A partire dalla seconda metà del secolo diciassettesimo, in Inghilterra cominciano a proliferare pubblicazioni, libelli e satire su una sorta di "nuovo tipo sociale": il sodomita. Le
rappresentazioni sono inequivocabilmente quelle di una forza distruttiva:
l'omosessuale è via via descritto come straniero, papista, tiranno,
effetto indebolente sulla mascolinità britannica, e serve a raffigurare
conflitti economici e politici, dall'abuso di potere pubblico ad una falsa
economia del desiderio.
L'effetto
cumulativo di tali figurazioni fu anche, però, quello di dare in
qualche modo nome, voce, identità al desiderio omoerotico nel momento
stesso in cui esse lo condannavano.
Questo
"nuovo" soggetto della rappresentazione sociale esisteva ovviamente anche
prima di essere descritto: la novità sta proprio nella sua irruzione
sulla scena pubblica e nell'immaginario collettivo.
Il
periodo storico in cui ciò accade e il classico "giro di boa"; un
momento, cioè, in cui gli assetti sociali subiscono profonde trasformazioni:
la Rivoluzione industriale aveva di colpo, e drammaticamente, cambiato
gli orizzonti e le prospettive di migliaia di persone. In molti si spostavano
dalle campagne alle città in cerca di lavoro e di migliori opportunità
di vita; molti non ce la fecero mai ed ingrossarono la fetta di umanità
emarginata che viveva ai confini del "nuovo ordine".
In
un simile contesto la prostituzione, sia femminile sia maschile, prosperò.
L'esistenza di bordelli maschili in Gran Bretagna è già testimoniata
nel Seicento (mascherata sotto l'insegna dei "bagni pubblici") ed una sorta
di semi-prostituzione maschile si trova nello stesso periodo nelle zone
attorno ai teatri, ai parchi, alle case da gioco.
Niente
di simile alle molly houses (una cui notte di festa è
descritta dal paragrafo sopra riportato del
giornalista Ward) viene però alla luce fino al 1685,
anno a partire dal quale esse vengono sistematicamente investigate da vigilantes
privati (le "Società per la riforma dei costumi") e di conseguenza
dalla polizia.
Vere
istituzioni della subcultura gay, esse non subiranno modifiche di rilievo
sino alla fine del XIX secolo. In una molly house si cantava e si
ballava, si cenava, ci si travestiva (specialmente durante le feste suddette,
sorta di "mascherate" che si tenevano durante il mese di dicembre) e, ovviamente,
ci si corteggiava, ci si innamorava e si faceva sesso.
In
alcune delle molly houses ci si sposava: c'erano
stanze dette "da matrimonio" o "cappelle", dove due uomini potevano convolare
a nozze; spesso ciò consisteva semplicemente nel fare sesso insieme,
a volte alla presenza degli altri avventori in una sala grande della casa.
La frequentazione di questi luoghi, che potevano essere taverne pubbliche o residenze private, incoraggiò l'apparire di un'identità e di una lingua ad essi correlate. La
lingua usava termini importati dalla "lingua franca" di girovaghi, marinai
e attori; alcune parole sono poi transitate nel successivo gay slang
detto "polari" (dall'italiano "parlare"), ma si tratta di una traccia troppo
debole per poter parlare di una filiazione diretta.
Le
Società
per la riforma dei costumi, composte da privati cittadini motivati
da forte zelo religioso verso una riforma puritana, furono fondate dal
reverendo Bray ed erano circa una ventina nel 1701.
Lo
scopo di questi gruppi di vigilantes era colpire il vizio e la corruzione
pubblica, e si accanivano particolarmente contro la prostituzione.
Per
il reverendo Bray, l'ossessione principale era però la sodomia:
"È una forza maligna che sta invadendo la nostra terra" (sermone
del 27.12.1708).
In
associazione con la polizia, le Società utilizzano provocatori e
infiltrati nei luoghi di battuage dell'epoca (The Lane, The Royal
Exchange, il Ponte di Londra) e pagano per le azioni legali.
Quello
che segue è un esempio tratto dagli atti del processo:
Al
processo,
Lane asserì di aver tirato fuori "l'arnese" solo perché
doveva orinare, ma ciò non valse a salvarlo dalla furia omicida
dei suoi accusatori (non saprei definire in altro modo l'utilizzo di "esche"
per far commettere a qualcuno un "reato" che lo porterà sul patibolo…).
