La massoneria cosentina dall’Unità all’avvento del fascismo

di Rosalia Cambareri

Nella città di Cosenza, durante il dominio napoleonico, esistevano due logge la "Gioacchino I" e "I Pitagorici Cratensi ", ed è a quest’ultima che si deve la denominazione "I Pitagorici Cratensi Risorti", della prima loggia post-unitaria, fondata da Erennio Ponzio, negli anni ‘60.

La massoneria cosentina, in quel periodo, si distinse particolarmente per le molteplici iniziative assunte, di carattere sociale e filantropico, come la costituzione, nel 1864, di una società operaia promossa dal "fratello" Mariano Campagna che organizzò, anche, con lo scopo del mutuo soccorso, un certo numero di artigiani, e che, nell’anno successivo, aprì una Cassa per gli infermi e gli inabili al lavoro ed una sala di lettura. Nel ‘64, inoltre, per impulso di esponenti della massoneria locale, venne costituito un asilo infantile grazie all’opera dei "fratelli" Giuseppe Campagna e Alessandro Le Piane; e, per iniziativa di quest’ultimo e di un altro medico massone, Pasquale Rebecchi, si costituì, nel dicembre dello stesso anno, un Comitato Medico con lo scopo di fornire visite e farmaci gratuiti agli ammalati poveri

Anche se i massoni ebbero un importante ruolo nella vita sociale di Cosenza ciò non significava che nella loggia tutto andasse per il meglio; infatti, nel 1875 l’officina "I Pitagorici Cratensi Risorti" fu demolita dalla Sezione Concistoriale di Napoli. Le condizioni all’interno della loggia dovevano essere critiche visto che dieci fratelli, quasi tutti appartenenti a quell’officina, tra cui Pietro De Roberto, avevano fondato, nell’ottobre del ‘74, la loggia "Bruzia", che venne riconosciuta dal Grande Oriente d’Italia, il 3 dicembre 1874.

Le cause che portarono alla demolizione della loggia "I Pitagorici Cratensi Risorti" si ritrovano in una relazione scritta dal venerabile Alessandro Le Piane, inviata al Grande Oriente d’Italia, in cui vengono descritte le condizioni morali della città di Cosenza.

Le Piane, dopo aver spiegato come Erennio Ponzio riuscì a raccogliere "un buon numero di cittadini stimabili, la maggior parte perseguitati sotto il Governo Borbonico, e che in quel tempo, naturalmente avevano una influenza grande nel paese", si soffermò sulle cause che avevano provocato la rovina della loggia; infatti "la fretta d’ingrossare il numero, la confidenza espansiva che si accompagnava a quei legittimi entusiasmi, la nessuna esperienza che si aveva degli uomini, resero possibile l’ammissione alla massoneria di uomini indegni d’appartenervi, ed entrati in essa al solo fine di valersene come mezzo e come una forza onde far fortuna nel mondo profano". "Questi riuscirono a rovinare con un’amministrazione gretta e partigiana il paese e si servirono dei fratelli onesti per nascondere le loro azioni".

Vista la situazione è facile comprendere come la "Bruzia", nonostante le proteste e gli ostacoli dei fratelli della "I Pitagorici Cratensi Risorti", sia stata subito riconosciuta dal Grande Oriente, e perché, a distanza di qualche mese, venisse sospesa la loggia eretta da Ponzio, "per diversi motivi: primo perché composta di elementi intinti di delitti e colpe, ed alcuni erano stati sottoposti a giudizio profano e condannati".

I Pitagorici, tra i quali, comunque, vi erano anche fior di "galantuomini" si appellarono al Grande Oriente, per ottenere la ricostituzione della loggia, ma la loro domanda fu respinta nella seduta del 10 maggio 1876. Non volendosi dare per vinti, e per mantenere la loggia attiva, si rivolsero alla Madre Potenza di Rito Egiziano, sedente in Catania, ottenendo di poter costituire una Madre Loggia Provinciale di Rito Egiziano, che operò in aperto e stridente contrasto e contrapposizione con i "fratelli" della "Bruzia".

Nei primi tempi della sua costituzione la "Bruzia" fu promotrice di un vero e proprio risveglio della vita cittadina che subì una battuta di arresto con il trasferimento ad altra sede del "fratello" Antonio Coiz, preside del Regio Liceo. Sue furono, infatti, molte delle iniziative che si ebbero in città, come il rinvigorimento della vecchia società operaia, di cui divenne presidente, la fondazione di una società di mutuo soccorso tra gli studenti, per aiutare materialmente gli allievi poveri, e l’istituzione di una Biblioteca circolante. Tutte queste iniziative valsero a questo udinese, trapiantato a Cosenza, la cittadinanza onoraria, nel 1873. Coiz propose anche la pubblicazione di un giornale massonico che, al di sopra degli interessi di fazione, potesse servire a stimolare la crescita civile dell’ambiente cittadino, ma questa sua proposta cadde nel vuoto.

