della carriera all’altro con ogni mezzo, le energie rivolte alla distruttività anziché alla creatività personale e dell’impresa. Cioè il capitalismo avanzato ha prodotto una società consumista e materialista, dove la lotta per il possesso ed il potere sull’oggetto si trasforma in lotta per il dominio, per il massacro dell’altro che deve essere ad ogni costo estromesso, mortificato, avvilito, annullato. Oltre al distress legato all’inquinamento dell’ambiente e dei cibi, oltre alla costrizione frettolosa del dover fare molte cose in tempi non fisiologici, si aggiunge il distress delle persecuzioni nei luoghi di lavoro. La lotta per accaparrarsi “l’oggetto idealizzato” da comprare-ottenere, diventa simbolo di processi vitali, mira a sostituire le necessita’ affettive di comunicazione, di equilibrio, di amore, di benessere e conferma, invece, l’onnipotenza, il narcisismo, l’esibizione, la trasgressione. Cosi’ l’affettività non trovando reali oggetti di amore si esprime con emozioni violente ed aggressive; la consapevolezza che impone impegno, responsabilità e decisione si esaurisce e viene sostituita dall’eccesso di potere e di dominio perverso, dalla volontà di apparire a tutti i costi, sorretta dai Media, e non di Essere e tanto meno di essere insieme e lavorare in equipe. Ecco che la Società attuale ha costruito il Mobbing: la malattia che indebolisce i sistemi fondamentali di sopravivenza dell’essere umano: il Sistema Limbico o sistema dell’affettività ed il Sistema Immunitario o sistema delle difese organiche.
Risulta quindi molto più
importante di quello che non si
creda o non si sappia la vigilanza
e la prevenzione del Mobbing sui luoghi di lavoro, in quanto il processo
Mobbing, come “malattia sociale” può portare attraverso il carico di
Distress e la sempre maggior dequalificazione professionale gravi danni non solo
alla singola persona, ma all’intera società.
Si deve a due psicologi
(psicologi dell’organizzazione aziendale) Heins Leymann svedese e Harald Ege
tedesco la diffusione del concetto di Mobbing rispettivamente in Svezia e
Germania sin dal 1984 ed in Italia nel 1995.
Il
termine Mobbing deriva da quello inglese “to mob”, che vuol dire aggredire,
accerchiare, assalire in massa, malmenare; ed è stato usato da K. Lorenz
proprio per descrivere il comportamento di alcuni animali che si coalizzano
contro un membro del gruppo, lo attaccano, lo isolano, lo escludono dal gruppo,
lo malmenano fino a portarlo anche alla morte. In pratica è la condizione in
cui vengono a trovarsi gli esseri umani sofferenti per Mobbing o come
Leymann ed Hege riportano per "terrore o violenza psicologica sul
luogo di lavoro”. Ossia una modalità di comportamento volta al malessere
della vittima designata, finalizzata a destabilizzarla, a farle perdere
l’autocontrollo, ed il benessere psicofisico, con conseguente allontanamento /
dequalificazione dal/nel posto di lavoro.
Leymann ed Hege interpretano il
fenomeno Mobbing secondo la Teoria del conflitto psicosociale.
Per Leymann nel
processo Mobbing devono essere
studiati sei fattori: 1) organizzazione del lavoro, 2) direzione del lavoro, 3)
mansioni sul lavoro, 4) dinamica sociale del gruppo, 5) teorie di personalità,
6) eccessiva psicologizzazione. Inoltre vanno studiati i fattori
attivati dallo stesso processo, come a) Comunicazione, b) Reputazione, c)
Prestazioni; e le quattro fasi con cui il Mobbing si manifesta, permettendo lo
sviluppo di evidenze comportamentali, cliniche e sociali.
1° fase: inizio del conflitto
e dell’attacco; la vittima prova disagio.
2°fase: aumenta il conflitto,
le ostilità diventano più frequenti e più gravi, subentra il “terrore
psicologico”: se le aggressioni perdurano per più di un anno lo stato
d’ansia può cronicizzare.
3°fase: la gestione del
personale commette errori ed irregolarità con negazione dei diritti della
vittima; i superiori addossano la colpa alla vittima che si sente sempre più
male.
4°fase: dequalificazione delle
mansioni, trasferimenti, cui consegue malattia anche di lunga durata, per cui il
mobbizzato viene escluso dal mondo del lavoro e dopo un certo periodo di tempo o
dà le dimissioni o viene licenziato.
Leymann ha anche elaborato un
Questionario composto da 45 items in
5 sezioni: 1) attacchi alla possibilità di comunicare, 2) attacchi alle
relazioni sociali, 3) attacchi alla immagine sociale, 4) attacchi alla qualità
della condizione professionale e privata, 5) attacchi alla salute; in cui si
evidenziano le principali caratteristiche del Mobbing:
-
stillicidio lento di persecuzioni, attacchi,
umiliazioni;
-
continuità delle aggressioni che perdurano
nel tempo;
-
intensificazione progressiva degli attacchi;
-
forza devastante rappresentata dalla lunga
durata;
-
esito in isolamento, emarginazione, disagio
ed infine malattia.
Inoltre secondo Leymann per
parlare di Mobbing “il processo del terrore” deve verificarsi almeno una
volta la settimana per un minimo di sei mesi, ciò in quanto, in genere,
l’evoluzione del Mobbing é estesa nel tempo, lenta ma inesorabile; inoltre
sostiene sempre Leymann dovrà anche essere ben studiata la personalità ed il
temperamento sia del mobber, colui che attua il Mobbing, sia quella della
vittima, ossia del mobbizzato, anche per comprendere meglio la scelta della
vittima e le diverse strategie provocatorie.
Ancora proseguendo le sue
ricerche Leymann ha potuto differenziare
il Mobbing dai problemi di lavoro,
che possono comportare stress, senza che questo sia riconducibile a Mobbing; ed
ha messo in evidenza che per
parlare di Mobbing devono verificarsi alcune delle seguenti condizioni:
-
all’improvviso spariscono o si rompono,
senza che siano sostituiti, strumenti di lavoro come telefoni, computer,
lampadine, ecc. ;
-
i litigi o dissidi con i colleghi sono sempre
più frequenti;
-
gli viene messo vicino un accanito fumatore,
pur sapendo che il soggetto detesta il fumo;
-
la conversazione generale si interrompe
bruscamente quando entra in una stanza;
-
viene escluso da notizie ed informazioni
utili per il suo lavoro;
-
apprende che girano pettegolezzi infondati
sul suo conto;
-
gli vengono affidati da un giorno all’altro
incarichi inferiori alla sua qualifica o estranei alle sue competenze;
-
viene sorvegliato ogni giorno di più nei
minimi dettagli ( come orari di entrata ed uscita, telefonate, tempo trascorso
per il caffè);
-
riceve rimproveri eccessivi per piccolezze;
-
le sue richieste verbali e scritte non
ottengono alcuna risposta;
-
i superiori o i colleghi lo provocano per
indurlo a reagire in modo incontrollato;
-
risulta escluso da feste aziendali o da altre
attività sociali;
-
viene preso in giro per l’aspetto fisico o
l’abbigliamento;
-
tutte le sue proposte sono rifiutate senza
valide motivazioni;
-
è retribuito meno di altri colleghi che
hanno incarichi di importanza minore;
e cosi’ via altre innumeri
azioni di questo tipo.
In Italia
lo psicologo H.
Ege
ha fondato nel 1996 l’Associazione “Prima” per la ricerca contro il
Mobbing. Ege ci ha raccontato come all’inizio dei suoi studi presso l’Università di Bologna avesse adottato il modello
di Leymann, che abbiamo appena visto, che descrive l’insorgere del Mobbing in
quattro fasi; ma ben presto si era reso conto
di non poterlo utilizzare, in quanto la realtà italiana era
culturalmente assai differente dal Nord Europa; aveva allora condotto una
ricerca che gli aveva permesso di elaborare un modello che prevede sei fasi e di
modificare ed ampliare il Questionario di Leymann per le vittime di Mobbing
(Leymann Inventory of Psichological Terrorism ), pubblicandolo nel 1997.
Inoltre Hege aveva potuto
evidenziare il doppio Mobbing, cioè quello che il mobbizzato può subire dalla
famiglia in conseguenza del fastidio prodotto alla lunga dal suo comportamento
di mobbizzato, comportamento che viene in un primo tempo compreso dalla moglie e
dai figli, e nel tempo, invece disatteso e
colpevolizzato. Ed ancora Ege aveva potuto distinguere il Mobbing dal
Bossing, quella forma di “ terrorismo psicologico” programmato
dall’azienda o dai vertici della stessa come strategia per ridurre,
razionalizzare il personale o semplicemente per eliminare una persona
indesiderata. Tale fenomeno presente in tutta Europa sarebbe facilitato in
Italia dalla crisi del lavoro e dalla persistente
minaccia di disoccupazione. L’azienda si muoverebbe in modo da creare attorno
al soggetto un perenne stato di tensione, togliendo privilegi, rimproverando,
minacciando disoccupazione, licenziamento , ricattando, ecc.
Secondo la ricerca di Ege con
il Questionario Leymann: le 6 fasi del nuovo modello evidenziate
nell’insorgenza del Mobbing consistono in:
Condizione zero o condizione
predisponente allo sviluppo del Mobbing è la condizione iniziale nella quale
si riscontra che:
-
il conflitto è fisiologico, accettato;
-
il conflitto è generalizzato, vede tutti
contro tutti, non esiste una vittima designata;
-
non c’è volontà di distruggere, ma solo
una spinta ad emergere sugli altri.
