Aspettativa per malattia e concomitante attività sportiva del magistrato
 
Cass., Sez. Un. Civ., 1 luglio 2008, n. 17929 – Pres. P. Vittoria – Rel. A. Spirito.
 
Ordinamento giudiziario - Magistrati - Sanzioni disciplinari - Assenza dall’ufficio per motivi di salute (aspettativa, congedo straordinario) e contestuale svolgimento di attività sportiva - Incompatibilità con le condizioni fisiche.
 
Lede il prestigio dell’ordine giudiziario (art. 18, r.d.l. n. 511 del 1946, ora art. 2, c. 1, lett. q) ed r), d.lgs. n. 109 del 2006) il magistrato che chieda ed ottenga lunghi periodi di aspettativa per motivi di salute o di congedo straordinario e poi si impegni, in quegli stessi periodi o in periodi successivi di congedo ordinario, in attività incompatibili con le lamentate condizioni fisiche. L'aspettativa, infatti, è funzionale al recupero dello stato di salute che consenta di attendere al proprio ufficio ed il magistrato che se ne avvale non può tenere comportamenti che, per un verso, non favoriscono (se non, addirittura, ostacolano) tale recupero e, per altro verso, sono destinati (soprattutto se diffusi attraverso mezzi di informazione e di comunicazione) ad essere percepiti con disvalore dalla collettività intera e dagli operatori giudiziari in particolare, così privando il magistrato stesso della fiducia e della considerazione di cui deve godere e compromettendo il prestigio dell'Ordine Giudiziario (fattispecie relativa a magistrato che durante i suddetti periodi si allenava alla partecipazione di regata transoceanica, diffusa attraverso i mezzi di informazione).
Svolgimento dal processo
La Sezione Disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura ha inflitto la sanzione disciplinare della perdita di anzianità di un anno, nonché quella accessoria del trasferimento d'ufficio alla dr.ssa C., incolpata: "della violazione dell' art. 2 comma 1 lett. q) ed r) D.Lvo. 23.2.06 n. 109 (vecchia norma art. 18 R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511) per avere gravemente mancato ai propri doveri di correttezza, rendendosi immeritevole della fiducia e della considerazione di cui deve godere il magistrato con conseguente compromissione del prestigio dell'ordine giudiziario. In particolare, nella sua qualità di giudice del Tribunale di Vicenza - dopo aver fruito nel corso del 2004 di reiterati periodi di congedo straordinario e aspettativa per malattia per complessivi giorni 98, richiedeva ed otteneva nel 2005, dapprima, giorni 45 di congedo straordinario per malattia e quindi ulteriori sei mesi di aspettativa per malattia dal 26.2.2005 al 26.8. 2005 in ragione delle rappresentate gravi patologie lombosacrali determinanti una grave rigidità del rachide cervico-dorso-lombare con cefalea muscolo tensiva ormai cronica, condizioni queste che, a suo dire, non consentivano una prolungata posizione eretta né la posizione seduta - partecipava durante tale ultimo periodo di aspettativa, fra il luglio e l'agosto 2005, nell'ambito della gara denominata R. F. R. svoltasi nei mari di Francia, Inghilterra ed Irlanda, a bordo del battello Mer Verticale, a varie giornate di addestramento in vista della regata transoceanica denominata Transat Jacques Vabre e poi a quest'ultima che si svolgeva, con partenza nella prima decade del mese di novembre 2005 in coincidenza con il periodo di congedo ordinario richiesto e concessole immediatamente dopo aver fruito di ulteriore periodo di giorni 60 di aspettativa per motivi di salute dal 30 agosto al 28 ottobre 2005. Le notizie relative a tale regata transoceanica, diffuse da siti Internet e riportate dalla stampa nazionale e locale, davano luogo a commenti critici sia negli ambienti giudiziari che cittadini in considerazione della situazione di eclatante contrasto fra l'attività sportiva svolta, a livelli anche estremi, con le proclamate difficili condizioni di salute pretestuosamente ipervalorizzate dal magistrato".
Il magistrato propone ricorso per la cassazione della sentenza della Sezione Disciplinare, svolgendo due motivi. Non si difende l'intimato Ministero.