I lavori svolti dalla loggia "Bruzia", come risulta dai verbali delle sue riunioni, riportati da Dito, riguardarono anche interventi di tipo profano e di interesse politico come: le raccomandazioni, rivolte, a tenore degli Statuti, nella tornata del 15 febbraio 1875, al fratello Giuseppe Gallucci, assessore comunale, per un maggiore interessamento all’educazione elementare, per la politica urbana e l’annona; la discussione per le elezioni comunali, argomento posto all’ordine del giorno nella seduta dell’11 giugno 1876. Ma vi erano anche iniziative di tipo sociale, come avvenne il 6 marzo 1876, quando si discusse in loggia di scuole operaie, scuole domenicali per donne, Educandato Superiore Femminile e si propose la fondazione di un giornale.

In quegli anni, però, quello che si era rimproverato alla loggia "I Pitagorici Cratensi Risorti" si verificò anche nella "Bruzia", infatti, il clientelismo, la corruzione e l’affarismo presero il sopravvento, determinando periodici scioglimenti della loggia che veniva ricostituita ripulita da alcuni elementi. Significativi del fatto che qualcosa non andava furono due decreti del Gran Maestro del 1878, con i quali si dava incarico al Capitolo "Fratelli Bandiera" all’Oriente di Cosenza, di giudicare Francesco Franco accusato di colpa grave, ed Ippolito Mazzei. Subito dopo il Gran Maestro decretò la demolizione della loggia e contemporaneamente, la sua ricostituzione, "visto che per ricostituirla all’antico splendore non ci rimane che provvedere al completo rinnovamento".

La crisi che aveva iniziato a travagliare la massoneria cittadina, causò anche la creazione di una fitta rete clientelare che avviluppò la città conferendo a Miceli, che era divenuto, il 24 novembre del ‘79, Ministro di Agricoltura, Industria e Commercio, un potere straordinario su tutta la provincia, un’egemonia durata per oltre un quindicennio alla quale pose fine una massoneria "risorta".

Il malessere che covava all’interno dell’officina continuò a persistere e neppure la presenza di uomini di prestigio, quale De Roberto, riuscì a placarlo, infatti, nella seduta del 20 gennaio 1880, con decreto dal Grande Oriente d’Italia si dichiarò sciolta la loggia con l’obbligo ai fratelli d’alto grado di ricostituirla, e ciò avvenne il 4 febbraio dello stesso anno.

Le cause che determinarono lo scioglimento sono sconosciute, ma significative devono essere state alcune dimissioni di personalità importanti della vita cittadina, come quella del dottor Pasquale Rebecchi, dell’intendente di finanza Mancini, di Luciano De Matera e Carlo Spina, tutti e quattro avevano abbandonato la loggia, nel febbraio del 1879.

Nonostante la sua ricostituzione, il disagio all’interno della massoneria cosentina continuava, infatti, il 7 dicembre del 1881, si tenne una seduta straordinaria per discutere sulla condotta dei fratelli restii ad intervenire ai lavori di loggia.

Durante la seduta il fratello Fortunato Benvenuti, uno tra i più attivi massoni, propose, al fine di rilanciare l’istituzione massonica in Cosenza, la creazione di un giornale e di un gabinetto di lettura, come mezzi di lavoro e propaganda massonica. Tutte e due le proposte caddero nel vuoto, come quelle di istituire un forno economico, del marzo 1882, e un dispensario gratuito per i poveri, del 1884.

Venne, invece, favorita da numerosi "fratelli" della loggia, la fondazione della Banca Popolare di Credito, mezzo efficace per combattere l’usura, ma ancor più efficace e potente strumento elettorale di quei tempi. La Banca Popolare Cosentina, si aprì nel ‘83, con i "fratelli" Luigi Palermo, presidente, e Nicola Spada, direttore; questa banca si rivolse oltre che ai ceti medio-alti, alle classi minute, operando anticipazioni su pegni al tasso dell’8% - si pensi che in città predominava l’usura con tassi del 50-60%.

Accadde in quel periodo, che mentre i "lavori" di loggia ristagnavano, la massoneria cosentina incrementava i propri adepti, giungendo a superare il numero di un centinaio di "fratelli". Il motivo risiedeva nel ruolo che la loggia svolgeva nella vita cittadina, l’officina ormai rappresentava un luogo di privilegio ove tutto si poteva ottenere, una vera e propria gestione di affari e di consenso.

Alcune notizie sulle condizioni della massoneria cosentina del periodo ci sono arrivate grazie agli scritti del pastore della locale chiesa metodista Giacomo Manocchi, corrispondente della Rivista della Massoneria Italiana, che aveva anche intrapreso un’attività di evangelizzazione estesa ad alcuni centri della provincia. Dai suoi scritti si ha un quadro dell’attività della "Bruzia"; infatti la loggia partecipava a tutte le sottoscrizioni massoniche ed intratteneva rapporti epistolari con il Gran Maestro, sia nei lieti eventi che nei momenti di cordoglio per la massoneria come per la commemorazione dell’anniversario della morte di Garibaldi.

Dalle relazioni del Prefetto di Cosenza al Ministro per gli Interni del primo semestre del ‘84, si apprende dell’influenza esercitata dalla loggia, soprattutto dopo che nei "due decorsi anni è scesa come partito alle elezioni amministrative ha suscitato la formazione di un’associazione cosiddetta Bruzia composta da elementi clerico-conservatori e di parecchi apostati senza programma e senza carattere". Sia dalla lettura delle relazioni del prefetto che della Rivista della Massoneria Italiana si ha l’impressione che la loggia cosentina vivesse un periodo ottimo, ma la realtà era ben diversa.

