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SVOLGIMENTO
DEL PROCESSO
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Con
ricorso depositato in data 16.2.01 Maria Stella B. conveniva in giudizio
la Enfap Lombardia deducendo che – dipendente della convenuta dal 1986
con mansioni di docente – a far data dal 1995 era stata oggetto di
continui comportamenti mobbizzanti tenuti nei suoi confronti da parte
della Direzione dell’Enfap in persona della Dott.ssa C., a lei
gerarchicamente sovraordinata, e del Dott. Luciano G., entrambi dirigenti
dell’Ente convenuto.
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Lamentava
che conseguenza della pluralità di episodi mobbizzanti continuativi e
reiterati era stata una forte crisi ansioso – depressiva che l’aveva
colta con conseguenti patologie di natura psichica e pregiudizio
permanente di natura biologica, morale ed esistenziale.
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Concludeva
pertanto chiedendo al Giudice – accertata la responsabilità dell’Ente
convenuto con riferimento al mobbing subito dalla B. – di condannare
l’Enfap a risarcirle tutti i danno indicati in ricorso (biologico,
morale, esistenziale) che quantificava in complessive L. 303.249.000 oltre
interessi e rivalutazione monetaria; e con vittoria di spese.
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Si
costituiva la parte resistente contestando le avverse deduzioni e domande
delle quali chiedeva il rigetto con vittoria di spese.
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Esperito
inutilmente il tentativo di conciliazione, dopo l’esame di una pluralità
di testi indotti dalle parti, il Giudice disponeva CTU medica.
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All’esito
del deposito della relazione, respinte le eccezioni di parte convenuta che
eccepiva l’incompatibilità del CTU con l’incarico conferito,
all’udienza di discussione, i procuratori delle parti concludevano come
in atti ed il Giudice decideva come da separato dispositivo, conforme a
quello trascritto in calce al presente atto, di cui dava lettura.
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MOTIVI
DELLA DECISIONE
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Le
domande sono fondate.
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A)
I fatti.
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I
testi escussi hanno integralmente confermato le deduzioni contenute in
ricorso con riferimento alla pluralità delle vessazioni subite dalla B.
nel corso degli anni.
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Proprio
la pluralità e varietà dei comportamenti vessatori richiede un
trattazione separata delle risultanze istruttorie riferite ad ognuno dei
comportamenti denunciati dalla B..
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LA
SCARAMUCCIA TRA LE ALLIEVE CAPATINA ED ARMONIA
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La
ricorrente ha dedotto che – a seguito di una scaramuccia tra le due
allieve – era intervenuta a sedare gli animi, ma la Capatina l’aveva
verbalmente aggredita perrchè non si era sentita tutelata a sufficienza;
la C. l’aveva successivamente - e alla presenza della Capatina -
accusata di non sapere tenere la classe
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Teste
Costantino:
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“Ricordo
l’episodio del litigio della Capatina e dell’Armonia in quanto mi è
stato riferito dalle mie colleghe. So che a fronte del litigio la B. si
era recata in Direzione; credo che all’epoca ci fosse la C. che era
succeduta alla Rosa Maria B.. Che io ricordi in quell’occasione come
anche in altre la C. aveva dato torto alla ricorrente. Che io ricordi ciò
era avvenuto davanti alle ragazze, non so se poi ciò fosse avvenuto in
classe o in Direzione. Era avvenuto in via Pestalozzi”.
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Teste
C.:
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“Sono
venuta a conoscenza dei fatti di cui ai cap. 7,8,9,10,11 direttamente
dalla B. e da qualche altra collega. Faccio presente che non era la prima
volta che la ricorrente veniva trattata in malo modo dalla Direzione,
Credo che in quell’occasione si fosse anche sentita male. Credo che di
tale episodio mi avesse riferito anche la Bialetti, se non erro, tenuto
conto del tempo ormai trascorso”.
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Teste
Radaelli :
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“Ricordo
l’episodio di cui al punto 7 ricorrente: in effetti c’era stato un
alterco tra la Armonia e la Capatina; poi la Capatina insieme alla
ricorrente – me presente in quanto coordinatrice – erano state
chiamate dalla C. la quale aveva ripreso la ricorrente dicendo che non era
stata in grado di tenere la classe. Credo di ricordare che qualche giorno
dopo quell’episodio la B. non è stata bene; ha avuto una crisi
d’ansia che ha poi avuto anche negli anni successivi in altre
occasioni”.
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Teste
Morano:
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“CAP
16 : io non ho assistito ma ho saputo da colleghi che la ricorrente veniva
spesso rimproverata anche alla presenza della classe. Me lo aveva anche
riferito la sigra Forte. C’erano talvolta delle compresenze in classe
quando era presente l’insegnante di sostegno”.
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Teste
Bialetti:
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“Con
riferimento all’episodio di cui ai capitoli 7 e ss. preciso : io ero la
docente e forse anche la tutor della classe della Capatina ed Armonia;
ricordo che c’era stato un litigio tra le due allieve (la Capatina aveva
circa trentacinque anni ed inserita in una classe di adolescenti) perché
la Capatina accusava l’altra di averle rotto dei capillari nel corso di
una seduta di estetica. Allora ricordo che la Capatina – persona molto
problematica – era andata in direzione a lamentarsi. Ho saputo che la C.
aveva chiamato la ricorrente e l’aveva redarguita per il fatto che non
avrebbe saputo tenere la classe ammonendola che simili episodi non
avrebbero dovuto più verificarsi. Tali fatti ho saputo dalle stesse
allieve che me li hanno riferiti”.
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Teste
C.:
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“Ricordo
l’episodio di cui al punto 7 e ss; non ricordo cosa avessi detto alla B.
in quell’occasione. Però escludo di avere usato espressioni aggressive
perché non rientra nella mia etica professionale. Faccio altresì
presente che episodi come quello appena esaminato ne accadono tanti a
scuola.In quel periodo la B. veniva spesso colpita da malesseri; quindi è
probabile che sia accaduto poco dopo quest’episodio”.
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La
uniformità delle dichiarazioni testimoniali acquisite non consente di
dubitare della fondatezza delle deduzioni contenute in ricorso con
riferimento a tale episodio; la stessa teste C., direttamente chiamata in
causa, ha parzialmente confermato l’episodio pur escludendo di avere
usato espressioni aggressive non certo di avere ripreso la ricorrente alla
presenza dell’allieva. L’episodio pertanto rileva per il discredito
che aveva gettato sulla B. agli occhi della propria allieva.
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GLI
EPITETI OFFENSIVI
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La
ricorrente ha lamentato che la C. – che all’epoca rivestiva la
qualifica di responsabile del personale – accusava spesso la B.
pubblicamente di non essere in grado di insegnare; inoltre nel corso delle
riunioni periodiche che si tenevano tra le insegnanti e la C. questa
apostrofava la ricorrente e le altre insegnanti con epiteti offensivi (galline
in un pollaio, oche giulive che starnazzano, pecore, pecorone, senza
cervello, pescivendole al mercato del pesce)
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Teste
Costantino:
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“Confermo
che avevamo delle riunioni settimanali noi insegnanti con la Direttrice.
Ricordo che spesso la C. ci apostrafa dicendoci che sembravamo delle
galline, che starnazzavamo, che sembravamo delle pecore e che sembrava di
stare al mercato, per il chiasso”.
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Teste
C.:
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“Ricordo
la vicenda di cui al cap. 17 ricorso: succede ancora adesso finchè
abbiamo tenuto riunione con lei. La C. quelle espressioni le rivolgeva a
tutte le insegnanti presenti. Naturalmente non in tutte le riunioni la C.
esprimeva quegli aggettivi”.
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Teste
Radaelli :
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“Confermo
che in più occasioni alle riunioni settimanali che si tenevano tra tutte
le insegnanti e la C. in più occasioini la C. apostrafava noi insegnanti
con le espressioni riportrtate sub cap. 17 ricorr.; in particolare la C.
poi riprendeva la ricorrente B.. Ricordo che abbiamo fatto anche una
diffida rivolta alla C. a non tenere questo comportamento che non ci
sembrava adeguato ad una direttrice nei confronti di proprie insegnanti;
non ricordo la data in cui abbiamo presentato la diffida. Dopo la diffida
la C. per un po’ di tempo ha migliorato il comportamento; ma ha poi
ripreso quell’atteggiamento successivamente”.
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Teste
Morano:
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“CAP.
17: confermo il capitolo ; sono stata presente anche io in alcune
occasioni , in particolare ricordo l’epiteto “pecorone”.
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Teste
Bialetti:
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“Confermo
il capitolo 17: era ordinaria amministrazione che la C. si rivolgesse a
noi con tali epiteti; ricordo in particolare che ciò avvenne addirrittura
un giorno in cui noi attendevamo fuori la porta la commissione di esami
che poteva convocarci per dei chiarimenti ; e in quell’occasione la C.
era uscita e con la porta aperta e davanti alla commissione ci aveva
chiamato “pecore”.
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Teste
C.:
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“Con
riferimento al capitolo 17 faccio presente che noi facevamo quelle
riunioni in un ambiente molto piccolo; pertanto capitava che se parlavano
tutti insieme i docenti non si riusciva a fare la riunione. Pertanto
capitava che io li riprendessi in modo bonario dicendo che sembrava di
stare in un pollaio; faccio poi presente che conosco la maggior parte di
quelle insegnanti anche da venti anni; pertanto usavo delle espressioni
che potrebbero apparire offensive, anche in senso amicale e bonario”.
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I
fatti dedotti dalla ricorrente sono stati integralmente confermati da
tutti i testi, compresa la stessa C. che pure ha cercato di minimizzare
l’importanza degli episodi, giustificandoli con il rapporto amicale che
la legava alle insegnanti.
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Al
contrario si deve rilevare la gravità del comportamento tenuto dalla
responsabile - nel suo ruolo ufficiale - che così facendo creava quel
clima di psicologica intimidazione che caratterizza il fenomeno mobbing.
Tali fatti poi sono a maggior ragione rilevanti in quanto danno conto
della ripetività di tali comportamenti nel tempo ed indipentemente dalle
circostanze ambientali in cui le espressioni venivano manifestate.
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L’ALLERGIA
DELL’ ALLIEVA ARMONIA
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La
B. ha dedotto in ricorso che la C. l’aveva pubblicamnente ed
ingiustamente accusata di essere la responsabile dell’allergia che aveva
colpito l’allieva per l’uso dei prodotti che si faceva in classe nel
corso delle lezioni.
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Teste
Costantino:
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“Ricordo
dell’allergia della Armonia ma non ricordo in particolare quale
conflitto vi è stato tra la C. e la ricorrente con riferimento a tale
fatto”.
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Teste
C.:
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“Ricordo
la vicenda di cui ai cap. 18 e 19. Preciso che la ricorrente era stata
accusata di avere provocato alla Armonia quell’allergia che
effettivamente la ragazza aveva sulla faccia. Faccio presente che c’era
un magazziniere addetto all’approvvigionamento dei prodotti. Ma la C.
aveva accusato la ricorrente nonostante non fosse di nostra stretta
competenza il controllo del prodotto e che comunque nessuno ci aveva detto
che in caso di scadenza dovessimo subito gettarlio via in quanto noi
ritenevamo che i prodotti potessero ancora essere usati per un limitato
periodo di tempo successivo alla scadenza. Tale circostanza ho appreso
sempre dalla B. e credo dalla Bialetti”.