Motivi della decisione
I. - Il primo motivo di ricorso (violazione e falsa applicazione artt. 24 Cost., 2 comma 1 lett. Q ed R del DLGS n. 109 del 2006, 18 RDL n. 511 del 1946, 405 e ss., 477 c.p.p. 1930 - vizi della motivazione) pone in rilievo:, che nel capo d'incolpazione è contestata la violazione dell'art. 2, comma 1, lettere Q) ed R) del DLGS n. 109 del 2006; che nella premessa del provvedimento impugnato si afferma che la normativa di cui al DLGS n. 109 del 2006 non si applica alla fattispecie, siccome il procedimento disciplinare è stato promosso in epoca precedente l'entrata in vigore del decreto stesso e resta sottratto anche alla disciplina transitoria di cui all'art. 32 bis introdotto dalla legge n. 269 del 2006; che, ciononostante, nel dispositivo sono richiamati gli artt. 18 e 19 del DLGS n. 109 del 2006. Circostanze, queste, che costituirebbero, secondo la ricorrente, violazione di legge e contraddittorietà della motivazione ed in tal senso sono proposti due quesiti in relazione al motivo stesso.
Il motivo è infondato.
E' assolutamente indiscusso che la fattispecie non sia disciplinata dalla legge n. 109 del 2006, e lo stesso provvedimento impugnato esordisce (facendo riferimento alla giurisprudenza di questa S.C.) con siffatta considerazione e con l'affermazione che il procedimento disciplinare in questione resta regolato dalle precedenti disposizioni. La circostanza che nel capo di incolpazione sia citata anche la vigente normativa è affatto irrilevante, posto che esso non solo esplicitamente cita l'art. 18 del R.D. n. 511 del 1946, ma, per giunta, formula la contestazione nei termini di questa stessa disposizione, ossia con riferimento al fatto che il magistrato abbia "gravemente mancato ai propri doveri di correttezza, rendendosi immeritevole della fiducia e della considerazione di cui deve godere il magistrato con conseguente compromissione del prestigio dell'Ordine Giudiziario".
La circostanza, poi, che nel dispositivo del provvedimento siano citati gli artt. 18 e 19 del DLGS n. 109 del 2006 costituisce un errore di forma altrettanto irrilevante, che non compromette né la legittimità della decisione, né la congruenza della motivazione.
II. - Il secondo motivo (violazione e falsa applicazione art. 18 R.D. n. 511 del 1946 - vizi della motivazione) , al quale sono collegati cinque quesiti, riguarda il merito della contestazione e si sviluppa sotto diversi profili.
Sotto un primo profilo la ricorrente pone in evidenza la contraddittorietà nella quale sarebbe incorsa la decisione impugnata, per avere prima affermato (coerentemente con il capo di incolpazione) che nessuna disfunzione al servizio era derivata dal comportamento del magistrato e, poi, sostenuto che siffatte disfunzioni "si possono immaginare come dimostrato ...".
Il rilievo è privo di fondatezza, se si considera che lo stesso provvedimento esplicitamente pone in evidenza (pag. 5) che nel capo di incolpazione non sono contestati disservizi e ciò proprio allo scopo di confermare l'ininfluenza del fatto che l'incolpazione medesima faccia riferimento alle lettere Q) ed R) dell'art. 2 del DLGS n. 109 del 2006 (lettere tipizzanti comportamenti che, appunto, cagionano disservizi e disfunzioni varie), ossia ad una disposizione inapplicabile alla fattispecie. In quest'ordine di idee, risulta irrilevante che la motivazione si dilunghi poi sulla possibilità di "immaginare" disservizi derivanti dal comportamento del magistrato; si tratta di una mera digressione rispetto alla vera ragione del decidere, la quale ultima consiste, in estrema sintesi e come meglio si vedrà dopo, nel connettere il discredito al comportamento costituito dal chiedere, da un lato, aspettative per motivi di salute e, dall'altro, impegnarsi in attività incompatibili con tali condizioni fisiche.