Anche se la loggia aveva affrontato in modo lodevole il rischio dell’epidemia di colera costituendo, anche per impulso del suo venerabile, il medico Benvenuti, una squadra sanitaria, composta da tutti i medici massoni, per soccorrere i colerosi poveri, mettendo a disposizione di questa squadra tutto il fondo del tesoro della Loggia e del tronco di beneficenza; la situazione all’interno della massoneria cosentina non era piacevole. Lo stesso venerabile Fortunato tentò, ma senza riuscirci, di curare il malessere che pervadeva la famiglia massonica cosentina. In un suo rapporto del febbraio del 1885, descriveva la situazione definendo l’azione della Bruzia fiacca, "ed il numero più che la forza ci ha portato debolezza".

Fu a seguito di questi eventi che con decreto del Gran Maestro n. 51 dell’8 gennaio 1885 veniva dichiarato, ancora una volta, lo scioglimento della loggia, e affidato incarico ad alcuni fratelli di provvedere alla sua ricostituzione, che avvenne il 2 marzo dello stesso anno. Ma una frattura si era verificata visto che, il 28 marzo dello stesso anno, veniva inaugurata la loggia "Excelsior", composta da una parte dei fratelli che appartenevano alla "Bruzia". Pietro De Roberto, durante l’installazione dei Dignitari della "Bruzia" per il 1885, tentò di minimizzare sui motivi che avevano portarono alla separazione, fiducioso nella concordia tra i fratelli delle due "officine", dichiarando che "la divisione non è avvenuta per dissidi interni o rancori di Famiglia" ma perché la Bruzia era "numerosa al segno che i lavori non potevano procedere con quella speditezza che è pur tanto necessaria". La concordia vi fu, come dimostrato dal comune impegno nel commemorare il fratello Vincenzo Del Vecchio, ma la "Excelsior" ebbe vita breve, infatti, si sciolse volontariamente dopo appena un anno, e di essa, soltanto, tre fratelli si affiliarono alla loggia "Bruzia", gli altri si trasferirono alla Loggia "Skanderberg" di Lungro; ciò dimostra lo scarso affiatamento sussistente tra i massoni delle due officine.

Neppure nella "Bruzia" la situazione era ottimale, infatti, il maestro venerabile Benvenuti, rassegnava le proprie dimissioni con una lettera nella quale precisava che "l’istituzione non ara diritto". Le mancanze individuate dal venerabile diedero luogo ad una discussione circa gli atteggiamenti che la massoneria cosentina avrebbe dovuto assumere, in particolare, in relazione alla necessità di prendere parte attiva alla agitazione anticlericale iniziata in Italia. Fu nominata una commissione con l’incarico di studiare i mezzi morali, materiali ed economici necessari allo svolgimento di tale programma.

I lavori della commissione vennero riassunti in due ordini del giorno: il primo di Benvenuti deliberava "che tutti i fratelli si associno alla società operaia e lavorando in questa come cittadini, educhino l’operaio; diano vita ad istituzioni di beneficenza e di mutuo soccorso; promuovano con la stampa, con tutti i mezzi consentiti dalle leggi, il benessere ed il progresso civile e morale del proprio paese".

Il secondo molto più articolato ed impegnativo era dei "fratelli" Giuseppe Carci e Camillo Oliveti, i quali partendo da "forti" premesse: che in politica non ci sono "più lotte d’idee, di programmi" ma "guerricciole personali sempre infeconde e sterili", che "La Massoneria non è associazione elettorale, deve fare omaggio alla piena libertà del corpo elettorale", chiedevano che venisse deliberato: "1) di non doversi più la loggia ingerire d’elezioni politiche od amministrative fino a quando non si saranno delineati due partiti con diversità di idee e di programmi; 2) di nominare un Comitato che studi l’attuazione di quelle idee umanitarie .... e specialmente l’impianto di un forno economico o d’una cucina economica o d’un pubblico dispensario".

La loggia approvò il primo ordine del giorno d’indole generale non implicante responsabilità diretta, e come poteva approvare il secondo visto proprio in quei giorni si preparavano le elezioni generali amministrative, che la lista portata dalla massoneria stravinse conquistando la maggioranza.

Ma già nel 1885, la massoneria era entrata a pieno titolo nella vita amministrativa cosentina con due assessori, Giuseppe Carci e Fraschitto Fiorini , e scontava, però, questo ulteriore "successo" con nuovi compromessi e clientele.

Un anno dopo, alle elezioni politiche del maggio del ‘86 la massoneria appoggiava i candidati del nuovo gruppo radicale: i repubblicani Roberto Mirabelli di Amantea ed il chirurgo Agostino Casini, ex garibaldino a Mentana; infatti a sostenere le candidature radicali tenne un comizio a Cosenza, il 6 maggio, il "fratello" Giovanni Bovio. Ma l’assalto dei radicali, lottati sia dal prefetto che dai "pentarchici" fu respinto.