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Teste
Radaelli:
-
Con
riferimento al capitolo 18 e ss.: confermo la circostanza; in effetti
c’era stata questa denuncia della madre dell’Armonia che aveva
accusato la scuola per uno sfogo allergico che aveva avuto la figlia. La
clinica del lavoro aveva scritto alla scuola chiedendo quali fossero i
principi attivi che erano presenti nei prodotti da noi usati. La C.
nell’occasione aveva accusato la B. per l’episodio in quanto a suo
dire non avrebbe gettato via i prodotti scaduti. A tale proposito faccio
presente che in passato era stata proprio la C. a sollecitarci a non
gettare i prodotti in quanto dovevamo risparmiare. E poi faccio presente
che noi di solito acquistavamo i prodotti di anno in anno: pertanto era
improbabile che i prodotti usati fossero scaduti.
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Teste
C.:
-
“Ricordo
l’episodio di cui al cap. 18 ricorr. La madre della Armonia era venuta
da me a lamentrasi dell’allergia della figlia che andava imputata
all’uso di prodotti usati dalla scuola. Io allora mi sono limitata a
fare una annotazione sul registro di classe ove specificavo che si sarebbe
dovuta esentare l’allieva dal laboratorio. Escludo di avere accusato la
B. di essere responsabile dell’accaduto in quanto era evidente che
l’allergia era causata dall’uso di alcuni prodotti di cui si faceva
uso nella scuola. Mi sono appunto limitata a invitare le insegnanti a non
fare lavorare l’ Armonia in laboratorio”.
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I
fatti sono stati confermati integralmente dai testi, con la sola eccezione
della C. direttamente partecipe ai fatti – e anche per questa ragione
scarsamente credibile - la quale, pur confermando l’episodio, ha escluso
di avere addossato alla B. la responsabilità dell’allergia.
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Ed
invece la gravità dell’episodio si esprime nella circostanza che pur
non avendo la ricorrente alcuna responsabilità nell’uso di determinati
prodotti (che fossero o meno scaduti) - in quanto non competeva certo a
lei di verficarne le potenzialità offensive ed in quanto sollecitata a
usarli indipendentemente dalla scadenza – la C. l’aveva pubblicamente
accusata di avere causato i danni alla Armonia.
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L’importanza
di tale evento è che esso ha visto direttamente coinvolta la sola
ricorrente; sicchè in questo ed in qualche altro caso il comportamento
mobbizzante dei vertici della scuola ha avuto quale unico obiettivo la B.
appunto che a maggior ragione si è vista isolata dal contesto lavorativo
in cui operava.
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I
PRESCRUTINI
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La
ricorrente ha lamentato di essere stata insultata alla presenza della
collega Morena dalla C. – accusata di non non essere una vera
professoressa e che non vi era alcuna differenza tra lei e le allieve –
perché non aveva positivamente valutato due allieve che invece la C.
voleva assolutamente promuovere.
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Teste
Costantino:
-
“Ricordo
che nel giugno del 96 la C. aveva chiesto alla ricorrente di alzare il
voto di due allieve di II, nel corso dei prescrutini; ciò sul presupposto
che non si sarebbero mai iscritte al III anno. Ed invece si sono
ugualmente iscritte essendo state promosse. Poi ho saputo che una di
queste allieve ha creato dei danni ad una cliente quando ha iniziato a
lavorare. Solitamente è il consiglio di classe che dovrebbe valutare gli
allievi. Ed invece la C. fa pressioni affinchè le allieve vengano in ogni
caso promosse. Difatti spesso noi lasciamo invariati i voti ma alla fine
le allieve vengono promosse nonostante i 4 ed 5. Talvolta noi insegnanti
non abbiamo nemmeno firmato gli scrutini finali”
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Teste
C.:
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“Ricordo
la vicenda di cui ai cap. 21,22,23,24. Ricordo che un anno effettivamente
era stata la direttrice ad elevare i voti di un’allieva di cui non
ricordo il nome. Ho saputo da Morena e dalla B. del fatto che aveva
aggredito verbalmente la ricorrente dicendo che tra le allieve e la stessa
B. non c’era nessuna differenza e cioè che la terza media avevano loro
e la terza media aveva la B.”.
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Teste
Radaelli:
-
“Con
riferimento al capitolo 21 ess.: io ero presente alla riunione di
prescrutinio nel corso della quale la C. aveva chiesto alla B. di alzare i
voti alle due allieve; invece delle accuse e delle offese rivolte dalla C.
alla B., la quale non voleva aderire alla richiesta della C., ho saputo da
altre collghe – ma non ricordo quali – successivamente”.
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Teste
Morano:
-
“CAP.
21 e ss: confermo che la ricorrente aveva subito notevoli pressioni dalla
C. affinchè le due allieve problematiche venissero promosse; ricordo
anche che io ero in commissione quale membro interno e che avevo preso le
difese della ricorrente opponendomi in quanto con la promozione al terzo
anno gli allievi possono anche aprire laboratori di estetica e noi
pensavamo che non fossero assolutamente in grado (io stessa le avevo avuto
quali allieve negli anni precedenti); ma poi lo stesso Presidente della
Commissione si era imposto per la soluzione positiva. Ho saputo
dell’episodio di cui al cap. 24 solo dalla ricorrente
successivamente”.
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Teste
Bialetti:
-
“Con
riferimento al capitolo 16 preciso che effettivamente nel corso di un
colloquio che avevo avuto con la C. questa si era lamentata della B.
fecendomi capire che era una persona limitata e che non sapeva fare il
sostegno. Questione del contendere era quella relativa a due allieve che
erano nella mia classe delle quali la ricorrente curava il sostegno. Erano
due ragazze molto problematiche che non sapevano proprio nulla di teoria
ma che non erano in grado nemmeno da un punto di vista pratico. Io e la
ricorrente eravamo convinte che non dovessero essere promosse perché
l’istituto avrebbe naturalmente compromesso la propria credibilità;
invece abbiamo ricevuto molte pressioni dalla C. e nonostante i loro voti
fossero tre e quattro siamo state costrette a promuoverle anche con l’assicuazione
che non si sarebbero più iscritte l’anno successivo. Ed invece loro si
sono iscritte anche al terzo anno che è stato ancora più problematico di
quello precedente in quanto si faceva uso di macchinari e pertanto era
molto pericoloso per loro. Ricordo che alle prove d’esami di quell’anno
noi non avremmo voluto promuoverle ma al solito abbiamo subito pressioni e
poi ha preso le loro difese anche il presidente della Commissione il quale
aveva detto che lui assolutamente prentendeva che venissero promosse e che
avremmo anche potuto fare delle denunce che tanto lui vi era abituato.
Quell’anno furono promossi infatti proprio tutti. Comunqe sono state
promosse e poi abbiamo saputo che una delle due nel corso dell’attività
lavorativa successiva aveva anche ustionato una cliente. Ricordo
l’episodio di cui al capitolo 24; me lo aveva raccontato la stessa B.
perchè era uscita dalla direzione sconvolta”.
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Teste
C.:
-
“Con
riferimento all’episodio di cui cap.21 ricorr. confermo che io di solito
in sede di prescrutini sollecito ad aiutare le allieve quando dimostrano
di avere una manualità positiva soprattutto quando si parla di II o di
III anno. Non ricordo invece le accuse che mi si dice io avrei rivolto
alla B. in quanto come già detto io l’ho sempre stimata”.
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Con
riferimento a tale episodio si può dire siano state provate con certezza
le pressioni che aveva operato la C. nei confronti della B. per la
promozione delle due allieve; ed è stato provato che invece la B. aveva
dato giudizi ampiamente negativi.
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Invece
le offese sono state ricordate dai testi i quali le avevano apprese solo
de relato e in particolare dalla stessa B.; tuttavia ritiene il giudicante
che anche questo aspetto possa dirsi provato proprio per l’immediatezza
- e la conseguente necessaria spontaneità non mediata da sovrapposizioni
razionali - con la quale la B. aveva riferito l’accaduto alla collega
Bialetti all’uscita dalla Direzione.
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LA
FIERA DELL’ARTIGIANATO E IL TURNO DI LAVORO DOMENICALE
-
La
B. deduce in ricorso di essere stata assegnata ad un turno di lavoro
domenicale senza essere stata nemmeno consultata al fine di offrire la sua
disponibilità.
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Teste
C.:
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“Ricordo
l’episodio di cui al cap. 25 e 26: era da poco tempo morto mio padre. Al
mio ritorno in Enfap la C. mi aveva chiesto se volessi andare alla Fiera
dell’Artigianato. Io avevo risposto negativamente in considerazione dei
problemi familiari che avevo e la C. allora ha detto “va bene allora
decido io” e aveva mandato la B. senza nemmeno chiederne la disponibilità.
Ho poi saputo che la B. non voleva andare proprio per l’ora tarda e per
il fatto che era domenica. Io non so se avesse chiesto a qualche altro”.
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Teste
Radaelli :
-
“Con
riferimento al c. 25 e ss.: ho saputo da altre colleghe in quanto non ero
presente che la B. era stata destinata dalla C. a quel turno domunicale
senza che lo stesso fosse stato prima concordato. Non ricordo se ci fosse
qualche altra disponibile ad effettuare quel turno; ma lo escluderei in
quanto era una sera di domenica”.
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Teste
C.:
-
“Con
riferimento al cap. 25 ricorr. ricordo della fiera: io ritengo di averle
proposto di fare quel turno notturno – che comunque comportava anche il
pagamento di supplemento per l’orario notturno – e non ho certo
obbligato la B. a farlo in quanto non ne avrei avuto il potere”.
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Anche
questo episodio può dirsi provato, alla luce delle dichiarazioni
testimoniali. La sua rilevanza – pur nella modestia del fatto in sé –
è che esso esprime la considerazione che la Direzione aveva della
ricorrente; a fronte di un problema di carattere organizzativo ed a fronte
di rifiuti di altri insegnanti la C. – assuntasi la responsabilità
della decisione, secondo quanto chiarito dal teste C. - aveva pensato bene
di individuare nella B. la persona da “sacrificare”.
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-
L’INCARICO
SINDACALE QUALE RSA
-
La
B. ha lamentato in ricorso che nel breve periodo in cui aveva ricoperto
l’incarico di RSA veniva convocata dalla C. la quale le chiedeva conto
di tutte le riunioni con i lavoratori maltrattandola e spingendola - a
causa di tale situazione - a rassegnare ben presto le dimissioni.
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Teste
Costantino:
-
“Confermo
che la ricorrente è stata RSA; credo che abbia smesso perché era
continuamente presa di mira dalla C.. Più chiaramente so che quando
c’erano delle riunioni sindacali poi la C. la tartassava perché voleva
sapere cosa si fosse deciso. Ciò ho saputo dalla ricorrente e dalle
colleghe”.
-
Teste
C. :
-
“Confermo
che nel periodo in cui la ricorrente è stata RSA mi risulta - in quanto
me lo dicevano sia lei che la Morano - che venisse chiamata dalla C. la
quale voleva sapere dei contenuti delle riunioni; sono anche venuta a
sapere che era solita esprimere giudizi negativi sul modo di fare l’RSU.