Fase 1 o del conflitto mirato,
nella quale si riscontra che:
-
la vittima è individuata
-
il conflitto generalizzato si dirige verso di
essa; l’obiettivo non è solo emergere sugli altri, ma distruggere
l’avversario individuato;
-
il conflitto si allarga dal bersaglio lavoro
al bersaglio “sfera privata”;
Fase 2 o vero e proprio inizio
del Mobbing porta le seguenti
caratteristiche:
-
la vittima avverte disagio e fastidio;
-
le relazioni con i colleghi diventano
difficili e si inaspriscono;
-
la vittima comincia a porsi domande sul
cambiamento;
Fase 3 o dei primi sintomi
psicosomatici:
-
il soggetto travagliato, incredulo, isolato
comincia a non dormire la notte, a non
digerire, ad avere difficoltà a recarsi al lavoro per non dover affrontare il
disagio, a sentirsi insicuro;
-
l’idea del lavoro diventa prevalente ed
ossessiva;
-
si manifestano i sintomi di una iniziale
depressione: astenia, svogliatezza, demotivazione, sensi di colpa per non essere
capace di migliorare la situazione.
Fase 4 o degli errori ed abusi
dell’amministrazione del personale:
-
la vittima comincia
a fare assenze per malattia, ciò viene notato dai superiori, che
prenderanno di mira il soggetto fino ad arrivare a sanzioni disciplinari;
-
minaccia incombente sulla vittima, che
peggiorerà i suoi sintomi;
-
assentandosi sempre più dal lavoro e
preparando il percorso del Mobbing.
Fase 5 o fase
dell’aggravamento della salute psicofisica della vittima:
-
il soggetto entra in depressione più grave
per cui sentirà l’esigenza di
consulti specialistici e terapia farmacologia;
-
la diagnosi di “stato ansioso depressivo”
non piace alle aziende, e ciò aggraverà la posizione del mobbizzato;
-
la vittima comincia a sviluppare idee
persecutorie , si convince di non poter più affrontare la situazione
-
si sviluppa una “Disturbo Postraumatico da
Stress” con sentimenti di paura
intensa, di impotenza, di minaccia di morte o all’integrità fisica ; o un
“Disturbo dell’adattamento” con compromissione del funzionamento sociale o
lavorativo;
-
possono manifestarsi anche malattie fisiche:
quali asma bronchiale, ulcera duodenale, vertigini, cefalee, disturbi del
comportamento alimentare e della sfera sessuale; riduzione delle difese
immunitarie con maggior facilita’ ad ammalarsi.
Fase 6
o esclusione dal mondo del lavoro:
-
dimissioni volontarie;
-
licenziamento;
-
ricorso al prepensionamento;
-
esiti traumatici: suicidio, omicidio,
vendetta sul mobber.
In sintesi, Ege, evidenzia tre
fattori nell’insorgenza del Mobbing: ambiente entro il quale avvengono i
soprusi, comportamento del Mobber, comportamento del mobbizzato.
In Italia, un altro studioso di Mobbing è un Medico
del Lavoro, il Dr. R. Gilioli,
Direttore del Centro per il Disadattamento Lavorativo della Clinica del
Lavoro “L. Devoto”, di Milano; che ha rappresentato i problemi del Mobbing
nel “Documento di Consenso: “Un nuovo rischio all’attenzione della
Medicina del Lavoro: le molestie morali”(Mobbing). Gilioli e collaboratori in
questo documento definiscono il Mobbing, l’intensità della violenza, il tempo
di esposizione, i tratti di personalità dei soggetti colpiti (bersagli), le
conseguenze sulla salute, le conseguenze sociali, la Diagnosi, il ruolo del
Medico del Lavoro, il ruolo dell’Organo di Vigilanza.
Altri contributi da citare in
letteratura, anche se meno sostanziali, sono quelli della Psicologia Sociale
degli anni 1950/70 (Lemert
1951), (Jones e Davis
1965): Teoria dell’etichettatura e Teoria attributiva, in cui si prospettava
che il processo di persecuzione poteva iniziare in relazione all’etichetta che
si dava alla vittima (guarda quella è un po’ strana, guarda come si comporta,
ecc.), creando un processo a
feedback autoriproducentesi.
Inoltre, lo studio di Walter
del 1993, che rifacendosi a E. Berne, sosteneva che il superiore (genitore)
poteva liberamente aggredire, dominare, intimidire, mentre il dipendente
(bambino) poteva subire, accettare, scappare; e che il Mobbing è caratterizzato
da : impotenza generale, mancata assunzione di responsabilità, estrema
difficoltà di risalire alle cause iniziali, fissazioni sul piano emotivo con
grande difficoltà ad usare meccanismi di razionalità. E quello di Resch
del 1994 sulla posizione sociale della
vittima e sulla vigente moralità nel posto di lavoro. Altri contributi vengono
dagli Psicoanalisti che hanno individuato la Personalità disturbata (Disturbo
di Personalità) del Mobber come causa predisponente al processo (Field
1996) e Hirigoyen che nel 2000
individuava i Mobber come Narcisisti Perversi, ovvero psicotici asintomatici,
che scaricano sulla vittima i loro problemi interni non risolti, e non essendo
stati valorizzati nell’infanzia, si autovalorizzano a spese degli altri, per
mascherare il loro vuoto nell’illusione di esistere e di essere i migliori; e
non essendo capaci di relazioni hanno gusto solo ad asservire ed umiliare
l’altro, distruggendolo, umiliandolo e rendendolo incapace perfino di reagire.
Per quanto riguarda la mia personale esperienza e quella dei miei collaboratori sul fenomeno Mobbing possiamo dire che risale al lontano 1987, da allora attraverso esperienze personali, di pazienti afferiti ai nostri reparti o ambulatori clinici e di periziandi che ci hanno coinvolto in Consulenze, Relazioni Tecniche come CTP e Giudici che ci hanno coinvolti come CTU, abbiamo potuto svolgere un approfondimento ed una revisione critica dei dati della letteratura e produrre ulteriore documentazione per fornire esempi, ed individuare i principi che sostengono l’inizio, la prosecuzione e la determinazione del processo Mobbing, le strategie perverse per attuarlo, nonché il danno prodotto alla vittima designata in termini di sofferenza, disagio, sintomi, Disturbi, Malattia e loro conseguenze: danno non solo alla salute ed al lavoro, ma anche alla vita privata e sociale, in termini di danno biologico, patrimoniale, morale ed esistenziale.
Per
prima cosa va detto che il Mobbing è oggi un fenomeno in continua evoluzione
per i fattori socio-culturali prima ricordati, e sta acquisendo i caratteri di
malattia sociale, stando ai dati dell’European Foundation for the Improvement
of Living and Working Conditions, che riportano nell’anno 1996/97 una
prevalenza di Mobbing tra i lavoratori del 4,2%, e più recentemente nel 2000
dell’8%, e del 18% nella sola categoria delle Istituzioni Bancarie, e lo
stesso aumento si riporta per i dati italiani su molte altre categorie di
lavoratori, in cui l’aumento sarebbe individuato secondo l’Ente di lavoro ed
il numero di lavoratori dell’Ente, che andrebbe dal 2% con 12 lavoratori fino
al 39% con 500 lavoratori. Per un totale in Italia, secondo dati ISPESL di 1500
casi dichiarati negli ultimi 10 anni.