I massoni, però, non si occupavano solo di politica erano anche attivi nella costituzione e direzione di banche come la succursale della Banca Agricola, che si aprì a Cosenza nel dicembre del ‘86 e fu diretta dal nobile Luigi Spina ed amministrata da molti massoni, tra cui De Roberto, Nicola Spada, Luigi Palermo e l’avvocato Tommaso Conflenti.

In quel periodo ebbe grande risalto il meeting promosso, il 25 marzo 1889, dal periodico filomassonico "La Lotta", per incalzare i parlamentari della provincia nella antica rivendicazione della istituzione di un reggimento in città. Il comitato organizzatore della "agitazione legale", presieduto da Pietro De Roberto, riunì nel teatro Garibaldi i delegati di molti municipi della provincia, le due logge di Cosenza ("Bruzia" e "Telesio", che nel frattempo si era trasferita da Rogliano a Cosenza) e le due società operaie, presiedute dai massoni Ippolito Mirabello e Francesco Palaia. La manifestazione ebbe termine con un voto formale ai deputati locali, implicitamente accusati di disinteresse nei loro collegi. Al voto risposero poi sette dei dieci deputati promettendo interessamento, mentre il ministro Miceli, contro il quale il meeting era stato particolarmente diretto, difese il proprio operato esigendo che "La Lotta" precisasse di non essersi proposta l’abbattimento della deputazione in carica, ma solo un suo cambiamento.

Con questa iniziativa si preannunciò un regolamento di conti su scala locale tra il "partito" miceliano e la massoneria. La prima occasione di confronto diretto tra la massoneria ed i "miceliani" si ebbe il 3 novembre dello stesso anno con le elezioni amministrative, le due logge cittadine scesero in campo ciascuna con una propria lista. Il successo arrise alla lista della loggia Bruzia che, con 16 eletti su 30, conquistò la maggioranza consiliare.

Si formò una giunta della quale, su cinque membri, tre erano massoni: Tommaso Conflenti, Ippolito Mirabello e lo stesso "venerabile" Fortunato Benvenuti. Vennero applicati con rigore i regolamenti di igiene e di polizia urbana, ed il sindaco il professor Bernardino Alimena, in un coraggioso discorso, ruppe l’omertà che per lungo tempo aveva coperto la gestione finanziaria del Comune, svelando che, dietro i bilanci a pareggio delle precedenti amministrazioni, si celava un pauroso deficit di circa quattro milioni.

Ma la giunta non durò molto.

La crisi morale della massoneria cosentina, reduce del conflitto tra le liste delle due logge, precipitò il 2 aprile 1890 con la morte di Pietro De Roberto, la cui perdita allontanò molti fratelli, che erano rimasti fino ad allora per rispetto del vecchio patriota. La loggia a titolo di gratitudine aggiunse al suo nome quello di De Roberto e inaugurò un monumento nel cimitero di Cosenza nel settembre del 1890.

La lotta per sostituire De Roberto, quale rappresentante nel mandamento di Cosenza nel Consiglio Provinciale, ebbe i toni di una contesa fratricida tra le logge, infatti si candidarono alla carica i massoni Ippolito Mirabello, Domenico Persiano, Tommaso Conflenti e l’avvocato Ettore Fiorini, vinse Mirabello.

Nel 1891 si discusse la proposta di un nuovo indirizzo da dare alla loggia Bruzia: 1) stretta osservanza delle leggi della massoneria, riconoscendosi il diritto di sindacare tutte le azioni dei fratelli; 2) studio continuo delle questioni interessanti il pubblico bene, rendendo pubbliche le risoluzioni; 3) intervento della loggia nelle manifestazioni della vita pubblica senza preoccupazioni di vittoria o di sconfitta.

Ma la loggia rimaneva con i suoi uomini ad avere un ruolo importante nella vita politica della città, infatti dal 1890 al 1893 la carica di sindaco fu ricoperta dal massone Eugenio Castiglione Morelli, fondatore e direttore de "La Lotta" in seguito avvicinatosi al partito miceliano.

In occasione delle elezioni suppletive del ‘93 il momento fu favorevole per la lista della massoneria con leader indiscusso Nicola Spada, furono eletti cinque consiglieri massoni.

Una giunta tutta massonica con sindaco Alfonso Salfi resse il comune dal 1894 al 1900.

Ma la vita politica cosentina non subì alcun cambiamento, infatti la giunta non riuscì ad apportare alcun rinnovamento né a condurre alcuna battaglia sui princìpi.

La coalizione elettorale del 1895 cominciò a sfasciarsi per dissidi tra gli stessi massoni consiglieri. Il Comune fu commissariato e sulla loggia e sui massoni caddero le responsabilità della disorganizzazione, dei disservizi e della crisi permanente della vita municipale, imputando loro anche i precedenti errori commessi dal partito miceliano.

La crisi si ripercuoteva anche all’interno della loggia, infatti nelle elezioni di loggia del 1898, che si ripeterono per ben tre volte, facendo riaffiorare le lotte intestine che si erano verificate e la tensione interna, ormai intollerabile, indussero il Gran Maestro a promuovere un’inchiesta, che determinò un nuovo scioglimento, avvenuto il 17 marzo 1899. Un anno prima era morto Le Piane e, come era avvenuto dopo la morte di De Roberto, numerosi fratelli abbandonarono la loggia, perché ritenevano che si stesse trasformando sempre più in un circolo elettorale.