D’altro canto faccio presente che anche da quando sono io RSA ricevo
analogo trattamento in quanto sono convocata dalla Direzione - in persona
del G. - per apprendere del contenuto delle riunioni; in un’occasione il
G. mi ha dato della brigatista rossa . Per tale vicenda ho presentato una
querela”.
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Teste
Radaelli :
-
“Con
riferimento al cap. 27 e ss. faccio presente che sono venuta a conoscenza
degli episodi dalla collega Morano, che me li ha riferiti, in quanto io
non ero presente. Non ricordo in quale periodo sia accaduto”.
-
Teste
Morano:
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“CAP.
27 e ss. : confermo gli episodi ; me li ha riferiti la stessa B. la quale
mi ha detto che si sarebbe dimessa - ciò che è avvenuto - proprio perché
non ce la faceva più a reggere tali pressioni”.
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Teste
C.:
-
“Con
riferimento al cap. 27 ricordo che per un breve periodo di tempo la B. ha
svolto funzioni di RSA; ricordo anche che ha rinunciato all’incarico
successivamente ma non certo per causa mia. Faccio presente che io da
sempre chiamo in direzione i rappresentanti sindacali per sapere ciò di
cui si è parlato nelle riunioni con i lavoratori; ciò perché devo
eventualmente risolvere delle questioni. Qualora non riesca a risolvere
con le RSA allora intervengono i rappresentanti sindacali territoriali e
la Direzione Regionale. Più chiaramente, io mi occupo delle questioni più
minute quali probelmatiche connesse all’orario. Invece se ci sono
questioni più complesse attinenti ad es. aumenti salariali allora se ne
occupa la Direzione Regionale insieme ai rappresentanti sindacali
territoriali”.
-
Anche
tali fatti possono senz’altro dirsi provati integralmente.
-
E’
stata fornita prova dell’ingerenza continua della C. nell’attività
sindacale svolta dalla ricorrente perché, a dire della stessa C., era ed
è solita convocare l’RSA affinché “riferisca”; ma è evidente che
talo obbligo di riferire già di per sé appare come una insopportabile
pressione – peraltro illegittima – su un organo sindacale costretto a
rivelare il contenuto delle discussioni tenutesi nel corso delle riunioni
o assemblee.
-
Tali
pressioni si allineano a quelle che già la C. espletava sulla B. e di cui
si è dato e si darà ancora conto ; sicchè le dimissioni appaiono la
logca conseguenza di tali continue pressioni espletate su una lavoratrice
che già peraltro aveva manifestato malesseri di carattere psicofisico a
causa del suo lavoro.
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-
L’ASPETTATIVA
DI UN ANNO
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La
ricorente lamenta in ricorso che – a seguito della aspettativa di un
anno chiesta ed ottenuta dalla B. – la C., indispettita, aveva iniziato
a darle del Lei trattandola in maniera scostante.
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Teste
Costantino:
-
“Ricordo
che la B. era andata in aspettativa; e che la C. si era indispettita ma
non so il motivo”.
-
Teste
C.:
-
“Ho
saputo dalla B. che la C. avesse smesso di salutarla a seguito della
richiesta di aspettativa di un anno.
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Teste
Radaelli:
-
“Credo
di ricordare che al ritorno della B. dalla aspettativa i rapporti tra la
B. e la C. si erano ulteriormente raffreddati in quanto la C. si rivolgeva
alla B. dandole del lei, nonostante che tra noi si è soliti darsi del tu.
Non ricordo in quale periodo la ricorrente sia andata in aspettativa.
Forse mi è capitato in un’occasione di assistere alla C. che dava del
lei alla B. ; inoltre mi sembra che me lo abbiano riferito le colleghe, ma
non ne sono sicura”.
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Teste
C.:
-
“Con
riferimento al cap. 31 ricorr. faccio presente che in effetti la
ricorrente chiese un anno di aspettativa per motivi personali; la
Direzione Regionale gliela aveva concessa; e poi la ricorrente mi aveva
chiesto di anticipare il suo rientro. Io ne ho parlato a G. che le ha
consentito di rientrare. Escludo che io avessi avuto con lei un
atteggiamento di chiusura. Al contrario lei si era confidata con me circa
l’esperienza negativa che aveva avuto in quei circa dieci mesi; io
inoltre in due occasioni, saputo che era a casa in malattia, le ho
telefonato per informarmi sul suo stato di salute”.
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Oltre
che confermato da tutti i testi – per quanto da alcuni in maniera
incerta - tale fatto risulta provato se solo lo si esamina alla luce di
quanto si dirà più avanti (cfr il capitolo dedicato a “IL LEI”): in
altra analoga circostanza la C. aveva iniziato a trattare la ricorrente
con distacco rivolgendole il più formale “LEI” invece che
l’abituale “TU”.
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-
SHATSU
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La
ricorrente ha lamentato in ricorso di essere stata pagata, per il corso di
Shatsu svolto, a distanza di diversi mesi in due rate.
-
Teste
C.:
-
“Confermo
che la ricorrente per il corso di shatsu da lei tenuto del 99 è stata
pagata in ritardo perché la stessa cosa è successa a me per il corso che
avevo tenuto di pedicur curativo”.
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Teste
C.:
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“Con
riferimento al cap. 38 ricorr. confermo che la B. è stata pagata con
ritardo per le sue prestazioni extra relative al corso di massaggio shatsu;
ma ciò capita non a causa mia bensì dell’amministrazione che avendo
problemi di bilancio paga puntualmente lo stipendio ma non anche le
prestazioni extra che vengono onorate anche con un anno di ritardo”.
-
La
circostanza è stata confermata integralmente dai testi; ma la circostanza
in sé non appare di particolare rilevanza sotto il profilo della
sussistenza del mobbing avendo una significatività ambigua, in quanto può
essere dovuta anche solo a disguidi di carattere burocratico e non si
atteggia quale prevaricazione di carattere psicologico.
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-
I
CARTELLINI MARCATEMPO E LE CANCELLATURE
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La
ricorrente ha rilevato che la C. nel febbraio 99 l’aveva convocata
contestandole che il proprio cartellino marcatempo era pieno di
cancellature e apprendendo successivamente che queste erano state operate
dalla stessa C. per inserire pause contrattuali nella realtà mai godute
dalla B.
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Teste
Costantino:
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Con
riferimento ai cartellini marcatempo ricordo - non ero presente - che la
C. aveva chiamato la B. accusandola per avere pasticciato i cartellini. Ma
non era stata evidentemente lei bensì gli addetti alla segreteria i quali
le avevano segnato delle pause che nella realtà la ricorrente non aveva
fatto; ciò avevano fatto naturalmente su input della stessa C.. E la C.
aveva accusato la ricorrente con fare aggressivo (“ma guarda che schifo
di cartellino”).
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Teste
C.:
-
“Ricordo
l’episodio delle pause. Occorre una premessa. Capita spesso di dovere
lavorare oltre sei ore consecutive con gli alunni perché è espressamente
previsto nell’orario assegnato. Tuttavia, capita pure che, dopo quattro
ore di lezione, ci siano due ore di messa a disposizione nel corso delle
quali l’insegnante può correggere i compiti o fare altre attività
didattiche e che ci sia immediatamente dopo anche una riunione. Ebbene la
C. pretendeva che la B. nel corso delle due ore di messa a disposizione
facesse una pausa per non superare le sei ore continuative di lavoro. Ma
era risaputo che la B. si rifutasse di fare la pausa se doveva stare a
disposizione e impegnava il tempo appunto svolgendo altre attività
didattiche. In quell’occasione la C. aveva corretto davanti agli addetti
della segreteria il suo cartellino orario accusandola che doveva fare la
pausa. Io non ero presente; mi è stato riferito dalla B.. E ne ho avuto
conferma dal personale di segreteria . Non ricordo con particolare chi me
lo avesse riferito anche perché il personale di segreteria è cambiato.
Ma credo che fosse la Sig.ra Catti che seguiva i cartellini delle
insegnanti”.
-
Teste
Radaelli:
-
“Con
riferimento al cap. 40 e ss.: confermo l’episodio. In effetti capitava
che noi non facessimo l’intervallo e ciò accadeva anche alla B. quando
doveva fare altre attività aiutandomi ad es. in attività di
coordinamento o facendo telefonate o scrivendo delle cose. Oppure capitava
di dovere tenere la classe. In questi casi era normale saltare
l’intervallo. Non so per quale ragione la C. se la fosse presa con la B.
per avere saltato l’intervallo. E’ vero però che ho controllato
personalmente il cartellino della B. ed era pieno di cancellature; delle
accuse alla B. da parte della C. ho saputo poi dalle addette alla
segreteria. Comunque preciso che la C. non ci aveva mai detto che eravamo
obbligate a fare l’intervallo.Non sono in grado di riferire l’anno ed
il mese in cui tale episodio si è verificato; però ricordo che più di
un cartellino era pieno di cancellature”.
-
Teste
Morano:
-
“CAP.
40 ess.: confermo l’episodio perché me lo ha riferito la stessa B.; era
stata la stessa C. a modificare con correzioni il cartellino inserendo le
pause che avrebbero dovuto in astratto essere fatte dalla B. ma che la
stessa non aveva fatto. Ciò in particolare era avvenuto quelle volte che
la ricorrente dopo la sesta ora di lezione si tratteneva a lavorare senza
fare la pausa; e appunto la C. aveva inserito la pausa di ufficio
ritenendo che fosse obbligatoria”.
-
Teste
Catti:
-
“Non
ricordo in particolare l’episodio di cui ai cap. 40 e ss. ricorso.
Confermo però che la C. non solo con la B. ma con tutte le docenti, fatta
una verifica sulla base dell’orario delle lezioni, tutte le volte che
verificava che il cartellino marcatempo non presentasse il quarto d’ora
di pausa previsto, provvedeva ad effettuare una correzione manuale a penna
sul cartellino della docente interessata. Talvolta è capitato anche a me
– o alla collega Villa - di fare quelle correzioni ma su preciso ordine
della C.. Credo che le correzioni siano state fatte con tutti gli altri
insegnanti, ad es. ricordo, Tucci, Bucceri, Radaelli Ornella, e tanti
altri ancora. In effetti talvolta capitava che nell’orario delle lezioni
non fosse prevista la pausa pranzo tra una lezione e l’altra. Non so
come si facesse in questo caso. Non ricordo inquale anno è partita la
questione della pausa”.
-
Teste
C.:
-
“Con
riferimento al Cap. 40 ricorr. faccio presente che contrattualmente dopo
sei ore occorre fare una pausa. Pertanto quando la segretaria
amministrativa rilevava che la ricorrente o altra insegnante non avesse
inserito la pausa nel cartellino marcatempo allora provvedeva ad inserirla
in quanto riteneva o talvolta aveva essa stessa verificato che una pausa
di almeno un quarto d’ora era stata effettivamente goduta, anche solo in
sala insegnati. Anche ammesso che la ricorrente avesse otto ore di lezioni
consecutive – e se lei lo dice sarà così – in ogni caso una pausa
viene sempre fatta dall’insegnate. La pausa prevista contrattualmente
deve essere di almeno 45 minuti. Naturalmente se vi era un orario
continuato di 8 ore non sarebbe stato possibile fare una pausa di 45
minuti nel corpo di una lezione. E’ per questo che la segretaria
amministrativa si limitava ad apporre nel cartellino marcatempo la
correzione che tenesse conto di una pausa di 15 minuti.”.
