Le ragioni del no ad un “contratto unico” impiegati  e quadri - funzionari del credito (ovvero considerazioni a futura memoria su un evento già accaduto nel luglio 1999)

 

1. La ridefinizione della “struttura contrattuale” del settore

La trattativa tra le Organizzazioni sindacali del settore credito e l’ABI (nella sovente prospettata veste di struttura sindacale per ora incorporante Assicredito ed auspicabilmente Acri e Federcasse) per la concretizzazione dei principi programmatici definiti nel Protocollo del 4 giugno 1997 sul settore bancario, si è interrotta ed arenata per sostanziosi dissensi tra le parti aggravati dall’improvvida disdetta unilaterale dell’ABI al ccnl  22.6.1995 dei direttivi (siglato il 10.4.1997), effettuata con lettera dell’11.8.1997 pervenuta alle controparti Federdirigenticredito e Sinfub in data 25 dello stesso mese.

Poiché non possiamo entrare nel merito delle numerose problematiche innescate dal citato Protocollo, in questa sede ci limiteremo a focalizzare l’attenzione sul riassetto della “struttura contrattuale” di settore, presa in considerazione dal Protocollo:

a) in via indiretta al punto 15, ove si dice che “gli interventi relativi al costo del lavoro dovranno essere effettuati...nella contrattazione collettiva investendo tutto il personale bancario nei livelli nazionali, aziendali o territoriali…”;

b) in via diretta al punto 16 ove si dice che “…oltrechè a tendere verso l’unitarietà del sistema a livello di settore bancario…la contrattazione dovrà garantire le specificità professionali in un quadro omogeneo di regole”.

Per il tramite dell’impegno verso l’unitarietà del sistema di contrattazione di cui al punto b), le parti hanno inteso superare le differenze esistenti tra i diversi contratti (Acri, Assicredito, Federcasse), traguardando il conseguimento di una contrattazione unitaria a livello di settore che tenga conto, tuttavia, delle specificità interne al sistema stesso.

Con l’impegno, sempre di cui al punto b), a realizzare un quadro omogeneo di regole (contrattuali, n.d.r.) che tenga conto, peraltro, della necessità di garantire le specificità professionali, le parti hanno inteso riferirsi all’assetto da conferire alla “struttura contrattuale” del settore – caratterizzata ad oggi da due ccnl, quello dei lavoratori di base inglobante i quadri e quello del personale direttivo (afferente a funzionari e dirigenti) -  sottoscritti da distinte Organizzazioni sindacali rappresentative delle rispettive fasce di personale. Per la precisione, il ccnl dei lavoratori delle aree professionali dalla 1° alla 4° (ove la 1° è costituita dagli ex salariati, la 2° da ex operai e impiegati esecutivi, la 3° dagli impiegati di concetto nei loro  ex tre gradi, la 4° dai quadri, ex lege n. 190/1985, quale specificati, a suo tempo,  nell’art. 7 ccnl 30.4.1987 per i lavoratori di base)  è sottoscritto dalle OO.SS. della F.L.B. e Fabi oltrechè da altre minori organizzazioni mentre il ccnl del personale direttivo era sottoscritto, prima del Protocollo sopracitato,  dalle due OO.SS. rappresentative dei direttivi, Sindirigenticrdito-Cida e Sinfub. Dopo il Protocollo, per effetto dell’invito formulato dal Governo – cui hanno aderito ABI, Federdirigenticredito e Sinfub – effettuato tramite “Dichiarazione a verbale” in calce al Protocollo medesimo, secondo cui: “l’ABI, la Federdirigenticredito-Cida e il Sinfub aderiscono all’invito del Governo a rimuovere i vincoli alla firma dei contratti nazionali e ad estendere, secondo il criterio della maggiore rappresentatività del settore, il diritto alla trattativa a tutte le sigle sindacali, firmatarie della presente intesa, nella loro autonomia contrattuale”, il predetto ccnl dei direttivi (siglato il 10.4.1997) è stato sottoscritto per adesione anche dalle OO.SS. della F.L.B.