Sotto diverso profilo il motivo in trattazione si rivolge verso il principio di diritto affermato a pag. 12 della decisione impugnata, secondo cui "nei periodi di aspettativa per infermità e per motivi di salute, concessi dal Consiglio Superiore della Magistratura al fine di consentire all' interessato di svolgere le cure necessarie a contenere gli effetti invalidanti di una qualsivoglia patologia o di affrontare i possibili percorsi riabilitativi, non può il magistrato stesso svolgere attività del tutto incompatibili con le finalità dei periodi di aspettativa chiesti ed ottenuti". Di qui la responsabilità disciplinare della dr. C. per aver partecipato alle regate veliche ed ai relativi allenamenti in periodi di aspettativa concessi per infermità e per motivi di salute.
A tal riguardo la ricorrente, rilevato che la Sezione Disciplinare non pone in discussione la veridicità delle patologie dalle quali è affetta (il procedimento penale promosso a suo carico per i reati di cui agli artt. 640 e 481 c.p. s'è concluso con decreto d'archiviazione del GIP di Trento), sostiene: la legittimità della sua partecipazione alle gare veliche, pur nel periodo di congedo o aspettativa per malattia, potendo il magistrato autonomamente e liberamente attendere alla cura delle patologie da cui è affetto; l'arbitrarietà dell'affermazione secondo cui al dipendente in malattia sarebbe precluso svolgere attività sportive comportanti un impegno fisico per lungo periodo fuori dalla propria abitazione o da un centro di ricovero; la mancata contestazione e la mancata prova di un disservizio derivato dal suo comportamento; la mancata prova circa le pretese proteste degli avvocati; l'ininfluenza del dibattito svoltosi presso l'ANM locale; l'impossibilità di interpretare l'esercitata attività agonistica come insussistenza delle patologie denunziate; il diritto di partecipare ad attività agonistiche come diritto fondamentale di libertà del cittadino garantito dalla Costituzione; la positiva valutazione e gli attestati di stima espressi dalla stampa per la sua attività sportiva; la mancata prova circa l'esistenza della colpa alla base del comportamento contestato.
Tutte le questioni poste dalla dr. C. sono infondate.
Occorre premettere che l'articolo 18 del R.D.L. n. 511 del 1946, in materia di illecito disciplinare dei magistrati, non contiene un catalogo di ipotesi tipiche e tassative, bensì clausole generali, attribuendo la norma al giudice di merito il compito di individuare le condotte sanzionabili; il giudice di legittimità non può a lui sostituirsi riformulando o ridefinendo tali condotte ed il controllo della sussunzione della fattispecie concreta nella fattispecie astratta è limitato alla verifica, da effettuarsi soprattutto attraverso la motivazione, sulla ragionevolezza della sussunzione stessa (tra le varie, cfr. Cass. sez. un. 18 gennaio 2001, n. 5).
La dr. C. seleziona alcuni aspetti della vicenda ed alcuni brani della decisione impugnata senza neppure lambire quello che è il nucleo fondamentale della contestazione e la ragione stessa del decidere.
Non tiene conto, cioè, che la Sezione Disciplinare ha ritenuto concretarsi la fattispecie astratta nel comportamento del magistrato che si assenti dall'ufficio per molti mesi, adducendo una patologia che gli impedisce una prolungata posizione eretta e seduta, e contemporaneamente o nei successivi periodi di congedo ordinario si dia ad attività sportive estreme, che mettono sotto sforzo il fisico, proprio in relazione a quelle parti che ha sostenuto non porlo in condizione di lavorare.
Comportamento che è stato ritenuto assumere rilevanza disciplinare non per se stesso, né, tanto meno, per i disservizi che possono esserne derivati, ma nel momento in cui, attraverso i vari mezzi di comunicazione e di informazione (risulta, tra l'altro, che la dr. C. possegga un proprio sito Internet, attraverso il quale pubblicizza le sue gesta sportive), è venuto a conoscenza della collettività e dell'ambiente giudiziario, facendo svilire quella fiducia pubblica di cui il magistrato deve necessariamente godere e ripercuotendosi, poi, sul prestigio dell'intero Ordine Giudiziario. Tutto ciò, come riferisce il provvedimento impugnato, in un distretto giudiziario che si caratterizza per gli insostenibili carichi di lavoro e per la irragionevole durata dei processi, contro i quali si sono elevate forti proteste.