È
particolarmente significativo che nei documenti dei processi comincino
ad apparire definizioni quali "questo tipo di gente", "una di quelle persone",
"tale genere di individui", perché ciò implica la visione
dei "sodomiti" come di una specie particolare di persone, in qualche modo
predisposti e inclini a commettere il "reato" dell'atto omosessuale.
La
visione precedente della sodomia era la mera condanna dell'atto in sé,
che chiunque poteva commettere per tentazione del Demonio, come uno qualsiasi
degli altri peccati; l'emergere di simili definizioni è un ulteriore
indice della nascita di un "riconoscimento identitario" da parte sia dei
persecutori che dei perseguitati.
La
legge inglese prevedeva comunque la gogna, il carcere e l'impiccagione
per tale sorta di delitti: persino i primi due "castighi" erano spesso
implicite condanne a morte, giacché le condizioni carcerarie erano
durissime e lo stare alla gogna implicava il subire il lancio di ogni sorta
di proiettili, da parte della folla, per un'ora o due (dalle interiora
di pesce al fango della strada, dai torsoli di frutta agli escrementi,
dalle uova marce agli scarti di macelleria, ma volavano anche sassi e mattoni).
Un "molly" inglese alla gogna [1752] Il dichiarare il mutuo consenso nell'atto omosessuale, tra l'altro, non valeva affatto come "prova a discarico" e non ne veniva tenuto alcun conto durante i processi).
Nel
1709, le Società per la riforma dei costumi organizzarono
una serie di irruzioni nelle molly houses londinesi, riuscendo
ad arrestare "sul fatto" 9 molly in una di esse, un negozio di liquori
in German street (oggi Jermyn street).
Erano
arrivati a quella casa in particolare grazie alla confessione di un soldato,
George
Skelthorpe, precedentemente condannato e giustiziato
per sodomia, e alle chiacchiere di un ragazzetto al servizio del Duca di
Ormonde.
Il giovane in questione fu trovato nella molly house la notte del raid e venne arrestato assieme al proprietario della casa e agli altri avventori. Come
racconta ancora Ned
Ward,
questo era il luogo in cui
La "diabolica congrega" sopravvissuta all'irruzione si limitò, verosimilmente, a mutare luogo d'incontro, ma certo non le abitudini. Nel 1726 abbiamo infatti notizia del processo contro Margaret Clap, accusata d'aver fatto della propria residenza privata un bordello maschile, in cui essa permetteva pratiche sodomitiche ed incoraggiava gli ospiti ad esse. In realtà, neppure il processo riuscì a provare che la molly house gestita da "Mamma Clap" (così era chiamata dagli ospiti stessi) fosse un bordello: ella veniva pagata per l'affitto delle stanze e per i liquori che procurava, ma non vi sono tracce che indichino una transizione di denaro basata sull'offrire ragazzi o uomini compiacenti agli avventori. Pare
probabile che Margaret Clap abbia tenuto aperta la sue case ai molly
più per piacere personale che per guadagno, che amasse la sua clientela
e che provasse un vero interesse per la subcultura gay:
Ben quaranta avventori furono arrestati durante l'irruzione del febbraio 1726; Margaret tentò di difendersi chiedendo che fosse tenuto in considerazione come, essendo donna, non avesse potuto prendere parte alle pratiche descritte. Trovata comunque colpevole, fu condannata a una multa, a due anni di prigione ed alla gogna, durante la quale svenne parecchie volte. Non ci sono altre notizie di lei e non sappiamo se sopravvisse alla prigionia.