L’operazione, avvenuta su sollecitazione del potere esecutivo – che tuttavia è stata corrisposta per le OO.SS. del personale direttivo dalla facoltà di sottoscrizione del ccnl del personale di base - è la tappa intermedia (vedremo poi qual è quella  prospetticamente conclusiva) di una serie di iniziative delle predette OO.SS. rappresentative del personale di base volte ad inserirsi nella sottoscrizione e gestione del ccnl dei direttivi, tra cui si collocano in precedenza cronologica:

a) le reiterate richieste delle OO.SS. dei lavoratori di base, sin dagli inizi degli anni ’90, di essere ammesse da Assicredito al tavolo negoziale per la trattazione e sottoscrizione del ccnl dei direttivi (Dirigenti e Funzionari) accanto a Federdirigenticredito e Sinfub, unici agenti contrattuali sino ad allora legittimati sulla base della consistenza del personale direttivo rappresentato;

b) la vertenza giudiziaria intrapresa nel 1991 dalla FLB e Fabi, per comportamento antisindacale contro Assicredito e le aziende del suo Consiglio direttivo, a fronte del rifiuto di ammissione al negoziato per la trattazione e sottoscrizione del ccnl del personale direttivo, risoltasi – per mancanza di legittimazione attiva delle strutture provinciali a tutelare gli interessi nazionali delle OO.SS. – negativamente per le organizzazioni sindacali del personale di base (cfr. Pret. Roma 21.11.1994 – confermativa di Pret. Roma, decr., 17.8.1991 - , in Not. giurisp. lav. 1994, 721).

La preannunciata tappa conclusiva, per tali OO.SS., è quella di conseguire il monopolio rappresentativo del personale di base e dei funzionari (scorporati dai dirigenti), attraverso l’accorpamento (o meglio il trascinamento in basso ed assieme ai “quadri”) di quest’ultima qualifica del personale direttivo, in modo da potersi (“legittimamente”, con un’operazione di mixage) fregiare del requisito della maggiore rappresentatività di questa nuova e dilatata fascia di personale, in ragione della prevalenza sui funzionari non rappresentati (o scarsamente rappresentati) dell’intero personale non professionale di base. O, in altri termini, della prevalenza della “quantità” sulla “qualità”. E’ quanto si desume sia dalle dichiarazioni verbali sia dal testo del documento FLB all’ABI del 7 luglio 1997, secondo il quale: “il riconoscimento delle ‘specificità professionali in un quadro omogeneo di regole’ dovrà, inoltre prevedere la revisione complessiva della segmentazione contrattuale della categoria separando la disciplina riferita ai dirigenti, in senso proprio, dalla disciplina relativa al restante personale, con particolari articolazioni atte a salvaguardare le diverse specificità professionali, nell’ambito della piena titolarità negoziale “secondo il criterio della maggiore rappresentatività del settore”. Con la tecnica dello spostare le linee di confine fra le categorie, inglobando i funzionari, le OO.SS. del personale di base si ripropongono di acquisirne indirettamente la rappresentanza. Quest’operazione di prospettata unificazione delle categorie strutturanti le “aree professionali” (dalla 1° alla 4°) con i funzionari destinati a costituire la 5° area professionale) è stata qualificata, tra gli addetti ai lavori, come “contratto unico”, sia in ragione dell’unificazione soprariferita sia a motivo della  sua  ipotetica gestione “ in esclusiva” da parte delle OO.SS. dei lavoratori di base.

 