-
Teste
G.:
-
“Il
cartellino marcatempo non si potrebbe modificare”.
-
L’episodio
dedotto in giudizio dalla ricorrente è stato integralmente confermato dai
testi.
-
Esso
esprime una situazione affatto paradossale : la pretesa della C. di fare
apparire pause di lavoro – nella realtà mai godute dalla ricorrente –
previste dal contratto collettivo e che voleva fossero rispettate solo
sulla carta, senza nemmeno porsi un reale problema di riposi o di salute
del lavoratore. Anche questa circostanza è espressione della volontà
prevaricatrice della C. nei confronti della B., non attenuata dal fatto
che tale pretesa la C. l’avesse manifestata nei confronti di tutti gli
insegnanti.
-
-
LE
ESIGENZE FISIOLOGICHE DELL’ALLIEVA CARRISI
-
La
ricorrente ha dedotto di essere stata processata davanti alla propria
classe dalla C. la quale le aveva contestato di non consentire alla
allieva Carrisi di recarsi in bagno, secondo le proprie necessità
fisiologiche.
-
Teste
Costantino:
-
“Confermo
che le ragazze sono solite chiedere di uscire e siamo costrette pertanto a
negare tale autorizzazione ogni tanto. Credo di ricordare che la allieva
Carrisi si era lamentata con la C. che la B. le avesse negato il permesso
e la C. aveva sgridato la ricorrente dicedondole che la Carrisi doveva
andare spesso in bagno per una dieta che stava seguendo.
-
Teste
C.:
-
“
Ho saputo dal Gelli o dalla Bialetti della vicenda della allieva
Carrisi . In particolare ricordo che la ricorrente era stata accusata
dalla C. di non avere consentito alla Carrisi di andare in bagno. La
circostanza non era vera in quanto poi la allieva era stata autorizzata.
So che che alla C. era stata contestata tale circostanza alla presenza
della stessa allieva. Ciò so come ho detto in quanto me lo hanno riferito
o la Gelli o la Bialetti”.
-
Teste
Radaelli:
-
“Con
riferimento al Cap. 45 e ss.: io ero presente quando la C. si è recata in
classe e presente la B. ha fatto molte domande alle allieve per accertare
quali fossero i fatti e cioè se effettivamente la allieva Carrisi beveva
molto e aveva bisogno di andare spesso in bagno; le altre allieve avevano
confermato le esigenze della Carrisi. Ma faccio presente che la Carrisi
non aveva mai presentato un certificato medico che documentasse la sua
necessità di recarsi in bagno così spesso. E noi insegnanti di solito di
fronte ad un certificato medico consentiamo alle allieve di alzarsi
frequentemente. Non ricordo in quale periodo tale evento si sia
verificato”.
-
Teste
Gelli:
-
“Ricordo
del fatto che avevo parlato con la Carrisi del problema che lei voleva
andare in bagno credo per una dieta; ma non ricordo dell’episodio di cui
al capitolo 48 e ss.”.
-
Teste
C.:
-
“Con
riferimento al cap. 45 e ss. Ricorr. faccio presente che ricordo
l’episodio. In effetti la Carrisi era venuta da me a lamentarsi del
fatto che la B. non la facesse andare in bagno. Io mi sono recata in
classe e le compagne mi hanno confermato tale versione dei fatti. La
Carrisi aveva problemi ai reni che richiedevano la necessità di bere
molto ; ciò poi la induceva a recarsi spesso in bagno. Io mi sono
limitata a prendere atto di questa situazione sollecitando sia la B. che
gli altri insegnanti – non ricordo se alla presenza della classe o fuori
– a consentire alla Carrisi ad andare in bagno quando ne avesse bisogno.
Poi la famiglia della Carrisi aveva anche prodotto documentazione
comprovante la malattia della ragazza”.
-
Anche
tale episodio è stato integralmente confermato.
-
Ciò
che qui rileva è essenzialmente la decisione della C. di effettuare una
vera e propria ricognizione delle esigenze della allieva esaminando il
problema insieme alla classe ed in tal modo screditando la B. agli occhi
delle allieve; ciò che peraltro era già avvenuto con l’episodio del
litigio dell’ Armonia e della Capatina, quando la C. aveva ripreso la B.
alla presenza della Capatina.
-
-
IL
PROGETTO PER IL PROFILO DI ESTETISTA
-
La
ricorrente (insieme ad altri colleghi) era stata incaricata dalla C. e dal
G. di predisporre un progetto in ordine al ”nuovo profilo della figura
di estetista”, progetto che era stato più volte respinto dal G. con
espressioni pesanti manifestate pubblicamente.
-
Teste
Costantino:
-
“Confermo
che i progetti elaborati dalla ricorrente “il nuovo profilo della figura
di estetista” non sono mai stati attuati in quanto il G. aveva detto che
facevano schifo. Me ne ero occupata anche io.
-
Teste
C.:
-
“La
B. ed altre tre colleghe erano state investite del compito di elaborare
questo nuovo progetto. Tuttavia il G. cambiava continuamente le persone
incaricate (le altre inizialmente erano Bialetti, Radaelli, Frascolla e
Forte) sicchè si creava il problema di dovere riorganizzare tutto. Alla
fine sono stata coinvolta anche io in questa cosa. Il progetto è stato
elaborato ma nonostante questo a G. non è andato bene in quanto ne ha
preparato uno lui insieme a qualche altra persona. E’ stato poi
approvato dalla Regione”.
-
Teste
Radaelli :
-
“Con
riferimento ai cap. 55 e ss. preciso: confermo che alla ricorrente era
stato dato incarico di predisporre la relazione sul nuovo profilo di
estetista ed eravamo coinvolte più persone me compresa. Effettivamente il
progetto era stato più volte presentato e non andava mai bene; ricordo
pure il G. che ce lo respingeva urlando. Il progetto non è mai più stato
approvato ed è rimasto lettera morta. Non ricordo quando ciò sarebbe
accaduto”
-
Teste
Morano:
-
“CAP.
55 e ss. : eravamo un gruppetto di lavoro comprese me e la ricorrente ; il
lavoro era stato più volte fatto perché secondo G. non andava bene e
confermo che ci diceva in quelle occasioni che non sapevamo fare niente;
ma questa era una espressione che lui usava spesso con noi”.
-
Teste
C.:
-
“Con
riferimento al cap. 57 confermo che la B. insieme ad altre colleghe aveva
preparato su incarico del G. il progetto sul nuovo profilo di estetista,
progetto che però era stato considerato dallo stesso G. inadeguato; sicchè
era stato predisposto più volte dalle insegnanti (del laboratorio
scientifico, specifico e tecnica commerciale e cultura del lavoro). Era
poi stato firmato anche dalla B.. Confermo che G. riteneva che, me
compresa, non fossimo in grado di essere innovative in questo settore;
faccio presente che in questa opinione G. coinvolgeva anche me che di quel
settore mi occupo da trent’anni”.
-
Anche
questo episodio ha trovato integrale conferma da parte di tutti i testi,
compresa la C. la quale ha ricordato la sfiducia del G. nei confronti di
tutti i docenti, C. compresa, nonostante la grande esperienza acquisita
nel settore.
-
Ma
esso rileva non solo per la sfiducia che esprime nei confronti della
ricorrente (e degli altri colleghi, nel suo ruolo di insegnante) quanto
per il fare aggressivo e prevaricatore che connota l’azione quotidiana
del G. nei confronti delle lavoratrici e della B. in particolare;
aggressività di carattere psicologico che, pure svolta nei confronti di
tutti indistintamente i lavoratori, può essere tuttavia subita in maniera
particolarmente dirompente anche solo da alcuni soltanto di essi, sotto il
profilo della salute psichica.
-
-
LA
PRIVATIZZAZIONE DELLA STRUTTURA E LE OFFESE GRATUITE
-
La
ricorrente ha rilevato che nel corso dell’anno scolastico 99/2000 il G.
aveva manifestato l’intento di dare una svolta alla struttura che
avrebbe dovuto essere gestita come un’azienda da una squadra di
collaboratori competenti, manifestando la sua sfiducia sulle capacità
della B. che “che non fa niente dal mattino alla sera …ruba soldi
all’ente ed è solo un costo”
-
Teste
C.
-
“Per
quanto riguarda il progetto di privatizzazione della scuola la C. ci disse
che il G. stava progettando di cambiare un po’ la scuola; nel senso che
oltre alla formazione finanziata dalla Regione avrebbe gestito un beauty
center presso il quale sarebbero state addette le stesse allieve che in
questo modo si sarebbero potute formare con degli stage all’interno
della stessa struttura invece che altrove. Fu anche dato un carico ad un
architetto per ideare il mutamento della struttura. E furono scelte pure
le persone che si sarebbero dovute occupare della cosa; io fui scelta ma
poi non accettai di occuparmene. Invece la scelta non cadde sulla
ricorrente. Non ho sentito che il G. avrebbe pornunciato verso la
ricorrente le frasi scritte al punto 61 del ricorso”.
-
Teste
Morano:
-
“CAP.
60 e ss: confermo che il G. intendeva trasformare in una certa fase
l’Istituto che era convenzionato con la Regione in un Istituto solo
privato e che avrebbe inteso tenere solo le persone più capaci. Non so in
particolare se ha fatto uso di quelle espressioni (di cui al cap. 61) nei
confronti della B.”.
-
Teste
C.:
-
“Con
riferimento al cap. 61 preciso che effettivamente G. voleva innovare la
scuola e fare sì che venisse gestita come un’azienda, appunto perché
riteneva inadeguate le modalità con le quali veniva gestita dalle
insegnanti e anche da me. Tuttavia non ho mai sentito che quella frase
venisse rivolta in modo specifico alla persona della B.”.
-
L’episodio
– quanto meno quello più rilevante, le offese rivolte alla B. - non ha
trovato conferma nelle dichiarazioni testimoniali e pertanto non può
ritenersi provato.
-
-
I
CORSI REGIONALI DI RIQUALIFICAZIONE
-
La
ricorrente lamenta in questo caso di avere fatto una precisa scelta di
espletare un certo corso di riqualificazione regionale mentre la C.
l’aveva infine assegnata ad un corso diverso, non coerente con la sua
acquisita professionalità.
-
Teste
Costantino:
-
“Ricordo
che avevamo tutti espresso delle preferenze sui corsi regionali di
formazione. E che invece la C. non aveva tenuto conto di tali preferenze
mandando ognuna secondo le sue indicazioni senza rispettare le nostre. Ciò
era successo anche alla B..
-
Teste
C.:
-
“Confermo
che nel 99/00 erano venuti in Enfap – distribuiti in tre i quattro
giorni - degli addetti dell’IREP per fare un colloquio con noi
insegnanti e fare un percorso di aggiornamento. Pertanto dopo il colloquio
la ricorrente aveva indicato dei corsi di aggiornamento che le sembravano
più adatti alla sua formazione tenuto conto del colloquio. Invece la C.
aveva deciso che la B. avrebbe dovuto seguire dei corsi diversi da quelli
da lei scelti. La B. me lo aveva riferito arrabbiattissima per il fatto
che non si tenesse conto delle proprie esigenze. Confermo infatti che –
a differenza della B. - le mie indicazioni come quelle delle altre
insegnanti erano state accolte”.