Un'altra molly house investigata nello stesso periodo fu quella appartenente a Thomas Wright. La testimonianza del poliziotto Sellers dice che:
Delle canzoni dei mollies resta una sola traccia, grazie a un opuscolo dal titolo A genuine narrative, scritto da James Dalton (un ladruncolo frequentatore del "giro" molly) e pubblicato nel 1728, ove si riporta un testo cantato dalla "incantevole Warbler, Signorina Irons" (poiché "irons" sta per "ferri", e probabile che l'"incantevole Warbler" fosse un fabbro o un maniscalco). La canzone inneggia
all'omosessualità maschile come ad uno stare "liberi tra simili"
("but among our own selves we'll be free"), non disdegna l'amore
per i giovinetti e si conclude domandandosi perché, a fronte degli
esempi di relazioni omosessuali dell'antichità, che coinvolgevano
dei e uomini assai degni, esse dovessero essere proibite al tempo presente:
La tradizione molly valicò il secolo: nel 1813 l'avvocato Robert Holloway pubblica un elenco delle molly houses di cui ha conoscenza a Londra, nominandone anche i gestori, fra i quali spicca un signore conoscinto come "la Contessa di Camomilla". Si
mantiene l'usanza delle feste e l'assunzione di pseudonimi femminili da
parte dei frequentatori abitudinari; al
"Cigno Bianco" di Vere Street, a Clare Market, si potevano incontrare
Kitty
Cambric (commerciante in carbone), Miss Selina (fattorino di
Polizia), Leonora Occhi Neri (un tamburino), la Graziosa Harriet
(macellaio),
Lady
Godiva (un cameriere): ma non per questo si deve dedurre che chi assumeva
nomi di donna, tra l'altro effettuando spesso giochi di parole sul proprio
mestiere o sulla propria provenienza, fosse un soggetto dalla delicata
conformazione fisica o decisamente effeminato.
In sostanza, i molly giocano sullo stereotipo femminile, demistificandolo: mimano e motteggiano l'eterosessualità tramite i loro sponsali e le finte nascite di bambini (un altro scherzo, molto documentato, che attraversa i secoli) con un effetto di svelamento dirompente, facendo saltare di botto la gerarchizzazione sessuale maschio/femmina. La differenza più sensibile fra i luoghi di ritrovo come la case di Margaret Clap e quelli conosciuti all'inizio dell'Ottocento è un aumento dei rapporti mercenari. "Il Cigno Bianco", aperto da due uomini nel 1810, era una molly house al primo piano, ma un bordello maschile al secondo. Al primo piano c'era una stanza con quattro letti, un vestibolo dove si poteva cambiarsi e truccarsi e la cappella per i matrimoni, fatte le scale c'erano le camere dei ragazzi che attendevano i clienti occasionali. Il luogo restò aperto per meno di sei mesi, nonostante i due proprietari avessero creduto di poterci guadagnare abbastanza, in qualche anno, per ritirarsi dagli affari: la polizia vi fece irruzione l'8 luglio 1810, irruzione durante la quale furono arrestati più di venti avventori ed uno dei gestori, James Cook. Quest'ultimo dichiarò al processo di aver agito solo per brama di guadagno (era sposato e sue moglie dirigeva una casa simile, rivolta però a un pubblico eterosessuale) e di essere tanto più colpevole poiché non interessato da "innaturali inclinazioni": ciò non gli valse ad evitare la gogna e tre anni di carcere. Cook aveva pensato di poter sfuggire alla pena grazie alla conoscenza dei nobili che frequentavano il suo locale; minacciò a un certo punto di produrre una lista di nomi, ma cominciò a capire l'antifona quando il capo carceriere, al suo ritorno dalla gogna, gli disse esplicitamente: "Non c'era intenzione che tu tornassi qui vivo"; un ufficiale della Segreteria di Stato, che pare avesse ricevuto la suddetta lista, morì prima che Cook uscisse dal carcere il 21 settembre 1812. A
due dei frequentatori del Cigno Bianco, Thomas White e John N.
Hepburn andò peggio.
Hepburn era anch'egli un soldato ed aveva superato la quarantina. Sfuggiti alla retata dell'8 luglio, essi vengono arrestati il 26 dello stesso mese e condotti alla prigione di Newgate con l'accusa di aver commesso sodomia. C'era un solo testimone per l'accusa, un terzo militare che Hepburn aveva pagato mezza corona perché lo facesse incontrare con il giovane White. Hepburn voleva portarsi a casa il ragazzo, ma quest'ultimo insisté per incontrarlo al Cigno Bianco, dove in effetti cenarono e "consumarono" in una delle stanze private. Il delatore informò i suoi superiori di questi fatti all'indomani della perquisizione del Cigno Bianco e dello scandalo ad essa seguito: non fu assolutamente indiziato di nulla. White ed Hepburn, trovati colpevoli, furono condannati all'impiccagione. Il giovane voleva rendere
una confessione scritta, prima di morire, ma il trascrittore fu così
"disgustato" dai particolari che White gli forniva, da rifiutare il lavoro...