2. L’invalidità della disdetta ABI al ccnl del personale direttivo

Prima di prospettare le ragioni per le quali consideriamo, oltrechè spregiudicata e strumentale, inattuale e di retroguardia la prospettazione di un “contratto unico” per tutto il personale del credito (dirigenti esclusi),  non ci appare fuori luogo spendere qualche parola sulla legittimità (o meno) della disdetta dell’ABI ad un contratto siglato appena pochi mesi prima e con predeterminata e convenuta scadenza (ex art. 110 ccnl) al 30.6.1999. Abbiamo visto pubblicati diversi pareri (quello del Prof. Avv. Rossi, dell’avv. Bach, dell’avv. Dipoli, dell’avv. Govi, in MF 18.9.1997, p.18 e 19) - con le cui conclusioni di inefficacia della disdetta unilaterale conveniamo - non sempre molto pertinenti nelle argomentazioni. Ad esso si è aggiunto quello dell’avv. Abati (in MF 23.10.1997, p. 22) che ha centrato meglio degli altri – e con sensibilità giuslavoristica – la questione dell’invalidità dell’atto di disdetta unilaterale consentito, secondo giurisprudenza, solo “quando un contratto collettivo (che costituisce uno strumento di composizione di conflitti sorti in un determinato momento) venga stipulato senza l’indicazione di una scadenza”. Ed in effetti è questo il punto che fa difetto alla disdetta afferente la fattispecie del ccnl dei direttivi del credito in cui tra le parti era stata convenuta una scadenza al 30.6.1999. Secondo consolidata giurisprudenza il contratto costituisce legge tra le parti ex art. 1372 c.c. ed il vincolo non può essere sciolto se non per mutuo consenso o per le cause previste dalla legge; solo “per quanto attiene in particolare ai contratti privi di termine finale (ma non è questo il caso che ci riguarda, n.d.r.), ossia a tempo indeterminato, deve essere riconosciuta la possibilità di farne cessare l’efficacia, previa disdetta, anche in mancanza di un’espressa previsione legale. Tale principio – che appare i sintonia con quello di buona fede nell’esecuzione del contratto ex art. 1375 c.c. – è coerente con la particolare struttura del rapporto di lavoro che non può vincolare senza limiti le parti, in contrasto con la naturale temporaneità dell’obbligazione”(così Cass. 19.4.1993, n. 4507, in Mass. giur lav. 1993, 322 e Cass. 9.6.1993, n. 6410, ibidem 1993, 467 cui adde a p. 576 il saggio di Rescigno, Contratto collettivo senza predeterminazione di durata e libertà di recesso, il quale riferisce l’opinione di Oppo, I contratti di durata, in Scritti giuridici, III, Padova 1992, p.278, secondo cui “la legge non enuncia questa regola (della recedibilità ad nutum, n.d.r.) in una norma generale ma essa discende direttamente dal principio di temporaneità del vincolo giuridico” e “se non enuncia la regola anzidetta in via generale, ne fa frequentissima applicazione espressa ai singoli rapporti di durata”).

 

3. Le proposte FLB e ABI in tema di “struttura contrattuale” ed il fondamento storico della qualifica funzionariale

Ritornando all’esame della  problematica del “contratto unico” dobbiamo rilevare – invero – che aldilà del palese quanto spregiudicato obiettivo di realizzare la gestione in esclusiva del ccnl della stragrande maggioranza del  personale bancario, annullando strumentalmente la categoria convenzionale dei funzionari, categoria di creazione contrattuale e non legale in quanto non rinvenibile nell’art. 2095 c.c. (quale modificato dalla L. n. 190/1985 sui Quadri),  non si rinvengono altre motivazioni razionali atte a sorreggere la richiesta della F.L.B. di un unitario contratto per i lavoratori del settore (o meglio di un “contratto unico”, esclusion fatta per i dirigenti). Neppure la controparte ABI si è avventurata in una prospettazione del genere, ipotizzando non già la bipartizione  di FLB ma una tripartizione delle categorie contrattuali , costituita :

a) dalla  categoria della nuova dirigenza bancaria – soggetta al recesso ad nutum ex art. 2118 c.c. - realizzabile spostando nella qualifica degli attuali dirigenti “una limitata quota dei funzionari appartenenti ai gradi più elevati della qualifica funzionariale”, con agenti contrattuali gli interlocutori sindacali rappresentativi della categoria dirigenziale (cioè a dire Federdirigenticredito e Sinfub);

b) dalla categoria dei “quadri direttivi” (funzionari), comprensiva dei molti funzionari residuanti dall’operazione di scorporo finalizzata ad implementare la categoria dei dirigenti e dagli appartenenti alla categoria dei “quadri”, con la conseguenza dichiarata di colmare una supposta lacuna legislativa tramite l’applicazione agli ex funzionari  della L. n. 223/1991 sui licenziamenti per riduzione di personale. Agenti contrattuali sarebbero tutte le OO.SS. firmatarie della dichiarazione in calce al Protocollo 4 giugno 1997 (cioè quelle rappresentative dei lavoratori di base e del personale direttivo);

c) dalla categoria del restante personale di base, cioè dai destinatari dell’attuale ccnl raggruppante i lavoratori delle aree professionali (dalla 1° alla 4°), con  ipotizzati agenti contrattuali le attuali OO.SS. firmatarie del ccnl (FLB,  Fabi e sigle minori).