-
Teste
Radaelli:
-
“Con
riferimento al cap. 62 e ss. confermo la circostanza; la ricorrente aveva
fatto scelta di essere ammessa a corsi di formazione diversi ed invece la
C. le aveva imposto quello al quale avevo deciso di partecipare io cioè
quello dei “servizi di accompagnamento al lavoro”. Io il corso l’ho
scelto”.
-
Teste
Morano:
-
“CAP.
62 e ss.: confermo che vi erano corsi tenuti dall’IREF e che la B. aveva
indicato tre corsi che le sarebbero interessati; ricordo tuttavia che la
C. gliene aveva concesso un altro non ricompreso in nessuno di quelli
indicati dalla B.”.
-
Teste
C.:
-
“Con
riferimento al cap. 62 faccio presente che non avevamo dato seguito alle
richieste della ricorrente in quanto i corsi di formazione non aveano step
specifici per la materia dell’estetica. Pertanto avevamo preferito
avviare la ricorrente verso il diverso corso di “servizi di
accompagnamento al lavoro” che era propedeutico all’attività di
tutoraggio che avrebbe potuto espletare l’anno successivo. Non è vero
che fu solo la B. a non essere accontentata; vi furono anche altre
insegnanti che furono assegnate ad altri percorsi diversi da quelli da
loro richiesti; ma non ne ricordo i nomi. Ciò con riferimento ai corsi
IREF che venivano finanziati dalla Regione”.
-
Anche
tale episodio ha avuto una sostanziale conferma dalle dichiarazioni
testimoniali.
-
E’
stato confermato che la ricorrente avesse fatto richiesta di essere
assegnata ad uno dei tre corsi coerenti con la propria professionalità.
-
La
C. ha assegnato certamente la ricorrente ad un corso che nulla aveva a che
vedere con la propria professionalità; aveva invece accontentato altre
lavoratrici (C. e Radaelli). Su tale punto vi è solo una dissonanza
riferita alla deposizione della teste Costantino che ha dichiarato che
nessuno sarebbe stato accontentato ; ma tale deposizione se può valere
per la Costantino è tuttavia certamente stata smentita per quanto attiene
alle posizioni delle testi C. e Radaelli che si sono viste assegnate ai
corsi richiesti.
-
Pertanto
anche questo episodio acquisisce una sua particolare rilevanza
nell’ambito del denunciato fenomeno mobbing : pone - ancora una volta -
la ricorrente in una condizione di diversità e di isolamento rispetto a
tutti gli altri (o quasi) lavoratori, con conseguente forte pressione di
carattere psicologico sulla sua persona.
-
-
LA
VALUTAZIONE DEI RISCHI
-
La
ricorrente lamenta che a metà dell’aprile 2000 era stata incaricata
dalla C. di predisporre la relazione in merito alla valutazione dei rischi
- che pure rientrava nelle competenze di altri – senza nemmeno poter
attendere il ritorno di altra collega che avrebbe dovuto predisporla
insieme a lei entro due giorni.
-
Teste
C.:
-
“Con
riferimento alla valutazione dei rischi confermo che erano state coinvolte
la B. e la Piantoni per realizzarla al posto dei Responsabili della
Sicurezza Catti e Tatta. E la B. se ne era lamentata; ma non so se poi nel
concreto quel lavoro fosse stato svolto o meno dalla B.”.
-
Teste
C.:
-
“Con
riferimento al cap. 67 preciso: i due responsabili della sicurezza mi
avevano detto che avevano bisogno della relazione entro 48 ore; io allora
avevo designato la B. e la Piantoni per la sua redazione e proprio in
quanto avevo una scadenza ormai imminente non ho acconsentito alla
richiesta della ricorrente di attendere la Piantoni per la sua redazione.
Più che di una relazone si trattava di segnalazioni di situazioni di
rischio poste all’interno dei laboratori di competenza delle singole
insegnanti con la compilazione di una modulistica. Il termine di 48 ore
veniva dalla società che avrebbe dovuto effettuare la certificazione sui
rischi”.
-
L’episodio
è stato integralmente confermato dai testi, tra i quali da colei che ne
è stata l’artefice, la stessa C..
-
Anche
questo episodio si inserisce nel novero di quei comportamenti scriminanti
che hanno visto quale soggetto passivo la B.; ciò è evidenziato : dalla
ristrettezza dei tempi (due giorni appena); dalla mancanza di competenze
della stessa; dalla paradossale individuazione di altra collega (la
Piantoni) che avrebbe dovuto collaborare con la ricorrente ma che era
assente.
-
-
IL
DOTT. G. E LE ALLIEVE POCO EDUCATE
-
La
ricorrente lamenta di essere stata accusata – unitamente ad altre
insegnanti – dal G. di non sapere educare le allieve delle quali alcune
(Fadda, Puricelli, Riccoboni) avrebbero tenuto comportamenti poco educati
e finanche offensivi nei suoi confronti.
-
Teste
Costantino:
-
“Ricordo
che le tre allieve Puricelli, Fadda e Riccoboni che erano anche mie
alunne, peratro tutte maggiorenni (una ha 40 anni ed una figlia) avevano
più volte sollecitato un colloquio con G. per sapere dell’orario di
scuola. Alla fine quando erano riuscite ad ottenerlo il G. aveva convocato
le mie colleghe (non anche me) insultandole che non sapevano educare le
alunne perché erano state delle maleducate nel corso del colloquio”.
-
Teste
C.:
-
“L’altro
episodio che devo ricordare è quello che riguarda invece una protesta di
alcune allieve mosse al G.. Più chiaramento ricordo che alla fine
dell’anno scolastico alle ragazze che chiedevano informazioni
sull’anno successivo la C. diceva che le lezioni avrebbero dovuto avere
una durata giornaliera vale a dire dalle 8.00 alle 20,00 piuttosto che
dalle 10.00 alle 14,00 e così via: nella sostanza la C. non dava certezza
del come sarebbe stato organizzato l’orario scolastico dell’anno
successivo. Sicchè alcune allieve avevano deciso di parlarne direttamente
col G.. Ed il G. – dopo tale colloquio – si era rivolto a noi
risentito in quanto a suo dire avremmo dovuto assumere provvedimenti di
caratere disciplinare, nella sostanza avremmo dovuto sospendere le allieve
interessate. Ma noi naturalmente ci siamo rifiutate in quanto abbiamo
fatto rilevare che non eravamo presenti al colloquio e che il G. - che era
il direttore – ben avrebbe potuto farlo utilizzando i propri poteri.
Certo stupì anche il fatto che il G. coinvolse in tale questione la
stessa B. nonostante che non vi fossero allieve di questa insegnante
interessate alla vicenda. Bene questa è la premessa. In occasione di
quella consegna del libro il G. ci disse appunto che il libro ci sarebbe
stato utile sia perché così avremmo imparato ad insegnare sia perché
saremmo state meglio in grado di insegnare anche l’educazione a quei
ragazzi. Proprio in quel periodo la ricorrente come ho già detto stette
male e il marito venne a scuola per portarla a casa”.
-
Teste
Radaelli:
-
“Con
riferimento ai cap. 71 e ss. confermo la circostanza. Ero presente anche
io all’episodio. Faccio presente che la B. non avrebbe dovuto essere
coinvolta in quanto le allieve facevano parte di altra classe ; io invece
ero stata coinvolta in qualità di coordinatrice. A causa di questo
episodio abbiamo ricevuto una sanzione disciplinare e per questa ragione
abbiamo – me compresa – fatto un giudizio che si è concluso nel
maggio 2002 con una conciliazione. Ho poi saputo dalle ragazze che la
ricorrente il giorno dopo è scoppiata a piangere in classe; non ero
presente. Non ricordo quando ciò sia accaduto”
-
Teste
Morano:
-
“CAP
71 e ss.: confermo l’episodio; non ero presente ma mi è stato riferito.
Poi io stessa ho curato e seguito l’azione giudiziaria – poi
conciliata – che era stata intentata dalle insegnanti che avevano subito
provvedimenti disciplinari assunti nei loro confronti proprio per tale
episodio”.
-
Teste
C.:
-
“Ricordo
l’episodio di cui al cap. 71. Confermo che il G. aveva convocato me e le
altre insegnanti in direzione ed aveva avuto un atteggiamento aggressivo
con riferimento al fatto che non davamo sufficienti input di educazione
alle allieve. Aveva detto ciò urlando. Poi io avevo sentito sia il G. che
le allieve ed avevo ricevuto due versioni dei fatti completamente diverse.
Non ricordo se le allieve fossero di IB; anzi credo che fossero più
grandi perché mi sembra fossero maggiorenni e quindi di II o di III. Non
ricordo la B. quali classi avesse. Però G. aveva convocato solo
insegnanti dell’ estetica e quindi anche insegnanti che non avevano tra
le loro allieve quelle tre di cui si discute. Poi G. ha fatto una
contestazione disciplinare a tutte e sette le insegnanti dell’estetica.
Poi c’è stata anche una sanzione disciplinare”.
-
La
circostanza ha trovato integrale conferma da parte dei testi escussi.
-
In
particolare ciò che - ai fini di causa - maggiormente rileva è che : le
allieve avevano avuto motivo di insistere per avere notizie dell’orario
dell’anno scolastico successivo perchè non avevano ricevuto risposte ed
informazioni adeguate dalla Direzione; non erano allieve della ricorrente;
quindi le accuse rivolte – tra gli altri – alla ricorrente erano per
un verso infondate (perché le richieste delle allieve erano giuste) e per
altro verso ingiustificate (perchè non è dato comprendere quale ruolo
avesse la ricorrente in una vicenda che non la vedeva in alcun modo
coinvolta).
-
Ed
è per tale ragione che invece l’episodio ha una grande rilevanza ai
fini dell’individuaizone pproprio dell’intento persecutorio rivolto
nei confronti della B. da parte della Direzione della Enfap.
-
-
ALTA
TEMPERATURA
-
La
B. si duole del fatto che lamentandosi con la C. ed il G., a maggio e
giugno 2000, per l’alta temperatura dei laboratori aveva ricevuto la
risposta che essi dubitavano che lei e i suoi colleghi avrebbero
conservato il posto di lavoro l’anno successivo
-
Teste
C.:
-
“Confermo
che nell’estate del 00 faceva molto caldo soprattutto nei laboratori e
noi insegnanti ci eravamo lamentati della circostanza. Ebbene prima la C.
e poi il G. – a seguito di una nostra lettera scritta - ci avevano
chiaramente risposto verbalmente che tanto non si sapeva se l’anno
successivo avremmo ancora avuto o meno il nostro posto di lavoro. Preciso
che il G. ha proprio detto questo che ho riferito: che non si sapeva se
avremmo avuto i nostri posti di lavoro e non che non si sapeva se la
Regione avesse intenzione di eliminare qualche cattedra”.
-
Teste
Bozzi:
-
“Sul
cap. 79 e ss: non ho sentito di lamentele degli insegnanti per la
temperatura dei laboratori né di risposte date da G. e C. del tipo di
quelle indicate nel capitolo”.