L'esecuzione
avvenne il 7 marzo 1811. Per primo sali sul patibolo White che, stando
ai resoconti dell'epoca,
Il ragazzo tenne gli occhi fissi su Hepburn sino a quando gli calarono il cappuccio sulla testa. Presenti all'esecuzione c'erano tre nobili signori, Lord Sefton, Lord Yarmouth ed il Duca di Cumberland, Ernest Augustus (1771-1851), futuro Re di Hannover. Su quest'ultimo erano circolati dei pettegolezzi: pare che un suo servitore, tale Sellis, lo avesse scorto in atteggiamenti "impropri ed innaturali" con il suo valletto Neale. Non ci fu il tempo di arrivare a un'azione legale, perché il 10 giugno 1810 Sellis fu trovato nel proprio letto con la gola tagliata: l'inchiesta che seguì concluse che Sellis si era tagliato la gola da solo dopo aver tentato, in preda a un attacco di follia, di assassinare Sua Grazia il Duca... Nel 1813, un giornalista che pubblicò la storia fu condannato a quindici mesi di prigione.
Ad officiare i matrimoni al "Cigno Bianco" nella "Cappella" che, se si eccettua la presenza di numerosi letti, era del tutto simile ad una chiesa cristiana, c'era un vero e proprio reverendo gay, John Church la cui storia - per molti versi esemplare - merita senz'altro un approfondimento. Tra l'altro, non appena scontata la condanna, James Cook tentò di ricattarlo e fu messo in fuga dalla casa del reverendo da uno degli amanti di quest'ultimo, Roland Hill, che affrontò il ricattatore con lo stiletto in pugno... John era un orfano trovato
abbandonato sui gradini di una chiesa (church: da qui il cognome
impostogli), e la sua nascita può essere collocata fra il 1782 e
il 1784.
Ne venne considerato l'unico responsabile e i direttori dell'istituto pensarono bene di metterlo "a bottega" prima dell'età consueta per evitare la possibilità di "un propagarsi del contagio fra gli altri fanciulli". John viene mandato ad
imparare un mestiere da un indoratore al quale il contratto lo legherebbe
per undici anni; nel lasso di tempo in cui rimane a servizio, però,
fa essenzialmente il domestico.
Nel 1801 si sposa; dalla moglie avrà sei figli. Alla
scuola domenicale incontra William Webster, un giovane devoto, e
s'innamora di lui.
I due, assieme a un terzo amico, prendono a nolo la soffitta del bordello eterosessuale di Orange Street (quartiere di Soho) dove fanno pratica di sermoni usando una sedia come pulpito. La vecchia tenutaria, Mamma Barr, e le ragazze stesse si concedevano sovente una pause alla routine andando ad ascoltarli... e spesso qualche giovanotto incauto sbagliava porta ed invece dei piaceri promessi dalla casa si trovava davanti i tre predicatori. Divenuto
amico del reverendo Garrett, professore di filosofia naturale e chiacchierato
come "sodomita notorio", John ottiene tramite la sua intercessione il ministero
della parrocchia di Banbury, a nord di Oxford.
Nel 1808 scoppia il "caso":
gli anziani della chiesa di Banbury accusano Church di aver effettuato
"assalti sodomitici" ai danni di numerosi giovani parrocchiani.
John aveva all'epoca una relazione fissa, ma non disdegnava gli episodi occasionali. Contemporaneamente, fu accusato di essersi preso "libertà indecenti" con i due figli della persona che d'abitudine lo ospitava quando andava a predicare a Kingham. L'indignazione contro
di lui montò: i ragazzi per i quali era accusato erano tutti molto
giovani. Fu necessario chiudere la sala riunioni della chiesa, sulle cui
porte, finestre e muri venne scritto ogni genere d'insulti (e ovviamente,
a più riprese, la parola "sodomita"). Church riparò a Birmingham
e da lì inviò la propria autodifesa all'infuriato ex anfitrione
di Kingham:
Church scrive anche agli anziani della parrocchia di Banbury, ma senza risultato: la sua Chiesa lo bandisce. La
famiglia di Church ripara nella campagna londinese ed egli si ritrova ad
operare in città, come predicatore, alla Cappella dell'Obelisco,
in St. George Field.
Il
suo amore del momento è Edward B. (il cognome e stato espunto
dai documenti), guardia dell'Obelisco da cui la Cappella prende il nome.