E’ quella dell’ABI una vecchia proposta, in quanto costituisce la contro-offerta dell’Assicredito alla rivendicazione del 1987 delle OO.SS. del personale direttivo in tema di “unificazione” di funzionari e dirigenti nella categoria della “dirigenza bancaria” di cui le stesse storicamente e giuridicamente costituiscono due “qualifiche interne”. Quantunque l’ABI mortifichi parimenti – e quindi non condivisibilmente - una gran parte dei funzionari, anche sul versante terminologico, compattandoli con i quadri e qualificando l’intera categoria intermedia come “quadri direttivi”, è la totale vanificazione di ruolo della proposta della FLB quella che più colpisce in quanto trascina lavoratori professionali e con ruolo direttivo ancora più in basso di quanto non faccia l’ABI stessa, tramite l’intruppamento di essi nella massa del personale di media o bassa qualificazione (quello delle aree professionali iniziali). E’ questa, quindi, la proposta che più irrita ed indispone e più suscita la nostra contrarietà.

A fronte di operazioni così spregiudicate e strumentali, non ci sembra superfluo, anzi educativo, rammentare, tramite anche un excursus storico/giuridico, come la creazione pattizia della qualifica dei funzionari (interna alla categoria della dirigenza bancaria) – in quanto professionisti responsabilizzati, con potere di firma continuativa e di rappresentanza esterna dell’azienda – non rispose ad un mero capriccio del settore credito (come del settore assicurativo). La loro istituzionalizzazione corrispose, invece, ad esigenze funzionali strettamente correlate all’organizzazione del lavoro, alla necessità di riconoscere un ruolo manageriale (sia pure di mini o medi dirigenti) a coloro che avevano la supervisione di nuclei di impiegati di concetto ed esecutivi o che svolgevano mansioni altamente professionalizzate e specialistiche per l’impresa bancaria. Anzi va detto che la suddivisione fra dirigenti e funzionari – di epoca corporativa – subì un ricompattamento con l’Accordo 22.5.1947, ove entrambe le qualifiche vennero ricondotte all’unico genus classificatorio (o categoria portante) del “funzionario”, qualificando i preesistenti dirigenti come “funzionari di grado più elevato” distinti dai “funzionari di grado meno elevato” (i funzionari sic et simpliciter).

Con il primo contratto post-corporativo del 29.5.1951 vennero formalmente divaricati i dirigenti dai funzionari e come nota Conti (I funzionari delle aziende di credito e la legge 13.5.1985 n. 190, in Problemi giuridici del lavoro bancario, Padova 1987, 73 e ss.) “i dirigenti del 1951, sono in buona  parte funzionari alla cui qualifica era stato modificato il nomen”. “E anche quando tra Assicredito e l’unitaria federazione nazionale del personale direttivo delle aziende di credito e finanziarie vennero stipulati il 29.5.1951 il (primo) Contratto collettivo dei Dirigenti, e il 18.7.1951 il Contratto collettivo dei Funzionari, si ebbe cura di specificare che si trattava di due qualifiche  di una stessa categoria” (così ancora Conti, op.cit., loc.ult.cit.).

 