Le vicende di loggia ebbero delle conseguenti ripercussioni politiche, infatti, in occasione delle elezioni amministrative del 1899, continuò a sgretolarsi la coalizione che quattro anni prima aveva battuto l’oligarchia miceliana, causando le dimissioni, poi respinte, del sindaco Salfi.

In quel frangente la giunta fu chiamata ad affrontare "l’emergenza pane", si decise di ritirare le licenze di tutti i fornai, per ingiustificato aumento del prezzo del prodotto e si aprirono, per due settimane, quattro spacci municipali per la panificazione, finché i forni non riaprirono, vendendo il pane al vecchio prezzo.

Il 28 gennaio 1998 un manifesto della loggia invitava "la parte colta e facoltosa della città" ad ascoltare "il grido di dolore che viene dal basso", e proponeva l’impianto di una cucina economica, da aprirsi con il concorso del comune. La massoneria scendeva dunque in campo a sostenere, in quella fase critica, la giunta che, a suo tempo, aveva promosso.

In quegli anni, aveva cominciato a svilupparsi l’azione sociale dei comitati cattolici, con la pubblicazione del giornale "La voce cattolica", e la cooperativa cattolica di credito. Tale attivismo apparve alla borghesia liberale filomassonica una vera provocazione, alla quale si reagì con l’inaugurazione del circolo studentesco "Giordano Bruno" e, in occasione del XX settembre, con la pubblicazione del numero unico di "Cosenza Laica".

Gli anni a cavallo dei due secoli, a Cosenza, furono molto vivaci sia dal punto di vista sociale che da quello culturale, perché nacquero e si svilupparono numerose iniziative variamente ispirate. Per impulso di esponenti massonico-socialisti, nel 1900 sorse l'associazione dei commercianti, nel 1901 vennero costituiti l'ordine dei medici, presieduto da Francesco Valentini, il circolo impiegati comunali e la lega di resistenza fra i barbieri, nel 1902 la lega di mutuo soccorso fra tipografi, l'associazione fra i lavoranti sarti e la lega dei falegnami.

Nel 1900, nel corso di un suo viaggio in Calabria, il Gran Maestro Enrico Nathan fece visita anche ai "fratelli" di Cosenza, e, in quell’occasione, l'oratore della loggia, Oreste Dito, nella sua relazione, non mancò di lanciare al Gran Maestro un accorato appello circa le sorti della Calabria abbandonata nella sua miseria e vilipesa nei suoi diritti, denunciando anche l'inefficienza della massoneria calabrese "sepolcro imbiancato" che nasconde "la sozzura di un cadavere in corruzione".

Come risultato concreto e positivo di quel viaggio si ebbe il richiamo del Gran Maestro, l'attenzione dei governanti sulle condizioni eccezionali della Calabria e, secondo Dito, ciò che non era stata capace di fare la rappresentanza politica calabrese venne fatto dalla massoneria.

Intanto, sorse, ma per breve tempo, a Cosenza, un'altra loggia all’obbedienza del Grande Oriente di Milano, sotto la guida del dottor Pasquale Rossi, della quale, però, si disconosce persino il nome.

Nel 1902, la loggia "Bruzia" attraversò un momento di crisi quando, per un regolamento di conti all'interno dell'organizzazione massonica, "Il Giornale di Calabria" diretto da Antonio Chiappetta, vicinissimo agli ambienti della loggia, alzò il tiro su presunti sperperi all'interno del Consiglio Provinciale. Ciò portò alle dimissioni del Presidente, il "fratello" Ippolito Mirabello, e poi a quelle di tutti gli altri consiglieri.

Le elezioni elettorali erano diventate ancora di più una lotta tra "fratelli", infatti, anche il voto del 13 luglio 1902, per rimpiazzare a Cosenza il dimissionario onorevole Spada vide contrapposti due massoni, l'avvocato Tommaso Conflenti, che ne uscì vittorioso, appoggiato dai giornali "La Lotta" e "L'Avanguardia", ed il socialista Pasquale Rossi, dopo l'ombroso ritiro delle altre candidature, anch'esse massoniche, di Alessandro Corigliano e Luigi Fera.

Proprio per queste ragioni, nel 1905, venne eletto a venerabile della loggia "Bruzia-De Roberto" Oreste Dito che ebbe il compito di porre termine al malumore esistente in loggia e sgombrare il campo da tutti i pettegolezzi esistenti tra i "fratelli". Uno dei primi effetti positivi fu il ritorno in loggia di Spada, che se ne era allontanato.

Fu significativo, del miglioramento avvenuto all'interno della loggia, il riconoscimento ottenuto con decreto del novembre 1908, del Gran Maestro del Grande Oriente d'Italia, col quale si "autorizzava la "Bruzia - De Roberto" ad assumere il titolo di Loggia "Madre".

I dissensi interni alla massoneria cosentina avevano determinato anche una spaccatura della maggioranza, in seno al Consiglio Comunale, pilotata dal massone avvocato Alessandro Corigliano, sul progetto della conduttura interna per la fognatura, che pur non privando il sindaco Salfi della maggioranza numerica, lo indussero a dimettersi dalla carica, aprendo così un lungo periodo di instabilità, con l'alternarsi di sindaci e commissari che durò fino al 1908.