Ma in realtà il Mobbing è
sempre esistito anche se definito in termini diversi. Basti pensare
al cosiddetto capro espiatorio, alla violenza nei manicomi, nelle
carceri, al nonnismo, a quella
sottile violenza nella famiglia, nella scuola, nei collegi, in tutte le
Istituzioni, comprese quelle religiose. Violenza così
definita da R. Girard: “ la violenza non consiste tanto nel ferire e
nell’annientare, quanto nell’interrompere la continuità delle persone, nel
far loro recitare delle parti nelle quali non si ritrovano più, nel far loro
mancare non solo a degli impegni ma alla loro stessa sostanza, nel far compiere
degli atti che finiscono con il distruggere ogni possibilità di atto… nel
distruggere l’identità dello Stesso. Gli individui sono ridotti ad essere
portatori di forze che li comandano al loro insaputa”. Questo tipo di
violenza, spesso si differenzia dalla violenza ritenuta e codificata come
illegittima e passibile di condanna da parte del sistema giudiziario; e si
riferisce a quella “legittima” che attraverso i rituali, la prassi, i
regolamenti, i comportamenti pseudomorali si
impone e teoricamente mira alla non violenza , per tramite della violenza. In
quest’ottica i luoghi di lavoro, oggi, diventano luogo primario di questo tipo
di violenza, ritualizzando la violenza come legittima, forzando l’accettazione
di regole e convenzioni, divieti e punizioni: questo tipo di violenza si camuffa
sotto il profilo del doverismo, della rigidità verticistica, fa leva sulla
paura, sulla debolezza, sull’ignorare e sul non informare e quindi impedisce
la libertà di scelta, e di decisione consapevole reificando costantemente la
dipendenza, la sottomissione e la non differenza, e distrugge la possibilità di
identità e di individualità e la
capacita’ di relazione, formando una specie di pallido rapporto di natura
impersonale regolato da pregiudizi, convenzioni, obblighi, in cui la violenza
diventa strumentale e prototipo di convenzionalità, dissimulando l’entità
reale della violenza legale ed illegale. In questa definizione della violenza si
possono poi ritrovare una serie di comportamenti vessatori ed emarginanti che a
saper ben guardare e vedere esprimono atti illeciti civili, penali,
amministrativi atti ad “uccidere” la vittima designata. Per cui
nell’accezione attuale “violenza psicologica sul luogo di lavoro”, che
produce “terrore psicologico sul luogo di lavoro” sono termini che ben
esprimono i reali accadimenti. E ricordando anche che il termine Mobbing viene
ad indicare in analogia con l’aggressività degli uccelli “l’assalire
circondando e tumultuando in massa con finalità di eliminazione
dell’avversario”, possiamo convenire sulla seguente:
“VIOLENZA
PSICOFISICA E MOLESTIA MORALE SUL LUOGO DI LAVORO, CHE CONDUCE AL DEGRADO DELLE
CONDIZIONI DI LAVORO ED E’ ATTA A LEDERE LA SALUTE, LA PROFESSIONALITA’, LA
DIGNITA’ DELLA PERSONA LAVORATORE, E SI ATTUA CON SVARIATE MODALITA’,
COMUNQUE INDIVIDUABILI, COMUNQUE AGGRESSIVE E VESSATORIE, VERBALI E NON VERBALI,
CON FINALITA’ TESE ALL’EMARGINAZIONE ED ALL’ISOLAMENTO, ALLA
DEQUALIFICAZIONE PROFESSIONALE ED UMANA, AL DEMANSIONAMENTO, ALLO SVUOTAMENTO O
PERDITA DEL RUOLO, CON L’OBIETTIVO FINALE DI BLOCCARE LA CARRIERA E/O DI
ELIMINARE UNO
O PIU’ DIPENDENTI. CON INTENSITA’ E DURATA VARIABILE SECONDO LO SCOPO DA
RAGGIUNGERE E LA RISPOSTA DELLA VITTIMA DESIGNATA. CON CONSEGUENZE SULLA SALUTE,
SULL’ATTIVITA’ PROFESSIONALE, SULLA VITA PRIVATA E SOCIALE, DI GRADO
VARIABILE SECONDO
L’ENTITA’ DEL DANNO SUBITO. NONCHE’ DANNO ECONOMICO E CULTURALE ALLO
STESSO ENTE ED
ALLA SOCIETA’
IN GENERALE".
UNIVERSITA’,
INDUSTRIA, ENTI PARASTATALI, PUBBLICA AMMINISTRAZIONE, SCUOLA, SANITA’,
ASSICURAZIONI, BANCHE, FORZE ARMATE, REGIONI, COMUNI, PROVINCIE.
ENTI
PRIVATI
L’Universita’
risulta luogo principe del Mobbing in quanto la rigida gerarchia tradizionale:
volontario, assistente, aiuto, primario/professore (o denominazioni analoghe)
legata alla modalità di gestione di una cattedra universitaria improntata
all’assoluta monarchia del cattedratico ed al controllo ossessivo, con
strapotere su tutti i dipendenti dal primo Aiuto all’ultimo usciere, facilita
l’insorgenza del Mobbing qualora il “malcapitato” non si adegui a pensare
con la testa del Capo, o semplicemente arriva il solito protetto del capo. E ciò
potrebbe anche risultare difficile alle persone più libere e creative, che
magari vedono l’Università come luogo di scienza, di cultura e di diffusione
del sapere. Ma dal momento che quello che dice il capo è Legge, tutti
obbediranno alla legge perseguendo il “malcapitato” con acredine e sadismo,
realizzando un Mobbing-Bossing che può essere non solo verticale, ma anche
trasversale ed anche strategico.
L’industria,
con le grandi merger internazionali, le privatizzazioni, le fusioni, le
ristrutturazioni, le recessioni, il processo di globalizzazione, diviene luogo
di scelte strategiche e nuova organizzazione del lavoro che non consentono il
rispetto delle regole precedenti e spesso anche del personale dipendente,
favorendo cosi’ le motivazioni della macroeconomia
che spesso non coincidono con il rispetto del singolo lavoratore e possono
essere alla base di fenomeni di
Mobbing.
Gli
Enti del parastato, in cui regole,
leggi, amministrazione fanno riferimento in parte al privato ed in parte al
pubblico, creano condizioni
complesse, in parte di scarsa chiarezza e trasparenza, in parte confusive,
rendendo difficile la progressione di carriera basata sulla meritocrazia, e
favorendo fenomeni di espulsione ed emarginazione che spesso configurano il
Mobbing.
Tutta la Pubblica Amministrazione
governata da un eccesso di burocrazia e di burocrati conservatori e scarsamente
innovativi costringe in genere a standar lavorativi ripetitivi e monotoni, che
se non ammalano di Burn-out
spingono con piccole soverchianti angherie verso un Mobbing verticale
spesso fine a se stesso, anche se motivato con il risparmio del denaro pubblico.
La
Scuola: pensiamo alle continue riforme
che spesso pongono continui cambiamenti
nell’organizzazione e nei programmi di non facile gestione, pensiamo ai
colleghi di lavoro con le loro
piccole invidie e gelosie e la presunzione che la propria idea sia la migliore;
ed ecco che chi non si allinea può diventare il capro espiatorio di turno.
La
sanità: anche in questo settore le
continue riforme del sistema sanitario, la decentralizzazione e la
centralizzazione, gli accorpamenti o gli scorpori delle ASL o degli Ospedali,
l’introduzione del Direttore Manager che preferendo la produttività alla
qualità può licenziare un
primario in nome di una diversa gestione, rappresentano tutte situazioni
di instabilità ed incertezza in cui facilmente si può manifestare il
Mobbing.
Assicurazioni
e Banche: spesso in queste istituzioni
vengono richieste al lavoratore prestazioni per cui occorrono tratti di
carattere opposti, da un lato tratti quasi ossessivi di estrema precisione ed
obbedienza, dall’altro tratti di seduzione e fantasia per vendere polizze e
far fare investimenti, cosa che può comportare reale difficoltà e predisporre
alla derisione ed emarginazione dell’impiegato “conflittuale”.
Le
Forze Armate: in quasi tutti i corpi la
rigidità di struttura del sistema e la gerarchia verticistica può essere di
per se’ mobbizzante, cioè
facilitare quei tratti di sadismo espressi nel nonnismo e nei tanti
maltrattamenti gratuiti e punitivi che possono portare a strategie di espulsione
dal sistema o all’impedimento nell’ avanzamento di carriera.
Regioni,
Comuni, Provincie: spesso un accozzaglia
di leggi, alcune ancora borboniche e di regolamenti pretendono di governare
carrozzoni impervi, pieni di gente affastellata dai partiti, spesso comunque
annoiata, stanca, sfiduciata, abituata a non lavorare perché ha lavorato prima
per avere quel posto; ed ecco che se qualcuno per caso una cosa la vuole fare, e
tanto più se la vuole fare bene, allora può scatenare la sua stessa
persecuzione.
Inoltre le difficoltà e le
modificazioni del mercato del lavoro, con elevata disoccupazione,
contratti parziali incerti, lavori atipici non tradizionali,
terziarizzazione possono attivare alti livelli di aggressività.
Enti
privati: piccoli o grandi che siano,
entro le mura delle pareti “domestiche” si perpetuano le più atroci
violenze; la competitività può essere elevatissima o eccessiva, come la paura
di essere licenziati in tronco. Il capo può essere “disturbato” e
pretendere un eccesso di orario di lavoro e/o di prestazioni, più spesso non si
può fare ciò che si desidera o piace o si ritiene giusto, mentre il collega
sponsorizzato può tutto, anche deriderci. L’obbedienza deve essere assoluta,
anche in assenza di regole chiare e prospettive di carriera. Il terreno è
pronto per l’espulsione di chi si “aspetta” altro! E che dire dei
Sindacati, dove, magari, proprio persone che più si impegnano per portare
avanti ideali personali e sociali e rivendicazioni comuni possono essere colpiti
proprio per questo loro impegno e soffrire anche di più , perché convinti di
agire nel bene sociale.
Bisogna comprendere che tutti i
fattori generici prima citati non sono mobbing, ma possono favorire e rappresentano il terreno facilitante l’inizio della
mobbizzazione, cosi’ come i Tratti Premorbosi di Personalità non sono di per
se patogeni, ma rappresentano la predisposizione che in presenza di circostanze
di vita avverse possono far sviluppare una patologia. Ad esempio la
globalizzazione, la fusione, le privatizzazioni, le ristrutturazioni nelle
grandi industrie possono portare i nuovi dirigenti a dire: “qui’ si deve
cambiare, tu non sei più adatto, all’azienda servono persone dotate
in questo o quel settore; ti diamo tot e te ne vai”; oppure la Fiat che
deve ridurre il personale e dice “vai in cassa integrazione”:
non costituiscono di per sé Mobbing. Anche se possono creare, come molte
altre situazioni sul lavoro, una serie di preoccupazioni, disagi, distress, e
disturbi.