4. Il fondamento giuridico della qualifica funzionariale e sua  coesistenza con i “quadri”

L’operazione creativa della qualifica dei funzionari, esaminata poi anche alla luce dei principi dell’attuale ordinamento post-corporativo, non è affatto da esso disancorata, atteso che in tanto è stata pattiziamente mantenuta ed istituzionalizzata in quanto radicata nella facoltà di specificazione contrattuale delle categorie legali in qualifiche (stabilite e raggruppate per gradi, secondo la loro importanza nell’ordinamento dell’impresa), facoltà prevista espressamente dall’art.2095 c.c. in congiunzione con l’art. 96 disp.att.cod.civ. La dottrina accademica – spesso per carente conoscenza della genesi della qualifica funzionariale e delle sue peculiarità nel settore, oltrechè per propensione alla semplificazione – maturò a suo tempo l’errato convincimento di una identità tra la vecchia qualifica dei funzionari (interna alla dirigenza bancaria, ex art. 2095 c.c.) e la nuova categoria dei “quadri”. Lo ammette emblematicamente il Prof. Liso (Inquadramento, qualifiche, mansioni, in Problemi giuridici del lavoro bancario, cit., 68 e ss.) che riferisce: “Orbene cosa significa per il settore bancario la legge sui quadri? L’ho capito quando, nel periodo successivo all’approvazione della legge, sono stato invitato a leggere una relazione, in quella materia, in un seminario di funzionari. Nell’esprimere candidamente l’opinione che la loro categoria, tradizionalmente collocata tra dirigenti e impiegati, mi sembrava riconducibile, direi quasi per definizione, a quella dei quadri intermedi, ho avuto la netta sensazione di essere percepito come un provocatore…”. E, a livello contrattuale, con l’Accordo 12.12.1985, le OO.SS. del personale direttivo convennero con Assicredito l’estraneità o non riconducibilità alla categoria dei “quadri” di “tutti coloro che attualmente appartengono alla categoria direttiva (dirigenti-funzionari), categoria dei quadri che – tramite l’art. 7 ccnl 30.4.1987 per il personale di base – si convenne risultare “costituita dal personale che – in posizione superiore agli impiegati con il grado di capo ufficio (e al disotto dei funzionari, n.d.r) – sia stabilmente incaricato di svolgere mansioni che comportino particolari responsabilità gerarchiche e/o funzionali, ovvero elevata preparazione professionale, con facoltà decisionale nell’ambito delle direttive ricevute per il conseguimento degli obiettivi aziendali”. La definizione, nella sua ampollosità, per la sottolineatura del requisito decisionale nonché della necessità del conseguimento di obiettivi aziendali, conteneva in nuce i presupposti per lo svuotamento graduale della qualifica dei funzionari, come dimostra il fatto statistico che  molti di coloro che in precedenza sarebbero stati promossi funzionari, dal 1985 in poi vennero collocati tra i “quadri”.

Sebbene, come risulta dalla ricostruzione operata, i funzionari siano formalmente insieme ai dirigenti una delle qualifiche in cui risulta bipartita l’unitaria categoria della “dirigenza bancaria”, il fatto che le aziende – avvalendosi degli spazi offerti dalla già riferita declaratoria individuatrice della categoria dei “quadri” nel settore – abbiano, con applicazioni equivoche ed inquadramenti del tutto discutibili, sfumato i requisiti distintivi (e quindi i confini) tra quest’ultima categoria e la qualifica funzionariale (perlomeno ai gradi iniziali), concorre a spiegare il desiderio soppressivo (o di “quadrizzazione”, come è stato detto con brutto neologismo) dei funzionari da parte della FLB, che ne traguarda ora, più delle stesse aziende, la scomparsa accelerata attraverso la rivendicazione del “contratto unico”. E’ una richiesta quest’ultima che, dal lato sociologico ed organizzativo, si muove in controtendenza, giacché la propensione che anima gli agenti contrattuali ed i lavoratori in Italia e nel resto del mondo è quella di realizzare “contratti di mestiere”, di “singole professionalità omogenee”, nella sostanza “plurimi contratti” (a valenza corporativa in senso etimologico e non deteriore) piuttosto che “contratti unitari e massificanti”, in cui si trovino disciplinate le condizioni economico normative dei lavoratori di basso livello e spessore professionale, di quelli di media professionalità e di quelli di alta qualificazione, giustamente riconosciuti  come struttura portante ed essenziale dell’organizzazione del lavoro e dell’impresa. Semmai sarebbe logica, razionale e rispondente a modernità l’opposta operazione di dar vita a distinti contratti per i lavoratori di base del settore bancario, per i Quadri, per  funzionari  e medi dirigenti assieme (mini e middle management, rispettivamente) e, distintamente, per i dirigenti di vertice costituenti il top management aziendale (ora contrattualmente individuati in quelli “che compongono la direzione dell’intera azienda (per esempio: preposti alla direzione unica, componenti la direzione generale e/o centrale) ovvero di pari grado” (cfr. art. 92 ccnl 22.6.1995) per i quali vige il diritto, singolarmente rinunciato dalle aziende, del recesso ad nutum o libero, in quanto responsabili delle scelte (nel bene e nel male) della conduzione dell’impresa. Anzi va detto, per completezza, che la politica delle incentivazioni all’esodo, per risolvere ante tempus i rapporti di lavoro di coloro che la legge sulla “giusta causa”, lo statuto dei lavoratori e la facoltà legale di opzione alla prosecuzione del rapporto fino ai 65 anni, ne precludono l’estinzione discrezionale, viene  tranquillamente estesa ai “dirigenti di vertice”, quali sopra definiti, per la risoluzione dei cui rapporti l’azienda è dotata del potere di recesso ad nutum, senza alcun vincolo e senza motivazione alcuna. Si tratta di quantità consistenti di danaro “elargite o regalate” per ragioni non già di una insussistente equità (contrattualmente non contemplata perché abbondantemente pre-compensata con l’ammontare della retribuzione annua e dei fringe benefits aziendali) ma amicali, di cordata o di confraternita che meriterebbero l’assunzione di azioni di responsabilità contro Consigli di Amministrazione così ingiustificatamente munifici e liberali nella gestione del patrimonio aziendale.