Nel frattempo, l'attività organizzata dei cattolici cosentini era proseguita con la creazione di numerose iniziative di tipo filantropico e mutualistico. Questo attivismo senza sosta dei cattolici cominciò a preoccupare la massoneria, che lo definì "risveglio clericale", e, per combatterlo, il 20 settembre 1901 commemorò l'anniversario della presa di Roma con una festa eccezionalmente solenne.

In questo stesso quadro agì anche Pasquale Rossi, che inaugurò un circolo di cultura, promosso da un comitato massonico, e poi, sulla scia di un'analoga iniziativa realizzata a Catanzaro, diede vita al Segretariato del Popolo per la scuola serale agli operai e l'assistenza legale gratuita ai poveri, collaborò alla fondazione del "Circolo democratico anticlericale" presieduto dall'avvocato repubblicano Roberto Mirabelli.

In questo stesso periodo il "massone" Stanislao De Chiara riuniva i direttori dei fogli cittadini nel tentativo di fondare un'associazione della stampa su scala locale, e vennero commemorati i fratelli Bandiera con una cerimonia nel vallone di Rovito, presso Cosenza, il 25 luglio 1903.

Tutte queste iniziative erano motivate dall'esigenza di contrapporsi, in modo visibile, all'emergente attivismo del clero, ricordando anche chi aveva portato l'Italia all'unità e quanto la Chiesa l'avesse ostacolata.

Si tentò in tutti i modi un azione comune contro il clericalismo che cominciava a mostrare un volto nuovo e più moderno, ma i tentativi di porsi in modo unitario si scontrarono con delle contrapposizioni interne alla stessa istituzione massonica cittadina.

Alle elezioni comunali del 1904, su iniziativa dell'onorevole Spada che cercò di riunire sotto l'egida della massoneria il disperso schieramento liberale, venne presentata una lista, che non riuscì, però, ad impedire a molti degli esclusi, anche se massoni, di candidarsi in altre liste.

La lista promossa da Spada ottenne la scontata vittoria eleggendo 20 candidati su 24, ma un inaspettato successo ebbe il partito clericale che, presentatosi con una lista di dieci nomi, elesse tutti i propri candidati.

Si costituì l'amministrazione con a capo Filippo Telesio, alla quale partecipò, come assessore ai Lavori Pubblici il "fratello" Corigliano.

Un altro strumento per contrapporsi all'incalzante clericalismo fu l'associazione del "Libero Pensiero", costituita a Cosenza, il 20 settembre del 1904, come sezione dell'Associazione Nazionale Italiana, aderente alla Federazione Internazionale con sede a Bruxelles, che aveva lo scopo di combattere l'ignoranza, l'errore e i pregiudizi mantenuti e diffusi dalle religioni dogmatiche e dai loro ministri, contribuendo parimenti alla propaganda delle verità scientifiche ed allo sviluppo del libero esame, esteso ad ogni categoria di conoscenze e di pubbliche istituzioni.

Questa Associazione rappresentò il primo esempio di blocco liberale con programma esplicito. Al blocco aderì, a Cosenza, Pasquale Rossi, massone ormai in sonno. Con i socialisti, aderirono i repubblicani, i massoni e gli anticlericali indipendenti.

Essa rappresentò, anche, il termine di pacificazione tra socialisti e massoni, tra massoni attivi e quelli che s'erano messi in sonno o che nel 1900 non avevano voluto partecipare alla ricostituzione della loggia non approvandone l'indirizzo. Presidente della sezione cosentina fu eletto Oreste Dito. "Il Libero Pensiero" cominciò subito, con grande entusiasmo la sua opera di propaganda e di studio dei problemi riguardanti la città e la provincia.

Alle elezioni provinciali del 23 luglio 1905 la loggia ed "Il libero Pensiero" si impegnarono a fondo a sostenere la candidatura del "fratello" Corigliano, nel mandamento di Cosenza, che aveva quale antagonista il candidato clericale Innocenzo Zumbini, riuscendo alla fine a spuntarla.

All'inizio del 1906 si verificò uno scollamento nella maggioranza soprattutto per dissensi interni all'organizzazione massonica. Infatti dopo che il "Libero Pensiero", riunito in assemblea, aveva biasimato, in aprile, l'intervento del sindaco all'inaugurazione dell'Istituto cattolico Vallega in Piazza della Riforma, da parte dei giornali filomassonici "La democrazia Calabrese" e "Il Giornale di Calabria" non mancarono critiche nei confronti di taluni atti della Giunta "Telesio-Corigliano-Le Pera".

Alle elezioni amministrative per il rinnovo di un terzo del Consiglio si arrivò, inevitabilmente, con liste separate. La prima, di tre candidati, fu presentata dal "Gruppo democratico del Libero Pensiero", con un programma di soli due punti: case popolari e luce elettrica, ed ebbe il favore della Loggia - alla cui testa era stato confermato il venerabile Oreste Dito -, e del periodico "La democrazia calabrese".