Il Mobbing inizia quando il
dipendente o dirigente non é in sintonia con le idee o con le scelte del capo,
che a qualsiasi livello dirigenziale pubblico o privato è comunque padrone
assoluto di quel tipo di mansione o funzione o ruolo; o con le idee e decisioni
del gruppo dominante; o quando manca l’affiliazione, o l’approvazione del
gruppo dominante; oppure la persona
rivendica diritti che non gli vengono riconosciuti perché deve diventare di
altri la possibilità di accedere a quella carica, a quelle risorse; oppure
quando si entra in collisione col potente della situazione; quando ci sono molte
persone con la stessa funzione che dovrebbero accedere al livello superiore; o
quando bisogna immettere personale per creare un nuovo servizio e nessuno vuole
andare a lavorare con un certo direttore o trasferirsi; quando non si hanno
sponsor o protettori. A questo punto o la persona aspetta ed in genere non si può
sapere per quanto tempo o forse per sempre; deve aspettare; o se la persona si
ribella, la struttura inizia il Mobbing e/o il capo priva di ogni possibilità
di gestire.
In
conseguenza quando si cade in disgrazia per uno dei suddetti motivi e non si ha
copertura inizia il Mobbing.
TIPOLOGIA
DEL MOBBING:
Bossing,
Mobbing orizzontale, verticale, trasversale
Se il Mobbing viene attuato dal diretto superiore o dai vertici dell’Ente, viene detto Bossing,
ed il dipendente viene deliberatamente allontanato dal posto di lavoro mediante
una precisa strategia; oppure il dipendente
viene man mano estromesso da ogni possibilità di crescita nel lavoro,
potendo anche rimanere in servizio per tutta la sua vita lavorativa, in quanto
l’importante è averlo reso impotente, in modo tale che altri possano andare
avanti. Il Mobbing orizzontale è
quello che viene fatto dai colleghi pari grado; in genere per impedire ad uno o
più colleghi l’avanzamento di carriera; mentre il Mobbing
verticale viene agito da colleghi
di grado superiore, ma anche inferiore e/o da altro personale della struttura di
lavoro, che per mantenere piccoli privilegi temendo la rivalsa del superiore
mobbizzatore si comportano con eguale aggressività nei confronti della vittima.
I Co-mobber sono coloro che
affiancano il Mobber o partecipano senza intervenire personalmente, ma solo
acconsentendo e godendo tacitamente, (soggetti anche loro perseguibili
giuridicamente). Il Mobbing trasversale
riguarda anche persone al di fuori del luogo di lavoro, che in sintonia con il
Mobber, che ha messo il veto sul nome del dipendente, possono creare ulteriore
emarginazione e discriminazione , quando questi cerca appoggio o cerca di farsi
apprezzare in altri luoghi si vede, invece, togliere il saluto ed altrettante
porte sbattute in faccia.
Il Mobbing strategico può
essere presente nelle Imprese, Industrie, Aziende, Enti, dove esistono
condizioni di instabilità e/o cambiamenti con riduzione e/o riqualificazione di
personale, o troppi dirigenti in posizione intermedia che devono avanzare di
grado, ed è attuato intenzionalmente (VOLUTO E PILOTATO) per allontanare
definitivamente dal mondo del lavoro dipendenti considerati non più utili:
dipendenti appartenenti ad altre gestioni, o che lavorano in reparti da
dismettere, o soggetti da riqualificare o ritenuti costosi per la nuova
organizzazione, o solo indesiderati perché nella strategia prefissata altri
devono fare carriera.
Il Mobbing relazionale è
relativo ai rapporti interpersonali, e può essere di tipo cognitivo quando è
in prevalenza inerente alle strategie di potere, dove il “divide et impera”
(dividere per imporre meglio il proprio potere) diventa governo abituale adatto
ad aizzare le persone le une contro le altre, provocando invidie e gelosie, per
poi squalificarne alcune o destabilizzarle altre rifiutando o travisando la
comunicazione diretta, mentendo ed inviando “doppi messaggi” (in modo che la
vittima qualsiasi cosa fa sbaglia). Oppure di tipo emozionale quando è in
prevalenza legato ai tratti di personalità; e si innesta su invidia, gelosia,
rivalsa o minaccia all’autostima e/o al timore di essere superato dal
dipendente, o su differenze di genere o di cultura o di classe; ed è
indirizzato ad estromettere il soggetto dal processo lavorativo, per bloccargli
la carriera, toglierli potere; renderlo impotente
ed inaffidabile. In questi casi il Mobber può essere affetto da Disturbo
Narcisistico di Personalità “Narcisismo maligno o perverso” o da Disturbo
Paranoie di Personalità.
Il Mobbing si sviluppa e concretizza con strategie ben studiate per lo più di lunga
durata, qualche volta anche con
manifestazioni occasionali, con comportamenti intesi a colpire la vittima
designata con il preciso intento di ridurre la sua capacità di resistenza e di
distruggerla: ostilità e non comunicazione, continue critiche all’operato del
soggetto, o assoluta indifferenza, come se la persona non esistesse, la si
ignora o si tace, su qualsiasi cosa essa fa cade il silenzio e/o l’impedimento
alla parola del soggetto e di altri se vogliono difenderlo, impedimento a
qualunque comunicazione ed informazione; non assegnazione di compiti;
assegnazione di compiti dequalificanti o inutili o troppo difficili o
impossibili da svolgere, specie se privi di spazi e di strumentazione e/o di
finanziamenti, spostamenti di sede o invio in sedi molto lontane o scomode,
diffusione di maldicenze e compromissione dell’immagine del soggetto presso
colleghi, superiori ed inferiori, clienti, ed anche persone fuori dal luogo di
lavoro progressiva emarginazione ed isolamento, alle volte possono essere
presenti anche molestie sessuali, derisione, evitamento, prevaricazioni e
soprusi di varia tipologia, atteggiamenti tipo brain washing: ma come non ti
ricordi l’hai detto tu, tu l’hai voluto, sei stato tu a farlo. Se la persona
si ammala, si scredita con la presunzione di frode perché potrebbe essere di
esempio all’altro, o la si comincia ad accusare di disturbi psichici, magari
preesistenti, se critica si dice
che non è affidabile, se denuncia gli illeciti contro di lei si dice che è
indegna. Seguono provocazioni varie
per far perdere l’autocontrollo, e poter dire “vedi come si comporta”;
provvedimenti disciplinari immotivati che segnano ulteriormente la progressione
nella carriera; e quant’altro serve a far star male la persona cercando di
destabilizzarla e squilibrarla al fine di metterle sempre più ansia e paura e
costringerla a fare degli sbagli per poterglieli subito imputare. Qualsiasi cosa
fa le si fa capire che non é adeguata, non si perde occasione per rimproverare
ed umiliare, offendere, minacciare, per rifiutare permessi,
ferie, trasferimenti. Viene privata di spazi e/o strumenti necessari a
svolgere la propria attività, controllata a vista in ogni suo movimento o
parola, anche fuori dal lavoro per poterla colpire in tutto; le vengono inflitte
sanzioni pretestuose per aumentare il senso di frustrazione e di impotenza, il
suo ruolo viene declassato, le sue capacita’ professionali o anche personali
vengono messe in dubbio o discusse, il suo lavoro deprezzato o ignorato o
sabotato o svuotato di contenuto, la persona viene in ogni possibile occasione
malmenata e ridicolizzata anche per quanto riguarda il genere (specie se è
donna) e la vita privata, gli si
impedisce tutto ciò che può farla apprezzare e darle possibilità di carriera,
sia nell’ambiente di lavoro, che nella società, cosi da alienarle ogni
amicizia o appoggio sindacale o politico, facendola considerare indegna. Viene
esclusa da informazioni e notizie fondamentali per il suo lavoro, non gli viene
recapitata la posta e quella in partenza non giunge mai a destinazione, vengono
perduti documenti importanti che la riguardano e che servono per attestazione o
progressione nella carriera, non viene mai sponsorizzata e/o invitata a
relazionare sui temi di sua pertinenza, che invece vengono trattati da altri, in
ogni occasione possibile viene attaccata dai colleghi, o gli viene
improvvisamente tolto il saluto anche da persone al di fuori dell’ambiente di
lavoro. Quando la vittima designata si avvicina i colleghi cambiano discorso e/o
si allontanano, strumenti o agenti necessari al lavoro spariscono o si rompono
senza venire sostituiti, gli vengono tolti telefoni, computer, dipendenti,
stanze, soldi dallo stipendio, ogni lettera inviata, protesta, reclamo vengono
ignorati, nessuno risponde, attorno a lei il vuoto. E cosi’ di seguito
esistono infinite altre azioni mobbizzanti secondo l’obiettivo da raggiungere,
e possono riprendere anche dopo mesi o anni se la persona non si è arresa o
continua a non allinearsi o possono essere inflitte semplicemente per vendetta,
per tenerla sempre in stato di soggezione e dipendenza, dato che il potere non
ammette dialettica e meno che mai opposizione. Anzi più la vittima si oppone più
l’intensità dell’azione mobbizzante si accentua e si allarga. Si crea un
clima continuo di tensione, ricatto, minaccia, togliendo ogni privilegio
inerente il ruolo/funzione esercitato. Se la vittima è sana ed equilibrata e
riesce ad incassare ed ad opporsi senza ammalarsi gravemente, la strategia del
mobber diventa anche sempre più sottile e perversa, senza perdere occasione per
infierire il più possibile sulla vittima
Le
fasi attraverso cui si attua e si sviluppa il processo Mobbing possono essere
diverse, sia, spesso come descritte da Leymann ed Ege; o a seconda delle
strategie dell’Ente Mobbizzatore, dello scopo ricercato, della resistenza del
mobbizzato, delle attuali e contingenti condizioni amministrative e giuridiche
possono succedersi ed avvicendarsi in modi peculiari.