 

5. Le ragioni del rifiuto al “contratto unico” – Proposte alternative

Tornando all' incondivisibile prospettazione del “contratto unico” va ancora evidenziato come, oltre a porsi in controtendenza – nel settore industriale esistono e si mantengono distinti contratti per i lavoratori di base e i dirigenti, con contenuti diversificati dal lato retributivo e normativo, valga per tutti al riguardo l’istituto delle dimissioni indennizzate per giusta causa del dirigente per intervenuto mutamento di proprietà dell’azienda o del pacchetto azionario di maggioranza in ragione del vincolo intuitu personae che di regola lega il dirigente alla pregressa proprietà o gestione aziendale – porta con se effetti di appiattimento retributivo, intuitivamente demotivanti gli appartenenti alle alte professionalità, che si vedranno costretti a subire a rimorchio (e senza apprezzabili implementazioni) le acquisizioni delle OO.SS. rappresentative dei lavoratori di base. In linea astratta e se non fossero motivate dall’esigenza di conseguire il “monopolio rappresentativo” della maggioranza (o massa) del personale bancario, coerenza vorrebbe che anche le OO.SS. del personale di base ne risultassero insoddisfatte, poiché l’operazione del “contratto unico” è un’operazione  “al ribasso” per l’intera forza lavoro e non già un’operazione tendenzialmente “al rialzo”, volta a far beneficiare i lavoratori di base, per effetto di trascinamento, delle conquiste del personale direttivo. Anzi, poiché queste ultime – se vi sono state – hanno riguardato eminentemente l’aspetto economico e non quello normativo dove sono risultate molto più incisive le OO.SS. dei lavoratori di base (orario di lavoro, disciplina degli appalti, scorpori e concentrazioni, ecc.) è facilmente prevedibile che si assisterà ad un processo di “proletarizzazione” dei lavoratori delle  medio-alte professionalità (quadri e funzionari) i quali diventeranno ligi e vigili, alla pari dei loro subordinati, su aspetti del rapporto di lavoro (quali quelli esemplificativamente sopra riferiti) verso i quali avevano sempre mostrato tolleranza collaborativa e senso di superiorità. Le stesse OO.SS. del personale direttivo accentueranno il loro carattere conflittuale e si perderà nel buio dei tempi quella conquista contrattuale in ordine al loro “ruolo partecipativo”, ferma restando la loro autonomia  e la loro posizione dialetticamente antagonista.

Non si riesce ancora a comprendere quale ritorno, in termini di motivazione al lavoro e di condivisione degli obiettivi aziendali, le aziende potranno conseguire da questa  prospettata richiesta suicida che –  semmai dovesse inopinatamente essere raccolta - da un lato farà loro beneficiare di una transitoria contrazione del costo del lavoro, ma dall’altro, precluderà loro definitivamente l’utilizzo di quegli stimoli e di quella impalpabile energia interiore del personale direttivo che ha loro consentito la crescita e l’affermarsi sui mercati. Utilizzando una metafora militare, valutino seriamente le aziende trascinate in quest’operazione dallo “specchietto per le allodole” della FLB se l’obiettivo transeunte di vincere una battaglia vale la perdita, definitiva e alla distanza, dell’intera guerra.