-
Teste
C.:
-
“Con
riferimento al cap. 79 preciso: effettivamente in quei giorni faceva molto
caldo in quanto la Cassa Ragionieri, proprietaria dei locali , non
intendeva fare i lavori necessari a causa del loro costo di rifacimento
degli infissi. Certamente quella frase non è stata da me profferita; non
escludo che l’abbia detta G. ma non lo ricordo”.
-
L’episodio
non si può dire confermato nella sua interezza; la risposta della
Direzione più che ironica sul destino delle lavoratrici sembra piuttosto
esprimere una situazione di fatto che avrebbe potuto comportare la perdita
del posto di lavoro delle lavoratrici e della stessa ricorrente. Come tale
pertanto non può dirsi rilevanti ai fini di causa.
-
-
LO
SCREENING
-
La
ricorrente ha esposto di avere subito - unitamente alle altre colleghe di
lavoro – serie minacce da parte del G. e ingiurie da parte della C. per
essersi rifiutate di sottoporsi ad uno screening (qualificato come
motivazionale ma nella realtà costituente un vero e proprio esame)
illegittimo nei contenuti e nelle modalità.
-
Teste
Costantino:
-
“Ricordo
che l’anno scorso nel giugno o luglio il G. aveva preteso che tutte le
estetiste si sottoponessero ad uno screening che a suo dire sarebbe dovuto
servire a valutare le motivazioni di ogni insegnante. Nella realtà però
secondo la prima collega che vi si era sottoposta, Angela Frascolla,
quello era un vero e proprio esame con domande sulla preparazione delle
colleghe. Anche la ricorrente avrebbe dovuto sostenerlo. C’era stato
anche un intervento della RSA Morano. E le altre colleghe mi sembra che
alla fine si fossero rifiutate di sottoporvisi. Ricordo che G. si era
precipitato in aula professori urlando “vi licenzio tutte se non fate
questo screening”.
-
Teste
C.:
-
“Il
G. ci aveva chiesto di sottoporci ad uno screening che avrebbe dovuto
essere solo motivazionale e non attitudinale; in effetti una sua cara
amica, tale Accone Anna, ci avrebbe dovuto sottoporre ad uno screening che
consentisse una valutazione delle nostre motivazioni e ad eventualmente
sottoporci poi a corsi di formazione. Noi inizialmente avevamo dato la
nostra disponibilità a sottoporci a quella formazione. Poi però il G. si
era reso conto che costi sarebbero stati alti e allora aveva in qualche
modo cercato di fare una selezione delle insegnanti da mandare a quei
corsi. La C. ci disse poi che in quei due giorni ci saremmo dovuti
sottoporre ad un colloquio con la Accone ed ad un altro con la
rappresentante della ditta Jean Klebert. La Accone ci ha sottoposto allo
screening. Il giorno dopo il G. ci diede il libro e ci disse che il giorno
dopo ci saremmo dovute presentare per sottoporci all’altro colloquio.Bene,
la Accone non si limitò a farci domande sulle motivazioni che avevamo
circa il nostro lavoro ma fece molte domande di carattere personale che
riguardavano sia il nostro modo di lavorare sia addirittura i nostri
rapporti familiari……. Con riferimento allo screening devo narrare
altri episodi. Il secondo giorno dello screening che avremmo dovuto
sostenere con la rappresentante della Jean Kleber è entrata per prima la
collega Michela Frascolla la quale è uscita dicendo che le domande non
attenevano a valutazioni di tipo motivazionale ma attitudinale. Allora
tutte insieme abbiamo deciso di chiedere spiegazioni alla C. che era
dentro insieme alla rappresentante della ditta Kleber. Ebbene ha parlato
per tutte noi la ricorrente e la C. ha detto che eravamo delle pecore e
che avremmo dovuto fare il colloquio in ogni caso, che non era tenuta a
darci spiegazioni in quanto non era il momento e pertanto ci ha fatto
uscire. A questo punto la Morano che era la rappresentante sindacale e che
aveva concordato col G. il tipo di test cui sottoporci ci ha detto di
sospendere il test momentaneamente. In quel mentre è arrivato G. -
evidentemente avvertito della situazione il quale - rinvolgendosi alla
ricorrente che era colei che parlava per tutti noi - ha detto che già
avevamo ricevuto una ammonizione per la questione delle allieve maleducate
e che se non ci fossimo sottoposte al test saremmo state tutte licenziate.
Disse proprio così ma con tono molto aggressivo. Tutte noi abbiamo avuto
una sanzione disciplinare pari a due giorni di sospensione tutte tranne me
ed altra iscritta alla CGIL che ne abbiamo ricevuti tre; io come le altre
colleghe abbiamo ricevuto anche la sanzione discplinare per la questione
delle allieve maleducate. Io ho impugnato le sanzioni e pende giudizio”.
-
Teste
Radaelli:
-
“Con
riferimento ai cap. 81 e ss. confermo le circostanze. Faccio presente che
le modalità di effettuazione dello screening era stato concordato con le
RSA; ed invece la Frascolla che era entrata per prima uscendo ci aveva
riferito che le domande rivolte erano finalizzate a verificare se avesse o
meno una professionalità adeguata ad insegnare. Fuori ad attenderla
c’eravamo altre colleghe tra cui io e la ricorrente. Allora abbiamo
deciso di entrare nella stanza ove c’erano la C. e la rappresentante di
una ditta di cosmetici che ci avrebbero dovuto fare le domande,
rifiutandoci di sottoporci a tale indagine. La C. ci ha accusato di essere
le solite pecorone che decidono tutto in gruppo. Preciso che era stata la
B. a contestare alla C. che quelle domande erano diverse da quelle
concordate in sede sindacale. La cosa è poi proseguita in quanto la C. ha
chiamato il G. il quale ci ha urlato che quelo screening avremmo dovuto
farlo; ed allora la B. è intervenuta per cercare di spiegare i motivi del
rifiuto collettivo ed il G. l’ha ammonita dicendo che lei sarebbe stata
la prima ad essere licenziata se non fosse stato fatto lo screening.
Questo screening non l’abbiamo più fatto. Anche per questo episodio
abbiamo ricevuto una contestazione disciplinare e il successivo giudizio
si è chiuso con una conciliazione. Ho poi saputo dalle colleghe che la
ricorrente il giorno successivo è stata male a scuola ed è stata
accompagnata in ospedale”.
-
Teste
Morano:
-
“CAP.
81 e ss.: confermo l’episodio; inizialmente era previsto solo che
sarebbe stato l'aggiornamento e tutte le insegnanti si erano rese
disponibili; poi era stato richiesto uno screening preliminare ma noi
avevamo chiesto ed ottenuto che fosse solo uno screening sulle motivazioni
e non sulla preparazione tecnica; era stato fatto anche un accordo
sindacale. Invece poi quando la mia collega per prima lo aveva fatto si
era resa conto che era proprio di carattere tecnico ed investiva le
conoscenze degli insegnanti; si sono allora rifiutate di farlo. Io ero
fuori e sono stata contattata. Sono andata in Istituto e lì mi hanno
riferito che erano state minacciate di licenziamento dal G. che mi aveva
poi confemato questo suo intento. Anche in questo caso siamo stati
costretti ad attivare un giudizio che è stato anche in questo caso
conciliato”.
-
Teste
Bozzi:
-
“Sul
cap. 81 e ss Ricordo che le insegnanti addette al laboratorio di estetica
avrebbero dovuto tenere un corso di aggiornamento che sarebbe servito per
l’anno successivo e sarebbe stato pertanto necessario fare un test
preliminare per accertare le loro conoscenze ed il punto di partenza di
ognuna per quel corso di aggiornamento; inizialmente le insegnanti erano
d’accordo e successivamente si sono rifiutate di farlo in quanto a loro
dire si trattava di un test selettivo. Non ero presente al colloquio
successivo tra le insegnanti e la C. e successivamente tra le insegnanti e
il Gambadella; pertanto nulla so in proposito………….Preciso che
effettivamente era stato fatto un accordo sindacale tra direzione ed
insegnanti che prevedeva che lo screening avesse funzione non selettiva
bensì di accertamento delle conoscenze di ciascuna in funzione del
successivo corso di aggiornamento”.
-
Teste
Gelli:
-
“Ricordo
l’episodio di cui ai capitoli da 93 in poi: ero presente in aula
insegnati, le mie colleghe erano in attesa di recarsi in direzione per
fare lo screening; ricordo che era andata per prima la Frascolla la quale,
dopo essere uscita, aveva riferito che quello non aveva il contenuto di
uno screening ma di un vero e proprio interrogatorio e pertanto le mie
colleghe si erano rifiutate tutte di entrare per effettuarlo. La C. allora
aveva chiamato il direttore regionale G. il quale era sceso infuriato ed
urlando aveva minacciato le mie colleghe di licenziamento; ricordo anche
che la ricorrente aveva cercato di spiegare ma il G. non aveva voluto
sentire ragioni ed anzi aveva detto proprio la frase: “se non fate
quello screening vi licenzio; ve lo dico come fossi un padre di
famiglia”. Ricordo proprio questa tensione ed ero rimasto molto colpito
nonostante io non avessi nulla a che fare con il problema. Confermo che la
ricorrente il giorno dopo è stata effettivamente colta da malore e che
era venuto il marito che io ricordi. Era successo anche un’altra
volta”
-
Teste
C.:
-
“Con
riferimento al cap. 81 e ss. preciso: le insegnanti si sono rifiutate di
effettuare il test in quanto a dire della Frascolla le domande erano molto
specifiche e non riguardavano solo le motivazioni ma anche la
professionalità. A tale proposito confermo che gli accordi con la RSU
erano proprio nel senso che le domande attenessero più alle motivazioni
che non alla professionalità. Pertanto le insegnanti si sono rivolte a me
tutte insieme dicendo che non volevano più farlo perché non potevano
accettare che loro si sottoponessero a test fatti da persone che ne
sapessero meno di loro. Più esattamente è stata la signora Forte che ha
interloquito direttamente con me cui io ho dato retta. A quel punto è
arrivato in Direzione il G. che ha effettivamente minacciato provvedimenti
disciplinari qualora non si fossero sottoposte al test. Poi la cosa ha
avuto effettivamente un seguito in quanto ci sono state delle sanzioni
disciplinari e dei giudizi per questo. Non ricordo se il giorno successivo
la ricorrente sia stata colta da malore”.
-
L’episodio
ha ricevuto integrale conferma da parte di tutti i testi.
-
Esso
esprime chiaramente sia il clima di aggressione psicologica e di minaccia
presente in istituto (coin particolare riferimento al comportamento tenuto
dal G.); sia l’atteggiamento irridente e ingiurioso tenuto dalla
direzione (con particolare riferimento al comportamento tenuto dalla C.
che difiniva “pecorone” le insegnanti; sia la particolare posizione
assunta dalla B. che risultava agli occhi della Direzione come la diretta
sua interlocutrice e pertanto la prima persona oggetto della minaccia
stessa.
-
Rileva
poi il fatto che il giorno successivo a tale episodio la ricorrente è
stata colta da malore a scuola.
-
-
IL
“LEI”
-
La
ricorrente lamenta che – come già in passato – la C. avesse avuto nei
suoi confronti un atteggiamento irridente e distaccato dandole del lei –
e successivamente togliendole il saluto - al suo ritorno da un periodo di
malattia .
-
Teste
C.:
-
“Confermo
quanto al punto 108 e 109 ricorso in quanto me lo ha riferito la B. ma non
vi ho mai assistito”.