In quest'ordine di idee non è affatto irragionevole la sussunzione della fattispecie concreta in quell'astratta, né ha senso discutere degli inviolabili diritti del cittadino o della libertà di ciascuno di attendere alla cura del proprio corpo. Poiché, la concessione di congedi straordinari o di aspettative per malattia serve al lavoratore per ristabilire quello stato di salute che gli consenta di attendere alla sua attività lavorativa, non per attendere ad altre occupazioni che nulla hanno a che fare con il recupero fisico o che, addirittura, potrebbero ostacolarlo. E se questo comportamento appare scorretto per qualsiasi lavoratore dipendente, assume connotati ancora più gravi se commesso da un magistrato che, così facendo, finisce con il privare sé stesso e l'intero Ordine dell'autorevolezza e del prestigio che sono connaturali all'uno ed all'altro.
Né giova alla dr. C. sostenere che il suo stato di salute "non era per nulla incompatibile con la partecipazione agli indicati eventi sportivi come è comprovato dal fatto che tale partecipazione si è realizzata" (cfr. pag. 11 del ricorso), poiché le resterebbe da spiegare (non tanto all'organo disciplinare, quanto alla collettività degli amministrati) come mai lo stesso stato di salute fosse incompatibile proprio con l'ordinario espletamento del servizio.
In conclusione, si può affermare che, in materia di illecito disciplinare dei magistrati, è ragionevole la sussunzione nella fattispecie astratta dell'art. 18 del R.D.L. n. 511 del 1946 del comportamento del magistrato che chieda ed ottenga lunghi periodi di aspettativa per motivi di salute o di congedo straordinario e poi si impegni, in quegli stessi periodi o in periodi successivi di congedo ordinario, in attività incompatibili con le lamentate condizioni fisiche. L'aspettativa, infatti, è funzionale al recupero dello stato di salute che consenta di attendere al proprio ufficio ed il magistrato che se ne avvale non può tenere comportamenti che, per un verso, non favoriscono (se non, addirittura, ostacolano) tale recupero e, per altro verso, sono destinati (soprattutto se diffusi attraverso mezzi di informazione e di comunicazione) ad essere percepiti con disvalore dalla collettività intera e dagli operatori giudiziari in particolare, così privando il magistrato stesso della fiducia e della considerazione di cui deve godere e compromettendo il prestigio dell'Ordine Giudiziario.
III. - L'ultimo profilo del secondo motivo riguarda la determinazione della sanzione disciplinare. La ricorrente ne sostiene l'illegittimità per la mancata valutazione del criterio d'imputabilità del comportamento, per non essere stata adeguatamente motivata la scelta della sanzione, per aver qualificato una sua legittima denuncia (si tratta della missiva da lei inviata al Presidente del Tribunale nel giugno 2007) come espressione della sua inidoneità a continuare a svolgere le funzioni nel medesimo ufficio.
Anche questo profilo è infondato.
La scelta della sanzione principale inflitta non è affatto affidata alla mera affermazione della "estrema gravità" del comportamento e della conseguente lesione del prestigio della magistratura. L'apposito capo del provvedimento impugnato (quello n. 6) esplicitamente spiega in proposito che "la determinazione della sanzione che in concreto deve essere irrogata è conseguente alla valutazione che dei fatti contestati si è data". A sostegno di questo capo della decisione devono essere, dunque, lette tutte le precedenti affermazioni relative al comportamento ed alla sua gravità, che pertanto costituiscono ampie e congrue motivazioni in ordine alla scelta della sanzione.
Altrettanto esaurientemente motivata è la ragione che ha indotto la Sezione Disciplinare ad infliggere la sanzione accessoria del trasferimento d'ufficio. A tal riguardo non è fatto riferimento alla sola missiva della dr. C. del giugno 2007, bensì pure alla sua memoria depositata il 7 novembre 2007, nonché alla sua stessa affermazione (del 6 giugno 2007) di trovarsi nell'impossibilità di lavorare serenamente all'interno dello stesso ufficio. Infine, la sanzione accessoria risulta consigliata dalla opportunità di consentire al magistrato di ritrovare altrove l'equilibrio e la serenità persi.
IV. - In conclusione il ricorso deve essere respinto, senza alcun provvedimento in ordine alle spese del giudizio di cassazione, in considerazione della mancata difesa dell'intimato Ministero.
 
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
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