La
durata del Mobbing è arbitrariamente
indicata, sulla base dei primi rilievi del Nord Europa, in almeno sei mesi con
ampie escursioni relative all’intenzionalità lesiva, alle modalità di
attuazione, al raggiungimento dell’obiettivo/i della/e azioni persecutorie,
alla personalità dei soggetti e quindi dalla loro soglia di resistenza alla
violenza psicologica, nonché alle loro risposte al/ai Mobber o l’Ente
mobbizzatore. L’attuale esperienza dimostra che la durata del Mobbing può
essere più breve o ben più lunga, e protrarsi per anni ed anni, fino al
raggiungimento dell’obiettivo finale del Mobber, qualora la vittima designata
abbia una personalità decisa che contrasti e si opponga alle azioni
persecutorie. Oppure riaccendersi ed intensificarsi nei momenti i cui si devono
prendere decisioni importanti come l’ avanzamento di carriera o la conferma delle qualifiche funzionali, o eventi
simili, relativi all’organizzazione del lavoro e della carriera.
L’intensità
dell’azione mobbizzante è relativa
sia al tempo di esposizione, sia alle modalità d’attuazione, ambedue legate
alla volontà del Mobber di raggiungere il suo obiettivo/i nel più breve
tempo possibile, e
conseguentemente anche alla personalità e relativa
risposta del mobbizzato. Per cui l’intensità può dipendere dagli
obiettivi dell’attacco contro la persona del lavoratore o contro la
funzione/ruolo ricoperto o contro il suo status generale
Ed anche dalla qualità
dell’obiettivo, se totale, come perdita del posto di lavoro per licenziamento
o prepensionamento, oppure solo emarginazione ed
isolamento per impedimento
all’avanzamento di carriera e/o altri
benefici. Alle volte, se l’obiettivo è preciso e deve essere raggiunto in
tempi rapidi l’intensità può essere tale da stroncare con poche manovre ben
mirate ed architettate in precedenza la vittima designata
La vittima designata può
essere una persona con buone capacita’ innovative e creative, che si dedica
molto e con passione al lavoro, che vorrebbe un ottimale gestione delle risorse
umane ed una migliore organizzazione del lavoro; oppure persona con scarse
capacita’ lavorative o portatore di handicap o soggetti particolari per tratti
socio culturali, abitudini di vita, preferenze sessuali, o persone che rimangono
estranee a traffici illeciti dell’Ente o dei colleghi. O semplicemente persona
che viene considerata più debole, rispetto ai colleghi che devono fare
carriera, magari perché è donna senza appoggi politici o sponsor di famiglia o
di economia. Oppure perché presenta tratti di personalità che pur essendo
normali non sono sufficienti in un ambiente eccessivamente competitivo e/o con
clima malato, come ad esempio scarsa aggressività o assertività o
comportamenti di evitamento o di fuga, o di scarsa flessibilità ed agilità.
La vittima può essere una
persona assolutamente equilibrata e sana o portatore di disturbi compensati, o
di pregressa psicopatologia o di disturbi conclamati. In questi casi occorre
verificare il nesso di causalità
tra l’ambiente lavorativo e la slatentizzazione o la riacutizzazione o il
peggioramento dei disturbi attuali per evidenziare se i fattori disfunzionali al
lavoro possono essere concause o fattori etiopatogenetici.
La sofferenza
del mobbizzato è, comunque, in ogni caso, sempre grande perché riguarda
non solo le perdite materiali e contingenti, ma quelle interiori alla persona
come la stima di se stesso ed il valore della propria persona e della sua
immagine sociale, che costituiscono il complesso dell’Identità personale e sociale della persona umana. Per
cui il Mobbizzato al di là di tutti i danni soffre perché è colpito nella sua
interiorità più profonda. La maggior sofferenza è data dalla mancanza di
futuro, mentre la vita stessa è movimento, evoluzione, progressione, il
mobbizzato non ha prospettive, non può proiettarsi nel futuro, è bloccato in
un lunghissimo momento di impotenza, intrappolato e rattrappito nel presente in
una condizione di svilimento in cui non
si può più sperare: sono i prodomi della Depressione, il Disturbo che più
frequentemente si manifesta nei mobbizzati, e che a volte può rimanere
“sottosoglia” (piccoli sintomi che inficiano il quotidiano, pur senza
costituire una patologia conclamata) secondo le possibilità di
“compensazione” del malcapitato; per poi, eventualmente, sfociare in seguito
in patologie ancora più gravi.
La personalità del
Mobber risulta spesso improntata a narcisismo
maligno ed egocentrismo perverso, o
tratti paranoici con senso di grandiosità e connotazioni - risposte vendicative
per ogni “saluto” che non ha gradito; gode del male degli altri e lo
giustifica con la giusta umiliazione per la presunta superbia o incompetenza
della vittima. Soffre della sindrome incontestata da onnipotenza “Io-Dio”
con tratti persecutori e sadici ben stratificati e solidi. Per cui necessita
di essere attorniato da persone che lui sente inferiori che non gli
pongono problemi e riflessioni, anche quando si tratta di illeciti
amministrativi o pecuniari, che lo ammirano e lo assecondano pedissequamente,
per confermare la sua convinzione che
a lui è permesso tutto, lui può tutto e tutto gli è dovuto. E spesso non si
rende nemmeno conto delle conseguenze nefaste del suo operato anche sul piano
giuridico: civile, penale, amministrativo. Spesso poco creativo e
conformista, arrogante, invidioso e geloso dei colleghi di lavoro, che utilizza
e sfrutta a suo piacimento senza alcun scrupolo. Può essere di intelligenza
media, raramente anche elevata e
nel qual caso l’abilita’ alle strategie perverse ed ai più raffinati giochi
di violenza possono portare non solo allo stillicidio lento
e progressivo di persecuzioni ma anche all’omicidio o tentato
omicidio.In tutti i casi il Mobber non riesce a vedere mai l’altro come
persona distinta da sé, né mai può accettare una relazione autentica, ma solo
una parvenza di relazione fondata
solo sul potere, sul dominio e sul
condizionamento e controllo che schiaccia, umilia e degrada l’altro, e lo
rende assolutamente dipendente e passivo, distorcendone le qualità personali,
solo per il suo piacere, ed il gusto di rovinare
e distruggere l’altro.
In
sintesi frequentemente la Personalità del
Mobber risulta relativa ad un Disturbo di Personalità, più spesso di
tipo Narcisista, o Paranoie; alle volte con psicosi compensata, alle volte con
struttura nevrotica tendente all’aggressività, manipolazione,
dissimulazione e grandiosità.
La personalità del mobbizzato
risulta determinante nella modalità di reazione al Mobbing, come
nell’insorgenza, nella gravita’, nella conclusione dell’evento. Allo
stesso modo la personalità del mobber influenzerà le scelte strategiche di
violenza psicofisica e molestie morali; così come la tipologia
e l’organizzazione del lavoro dell’ente mobbizzatore potrà favorire
fenomeni di Bossing o di Mobbing. con esclusione del lavoratore da parte
dell’Ente o dei suoi Dirigenti, che con
azioni premeditate e ben programmate intendono ridimensionare l’attività
di una determinata persona o la sua espulsione
/allontanamento/prepensionamento/licenziamento dal lavoro. Oppure se il Mobbing
è di tipo emozionale/relazionale, legato ad esasperazione di
problemi umani, quali gelosia, invidia, rivalità, eccesso di
competizione, paure e sensi di grandiosità o inferiorità e viene realizzato da
uno o più colleghi indipendentemente dall’azione strategica programmata,
l’Ente a cui il lavoratore appartiene non sarà responsabile per dolo, ma solo
per colpa di omissione. In tutti i casi là dove si verificano fenomeni di
Mobbing si evidenziano sempre
mancanza di Relazione: scarse capacità di relazioni interpersonali sia sul
piano umano che lavorativo, ed un’organizzazione del lavoro di tipo
vecchio,con modalità rigide, verticistiche, che non permette lo sviluppo del
Modello flessibile e circolare che si fonda sullo sviluppo delle risorse umane e
sul benessere per una maggior
efficacia e produttività comune, cioè personale e dell’Ente di lavoro.
E’ necessario quindi studiare
ogni volta che si presenta un caso la Personalità del mobber e del mobbizzato ,
nonché le strategie trasformative, i momenti di cambiamento ed il linguaggio aziendale dei vari Enti per individuare e
prevenire i sempre più diffusi fenomeni di violenza morale, e le sempre
maggiori richieste di chiarimento e di aiuto. .
Le conseguenze del Mobbing si mostrano sulla salute psicofisica, professionalità e
dignità del lavoratore e sulla
produttività e qualità del lavoro personale e dell’Ente di lavoro, sulla
famiglia e sulle relazioni interpersonali del mobbizzato e sono rappresentate
dal: danno biologico e danno sociale.
Dalle violenze morali e dalle
persecuzioni sul posto di lavoro possono derivare malattie organiche,
psicosomatiche e psichiatriche di rilevanza medico legale, nonché conseguenze
letali come il suicidio, nella percentuale del 15% secondo studi condotti in
Svezia , ed eventuali tentati omicidi sui mobbizzati resistenti
o per vendetta, sui Mobber.