Due
delle lettere di John a Edward, che egli chiama con l'affettuoso diminutivo
di Ned, sono state conservate:
Chi fossero i detrattori di John agli occhi del suo Ned non sappiamo. Sappiamo però che Ned gli chiese di pagare il proprio silenzio sulla loro relazione e che al rifiuto di John lo tradì, rendendo pubbliche le sue espressioni di affetto. E proprio di questo tratta la seconda lettera conservata:
Non c'è registrazione di un'azione giudiziaria seguita alla diffamazione, quindi pare che la perdita di reputazione del reverendo Church si limitasse a una cerchia ristretta. Forse alla fine John tacitò Ned con il denaro, e comunque mantenne la propria posizione alla Cappella dell'Obelisco per i successivi dieci anni. Nel
1810, come detto, Church è un membro attivo e conosciuto della scene
gay londinese: unisce le coppie nei matrimoni delle molly houses,
giustificando l'amore omosessuale con esempi tratti dagli antichi tempi
pagani (anche se nelle sue lettere a Ned è possibile notare l'emergere
di un abbozzo di "orgoglio gay cristiano") ed officia i funerali per i
sodomiti giustiziati.
John era sinceramente credente, meno ipocrita di tanti altri, e si considerava un peccatore alla stessa stregua di tutti gli altri esseri umani, non facendo pero dell'omosessualità propria ed altrui un peccato particolarmente grave. Nell'aprile del 1813, Church si trovò al centro di una campagna denigratoria promossa dall'editore del giornale "The weekly dispatch", in cui veniva riportata ogni sorta di pettegolezzi: il reverendo litigava con la moglie, i bambini erano lasciati per le strade a ruzzare e a fare i monelli, il reverendo andava a dormire tardi e si alzava alle dieci del mattino... e i giovanotti erano il suo diletto principale. Ne risultarono un processo
indiziario (in cui Church non venne condannato) e l'azione legale dello
stesso contro il giornale: il reverendo la vinse.
Il clamore danneggiò la salute della moglie, che morì lo stesso anno. Church si risposò immediatamente con una catechista. La
sue fama cresceva; durante il 1813 aprì una nuova chiesa, aveva
sempre più fedeli e donazioni.
Ma appena tre anni dopo, eccolo di nuovo nell'occhio del ciclone. Questa volta l'accusa di essere sodomita gli viene dal diciannovenne Adam Foreman, servitore in una casa dove Church era stato ospite per breve tempo. Foreman accusa il reverendo
di essersi infilato nel suo letto di notte, di aver messo le mani sulle
sue "parti private" e di aver simulato una voce di donna, per fingere di
essere la ragazza di Foreman.
Un ecclesiastico corteggia un uomo. Stampa satirica inglese del 1822 Alla fine, Church venne dichiarato colpevole. Una folla lo attese all'uscita dal processo per bersagliarlo con lancio di fango ed escrementi, e un pupazzo impagliato che lo raffigurava venne bruciato. La sentenza, del 21
novembre 1816, parla di due anni di carcere e di 500 sterline di cauzione
da impegnare a garanzia del suo futuro buon comportamento, in caso venisse
rilasciato prima dei termini stabiliti.
Non
appena tornò libero, si recò a predicare la sera stessa,
davanti a un pubblico stimato in un migliaio di persone: continuò
a tenere la testa alta e ad officiare nella sua chiesa.
Con la scomparsa delle Società per la riforma del costumi anche le persecuzioni contro i mollies diminuiscono e all'alba del nuovo secolo le istituzioni tipo molly house mutano inevitabilmente, in presenza dei nuovi equilibri e delle nuove convinzioni sociali (mediche, antropologiche. .) in materia di omosessualità. L'ultima traccia che
ci resta è la menzione di un simile luogo di ritrovo nella seconda
metà del secolo scorso, in Cleveland
Street: assurse agli onori delle cronache perché frequentato
da uno dei figli di re Edoardo VII, il Duca di Clarence, detto anche
"il Principe Colletto & Polsini" per il suo dandysmo…[3].
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Note
[1] Edito originariamente su "Babilonia", luglio/agosto 1999. [2] Edward Ward, Satirical reflections on Clubs, v. 15, Londra 1710. [3]
Sono debitrice, per tutte le notizie contenute in questo articolo per la
bibliografia in lingua inglese, alla gentilezza ed alla competenza di Davide
Daolmi
e dello storico inglese Rictor
Norton.
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