Trasferimento punitivo e risarcimento del danno biologico

 

Consiglio di Stato – Sezione sesta – decisione 11 aprile-4 settembre 2006, n. 5087- Pres. Giovannini – Est. Chieppa- Ric. D’Alessandro

 

Fatto e diritto

 

1. Con il ricorso in appello in epigrafe D’Alessandro Leonardo, dirigente della Polizia di Stato collocato a riposo per raggiunti limiti di età dal 1994, ha chiesto l’annullamento della sentenza 2971/03 con la quale il Tar per la Puglia, sezione di Lecce, ha respinto il ricorso proposto per l’accertamento del diritto al risarcimento del danno per l’ingiusto e discriminatorio trasferimento (dalla Questura di Lecce alla Questura di Cagliari) subito a mezzo di provvedimento annullato in sede giurisdizionale.

L’amministrazione intimata si è costituita in giudizio, chiedendo la reiezione dell’appello.

Con la decisione 3033/05 questa Sezione accoglieva in parte il ricorso in appello, condannando il ministero dell’Interno al pagamento in favore del ricorrente della somma di Euro 15.000,00 a titolo di danno all’immagine subito a causa dell’illegittimo provvedimento adottato dall’amministrazione.

Con tale sentenza parziale è stato evidenziato che:

-  il trasferimento era stato disposto per asseriti comportamenti del ricorrente non conformi al decoro e al prestigio della Polizia di Stato, ma era stato poi annullato non per vizi formali ma per “la totale fondatezza” di tutti i profili di illegittimità denunciati dal dirigente;

- un provvedimento di trasferimento “punitivo” di un dirigente della Polizia di Stato è idoneo di per sé a causare un danno all’immagine al dipendente anche prima o in assenza di una sua concreta esecuzione;
- sussiste anche l’elemento soggettivo della responsabilità della Pa,

- la lesione del diritto del lavoratore all’effettivo svolgimento della propria prestazione professionale costituisce inadempimento contrattuale e determina l’obbligo del risarcimento del danno c.d. professionale, che può assumere aspetti diversi in quanto può consistere sia nel danno patrimoniale derivante dall’impoverimento della capacità professionale acquisita dal lavoratore e dalla mancata acquisizione di una maggiore capacità, sia nel pregiudizio subito per perdita di “chance” ossia di ulteriori possibilità di guadagno sia in una lesione del diritto del lavoratore all’integrità fisica o, più in generale, alla salute ovvero all’immagine o alla vita di relazione (v., Cassazione civile, Sezione lavoro, 2763/03; Cassazione civile, 14199/01; Cassazione civile, Sezione lavoro 11045/04).

Con riguardo alla ulteriore domanda risarcitoria, avente ad oggetto il c.d. danno biologico, la Sezione ha disposto una CTU al fine di accertare:

a) le conseguenze dannose del malore che ha colpito il ricorrente alla data di comunicazione del provvedimento di trasferimento con particolare riguardo alla compatibilità con la dipendenza del malore dall’apprensione della citata notizia, al periodo di malattia che ne è seguito e alla quantificazione del danno biologico subito;

b) la sussistenza di un aggravamento delle condizioni del ricorrente o l’insorgere di nuove patologie, riconducibili al suddetto malore o comunque a fatti collegati con il menzionato provvedimento di trasferimento, anche in questo caso con eventuale relativa quantificazione del danno biologico subito.

Espletata la consulenza, la Sezione, con l’ordinanza 514/06, ha ritenuto di disporre un ulteriore adempimento istruttorio, la cui necessità era sorta a seguito del deposito della relazione del CTU.

Infatti, da tale relazione emergeva una discordanza relativa alla data di comunicazione al dirigente del trasferimento alla Questura di Cagliari, avvenuta secondo il ricorrente il 31 dicembre 1991 e riportata al 22 dicembre 1991 in altro atto di giudizio (v. pag. 17 della CTU).

Veniva quindi chiesto al Ministero di produrre ogni atto da cui risultasse l’esatta data della comunicazione al ricorrente della notizia del trasferimento, poi annullato, e ogni altro documento idoneo all’accertamento del nesso di causalità tra la ricezione della notizia e il ricovero in ospedale avvenuto il 31 dicembre 1991.

Espletata l’ulteriore istruttoria, all’odierna udienza la causa è stata trattenuta in decisione.

2. Il punto della controversia da risolvere è costituito dalla verifica della sussistenza dei presupposti per l’accoglimento della domanda di risarcimento del danno biologico, che il ricorrente assume essergli derivato a causa dell’illegittimo trasferimento.

Sostiene l’appellante di essere stato colto da malore quando in Questura apprese la notizia del trasferimento, con conseguente aggravamento delle sue condizioni di salute rispetto alla situazione patologica pregressa (cardiomiopatia) e insorgenza di una sindrome ansioso-depressiva.

Già con le precedenti decisioni, la Sezione aveva fatto riferimento ai citati precedenti della Cassazione, con cui è stato affermato che può, ad esempio, costituire una lesione del diritto del lavoratore all’integrità fisica (articolo 2087 del Cc) o, più in generale, alla salute (articolo 32 della Costituzione), quando la violazione degli obblighi ricadenti sul datore di lavoro abbia determinato nel lavoratore non soltanto un dispiacere, una afflizione dello spirito rientrante tra i danni morali, ma una vera e propria patologia psichica, come uno stato ansioso o una sindrome da esaurimento (Cassazione 13299/92).