Inoltre il mobbizzato subisce
conseguenze rilevanti di varia natura: perdita dei benefici derivanti dal
normale rapporto di lavoro, perdita di chance anche al di fuori dell’ Ente di
lavoro, perdita di prospettive di maggior guadagno o dei guadagni abitualmente
conseguiti, perdita della progressione nella carriera, perdita della mobilità
di missione, perdita delle consulenze relative ai rapporti di lavoro, perdita
del posto di lavoro per prepensionamento, dimissioni provocate, licenziamento,
pensionamento.
La grave pressione psicologica
e la carica intensiva di Distress che caratterizza le azioni mobbizzanti è
destinata ad alterare comunque l’equilibrio nervoso della persona con
conseguenze variabili che non cessano neppure con il venir meno della condotta
persecutoria e possono perdurare anche per 12/24/48 mesi ed anche di più,
secondo l’intensità, la durata e complessivamente del danno da Mobbing.
Ancora il danno da Mobbing può
riguardare non solo la persona che lo subisce ma anche la famiglia della
vittima, l’Ente in cui viene attuato e l’intera comunità sociale. Ciò sia
per quanto riguarda l’ indennità da malattia e/o da risarcimento, sia per i
prepensionamenti forzosi; sia, se si tratta di soggetti particolarmente dediti
al lavoro con alte capacità e creatività, come spesso accade, sia l’Ente di
lavoro che la Comunità sociale verrà privata di un lavoro qualitativamente e
quantitativamente migliore rispetto a quello
dei colleghi mobbizzatori e/o sarà privata
di validi ricercatori, che com’è noto, in Italia, sono molto spesso costretti
ad andare all’estero.
Gli effetti sulla salute del
Mobbing possono manifestarsi con intervallo di tempo variabile e con sintomi
semplici o complessi di natura prevalentemente fisica (sintomi più
diversi) o di natura
psicosomatica quali: cefalea, disturbi dell’equilibrio, tachicardia,
gastropatia e colon irritabile, mialgie e dolori osteoarticolari, congiuntiviti,
gengiviti e perdita di denti, pruriti ed allergie, crisi asmatiche; di natura
psichica quali: ansia libera, agitazione, angoscia, paure, tensione,
disturbi dell’attenzione e della concentrazione, disturbi del pensiero,
disturbi dell’umore e disturbi del sonno; disturbi del comportamento, quali:
modificazioni del comportamento alimentare (anoressia, bulimia), del
comportamento del sonno (alterazioni del ciclo sonno-veglia), del comportamento
sessuale (riduzione o perdita della libido), del comportamento relazionale
(riduzione/modificazione della capacita’ relazionale con il partner, in
famiglia, sul lavoro, in società).
Se gli stimoli stressanti
induttori di patologia permangono o si intensificano i sintomi possono
organizzarsi in vere e proprie Sindromi sviluppando
le più diverse Patologie organiche,
dalle malattie autoimmuni, ai tumori; e/o Disturbi psicofisici,
inquadrabili allo stato attuale con
il DSM IV TR ( Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali – Masson
2001; che riporta anche la Diagnosi con gli altri Sistemi diagnostici
accreditati al livello internazionale: CD9 ed ICD10 CM), che comprendono nella
sezione “Reazioni ad Eventi” fondamentalmente i seguenti disturbi: Disturbo
dell’Adattamento; Disturbo Acuto da Stress; Disturbo Postraumatico da Stress.
Inoltre i Disturbi d’Ansia, i Disturbi dell’Umore, i Disturbi Correlati a
Sostanze, i Disturbi del Sonno, i Disturbi della Sessualità, i Disturbi
dell’Alimentazione, i Disturbi Somatoformi, i Problemi Relazionali e Fattori
Psicologici che influenzano una Condizione Medica Generale.
La Diagnosi differenziale si pone con i Disturbi fittizi, (persone che
possono mostrare i più diversi sintomi perchè hanno bisogno di sentirsi
malate) ed i Disturbi da simulazione (persone che in particolari circostanze
esterne per ottenere un vantaggio fingono i più diversi sintomi e/o malattie)
devono inoltre essere individuati, studiati e differenziati “I Sintomi
Sottosoglia” che sono frequenti nelle persone che resistono alle persecuzioni,
ma ugualmente vengono minate dal ripetersi degli eventi stressanti; e pur
presentando sintomi larvati sono esposti a rischio di esplosione di grave
patologia anche irreversibile.
Il danno alla salute da Mobbing
può essere reversibile o può peggiorare ed aggravarsi o diventare permanente
con caratteri di cronicità ed irreversibilità qualora non si intervenga in
tempo per rimuovere e/o eliminare la condizione di Mobbing ed il tempo di
esposizione sia troppo lungo e l’intensità eccessivamente elevata.
La Diagnosi a secondo il tipo
di disturbo-malattia viene fatta da un medico internista o medico del lavoro per
malattie organiche, da un medico neuropsichiatra per disturbi psicosomatici e/o
psichici, e/o neurologici, secondo il Manuale
Diagnostico Internazionale, prima citato . La Diagnosi comprende: la
valutazione Clinica che si fonda su: Anamnesi familiare, fisiologica, patologica
remota e prossima, l’anamnesi occupazionale, sociale e relazionale; e deve
essere seguita dall’esame obiettivo generale e specialistico, l’esame
psichiatrico e psicologico. Inoltre dagli esami strumentali inerenti il tipo di
disturbo-malattia e dalla valutazione psicodiagnostica con esami testologici,
quali reattivi mentali, di personalità, di performance psicosociale e
questionari che riguardano fattori particolari, quali lo stress da lavoro,
l’umore, gli eventi di vita, la violenza sul lavoro, ecc. L’Anamnesi
occupazionale deve avere particolare attenzione alla tipologia degli eventi
psicostressanti ed alla loro carica di intensità lesiva, nonché alla
valutazione dell’effetto di questi sulla psiche della vittima, e della
connessione causale o concausale degli stessi. Come il tempo intercorso tra la
vessazione ed il disturbo. Come pure va valutata la risposta alle cure del
soggetto, se c’è ritardo nel miglioramento o se ci sono complicanze e così
anche per la prognosi, in termini di Disturbi evolutivi o remissivi o
permanenti. La valutazione del Danno deve essere fatta da uno Psichiatra Forense
o da un Medico Legale. Le Terapie,
a secondo il tipo di patologia, devono essere fatte da un Medico di Medicina
Generale e/o del Lavoro e da un Medico Psichiatra, mentre i Colloqui di
Counseling, i Reattivi mentali e la Psicoterapia di sostegno possono essere
svolti da uno Psicologo del Lavoro.
Le
conseguenze sociali del Mobbing sono
spesso devastanti, il persistere dei disturbi costringe a diverse e/o prolungate
assenze che possono condurre al licenziamento, alle dimissioni
“forzose”, al prepensionamento, con ulteriori conseguenze come disagio,
insicurezza, perdita dell’autostima, sensi di colpa ed impotenza, difficoltà
relazionali, impossibilita’ di nuovi inserimenti lavorativi, perdita
economica, ecc. Tutti fattori che ripercuotendosi anche sulla famiglia del
mobbizzato, moglie, figli, nonni possono portare a separazioni, divorzi,
disturbi dei figli, abbandono degli anziani ed in ultima istanza al Doppio
Mobbing: la famiglia eccessivamente
provata per le vicissitudini psicosociali e la perdita economica e di prestigio
del congiunto malvessato può a sua volta cominciare ad emarginare, isolare,
allontanare, espellere e colpevolizzare il già mobbizzato.
In sintesi le conseguenze
sociali del Mobbing riguardano: 1)
il lavoro con difficile recupero dell’inserimento lavorativo, l’impossibilità
ad acquisire ruoli dirigenziali e/o superiori, incapacità/impossibilità di
reclutare altri lavori, anche all’esterno per la dequalificazione e la
diffamazione subite; 2) la famiglia, che dovendo assorbire e sopportare
tensioni, disturbi e restrizioni economiche e sociali può esplodere in
actingout distruttivi e pericolosi; 3) la vita di relazione, che subisce in
genere una progressiva retrazione legata ai vissuti di perdita della stima, del
prestigio, del consenso, e si concreta in una caduta sociale con progressiva
perdita dei contatti sociali e dell’interesse per la vita di relazione.
4) il tempo libero e molto del tempo che dovrebbe essere dedicato al
lavoro in modo creativo ed alla vita personale, devono invece essere spesi per
difendersi, nella richiesta continua di chiarimenti verbali, o scritti con
lettere, avvocati, ricorsi, cause anche per cercare di evitare mali peggiori che
si sente potrebbero incombere; e perché “chi tace acconsente”, e se si
accettano i “soprusi”, per il terrore o la minaccia di peggiori ritorsioni o
nel tentativo di mediazione o di farsi accettare, ci si può sentire dire: “è
colpa tua, perché non hai denunciato la cosa e sei stato/a zitto?”
Così
il mobbizzato viene derubato anche dello stesso tempo
della sua vita, i ritmi della vita abituale vengono sconvolti dalla
strategia perversa e ben articolata dei Mobber; di cui una delle tattiche
è proprio quella di impegnare la vittima alla sua stessa difesa in quotidiane
diatribe (verbali e scritte), impedendo il lavoro d’ufficio, che viene fatto
tranquillamente da altri; per cui poi è possibile dimostrare l’incapacità
dell’uno nei confronti del più “abile” che può superare e fare una
brillante carriera. E se la vittima tenta invece di impegnarsi per affrontare i
problemi, il Mobber mette in opera tutte le possibili strategie di evitamento,
facendo perdere al già sofferente ulteriore tempo di vita e preziose energie.