Senza alcun desiderio di monopolio nella sottoscrizione del contratto dei direttivi (anche se i numeri, degli iscritti nel caso, in democrazia politica e sindacale contano!) si dovrebbe invece convenire tra tutte le OO.SS. e l’ABI di accentuare le differenziazioni interne agli attuali due contratti – talora tra loro troppo simili negli istituti economico/normativi – ad esempio privilegiando nel contratto dei direttivi il valore della professionalità e della qualità (sulla quantità) del lavoro (con conseguente attenuazione dell’ancor troppo rigido vincolo del rispetto dell’orario di lavoro, tipico delle  esecutive qualifiche sottordinate) come pure convenire sulla rivisitazione della relativa struttura retributiva, razionalizzando duplicazioni quali il  premio di rendimento e di produttività col far rifluire l’equivalente del primo nella retribuzione diretta, la quale dovrebbe essere in parte strutturata in cifra fissa ed in parte non insignificante in cifra variabile (suscettibile di incrementarsi) in stretta correlazione con il raggiungimento di concordati obiettivi individuali di lavoro o aziendali.

E si dovrebbe, semmai,  prendere in seria considerazione – anche se pressati dall’urgenza della contrazione del costo del lavoro e aldilà di una uniformità o unificazione di scadenze e decorrenze contrattuali che non dovrebbe essere un’insormontabile difficoltà convenire tra ABI e OO.SS., anche nell’ottica di facilitare previsioni gestionali di oneri da costo del lavoro -  il mantenimento di un’autonomia sostanziale tra contratto dei direttivi (funzionari e dirigenti) e quello dei lavoratori di base. Più moderna e meno sospetta di conservatorismo e di restaurazione può rivelarsi la proposta di ridisegnare  una nuova area del personale direttivo, coesistente con quella del personale di base (dalla 1° alla 3° area professionale), con applicazione alle due aree di distinti contratti. Per entrare più nello specifico, la nuova area del personale direttivo - disciplinata da distinto ma unitario ccnl - dovrebbe essere composta da: a) i dirigenti, individuabili tramite specificazione di una declaratoria contrattuale escludente la discrezionalità aziendale (sinora estrinsecatasi attraverso il c.d. riconoscimento per investitura formale aziendale e contemplando il conferimento della qualifica  in ragione esclusivamente dell’ampiezza e responsabilità delle funzioni svolte), caratterizzati da una normativa distinta e semplificata; b) i funzionari, distribuiti in tre fasce gerarchico-professionali all’interno delle quali risulti assicurata una sostanziale fungibilità;  c) i quadri, inseriti in un unico livello. Quest’operazione, mentre da un lato eviterebbe lo svilimento di ruolo dei funzionari (da cui è viziata la proposta ABI), valorizzerebbe, al contempo, l’immagine e lo status dei quadri, e, per le aziende, realizzerebbe l’obiettivo di una contrazione “strutturale” del costo del lavoro, abbassando la soglia iniziale della categoria dei “direttivi”. Agenti negoziali per i due contratti sarebbero tutte le OO.SS. sottoscrittrici della Dichiarazione a verbale in calce al Protocollo 4 giugno 1997, sia per superare anacronistici steccati sia per esigenze di responsabilizzazione  di tutte le Organizzazioni sindacali sia per consentire loro una “visione globale” (e non segmentata o corporativa) delle problematiche di lavoro del settore.

Sono questi alcuni spunti (tutt’altro che taumaturgici) - invero lontani dalla mentalità e dai sottostanti obiettivi delle OO.SS. della FLB - la cui ricetta semplificata per il rilancio delle aziende e della loro produttività non disgiunta dall’impegno all’implementazione della motivazione delle risorse (e alla loro partecipazione ai destini aziendali, secondo principi di collaborazione, di responsabilità diffuse e di pari opportunità, ex punto 17 del Protocollo), è apparsa quella di prospettare una non disinteressata canalizzazione dell’intero personale bancario (dirigenti esclusi) in un “unico calderone”, con una pressoché uniforme e grigia disciplina. Spegnendo così stimoli, annacquando professionalità mature o emergenti, soffocando attitudini ed imbrigliando elevate competenze alle quali un moderno contratto di status conferirebbe, invece, riconoscimento e libero sfogo, a tutto vantaggio non solo delle naturali ambizioni individuali ma, eminentemente, della funzionalità e produttività dell’impresa bancaria in cui questi prestatori operano, con competenze altamente professionali e con reale ruolo direttivo e gestionale (fatte salve sempre le debite marginali eccezioni).

                                                                                        Mario Meucci
(pubblicato su Confronti e Intese, rivista del Sinfub, n. 11/1997)

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