La predisposizione ad una sindrome neurovegetativa non esclude il nesso di causalità aziendale per il danno biologico

 

Cass., sez. lav., 3 aprile 2009 n. 8179 – Pres. De Luca – Rel. Napoletano – Comune di San Bartolomeo in Galdo (avv. Romano, Miracolo, Pittalis) c. Fo.Ve. (avv. Parente)

 

Demansionamento con danno biologico – Eccezione di malattia preesistente in base a pregressa  certificazione della lavoratrice – Inidoneità a inficiare il nesso di causalità.

 

Deve considerarsi corretta la motivazione della Corte d’Appello secondo cui: «nel caso non può escludersi, sulla base dei rilievi mossi dall'appellante principale, il nesso di causalità della dequalificazione verificatasi nell'agosto, nei confronti del disturbo ansioso depressivo con spunti di pscotizzazione di tipo paranoide diagnosticato dal primo CTU. Invero le infermità la cui la preesistenza è sottolineata dal Comune alla stregua della documentazione esibita ratione temporis dalla Fo. per giustificare precedenti assenze dal lavoro conferma solo l'esistenza di una predisposizione per la sindrome successivamente scatenata dalla ingiusta dequalificazione senza, quindi, incidere sul nesso causale».

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

 

La Corte di Appello di Napoli, parzialmente accogliendo l'impugnazione principale del Comune di San Bartolomeo in Galdo e quella incidentale della dipendente Fo. Ve. , ed in parte riformando la sentenza del Tribunale di Benevento che aveva accolto nei limiti di euro 32.000,00, la domanda di risarcimento danni spiegata dalla Fo. in relazione al prospettato mobbing, riteneva insussistente il dedotto mobbing, ma sussistente il demansionamento riconoscendo a titolo di risarcimento dei danni la somma di euro 51.317,67.

I giudici di appello, per quello che in questa sede interessa, ponevano a base della decisione il rilievo fondante che, dall'esame dei vari episodi denunciati, non poteva evincersi un significativo comportamento persecutorio da parte dell'amministrazione Comunale tale da qualificarsi come mobbing, emergendo, invece, come unico fatto rilevante, che con l'assegnazione all'Ufficio anagrafe dall'agosto (OMESSO) la dipendente Fo. ebbe effettivamente ad essere dequalificata in quanto assegnata a mansioni fino a quel momento svolte da dipendente appartenente all'inferiore quarta qualifica. Nè, precisavano i giudici di appello, in assenza di un quadro significativo di riferimento tale dequalificazione poteva farsi coincidere con la lamentata attività persecutoria per la cui esistenza occorreva che la stessa fosse stata preceduta ed accompagnata da rilevanti comportamenti vessatori.

Avverso tale sentenza il Comune di San Bartolomeo in Galdo ricorreva in cassazione sulla base di due censure.

Parte intimata resisteva e proponeva a sua volta impugnazione incidentale sorretta da un unico articolato motivo.

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

 

I ricorsi vanno preliminarmente riuniti in quanto proposti avverso la stessa sentenza.

Con la prima censura il Comune in epigrafe denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in punto di ritenuta dequalificazione professionale. Allega che la Fo. , come è dato evincere anche dalla nota sindacale n. (OMESSO) è stata assegnata all'Ufficio Anagrafe per svolgere le funzioni del profilo di appartenenza ed assume che in forza del CCNL ben poteva essere assegnata ed adibita a qualsiasi mansione rientrante in area (OMESSO).

La censura è infondata.

Milita in tal senso il rilievo che il Comune ricorrente, pur deducendo un vizio di motivazione in punto di dequalificazione e, quindi, di affermazione di adibizione della Fo. a mansioni inferiori, non contesta, in alcun modo, l'accertamento, su cui si fonda il decisum in esame, condotto dalla Corte del merito circa l'assegnazione della dipendente a mansioni prima svolte da dipendente di qualifica ben inferiore.

Restando fermo siffatto accertamento la motivazione della sentenza impugnata che, appunto fa leva

su tale elemento fattuale, risulta congruamente argomentata e priva di vizi logici.

Né, tra l'altro, parte ricorrente nel richiamare la nota sindacale n. (OMESSO) trascrive, in violazione del principio di autosufficienza, nel ricorso il relativo testo.

Peraltro nell'assumere la equivalenza della mansioni assegnate all'inquadramento rivestito dalla Fo., il Comune si limita a richiamare la clausola contrattuale concernente detto inquadramento, ma prescinde del tutto da qualsiasi comparazione tra declaratoria e mansioni concretamente svolte con la conseguenza che sotto tale profilo la censura è, altresì, generica.

Con il secondo mezzo d'impugnazione il Comune deduce violazione dell'articolo 2697 c.c., nonché omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in punto di affermata sussistenza di danno biologico.