In
pratica il Mobbing coinvolge in modo pervasivo tutte le condizioni
dell’esistenza di una persona, non solo quelle lavorative, ma anche quelle
affettive, relazionali, familiari, sociali producendo un peggioramento oggettivo
di tutta la vita del soggetto e della famiglia.
Inoltre
il danno da Mobbing si estende anche all’Azienda, sia per i costi materiali di
assenze, malattie, cause, risarcimenti; sia per la ridotta produttività e la
non ottimale utilizzazione delle risorse umane, sia per la perdita di immagine e
di clima del benessere e viene pagato dall’intera società in termini di
perdita culturale, di esperienze, competenze, creatività, ed in termini di
economia.
La
prevenzione dovrebbe essere attuata oggi e subito, nei luoghi che abbiamo prima
evidenziato, in prevalenza dove più esistono i fattori predisponesti e di
rischio Mobbing, proprio per evitare che questo possa iniziare, con azioni di
sensibilizzazione ed informazione, ricerca e formazione; nonché dai sindacati,
che mediando il dialogo tra le parti sociali, possono attivare l’impegno
politico- aziendale, anche con codici di comportamento e sanzioni per le Aziende
inadempienti.
La formazione, erogata da
esperti di Enti accreditati in materia di formazione - organizzazione aziendale
e management deve essere permanente, con periodiche verifiche e controlli, deve
vertere contemporaneamente sulla salute ed il benessere personale del dipendente
e quello dell’Azienda, quale essa
sia; valutando entrambe le parti con i parametri dell’efficienza, capacità
relazionale, produttività e creatività.
Perché entrambe le parti
rappresentano un bene sociale: la salute del lavoratore e la salute
dell’Azienda sono un bene di interesse collettivo che deve essere
istituzionalmente salvaguardato e tutelato.
In realtà, malgrado il D.L.
626/94 valuta tutti i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori, nella
prassi non sono ancora in opera azioni che valutano con criteri scientifici e
strumenti diagnostici le condizioni difficili di lavoro, l’organizzazione del
lavoro, le regole ed i valori a tutti i livelli organizzativi, la capacità di
leadership, la responsabilità e la competenza del management.
Occorre, allora, approntare
strumenti di valutazione, come: questionari, gruppi mensili video-registrati di
discussione, organi di ascolto, consultazione e consulenza, tribunale del
cittadino, ecc., che possano monitorare il rischio Mobbing attraverso parametri
codificati su: aggressività e violenza, distress psico-fisico, alterazioni
dell’equilibrio psicofisico e del comportamento, informazione e comunicazione,
relazioni interpersonali, ruoli
e mansioni, gli strumenti di lavoro
e l’ambiente; nonché monitorare le assenze per malattia, infortuni sul
lavoro, malattie da lavoro, invalidità da lavoro, cause di lavoro, richieste di
trasferimento, ecc.
E’ inoltre assolutamente
necessario che tutta la Pubblica
Amministrazione renda operativi i propri Organi Interni di Vigilanza, là dove
già esistono per Legge o Regolamento, e si adoperi per proporli là dove non
sono stati ancora previsti. Come anche occorre un Coordinamento Nazionale e
Regionale di tutti gli Organi di Vigilanza, Verifica e Controllo, di tipo
interno ed esterno, per tutti gli enti pubblici e privati ai fini di una
ottimizzazione sul piano delle risorse umane e della produttività e creatività
del lavoro.
Il Mobbing può essere fonte di
almeno quattro tipi di danno: DANNO BIOLOGICO, DANNO PATRIMONIALE, DANNO MORALE, DANNO
ESISTENZIALE.
Andrebbe
anche considerato il danno sociale alla famiglia, all’Azienda ed alla intera
società in termini di economia e cultura.
Il
danno biologico o danno alla salute è
la menomazione all’integrità somato-psichica della persona, e comprende
il danno psichico per
perdita di opportunità lavorative, maggior fatica nell’espletamento del
proprio lavoro (quando fortemente ostacolato) e per mantenere inalterato il
reddito, usura delle forze lavorative di riserva, il danno alla vita di
relazione con le sue sottospecie del danno estetico e del danno sessuale; il
danno patrimoniale è costituito dalle conseguenze economiche negative che si riversano sul soggetto per effetto
dell’evento lesivo, che come danno emergente può produrre diminuzione del
patrimonio quanto a beni e situazioni di vantaggio che il danneggiato possedeva
o di cui godeva prima del fatto illecito, come lucro cessante può produrre
mancata acquisizione di beni o vantaggi dei quali il danneggiato avrebbe avuto
disponibilità se non fosse intervenuto il fatto generatore del danno; il
danno morale è espresso dal disagio,
turbamento d’animo, dolore, sofferenza che se pur non rientra nella tutela
dell’art. 32 della Costituzione, rientra in quella predisposta dall’art.2
della Carta Costituzionale. E nel momento che provoca Depressione o altri
Disturbi distrae energie da quello che si voleva/doveva fare ed interferisce con
la vita, affettiva, cognitiva e di relazione.
Il
danno esistenziale è rappresentato dal
peggioramento oggettivo delle condizioni di esistenza della persona e della sua
famiglia, persona, che viene lesa nel diritto di vivere la propria vita senza
disagi e nel diritto di poter disporre del suo tempo e delle sue energie secondo
i propri desideri e bisogni, ed è un danno esistenziale oggettivamente
accertabile e danno ingiusto.
Occorre , comunque risalire, al
cosiddetto rapporto di causalità, ché è elemento costitutivo della
responsabilità per fatto giuridicamente illecito. Una delle maggiori difficoltà
sotto il profilo risarcitorio è proprio quello di ricondurre nel giusto alveo
della causalità naturale il rapporto esistente tra vessazioni, rapporto di
lavoro e danno alla persona.
Secondo l’esperienza della
nostra equipe di lavoro, e quella di altre equipe europee ed italiane, e secondo
la legislazione in vigore in alcuni paesi europei ed Italia secondo alcuni
Decreti regionali, in particolare quello della Regione Lazio, si può affermare,
con alto grado di probabilità, che, ogni qual volta, senza la condotta
incriminata non si sarebbero avuti disagi, cambiamenti di comportamento e/o
carattere, disturbi e/o malattie,
esiste rapporto di causalità; negli altri casi la violenza nel posto di lavoro
può concretizzare una o più concause.
Inoltre il Mobbing, al pari di
qualsiasi altro evento lesivo, può assumere rilevanza penale, civile,
amministrativa, quando sia riconducibile, con rapporto causale, ad una o più
azioni che violino un precetto giuridico.
Anche al livello della
Costituzione possiamo invocare diversi articoli
quali il 2, 3, 4, 32 e 35, 36 e 41. Nonché gli art. 7, 13,15 e 28 dello
Statuto dei lavoratori.
La pratica del Mobbing, quindi,
anche in assenza di una Legge specifica, può
consentire di configurare ai sensi dell’art. 2087 c.c. il danno alla persona
morale del lavoratore e per l’ ex art. 2103, quello alla sua professionalità,
o il danno ingiusto, art. 2043; mentre l’ex art. c.p. 56 evidenzia il delitto
tentato - l’art. c.p. 323 l’abuso d’ufficio -, l’art. c.p. 582 la
lesione personale - e l’art. c.p. 610 la violenza privata – può inoltre
essere invocata la legge n. 66/1966 per le molestie sessuali, quando anche
queste si associano agli altri comportamenti persecutori.
La legge pertanto già quindi
tutela il mobbizzato anche su reati di rilevanza civile e penale.
Occorre tuttavia chiarire che
il Mobbing come tale è tutt’ora
poco conosciuto sia alla parte giuridica che legislativa del nostro paese, sia
alla contrattazione collettiva, anche se oggi esistono svariate proposte di
legge, che, però, per la maggior parte si appellano a formule generiche.
Appare più specifica la
proposta del Senatore Magnalbò, e più ampio sembra il progetto di Legge
governativo, rispetto agli altri progetti di legge, là dove definisce finalità,
campo di applicazione e diagnosi, mentre appare assai riduttivo dove punta tutto sulla prevenzione riconducendo il Mobbing nei rischi
aziendali, facendolo rientrare solo nell’applicazione della 626/94, o quando
all’art. 4 dichiara nullo qualsiasi atto riconducibile a violenza, mentre
esistono già art. del codice civile e penale che prendono in considerazione
tale aspetto; inoltre non prevede la finalità di espellere il lavoratore, così
limitando il dolo specifico; e lasciando fuori tutte quelle forme di
persecuzione relative alla personalità disturbata del Mobber
senza nemmeno la scusante del Mobbing strategico (aziendale o
patrimoniale).
Tuttavia la Giurisprudenza di
merito si è avvalsa delle norme di cui all’art. 32 Cost. e 2087, 2103 e 700
c.c. ed altre ancora riconducendo sotto l’unica previsione del Mobbing il
mondo delle vessazioni sul posto di lavoro con una visione d’insieme.
Il Tribunale di Torino, con varie sentenze del 1999, la Corte d’Appello di Torino
con sentenza del 21/2/20, la Corte di Cassazione con sentenza n. 143 del
08/01/20 ed il Consiglio di Stato con Ordinanza del 6/12/20 hanno ricondotto
nell’unico mosaico del Mobbing fattispecie autonome di responsabilità con
conseguenti salti qualitativi nella tutela risarcitoria del mobbizzato.
E lo stesso le ultime recenti sentenze a Roma.
Riteniamo però di non poter
condividere le decisioni del Giudicante estensore delle sentenze emesse dal
Tribunale di Torino, laddove ha rifiutato di decidere senza ammettere, in
presenza di facta concludentia, consulenza Medico Legale e/o Psichiatrica sulla
persona mobbizzata. A nostro avviso, infatti, pur essendo il giudicante peritus
peritorum, non può in genere prescindere dall’ausilio dello specialista per
la valutazione dei vari danni e della stabilizzazione di eventuali esiti
invalidanti e per la loro percentualizzazione. Né
è accettabile la tendenza dei Mobber a mettere l’accento, ancor prima
che la Legge Italiana venga varata, sulla personalità del mobbizzato, che
“poverino se le tira dietro” oppure “ chi non fa carriera vuol dire che
non ne è capace”.Analogamente a quanto si diceva in proposito contrastando la
legge sulla violenza sessuale: “se esce in minigonna o esce di notte se lo
vuole lei”.
Alla nostra esperienza sul
campo, si è dimostrata utile, la
Legge sul Mobbing della Regione Lazio, n.16 dell’11/7/2002, che, anche se non
prevede sanzioni, a nostro avviso, fa testo, in quanto consente di dichiarare la
nullità di atti e condannare al risarcimento; si serve di una ottima
definizione di Mobbing, descrive bene specifiche modalità di persecuzione,
prevede i centri di ascolto ed assistenza; anche se si deve rilevare un
inspiegabile ritardo nell’attuazione degli stessi. E’ invece carente per
quanto riguarda la definizione delle figure dell’assistenza, mancando figure
sostanziali come lo Psichiatra ed il Medico del Lavoro, mentre il Sociologo/epidemiologo
potrebbe essere utile al
livello dell’Osservatorio regionale.
Anche va ricordata il D.L.
626/94, per la sicurezza sui luoghi di lavoro che con le successive modifiche
242/96; 25/02; che recepiscono le
direttive CEE per il miglioramento della sicurezza e della salute sul luogo del
lavoro, ed infine l’ultima modifica L.39/02
che modificando l’art. 4 della 626/94, includendo “tutti i rischi”, tutela
anche , in buona parte, quelli da
Mobbing.
Infine, anche attraverso la
stessa Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio del 13/6/2002, che
modifica la Direttiva 76/207/CEE ampliando il concetto di discriminazione
sessuale e molestia sessuale nel luogo di lavoro anche alle molestie in
generale; e la Carta dei Diritti delle lavoratrici e dei lavoratori (Amato –
Tremonti), che all’art. 17 prevede l’estensione contro i comportamenti
persecutori sul luogo di lavoro, evidenziano in Europa il maggior interesse alla
tutela del binomio salute-lavoro.
Segnaliamo da ultimo, che con
risoluzione del 20/10/01 il Parlamento Europeo
ha affidato alla Commissione Europea l’incarico di presentare un libro
verde con una dettagliata analisi del fenomeno Mobbing per un successivo piano
d’azione di misure comunitarie che dovrà delineare le linee guida alle quali
ogni stato dovrà attenersi.
Ciò anche in conseguenza, come
abbiamo accennato, del dato che l’8% dei lavoratori dell’Unione Europea nel
2001, pari a 12 milioni di persone, è stato vittima di Mobbing sul posto di
lavoro, e si presuppone che i dati siano notevolmente sottostimati. Ciò sia per
mancanza di un Osservatorio
Europeo, nazionale o regionale, sia perché molti casi non vengono dichiarati
per paura o per scarsa consapevolezza del fenomeno o rassegnazione. Infatti alla
Conferenza Europea a Bilbao il 25/11/2002 si è evidenziato che più del 40% dei
lavoratori dichiara di soffrire per distress sul luogo di lavoro
e che sarebbero più del 50% i giorni lavorativi persi a causa dello
stress da lavoro. Mentre l’ Italia rispetto agli altri paesi europei si
collocherebbe con una media molto inferiore.
Non si può certo biasimare chi
ha tanto subito e non ha più la forza di reagire; il potere e le sue
ramificazioni incutono terrore e spesso le armi di chi si ribella non sono
altrettanto possenti per gli strumenti del potere; oppure chi lotta strenuamente
essendo forte non vuole giungere ad ammalarsi gravemente senza via di ritorno.
Possiamo comunque, ritenere,
che già con l’attuale normativa giuridica, ed ancor più con un articolato
coordinamento dei disegni di legge presentati al Parlamento Nazionale, ed il
coordinamento europeo delle leggi
già vigenti in Francia, Svezia, Inghilterra e quelle in bozza o in itinere
negli altri paesi europei, sia realizzabile la miglior tutela delle persone
assoggettate nei posti di lavoro ad inammissibili pressioni e sopraffazioni
certamente tendenti comunque a demolire e distruggere la personalità e serenità
del lavoratore.
L’umana sofferenza, l’umano
dolore meritano l’umano rispetto e la miglior tutela. Se, purtroppo, spesso,
non possiamo restituire l’integrità alla persona, possiamo restituire il
senso di dignità e di rispetto delle persone.
E ricordando ciò che sosteneva
Goethe: “l’amore, il lavoro, il sapere sono le sorgenti della vita, essi
dovrebbero governarla”, impediamo ai Mobber di uccidere con “l’odio,
l’impedimento al lavoro, l’impedimento alla conoscenza”.
Ricordiamoci che il lavoro è
parte fondante della vita, e come il gioco per il bambino, non è fine a se
stesso, ma attiva organi e funzioni per sviluppare
capacità e talenti, creatività e risorse.
1. Ege H.: Mobbing.
Cos’è il terrore psicologico sul posto di lavoro. Pitagora Editrice,
Bologna, 1996.
2. Ege H.: Il
Mobbing in Italia. Introduzione al Mobbing culturale. Pitagora Editrice,
Bologna, 1997.
3. Ege H.: Stress
e Mobbing, Pitagora Editrice, Bologna, 1998.
4. Field T., 1996, Bull
in sight, Wessex Press, Wantage.
5. Gilioli
A., Gilioli R., 2000, Cattivi capi cattivi
colleghi. Come difendersi dal
Mobbing e dal nuovo capitalismo selvaggio, Mondadori Editore, Milano.
6. Goffman E., 1963, Stigma,
Englewood Cliffs, New Jersey; trad. It. Stigma. L’identità negata, Giuffrè, Milano, 1974.
7. Hirigoyen M.F., 2000, Molestie morali: la violenza perversa nella famiglia e nel lavoro,
Einaudi, Torino
8. Jones E. E. e Davis K. E.,
1965, “From acts to dispositions: the attribution process in person perception”,
in Advances in experimental social
psichology, a cura di L. Berkowitz, pp. 75 – 85.
9. Kernberg O.F., 1987, Disturbi gravi della personalità, Boringhieri, Torino
10. Kohut H., 1977, Narcisismo
e analisi del Sé, Boringhieri, Torino.
11. Lemert E., 1951, Social
pathology, McGraw-Hill, New York
12. Leymann H. e Gustafsson A.,
1996, “How ill does one become of victimization at work?”, in Mobbing
and Victimization at work. A special issue of the European
Journal of Work and Organizational Psycology, a cura di Zapf e Leymann
13. Leymann H. e Gustafsson, B.,
1984, Psychological violence at work. Two
explorative study, Arbetarskyddsstyrelsen, Stockholm
10.
Leymann H., 1987, Vorkenmobning – Om
psykisk vold i arbejdslivet, Kobenhavn
11.
Leymann H., 1990, “Mobbing and psycological terror at workplaces”, in Violence
and victims,
vol. 5, n° 2
12.
Leymann H., 1993, Mobbing. Psychoterror am
Arbeyplatz und wie man sich
dagegen weheren kann, Rowohlt, Reinbeck
13.
Leymann H., 2000, The Mobbing
Encyclopaedia, Sito Internet:
http://www.leymann.se/English/frame.html
14. Lorenz K., 1969, L’aggressività,
Il Saggiatore, Milano
15. Resch M., 1994, Wenn
arbeit krankmascht, Ullstein, Francoforte.
16. Walter H., 1993, Mobbing:
Kleinkrieg am arbeitplatz, Campus, Francoforte e New York.
17. Watzlawick P., Beavin J., Jackson D., 1971, Pragmatica
della comunicazione umana, Astrolabio, Roma.
18. Costa E., 1972, Approccio
multifattoriale al problema dell’aggressività.
Il lavoro neuropsichiatrico
19. Costa E., 1985, La
violenza nella famiglia, Minerva Psichiatrica.
20. Girard R., 1980, La
violenza e il sacro, Adelphi
21. Fromm E., 1978, Anatomia
della Distruttività umana, Astrolabio
22. Dsmivtr, 2001, Manuale Statistico e Diagnostico dei Disturbi Mentali, Masson
******
Informo
che in occasione del Convegno, si è attivata la Sezione Mobbing del Tribunale
del Cittadino, che ha già proposto per il prossimo Ottobre un Corso di Alta
Formazione anti-Mobbing di 30 ore con crediti formativi.
La
sezione mi ha inoltre chiesto di attivare nel prossimo A.A. un Master
Universitario dal titolo: “Mobbing: la tutela del lavoratore e
dell’impresa”.
Per
ulteriori informazioni potete scrivere al seguente E. mail almaxcosta@yahoo.it
(Torna alla Sezione Mobbing)