L'altra, a poche ore dal voto, presentata da un sedicente "Comitato Liberale" vicino alla Giunta ed all'assessore Corigliano, presentò una lista di otto nomi, tra cui assessori e consiglieri uscenti, sconfessata pubblicamente dalla Loggia, con un proprio manifesto murale, benché comprendesse "appartenenti o appartenuti alla Massoneria".

I risultati elettorali non furono eclatanti, ma servirono, in ogni caso a far dimettere la Giunta che reputava di non possedere più l'autorità necessaria al governo cittadino.

Alle successive elezioni amministrative del 1907 il "Giornale di Calabria" si assunse il compito di unificare la parte liberal-massonica, ma non riuscì a raggruppare ogni tendenza politica in una lista frettolosa che, prima del voto, si sgretolò in candidature individuali.

Riscosse un notevole successo, invece, la lista dei cattolici, che affiancò agli esponenti cattolici anche liberali moderati o affiliati alla massoneria.

Ma anche questa giunta ebbe breve durata e nel 1908 si ebbero nuove elezioni amministrative con due sole liste, la prima espressa dalla sezione cosentina del Partito Radicale, costituitasi nel luglio del 1907, con un programma progressista ed anticlericale, della quale facevano parte: l'avvocato Domenico Cilento, presidente della sezione radicale, l'avvocato Luigi Tancredi, Presidente dell'Ordine degli avvocati cosentini, ed il giovane avvocato Stanislao Amato, tutti esponenti della loggia massonica. La seconda lista venne espressa dal Circolo Cattolico e dalle Leghe per il Lavoro.

Le urne premiarono la lista dei cattolici, che conquistò 16 seggi su 30, eleggendo sindaco Antonio Cundari, ponendo così termine al lungo periodo di instabilità amministrativa.

La giunta Cundari fu nel mirino del giornale "Lotta Civile" del massone avvocato Pasquale Campagna che denunciò favoritismi negli appalti.

Alle elezioni suppletive del 13 giugno, un comitato presieduto dal massone Alessandro Corigliano, consigliere provinciale, riunì, in un blocco anticlericale, 11 nomi di esponenti radicali, massoni e liberali indipendenti. Ad essi vennero contrapposti, da parte avversa, 11 liberali moderati che si offrirono quali garanti della Giunta ed ebbero la meglio. Anche se, nel prosieguo, tra loro e i 16 vecchi consiglieri cattolici, vennero fuori ampi contrasti che indussero Cundari a dimettersi.

Alle elezioni del 1913, la Massoneria scese, ancora una volta, direttamente in campo con il suo leader storico Spada ed il prefetto Lozzi, i quali riunirono in una lista che assunse il nome di "fascio democratico", le forze massoniche, i radicali, i socialisti ed i repubblicani.

I cattolici, per loro contrasti e difficoltà interne, alla vigilia del voto, decisero di non scendere in lizza.

La vittoria, per quanto scontata, arrise così al "fascio democratico" che vide eletti tutti i suoi 24 candidati. Venne eletto a sindaco Ambrogio Arabia, entrarono in giunta, quali assessori effettivi, i massoni Pasquale Campagna e Domenico Cilento.

Anche in questo periodo la massoneria fu attiva nella costituzione di società di mutuo soccorso, infatti, nell'autunno del 1913 l'Associazione Radicale di Cosenza - che già nel giugno del 1911 aveva costituto l'unione edilizia, cooperativa tra muratori, falegnami, pittori ed affini, per assumere lavori pubblici e privati - formò la Società Cooperativa Edilizia, per azioni, presieduta dall'avvocato massone Domenico Cilento, con il "fratello" Alessandro Corigliano tra i componenti del consiglio di amministrazione.

Alle successive elezioni amministrative del 1914, a Cosenza, venne riproposta la lista del "fascio democratico" alla quale fu contrapposta quella che, sotto il nome di "partito dell'ordine", riuniva liberali moderati e cattolici. Vinse, con una lieve differenza di voti e solo 18 seggi, la lista del "fascio" che rielesse quasi al completo la Giunta precedente.

Lo scoppio della prima guerra mondiale divise la città in due campi, massoni, repubblicani, radicali e nazionalisti erano per l'intervento; i cattolici erano divisi, ma don Carlo De Cardona e il giornale cattolico del tempo erano apertamente neutralisti; anche i socialisti erano divisi. Dal maggio 1914 in poi, si svolsero comizi e dimostrazioni interventiste e contro l'Austria.

Durante il periodo bellico non mancarono momenti difficili di carestia e di fame che indussero, per la penuria di grano, il massone, onorevole Spada, ad aprire, per diversi giorni, alla cittadinanza "i suoi ben forniti magazzini", e la massoneria ad aprire a Cosenza - il 10 marzo 1917 - delle cucine economiche che, dopo un anno di attività, avevano distribuito ogni giorno 550 minestre, 350 pietanze di carne o di baccalà, 450 razioni di pane da 225 grammi ciascuna.

Nello stesso anno l'opera di assistenza per l'infanzia, il cui consiglio di amministrazione era presieduto dall'onorevole Spada, fornì un sussidio alle famiglie degli orfani dei militari, che erano quelle a versare in stato di maggiore bisogno.

