Chi va "piano" va sano e lontano

 

Il progetto di astronave interstellare basata su reattore autofertilizzante in realtà non è molto proponibile sia per il peso e la complessità del trattamento del combustibile nucleare durante il funzionamento di tale reattore sia per gli eventuali rischi di proliferazione nucleare.

Parlando con l'Ing. Vincenzo Romanello (tra gli autori dell'articolo "Sistemazione in sicurezza delle scorie nucleari") e consultando il sito:

 http://www.ing.unipi.it/~d0728/GCIR/gcir.htm

riguardante i Reattori Nucleari Innovativi refrigerati a Gas, del quale riporto la premessa iniziale:

"Tra i reattori di tipo occidentale definiti a maggior sicurezza intrinseca, il reattore a gas ad alta temperatura (HTR) rappresenta uno dei candidati più quotati, sia per la sicurezza (praticamente assoluta) che per le sue caratteristiche di elevata economicità e di minimo impatto ambientale, compresa la polluzione termica."

Nella descrizione fornita di tali tipi di reattori viene evidenziato il fatto che:

"L'innovazione fondamentale nel campo della tecnologia degli HTR è stata l'invenzione della microparticella rivestita del combustibile (CP, Coated Particle) con le sue eccezionali qualità di resistenza e di ritenzione dei prodotti di fissione. Anche nell'Università di Pisa questi reattori sono oggetto di studio da lungo tempo, sin dalle prime ricerche condotte dal compianto Prof. Poggi."

 Tali tipi di reattore possono funzionare in sicurezza con temperature non superiori a 1600 °C; quindi sono importanti sia perchè è possibile realizzare un elevato rendimento di conversione dall'energia termica all'energia elettrica sia perchè, nell'ipotesi di temperatura massima di 1300 °C, è possibile utilizzare il salto termico da 1000 °C a 1300 °C per l'estrazione termochimica diretta dell'idrogeno dall'acqua mediante opportune trasformazioni chimiche con rendimenti termici molto elevati.

Secondo quanto dichiarato l'Ing. Vincenzo Romanello  il funzionamento di tali rettori diventa insicuro oltre i 1600 °C solo in caso di ingresso di aria o acqua, alquanto improbabile negli spazi siderali se si usasse il solo meccanismo a ciclo Brayton diretto in turbina.

In altre parole è possibile pensare di utilizzare un tale tipo di reattore nel progetto di astronave interstellare; la percentuale di arricchimento di un combustibile nucleare non supera il 5% ma si potrebbe pensare in questo caso ad un combustibile arricchito al 10%; a parità di peso del combustibile potrebbe generare un'energia circa 10 volte inferiore al reattore autofertilizzante e quindi sviluppare una velocità massima circa 3 volte inferiore, senza però i rischi inerenti il precedente tipo di reattore.

Anche questa nuova velocità massima ( 1/100 della velocità della luce, 10,8 milioni di Km orari! ) non sarebbe piccola o trascurabile per l'esplorazione dello spazio intorno al sistema solare; infatti, tenendo conto che la Via Lattea, la galassia nella quale siamo ha una forma approssimabile ad un disco del diametro di 100.000 anni luce, nel quale il sistema solare occupa una delle spirali a circa 30.000 anni luce dal centro, tale velocità permetterebbe l'esplorazione dell'intera Galassia in 8 milioni di anni, periodo di tempo enorme, ma pari a quello che ci separa, nel passato, dalle prime vestigia appartenenti al genere umano.

Il flusso di informazioni sulle caratteristiche dei sistemi planetari presenti quasi sicuramente intorno ad ogni stella e  sulla eventuale vita presente sarebbe incredibilmente elevato anche se le enormi distanze renderebbero necessari dei sistemi di ascolto e riproduzione dei segnali amplificati presso ogni sistema stellare visitato.

Se infine rapportiamo questi periodi di esplorazione con la vita prevista del nostro sistema solare (ancora 6 o 7 miliardi di anni)  risulta che quasi tutte  le 100 miliardi di stelle che compongono la Via Lattea potrebbe essere rivisitata almeno ben 1000 volte, ogni volta partendo dai risultati precedentemente acquisiti, ripristinando anche per le esplorazioni interstellari il concetto di principio scientifico.

Questi elementi definiscono nel loro insieme un ruolo ben preciso che la civiltà umana potrebbe e quindi dovrebbe svolgere in tutta la nostra galassia e probabilmente anche in altre galassie non troppo distanti (come la Nube di Magellano o la stessa galassia Andromeda).

Nel frattempo con tali tipi di astronave si possono esplorare anche le zone lontane del sistema solare, come la Nube di Oort e la fascia di Kuiper, costituite da numerosissimi corpi ghiacciati;  se un asteroide proveniente da lontani sistemi stellari fosse "catturato" dal sistema solare compirebbe probabilmente ampie orbite ellittiche passanti anche da quelle zone e all'interno potrebbe ospitare batteri e virus "estremofili" che presenterebbero un tipo di DNA compatibile con la vita eventualmente esistente sul pianeta dal quale, a causa di vari tipi di impatti con corpi celesti potrebbe essere stato espulso.

In periodi di tempo quindi relativamente brevi, dell'ordine delle decine di anni si potrebbe pervenire alla conoscenza di DNA e geni sconosciuti che consentirebbero la sintesi eventualmente di nuovi farmaci o antibiotici, e che, in generale permetterebbero di rinnovare quel patrimonio genetico di piante e animali e quella differenziazione biologica che tende ad essere sempre più limitata a causa del gran numero di specie che si stanno estinguendo anche a seguito dell'impatto della civiltà umana sull'ambiente.

Prima dell'introduzione di tali geni sulla Terra occorrerebbe però una sperimentazione approfondita che potrebbe essere effettuata con sicurezza solo in ambienti simili a quelli sulla Terra ma ricostruiti su un altro pianeta come Marte; il miglior significato di future basi spaziali ed insediamenti su tale pianeta non è quindi quello di offrire nuovi spazi abitativi ma, soprattutto all'inizio, offrire spazi per la sperimentazione di nuovi geni e DNA eventualmente di origine extraterrestre.

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