Lamenta che la Corte territoriale ha omesso di valutare la documentazione sanitaria non considerando in tal modo la preesistenza della patologia lamentata rispetto agli episodi del (OMESSO) ed il CTU rileva una anamnesi negativa con assenza di precedenti morbosi personali alla data del (OMESSO) in evidente contrasto con la documentazione sanitaria. Vi è, quindi, carenza d'istruttoria ed omessa valutazione di prove documentali e la Fo. non ha mai dato prova del nesso causale tra l'evento lesivo ed il comportamento assunto dall'amministrazione.

Denuncia poi, che la Corte di Appello ha erroneamente ritenuta chiusa l'istruttoria dichiarando il Comune decaduto dalla prova in quanto non ha tenuto conto che il giudice di primo grado aveva limitato l'escussione dei testi a due dichiarando chiusa l'istruttoria su richiesta di parte ricorrente nonostante il Comune avesse richiesto che venisse fissata udienza per il prosieguo della prova.

Il mezzo è infondato.

Innanzitutto, va rilevato che dalla sentenza impugnata non risulta affatto sottoposta al giudice di appello la questione concernente la chiusura dell'istruttoria disposta dal primo giudice ed in mancanza di diversa e specifica deduzione di avvenuta devoluzione della relativa questione al giudice di appello, la stessa deve intendersi come nuova e come tale inammissibile perchè sollevata solo dinanzi al giudice di legittimità.

Tanto precisato, osserva il Collegio che quanto alla denunciata omessa considerazione della documentazione sanitaria, la critica cade a fronte della mancata trascrizione, in violazione del principio di autosufficienza, nel ricorso del testo di siffatta documentazione, non senza considerare che il giudice di appello, contrariamente a quanto sostenuto dal Comune, prende in esame la documentazione in parola e con motivazione congrua sottolinea che "nel caso non può escludersi, sulla base dei rilievi mossi dall'appellante principale, il nesso di causalità nei confronti della dequalificazione verificatasi nell'agosto, quanto al disturbo ansioso depressivo con spunti di pscotizzazione di tipo paranoide diagnosticato dal primo CTU. Invero le infermità la cui la preesistenza è sottolineata dal Comune alla stregua della documentazione esibita ratione temporis dalla Fo. Per giustificare precedenti assenze dal lavoro conferma solo l'esistenza di una predisposizione per la sindrome successivamente scatenata dalla ingiusta dequalificazione senza, quindi, incidere sul nesso causale".

Con l'unico motivo di ricorso incidentale la Fo. deduce omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, violazione e falsa applicazione delle norme sulla obbligatorietà e necessità della motivazione, violazione dei principi sull'inadempimento contrattuale e sulla responsabilità contrattuale, violazione degli articoli 1218, 1223, 1226, 1227, 2056, 2087 e 2059 c.c., violazione dei principi sulla responsabilità extra contrattuale, violazione degli articoli 2043 e 2697 c.c..

Allega che la Corte di appello ha errato nel valutare la vicenda attinente rispettivamente all'ingiusto processo penale subito dalla Fo. .

Denuncia che i giudici di appello hanno omesso, e di valutare le accuse del Sindaco nella seduta consiliare del (OMESSO), le dichiarazioni del Sindaco nel Consiglio Comunale tenutosi il 30/6/00, e di collocare l'avvenuto demansionamento all'interno del più ampio mosaico persecutorio così depurandolo della propria connotazione vessatoria.

Lamenta la non convincibilità della motivazione della sentenza impugnata in punto di dell'inserimento dei due bambini adottati nel suo stato di famiglia.

Sostiene che i giudici di merito hanno erroneamente, e disatteso le certificazioni mediche mal valutando l'anamnesi, e le dichiarazioni dei testi circa, sia l'esclusione della Fo. dal novero dei dipendenti ai quali veniva corrisposto lo straordinario, sia l'attribuzione di un punteggio di 67/70, sia il suo isolamento.

Rileva, infine, che la Corte non ha motivato le ragioni per le quali ha disatteso la documentazione sanitaria successiva all'emanazione della prima sentenza.

Il motivo è infondato.

Invero, per quanto attiene l'assunta omessa e insufficiente motivazione in ordine ai vari punti dedotti mette conto rilevare che costituisce principio del tutto pacifico (ex plurimis: Cass. sez. un., n. 13045/97) che la deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata con ricorso per

Cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito dell'intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico - formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l'attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all'uno o all'altro dei mezzi di prova acquisiti (salvo i casi tassativamente previsti dalla legge).

Nella specie la motivazione della sentenza impugnata è congrua e priva di contraddizioni e con la denuncia in esame il ricorrente tende sostanzialmente, anche sotto il denunciato vizio di violazione di legge, facendo valere la rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice del merito al diverso suo convincimento soggettivo, ad una nuova pronuncia sul fatto, sicuramente estranea alla natura e alle finalità del giudizio di cassazione (Cass. 9233/06).

Sulla base delle esposte considerazioni, pertanto i ricorsi vanno rigettati.

La reciproca soccombenza giustifica la compensazione delle spese di legittimità.

 

P.Q.M.

La Corte:

Riuniti i ricorsi li rigetta e compensa le spese del giudizio di legittimità

Roma 12/02/2009 (depositato 3 aprile 2009).

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