Al termine del conflitto mondiale la vitalità civile ed economica della città si accompagnò ad una notevole effervescenza politica e sociale. Il 23 luglio del 1919 fu indetto dalla Camera del lavoro, di recente ricostituita e diretta dal repubblicano, massone, Federico Adami, una giornata di sciopero generale contro i notevoli aumenti dei beni di prima necessità, alla quale aderirono tutti i ceti artigiani ed operai della città. Per disposizione prefettizia i negozi rimasero chiusi per due giorni e la città fu presidiata da soldati e carabinieri.

Mentre il partito socialista cittadino, nel 1919, travagliato da una profonda crisi interna, non era riuscito a cogliere che pochi consensi elettorali; il partito popolare era divenuto, invece, il più forte dei gruppi sociali presenti in città. Infatti, dopo aver promosso numerose manifestazioni di contadini, con migliaia di partecipanti, riuscì alle elezioni amministrative del 1920, presentando una propria lista autonoma di 12 nomi, ad eleggere ben dieci consiglieri comunali.

La maggioranza del nuovo consiglio comunale fu appannaggio di una lista formata da liberali, radicali e combattenti, fortemente condizionata dalla massoneria, alla cui testa si pose Mario Mari, ex socialista divenuto liberale, in possesso di una larga esperienza amministrativa, nella cui giunta fu eletto, quale assessore ai Lavori Pubblici, il massone ingegnere Rinaldi.

Un grosso contributo alla lista "bloccarda" era stato portato proprio dai combattenti, la cui associazione - nata nel marzo del 1919, guidata dall'ingegnere Ernesto Barrese, dall'avvocato Alfredo Salvati e dall'avvocato Giuseppe d'Epiro - si era così sviluppata sul territorio, tanto che quella di Cosenza risultava "la provincia che ha la più forte organizzazione".

L'integrazione dei combattenti cosentini nel vecchio ceto dirigente creò spazio per il movimento fascista che, nel corso del 1921, guidato da Michele Bianchi, dai massoni Agostino Guerresi e Luigi Filosa, divenne una forza significativa. Mentre in provincia i fascisti alle elezioni del 1921, escludendo la possibilità di una diretta partecipazione alla competizione elettorale, appoggiarono la lista dei combattenti, il fascio di Cosenza, molto più vicino alle istanze governative, appoggiò, invece, la lista espressione del liberalismo giolittiano, con Fera, Colosimo e De Nava.

La svolta organizzativa del partito fascista in Cosenza e provincia si ebbe nel 1922 con l'elezione del segretario federale Luigi Filosa, radicalista intransigente, e la pubblicazione dell'organo del partito "Calabria Fascista" che ebbe il "merito" di provocare le dimissioni della giunta municipale guidata dal sindaco Mario Mari.

Alle elezioni politiche del 1924 si dispiegò in grande stile la campagna elettorale fascista a sostegno del quadrunviro Michele Bianchi che ottenne l'83,5% dei voti, la percentuale più alta fra le tre provincie calabresi, anche se nella città di Cosenza ottenne appena il 40%, Le ragioni dell'insuccesso fascista in città erano certamente complesse, ma un fattore non secondario era costituito dalle responsabilità che il partito si era assunto facendo cadere la Giunta Mari. Infatti gli ambienti massonici, che l'avevano espressa, e che coincidevano con la vecchia classe dirigente municipale, preferirono appoggiare l'intransigente opposizione antifascista di Pietro Mancini e, nell'ambito del listone fascista, optarono per l'ex liberale Tommaso Arnoni.

La gracilità del partito fascista a Cosenza si accentuò in seguito al delitto Matteotti ed alla scelta aventiniana dei partiti di opposizione anche in virtù di una forte e sotterranea opposizione, mantenuta viva da nuclei importanti di combattenti dissidenti, massoni, socialisti massimalisti e comunisti. Infatti, nonostante i durissimi colpi inferti ai partiti politici antifascisti ed alla massoneria, nel corso del 1925 anche a Cosenza, i fascisti non riuscirono a stroncare questi focolai di opposizione e di pensiero che si riflettevano nell'atteggiamento dell'opinione pubblica cittadina nei confronti dell'organizzazione fascista.

Cesare Molinari, federale di Cosenza, avvertiva che: "il fascismo vero non può assistere impassibile a che il partito nei pubblici locali sia vilipeso e che i suoi uomini siano attaccati".

La loggia proseguì nei suoi lavori fino ai primi mesi del 1924, nel corso del 1923 ebbe una vita molto attiva, con l'iniziazione di ben ventuno profani, e si procedette alla promozione a compagno di 15 apprendisti nonché al passaggio al grado di maestro di 12 compagni.

La massoneria cosentina, nel periodo che va dall’Unità d’Italia all’avvento del fascismo, svolse, come abbiamo avuto modo di osservare, un ruolo significativo e preminente nella cittadina calabrese. I massoni assunsero una funzione determinante nella vita sociale e politica, costituendo un punto di riferimento per i cittadini, ponendo in essere iniziative filantropiche e sociali di notevole spessore e rilievo divenendo il pilastro del libero pensiero.

 

Ringraziamenti a:http://www.esoteria.org

 

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