-
Teste
C.:
-
“Con
riferimento al cap. 108 preciso: prima del periodo estivo la ricorente era
stata assente in malattia e io avevo avvertito una certa freddezza nei
miei confronti quando le avevo telefonato per informarmi sul suo stato di
salute. Dopo le ferie estive al ritorno a scuola avevo ancora avvertito
questa freddezza ed allora – probabilmente solo per provocarne una
reazione poiché vedevo che aveva una certa difficoltà a salutarmi – è
possibile che l’abbia salutata dandole del lei spingendola a rimuovere
quel suo atteggiamento”.
-
L’episodio
del “LEI” può dirsi provato: la stessa C. lo ha sostanzialmente
ammesso, anche se lo ha giustificato con l’atteggiamento freddo della
ricorrente. Non risulta invece provato il fatto che la C. le avrebbe poi
tolto il saluto.
-
-
L’ORARIO
DI LAVORO DEL 2000
-
La
ricorrente lamenta che nel settembre 2000 le era stato assegnato un orario
di lavoro che prevedeva sette ore consecutive di lezione senza pausa –
anche per materia non sua - in contrasto con le previsioni di contratto,
orario poi modificato con previsione di 29 ore settimanali invece delle 22
contrattuali e sette ore di lezioni consecutive; deduce poi che invitata
dalla C. a chiarimenti sull’orario è stata beffeggiata dalla C. e dalal
Bozzi Colonna.
-
Teste
Costantino:
-
“A
settembre 2000 mi sono ammalata e non sono andata a scuola per un mese.
Ricordo però che alla ricorente era stato dato un orario superiore alle
22 o 24 ore settimanali. Inoltre solitamente l’ora di pausa che avremmo
dovuto fare non ci veniva fatta godere per cui dovevamo lavorare otto ore
di fila. E’ capitato anche a me”.
-
Teste
C.:
-
“Confermo
che alla ricorrente nell’anno scolastico in corso è stato dato un
orario di lavoro con 29 ore di insegnamento con le ragazze invece che 22
come previsto dal contrato; ho poi verificato che capitava che la
ricorrente avesse anche sette ore consecutive di lezione senza pausa
invece che sei come previsto; ma non so in quali giorni ciò capitasse; ciò
ho verificato personalmente prendendo visione dell’orario. Me lo ha
fatto vedere la ricorrente”.
-
Teste
Radaelli :
-
“Con
riferimento ai cap. 110 e ss. faccio presente che lo scorso anno 2001 –
2002 alla ricorrente è stata assegnata una materia di insegnamento
diversa da quella da lei sempre coltivata; la materia dell’acconciatura
riguarda solo i capelli mentre l’estetica riguarda il corpo, la pelle le
ossa e così via; sono anche diversi i prodotti che vengono usate per
l’uno e per gli altri. Ebbene la ricorrente ha dovuto necessariamente
accettare tale nuova materia pur facendo presente che non era il suo
lavoro. Le è stato poi proposto un orario di 29 ore settimanali laddove
il nostro orario settimnanale frontale (cioè con gli allievi) deve essere
di 22 ore e al massimo di 24 ore, ma, in quest’ultima caso, per cinque
settimane. Ciò in base al contratto, credo quello nazionale. A fronte
delle lamentele della B. l’orario è poi stato modificato in 24 ore
settimanali per tutto l’anno 2001 – 2002”.
-
Teste
Morano:
-
“CAP.
110 e ss.; confermo che la ricorrente si era lamentata con me per
l’orario di lavoro che era molto pesante ed appunto conteneva giornate
con sette ore consecutive di lezione e complessivamente forse una
trentina. A seguito delle lamentele le era stato parzialmente modificato
ma cedo che fosse rimasto comunque un orario molto pesante”.
-
Teste
C.:
-
“Con
riferimento al cap. 110 preciso: nell’anno che si è appena concluso
effettivamente la ricorrente ha avuto un orario di lavoro anche di sette
ore consecutive; ma ciò è del tutto normale in quanto altre insegnanti
ne hanno anche avute otto consecutive. Invece per quanto riguarda la
questione dell’orario settimanale confermo – leggendo l’orario che
mi si rammostra (doc. 33) - che ha avuto un orario di 29 ore sole
“frontali” vale a dire di lezione con i ragazzi. Comunque faccio
presente che è possibile anche avere questi orari per quattro settimane
purchè alla fine dell’anno non si eccedano le 800 ore annuali frontali.
Quest’orario viene dato a tutte le insegnanti e non solo alla B.. E’
vero che la materia della teoria professionale in acconciatura non attiene
strettamente alla professionalità della ricorrente che insegna estetica;
però è altrettanto vero che la base di quella materia può anche essere
insegnata dalla ricorrente perché quella attiene genericamente al tipo di
comportamento che l’allieva dovrà tenere con la propria cliente. Lei
avrebbe dovuto fare la parte teorica che avrebbe dovuto poi essere
integrata dall’insegnamento della insegnante del laboratorio con la
quale la B. avrebbe poi dovuto coordinarsi. Effettivamente confermo che
quando le ho consegnato la modifica dell’orario le ho chiesto di
presentarsi da sola perché la presenza della RSU è necessaria in
occasione di un procedimento disciplinare o per motvi sindacali ma non
certo per la consegna di un orario di lavoro”.
-
Teste
G.:
-
“Confermo
che era stato concordato con le RSA che per tutto il personale non si
potesse fare un orario di lavoro giornaliero che eccedesse le sei ore
consecutive senza che vi fosse una pausa. L’orario di lavoro
contrattuale era abbastanza complicato e prevedeva credo 21o 22 ore
settimanali di docenza che potevano però essere aumentate fino a credo 24
o 25 o 26. L’orario di lavoro veniva predisposto dalla direttrice e
sottoposto alle RSA. Ma talvolta poteva farlo il direttore da solo. Ma di
solito il direttore si faceva aiutare anche dai coordinatori”.
-
La
deduzione della ricorrente ha trovato piena conferma da parte di tutti i
testi (con la sola parziale eccezione della C., la quale, pur ammettendo
l’orario assegnato, ha riferito che non contrastava con le previsioni di
contratto ed era stato assegnato anche a tutti gli altri insegnanti: ma è
stata contraddetta da tutti gli altri testi e dallo stesso teste G., già
Direttore Regionale ENFAP).
-
Da
ciò si ricava pertanto che la ricorrente, a differenza di tutti gli altri
colleghi : aveva ricevuto un orario di lavoro più pesante dal punto di
vista dell’orario settimanale (29 ore) ed in contrasto con le previsioni
di contratto; più pesante sotto il profilo dell’orario giornaliero
(sette ore consecutive di lezione); anche in materia non oggetto della sua
specializzazione.
-
Tale
episodio può pertanto considerarsi ancora uan ovlta emblematico
dell’atteggiamento mobbizzante della Direzione diretto in via questa
volta esclusiova verso la B..
-
-
TEORIA
PROFESSIONALE
-
La
ricorrente lamenta che recatasi dal G. da questa convocata insieme ad
altre colleghe in data 25.10.00 era stata continuativamente offesa e
dileggiata da quello (“che cosa insegna lei?…. teoria
professionale? …. Che parolona!; ma lei capisce quello che dico?…..
lei riesce a capirmi… torniamo indietro con la moviola… vuole che
glielo spieghi in napoletano o in milanese?”) ironizzando sul fatto
che non fosse laureata, ponendola a confronto con la Piantoni a tutto
vantaggio di quest’ultima.
-
Teste
C.:
-
“Effettivamente
alla ricorrente quest’anno sono state assegnate delle ore di
insegnamento di teoria professionale di acconciatura che è materia non
attinente alla estetica di cui si occupa solitamente la B.. L’estetica
attiene al corpo ed al viso mentre l’acconciatura attiene allo studio
del capello. Confermo che la ricorrente si è recata quest’anno dal G.
per lamentarsi del fatto che le era stata assegnata una classe diffficile
unitamente alla circostanza che era stata affidata una materia non
inerente alla sua professionalità. Ed il G. aveva banalizzato la materia
insegnata dalla ricorrente. Ciò ho saputo oltre che dalla B. dagli altri
insegnanti presenti Morano Bucceri e Piantoni”.
-
Teste
Morano:
-
“CAP.
116 e ss. : confermo integralmente i capitoli in quanto ero presente;
ricordo in particolare che il G. sin dall’iniizo aveva volutamente
attaccato la ricorrente e l’aveva dileggiata pronunciando appunto le
frasi che mi vengono lette. In particolare poi aveva l’aveva posto a
confronto con la Piantoni alla quale aveva invece rivolto dei
complimenti”.
-
Teste
C.:
-
“Con
riferimento al cap. 115 ess preciso : confermo quanto indicato nei
capitoli da 115 a 119. Inizialmente G. ce l’aveva con tutto il gruppo
poi però la sua interlocutrice diretta è stata la B..Secondo G. tutte
siamo minus habentes”.
-
Tutti
i testi hanno conferato integralmente l’episodio.
-
Se
mai ve ne fosse bisogno, assume particolare rilevanza la dichiarazione
della teste C. la quale pur – per la sua parte carnefice della B. – ha
dato conferma dell’atteggiamento del G. che pur avendo iniziato a
inveire contro tutto il gruppo poi ha concentrato la sua attenzione verso
la sola B..
-
Questo
episodio pertanto rileva sia per il clima genericamente aggressivo e
intollerante che tutti i dipendenti erano costretti a vivere in ENFAP sia
in particolare quello che più specificamente era diretto proprio contro
la B. e che pertanto – più di tutti gli altri - caratterizza la
fattispecie come di vero e proprio mobbing, anche in considerazione delle
patologie maturate da questa e di cui si darà successivamente conto.
-
-
B)
IL MOBBING
-
a)
La premessa dalla quale
occorre partire è che il fenomeno mobbing manca di una regolamentazione
di tipo normativo .
-
Esso
è stato inizialmente analizzato e circoscritto da studiosi psicologi o
psichiatri del nord Europa (scandinavi e tedeschi) e successivamente
italiani.
-
Proprio
in quanto prende le mosse da studi di natura psicologica o psichiatrica
non si può certo prescindere dalle linee generali del fenomeno che sono
state tracciate da quelli; solo in un secondo momento sarà poi possibile
verificarne la rilevanza dal punto di vista non più solo sociale o medico
bensì giuridico, per accertare la riferibilità al datore di lavoro della
responsabilità civile dei danni derivatine al lavoratore.
-
Ebbene
il fenomeno è stato variamente definito ma nella sostanza esso può
essere ridotto ad alcuni comuni elementi essenziali.
-
Esaminando
le varie definizioni che dagli studiosi della materia sono state offerte,
si giunge alla conclusione che gli elementi necessari perchè ci si trovi
di fronte ad una fattispecie di Mobbing sono i seguenti: l’aggressione o
persecuzione di carattere psicologico; la sua frequenza, sistematicità e
durata nel tempo; il suo andamento progressivo; le conseguenze patologiche
gravi che ne derivano per il mobbizzato.
-
Vi
sono poi delle definizioni di Mobbing che sono state offerte anche dalle
prime pronunce giudiziali in materia.