Si tratta ora di verificare in concreto se le patologie lamentate sussistano e si possano porre in rapporto di causalità con l’illegittimo trasferimento disposto dall’amministrazione.

La CTU ha consentito di accertare la sussistenza sia di un aggravamento della patologia all’apparato cardio-vascolare sia di una patologia all’apparato psichico.

Tuttavia, sotto il profilo del nesso di causalità, si rileva che dalla seconda istruttoria sono emersi elementi incompatibili con la tesi del ricorrente, secondo cui il ricovero del 31 dicembre 1991 era avvenuto a causa del malore immediatamente successivo alla comunicazione della notizia del trasferimento.
Infatti, il telegramma contenente la notizia del trasferimento è stato trasmesso dal Ministero alla Questura di Lecce il 28 dicembre 1991 e in data 2 gennaio 1992 è stato inviato sempre alla Questura di Lecce il decreto di trasferimento, da notificare al ricorrente.

Tale decreto è stato notificato in data 4 gennaio 1992 e, quindi, successivamente al ricovero del 31 dicembre 1991.

Il ricorrente sostiene di aver appreso comunque la notizia del trasferimento in data 31 dicembre ed allega una semplice dichiarazione di un appartenente alla Polizia di Stato, che lo avrebbe accompagnato all’ospedale dopo il malore conseguente all’apprensione della notizia.

Tale dichiarazione non costituisce valido elemento probatorio e, in assenza di ulteriori elementi o di richieste di assunzioni di idonee prove, deve ritenersi non dimostrato il nesso di causalità tra il malore che ha determinato il ricovero e l’apprensione della notizia del trasferimento.

Per di più, dagli atti depositati dall’amministrazione risulta che il ricorrente si trovava in congedo ordinario con decorrenza 27 dicembre 1991 e che in data 3 gennaio 1992 aveva fatto pervenire altro certificato per ulteriori giorni 30 di riposo (all. 3 dei documenti depositati il 29 marzo 2006).

Ciò rende meno plausibile la tesi dell’apprensione della notizia il 31 dicembre e, comunque, costituisce un elemento che poteva essere superato solo con adeguate risultanze probatorie, non fornite e non richieste.

L’assenza del nesso di causalità tra il malore del 31 dicembre 1991 e la menzionata notizia esclude che all’illegittimo trasferimento possa essere ricondotto l’aggravamento della patologia dell’apparato cardio-vascolare, in quanto lo stesso CTU aveva evidenziato che tale aggravamento era stato determinato da un meccanismo a cascata derivante da un evento improvviso caratterizzato da elevata carica emotiva, quale il trasferimento (che invece il ricorrente non ha provato di aver appreso prima del malore).

Deve, quindi, essere respinta la domanda risarcitoria relativa a tale invalidità, quantificata dal CTU nella misura del 20 % di invalidità permanente e di giorni 40 di invalidità temporanea assoluta.

3. In relazione all’altra patologia (sindrome ansioso depressiva) le conclusioni sono in parte diverse.

L’assenza del nesso di causalità tra notizia del trasferimento e malore conduce ad escludere che il momento intenso di stress, descritto dal CTU, sia legato all’illegittimo trasferimento e abbia potuto incidere sulle condizioni psichiche del ricorrente.

Tuttavia, nella consulenza viene descritto un peggioramento di tale sindrome depressiva legato ad una prolungata situazione di stress, su cui ha presumibilmente inciso il disposto trasferimento e le successive vicende anche giurisdizionali.

Sotto tale profilo sussiste il nesso di causalità, anche se la misura dell’invalidità permanente accertata dal CTU deve essere equitativamente ridotta dal 10 al 5 %, tenuto conto di quanto appena affermato circa la solo parziale riconducibilità della patologia all’illegittimo trasferimento.

Per la quantificazione del danno può essere fatto ricorso al metodo equitativo, di cui agli articolo 2056 e 1223 Cc, tenendo anche conto dei criteri utilizzati dalla giurisprudenza ordinaria per il calcolo del valore medio del punto di invalidità e considerata l’età del ricorrente.

Il danno, attualizzato ad oggi, va quantificato nella misura di Euro 5.100,00.

4. In conclusione, la domanda risarcitoria relativa al danno biologico deve essere in parte accolta nei limiti e nella misura in precedenza evidenziata, con condanna dell’amministrazione al pagamento in favore del ricorrente della somma di Euro 5.100,00.

Con riguardo alle spese del giudizio e della CTU, va tenuto conto della prevalente soccombenza dell’amministrazione, che deve quindi essere condannata alla rifusione dei due terzi delle spese di giudizio, quantificati nella misura di Euro 8.000,00, oltre al pagamento di due terzi delle spese della CTU, già liquidate con la precedente ordinanza.

In considerazione della solo parziale soccombenza del ricorrente sussistono giusti motivi per compensare tra le parti il restante terzo delle spese di giudizio e di consulenza.

PQM

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione sesta, definitivamente pronunciando, accoglie in parte il ricorso in appello indicato in epigrafe e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata,condanna condanna il Ministero dell’interno al pagamento in favore del ricorrente della somma di Euro 5.100,00.

Respinge nel resto il ricorso, salvo quanto deciso con la sentenza n. 3033/2005 di questa Sezione.

Condanna il ministero dell’Interno  alla rifusione, in favore del ricorrente di due terzi delle spese di giudizio, liquidate nella somma di euro 8.000,00, oltre Iva e C.P., compensando il restante terzo delle spese.

Pone le spese della CTU a carico del ministero dell’Interno per due terzi, compensando il restante terzo.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

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