-
Con
la sentenza in data 16.11.99 (ma anche con quella successiva del 30.12.99)
il Tribunale di Torino ha ritenuto sussistente il fenomeno Mobbing: “allorché
il dipendente è oggetto di soprusi da parte dei superiori e in
particolare vengono poste in essere nei suoi confronti pratiche dirette ad
isolarlo dall’ambiente di lavoro e nei casi più gravi ad espellerlo;
pratiche il cui effetto è di intaccare gravemente l’equilibrio psichico
del prestatore…”.
-
Invece
con la sentenza in data 15.3.01 il Tribunale di Forlì ha definito il
Mobbing quale “comportamento, reiterato nel tempo, da parte di una o
più persone, colleghi o superiori della vittima, teso a respingere dal
contesto lavorativo il soggetto mobbizzato che a causa di tale
comportamento in un certo arco di tempo subisce delle conseguenze negative
anche di ordine fisico da tale situazione”.
-
Vi
è anche una sentenza della Cassazione n. 143 emessa in data 8.1.00 –
peraltro pronunciata in fattispecie avente ad oggetto non direttamente il
fenomeno mobbing bensì il licenziamento (ritenuto legittimo) del
dipendente che aveva accusato (senza peraltro provarlo) la propria azienda
di averlo mobbizato – in cui la Suprema Corte ha qualificato il mobbing
conme “quel fenomeno che indica l’aggredire la sfera psichica
altrui mutuato dal linguaggio usato in altri paesi in cui il fenomeno
stesso da tempo è oggetto di studi particolari”.
-
Infine
vi è una sentenza del Tribunale di Milano (estensore Vitali) del 28.2.03
in Riv. Crit. Dir. Lav. 2003 pag. 655 che individua il mobbing
nell’aggressione o vessazione psicologica della vittima con azioni
ostili di carattere sistematico, che abbiano una certa durata, che diano
vita ad un fenomeno ad andamento progressivo.
-
Vanno
esaminati singolarmente gli elementi che compongono la fattispecie
mobbing.
-
1)
La persecuzione di carattere psicologico può essere compiuta in qualunque
modo. Essa può consistere:
-
-
in atti di aggressione verbale consumati spesso davanti a terzi dipendenti
e non;
-
-
in comportamenti – che possono avere tanto un contenuto omissivo quanto
commissivo – che si sostanziano in una esclusione, un allontanamento del
mobbizzato dal gruppo con conseguente suo isolamento, evidenziandone le
diversità fisica o morale o intellettiva o culturale o religiosa o
territoriale (si pensi ai colleghi di lavoro i quali: evitino di parlare
con la vittima; facciano circolare pettegolezzi; siano soliti
ridicolizzarla; enfatizzino alcuni handicap o caratteristiche etniche o
particolarità nel suo modo di parlare, camminare, vestire, ridere, ecc.;
oppure ai superiori della vittima che la isolino dal contesto aziendale
proprio con un atteggiamento prevaricatore continuativo, demansionandola,
emarginandola dal contesto lavorativo aziendale );
-
-
in atti apparentemente poco significativi ma che di fatto ostacolano il
normale espletamento dell’attività lavorativa (ad es. la richiesta di
restituzione immotivata del cellulare o dell’auto o del computer
aziendale);
-
-
in atti di contenuto tipico, compiuti cioè dal datore di lavoro o dai
superiori, strettamente inerenti la gestione del rapporto di lavoro (quali
demansionamenti, discriminazioni di carattere economico o di carriera,
trasferimenti, sanzioni disciplinari, o licenziamenti, questi ultimi purchè
disposti contra legem; il controllo esasperato dell’orario di lavoro,
del tempo di stazionamento presso la macchina del caffè, del tempo delle
telefonate; si pensi ancora : alle visite fiscali inviate in maniera
ossessivamente vessatoria; all’esclusione illegittima da concorsi per
l’accesso a qualifiche superiori; al caso in cui si costringe il
mobbizzato a lavorare ininterrottamente senza godere del riposo
settimanale o più in generale senza sosta a causa di un eccessivo carico
di lavoro).
-
Una
esemplificazione interessante delle modalità con le quali le aggressioni
di carattere psicologico possono atteggiarsi si può anche reperire
nell’art. 2 del disegno di legge (tra i vari oggi esistenti) n. 4265 del
13.10.99: “……..gli atti vessatori, persecutori, le critiche e i
maltrattamenti verbali esasperati, l’offesa alla dignità, la
delegittimazione di immagine, anche di fronte a soggetti esterni
all’impresa, ente o amministrazione – clienti, fornitori, consulenti -
comunque attuati da superiori, pari-grado inferiori e datori di
lavoro…….la rimozione da incarichi, l’esclusione o immotivata
marginalizzazione dalla normale comunicazione aziendale, la sottostima
sistematica dei risultati, l’attribuzione di compiti molto al di sopra
delle possibilità professionali o della condizione fisica e di salute”.
-
Nella
sostanza, ritiene chi scrive che il mobbing sia costituito da un
comportamento costantemente aggressivo di tipo psicologico e non, ripetuto
nel tempo, di durata apprezzabile sia esso proveniente da superiori o da
gruppi di colleghi, che incida sulla dignità della persona del lavoratore
intesa questa in tutte le sue componenti ed accezioni.
-
Non
ritiene questo Giudice che tale comportamento debba essere proprio
indirizzato verso un determinato lavoratore, ben potendo essere invece
diretto verso tutto un gruppo di lavoratori, sì da creare un clima
pesante di perdita della fiducia e della dignità che può essere
avvertito da alcuno in misura diversa e ben più grave rispetto a tutti
gli altri.
-
2)
Altro elemento fondamentale
perché si possa considerare sussistente il fenomeno Mobbing è che
l’aggressione psicologica – sia essa effettuata con comportamenti
atipici che con atti tipici dell’imprenditore (o dei superiori
gerarchici) o con gli uni e gli altri insieme – deve essere sistematica,
ripetuta e compiuta per un apprezzabile periodo temporale.
-
Ma
a ben vedere questo elemento è essenziale anche sotto il profilo più
strettamente giuridico e sociale.
-
Gli
atti e i comportamenti che si possono definire atipici (vale a dire tutti
quelli diversi dagli atti assunti dal datore e dai superiori gerarchici
nella gestione del rapporto di lavoro), di per sé presi, non hanno una
connotazione necessariamente negativa e comunque qualificabile come
facente parte di un disegno persecutorio del superiore o di un gruppo di
dipendenti nei confronti di un altro.
-
La
questione è che essi vengono compiuti all’interno di un rapporto - o
meglio di una pluralità di rapporti particolarmente complessa in quanto
tra loro intersecantisi – che si sviluppa all’interno dei luoghi di
lavoro.
-
Più
chiaramente, si tratta di rapporti i quali, traendo origine da strutture
in cui convive una pluralità di persone, presentano tematiche – oltre
che proprie e tipiche dell’ambiente di lavoro - per altri versi simili a
quelle che si rinvengono in ogni ambito sociale (si pensi ai rapporti
familiari, a quelli sportivi, ricreativi, di condominio, ecc.).
-
E’
certo vero però che, nel caso che ci occupa, la peculiarità e l’
importanza del fenomeno scaturiscono dal fatto che la gestione del
rapporto sociale perde l’aspetto della volontarietà e spontaneità per
accedere a quello della necessità, in conseguenza del fatto che nessuno
può volontariamente sottrarsi all’ineluttabilità del doversi procurare
i mezzi di sostentamento per sé e per la propria famiglia.
-
Tale
riflessione deve indurre a domandarsi quali delle centinaia se non
migliaia di atti e comportamenti che compongono una pluralità di rapporti
di lavoro devono divenire rilevanti giuridicamente al fine di condurre ad
un’affermazione di civile responsabilità del datore di lavoro per la
malattia dalla quale il lavoratore risulti essere affetto; da qui la
necessità di individuare elementi di specificità che abbiano la funzione
di delineare con precisione l’ambito della figura “incriminata” alla
cui sussistenza fare conseguire determinati effetti di carattere
risarcitorio.
-
Ebbene,
proprio quella sistematica, ripetuta aggressione di carattere psicologico
compiuta per un apprezzabile periodo di temporale consente di dare
significatività oggettiva a quei comportamenti enucleandoli dalla
indeterminatezza che assumono all’interno dei rapporti interpersonali.
-
Ciò
per altro verso accade anche con gli stessi atti tipici: il singolo atto
di trasferimento o di demansionamento – di per sé preso – non
necessariamente evidenzia la sussistenza di una situazione morbigena che
possa portare al fenomeno mobbing; invece la sua ripetizione insieme ad
altri atti, anche eventualmente atipici, dà oggettività a quella
situazione che assume pertanto connotazioni ben precise.
-
Ma
la sistematicità e ripetitività del comportamento illecito rileva anche
ad altro fine: che è quello di dare una certa oggettività al rapporto
tra comportamento illecito e malattia o disagio psichico; più
chiaramente, consente di affermare, con una certa dose di probabilità,
che la malattia psichica o comunque il disagio psicologico in cui sia poi
precipitato il mobbizzato sia derivato proprio da quel comportamento
ossessivamente illecito e dannoso e non da una particolare e del tutto
personale ipersensibilità della persona offesa.
-
Quando,
poi, dai principi si passa a individuare in concreto la misura di quella
sistematicità e di quella durata il discorso si fa certo più complicato.
Gli studiosi convengono (Leymann, Ege, Zapf) che la ripetitività
dell’atto di aggressione consista nel compierlo almeno una volta alla
settimana o comunque alcune volte al mese mentre la durata deve consistere
in almeno sei mesi.
-
Naturalmente,
pur dovendo tenere necessariamente conto di tali indicazioni, si può qui
affermare che quelle sono indicazioni che vanno di volta in volta
riesaminate alla luce del caso concreto che può caratterizzarsi per atti
di maggiore aggressività psicologica, che possano eventualmente
determinare i medesimi effetti anche in periodi di tempo inferiore, o
viceversa.
-
3)
Dall’aggressione psichica sistematica, ripetuta e compiuta per un
apprezzabile periodo temporale deve poi scaturire una malattia o disagio
di carattere psichico del quale sia tenuto a rispondere il datore di
lavoro ai sensi dell’art. 2087 e 2049 c.c. secondo quei principi
giuridici, di carattere sostanziale e processuale, sufficientemente
sviluppati in materia di infortunio sul lavoro e malattia professionale.
-
La
distinzione tra malattia e semplice disagio psichico scaturisce poi dalle
diverse conseguenze che può produrre il fenomeno, conseguenze le quali
possono essere costituite sia da una vera e propria malattia psichica
produttrice di permanenti effetti a carico della vittima sia da disagi di
minore gravità che vengono ormai pacificamente qualificati come danno
esistenziale.
-
-
C)
Ponendo a confronto i
requisiti individuati nel fenomeno mobbing con i fatti accertati in sede
istruttoria si deve pervenire alla conclusione che la ricorrente è stata
certamente vittima di comportamenti mobbizzanti ad opera dei vertici
aziendali.
-
I
casi esaminati nel corso del giudizio – e, soprattutto, provati - sono
tantissimi e tutti aventi rilevanza al fine della individuazione del
comportamento mibbizzante (con le sole eccezioni, come si è visto,
dell’episodio dello shatsu, della privatizzazione della scuola,
dell’alta temperatura) .
-
Di
questi: