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I "fidanzatini  di Peynet"

 Da oltre 16 anni, frequentiamo la bella città di Cattolica, per le nostre vacanze marine. Approdiamo sempre allo stesso albergo:  “Hotel Handy Seea”. In questi ultimi anni, occupiamo  la camera nr. 32, con balcone vista mare, mentre la  camera nr. 28, sempre sullo stesso piano, e potremmo dire dirimpettaia, viene sempre occupata da una coppia di sposi fiorentini, che per ovvi motivi, li chiameremo con un nome fittizio: Lucia e Renzo,  che noi abbiamo definito gli eterni innamorati: i “fidanzativi di “Peynet”. Essi, sono due  coniugi, pressappoco della nostra età, ma si distinguono delle altre coppie per molti fattori caratteriali, che sfiorano il pensiero di Freud, di cui ne abbiamo parlato sopra. In essi esiste un’esistenza e un’energia vitale, definita appunto da Freud, “ energia erotica” “che sviluppò le basi teoriche delle tecniche di liberazione dei condizionamenti e dai relativi blocchi caratteriali”. Nei loro atteggiamenti, nel loro modo di vivere, di comportarsi e anche di amarsi, emerge appunto, l’energia sessuale detta  (organica), portatrice di piacere e sensibilità, base questa della gioia di vivere, senza blocchi di sorta.  Secondo Reich, quest'energia considerata in modo spirituale, é una sorta di sostanza sacra che pernia la loro intera esistenza e le dona intelligenza e vita.  Questi studi filosofici, quest'indagine della ragione, sono rivolte alla conoscenza dei problemi fondamentali della vita , specialmente degli individui come noi, cioè, di quelli che fanno parte della “Terza età”.

 L’opera del  grande scrittore francese, premio Nobel 1957, Albert Camus, si collega nell’abito dell’esistenzialismo e svolge la tematica dell’assurdità del destino umano in un mondo dominato da forze irrazionali, da cui scaturisce inevitabilmente la rivolta, intesa a salvare i valori spirituali dell’umanità  e dell’amore per la vita. Egli ha così concluso dicendo: “ Non conosco che il dovere di amare” . Si, egli, ha veramente ragione quando parla dei valori spirituali e morali, che poi non sono altra che l’amore per il prossimo, che  appartiene o si riferisce allo spirito degli uomini.

In ogni atteggiamento di questi due sposi, che abbiamo scelto fra tante coppie di nostra conoscenza, traspare appunto la gioia di vivere e di amarsi, come in una contemplazione , unita a meraviglia dello sguardo o della mente su qualcosa: la contemplazione di un momento d’amore, rivolto verso la donna amata (come due giovani innamoratini alla prima esperienza), che sono sempre alla ricerca dell’assoluto. Spesso, per deformazione professionale, conserviamo  anche al di  fuori del nostro lavoro,   lo stesso modo di pensare e di agire relativo alla nostra attività di indagatore. Questo modo di osservare le persone, ci hanno dato questa sensazione.  Da alcuni anni, siamo diventati amici, e possiamo dire che, oltre ad essere due eterni innamorati della vita, sono due bravissime  e rispettose persone. Lei, una gentile signora bionda, di statura minuta, che veste con una certa ricercatezza, mentre lui, un signore di grande cortesia e rispettoso, non solo nei nostri riguardi, ma anche delle altre persone. Si sa, questi “ maledetti toscani”, come li ha definiti il grande scrittore Curzio Malaparte, con quel loro  caratteristico e simpatico accento toscano, si sanno far volere bene da tutti. Entrambi, si conoscono dalla fanciullezza, infatti, sono nati e cresciuti nello stesso villaggio, posto sulle colline di Fiesole, proprio sopra la meravigliosa città di Firenze.

Oh, si, Fiesole. Reminiscenze lontane, rimembranze di gioventù, ci richiamano alla  mente luoghi e cose  vedute, dalle quali però ci siamo quasi, ma non del tutto dimenticati, perché di certi luoghi del nostro stupendo Paese, come la Toscana, non ci si può dimenticare. Questi ricordi lontani, ci riportano  in cima alla meravigliosa collina di Fiesole, come successe nel 1908, all’alba del XX secolo, con lo scrittore inglese Edward Morgan Foster, che quei luoghi lo ispirarono per scrivere il romanzo “Camera con vista”: “ dove c’era una conca simile a un grande anfiteatro, tutte balze terrazzate e olivi nebbiosi, e lo stradone seguiva la curva salendo su fino a una sporgenza che  eleva sulla pianura. Era quella sporgenza, incolta, umida, cosparsa di arbusti e di alberi radi, ad aver colpito la fantasia del grande pittore Alessio Baldovinelli quasi cinquecento anni prima.

Ci era arrivato quel diligente oscuro  maestro, forse con  occhi al lavoro, forse per il puro gusto della passeggiata in salita. Di lassù aveva contemplato la veduta del Valdarno e di Firenze lontana che aveva poi introdotto nei suoi quadri, senza grande efficacia, per altro. Ma dove, esattamente, si era fermato a guardare il paesaggio? Ecco la domanda che mi ero posta e che speravo di dare una risposta quel giorno. La cui natura era attratta da tutto ciò che era problematico, mi ero fatto contagiare dal suo entusiasmo”. Quel meraviglioso paesaggio si é impresso nella mia memoria, tanto che poi, più tardi, sul filo del ricordo, ne ho dipinto un bellissimo acquerello: uno scorcio panoramico con il Campanile di Giotto e la Cupola del Brunelleschi. Per  illustrare maggiormente quel luogo, in queste pagine,  produrrò una copia di quell’acquerello.

Non é facile ricordare i quadri di Alessio Baldovinelli, nemmeno se si é avuta l’accortezza di  osservarli per bene in precedenza. Quel giorno, molto tempo fa, la foschia nella valle aumentava la difficoltà. Salivo da una zolla all’altra, per ammirare quel paesaggio meraviglioso, con allo sfondo il Campanile di Giotto e il Ponte Vecchio che attraversa l’Arno.

I nostri due simpatici “fidanzatini un poco cresciuti”, gli  amici vacanzieri di Cattolica, che conosciamo da molto tempo, vivono appunto là, in un borgo ai piedi di quella meravigliosa collina, che da Fiesole degrada verso Firenze.

Noi, che ci definiamo, buoni osservatori, non abbiamo mai incontrato due esseri così innamorati, anche nell’età matura come loro. Si vede che sono della nostra generazione, di quella generazione  dove il matrimonio era sacro e indivisibile. In questa nuova era consumistica e tecnologica, sembra che le cose si siano radicalmente cambiate.  Qualcuno dice, che sono i tempi cambiati. In un certo senso hanno ragione e le statistiche ce lo confermano. Infatti,  si celebrano pochi matrimoni e di conseguenza ci sono poche nascite. Questo é  un dato di fatto, che osserviamo e constatiamo tutti i giorni: quelli che si celebrano  sono di breve durata.  Non solo noi della Terza età, abbiamo bisogno di serenità, specialmente in questo periodo di transazione della nostra vita, ma dobbiamo sottolineare che anche la nuova generazione non é felice. Essere felici, vuol dire piena contentezza d’animo,  che é causa di soddisfazione: caratterizzato da gioia e d’amore, ma in loro troviamo insoddisfazione e tanta tristezza. Si vede proprio che i tempi sono cambiati!

 L’arte della propria serenità

 Alla mattina sul tavolo del bar ci sono tre o quattro quotidiani. Non li leggo in modo sistematico, come mi succede quando sono a casa. Prima di tutto, perché ci sono gli altri avventori che desiderano leggere i giornali. Tra un  sorso e l’altro di buon caffè caldo e rigeneratore, scorro i titoli, mi soffermo su alcuni articoli che mi interessano,  poi li commentiamo con gli amici, poi basta. Non vi dedico più di un  quarto d’ora, venti minuti. Eppure quasi sempre, alla fine, resto irritato, malcontento. Non per una notizia o un articolo in particolare, ma perché la lettura mi getta subito, dopo il caffè, nel mondo della politica, della polemica, della lotta, delle accuse e contraccuse, dei giudizi drastici, delle condanne. Ho impressione di leggere la cronica di una partita di pugilato che non finisce mai. Intendiamoci non sto dicendo che i quotidiani facciano male. Essi mi raccontano una verità che purtroppo conosco già, come del resto succede alla grande massa di lettori.

So che nella vita non ci sarà mai  pace, che c’è gente che soffre, che lotta, che odia. So che anch’io troverò sempre problemi, persone che mi ostacolano, e verso cui proverò rancore. Sono cose che so, come so che la natura e la vita stessa e volte é violenta. Ma perché devo ricordarmi subito al mattino, mentre sto sorbendo quella delizioso nettare che si trova nella tazzina e che il mio palato si delizia nel sorseggiare?

Il sociologo Francesco Alberoni, ci spiega le ragioni, infatti, egli così scrive: “Se é vero che siamo tutti aggressivi, che anch’io sono aggressivo, é altrettanto vero che noi tutti, e anch’io, desideriamo anche intensamente la serenità, la pace dello spirito, la bellezza, l’amore.

 Nel corso della storia, ci sono sempre state persone che hanno cercato di ritirarsi dallo scontro del mondo. I greci, così individualisti e litigiosi, aspiravano a una vita contemplativa e trovavano pace e serenità nella filosofia, nella matematica, nel rigore della dimostrazione, vissute come esperienza mistica. Poi abbiamo avuto gli anacoreti cristiani, i monaci medioevali che si tenevano lontano della guerra e, in Oriente, gli asceti, gli yogin, i monaci buddisti e teoisti, i sufi, tutti alla ricerca della pace. E tutti coscienti che, per ottenerla, occorre dimenticare il sé, le proprie ambizioni, le proprie passioni, persino i propri ideali.

Ogni altra strada é una menzogna. Non c’è una politica della serenità. Appena il desiderio di pace spirituale diventa proposta politica, si trasforma in azione, in lotta, si fa accusa, condanna. Nei casi peggiori lancio di cubetti di porfido o di molotov.

La pace deve essere raggiunta prima dentro di sé. E richiede distacco, silenzio, oblio. Richiede di rinunciare alle mete mondane, al successo, all’applauso, perfino al consenso”.

Perciò si può ottenere anche coltivando l’orto, modellando con l’argilla una statua, dipingendo un quadro, scrivendo un racconto, vivendo in armonia la vita coniugale, rispettando il reciproco rispetto fra i coniugi, purché ci si concentri totalmente sull’opera senza altri scopi, altri fini se non fare bene ciò che si fa. Lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta..

“Quanto a me, mi limito a lasciare i giornali sul tavolino del bar, esco del locale, e mi dedico alle varie incombenze, come fare la spesa e portarla in cucina per la trasformazione, poi esco  in giardino e guardo il prato, i fiori, gli alberi che stormiscono, le chiazze di luce e di ombra vede. Vado dove, sul fondo, c’è ancora un tappeto di muschio bruno vicino al gazebo che fa contrasto con l’erba giovane appena nata. E i piedi scalzi vi sprofondano, come sulla sabbia del mare di Cattolica. E allora divento anch’io, un poco, muschio, sabbia e tronchi e foglie. Solo così ritorno capace di pensare in modo obiettivo, di uscire dall’inganno da cui, come tutti, mi faccio irretire.

So che non posso uscire dal mondo, so che devo tornare all’azione, e non mi rifiuto certo di farlo. Ma sento anche il bisogno di un rito di purificazione. Un tempo la gente diceva una preghiera al mattino, poi quando prendeva il cibo e, infine, la sera. Oggi dovremmo perlomeno fermarci in silenzio, accarezzare l’erba, o guardare le nubi, o ascoltare il vento e riflettere sul significato della vita e della meravigliosa  natura che ci circonda,

Parlando della Madre natura,  il nostro ricordo ci porta nuovamente sulle stupende colline di Fiesole, e ci fa rivisitare il più bel paesaggio del mondo, con allo sfondo il Campanile di Giotto, il Ponte Vecchio e la magnificenza dell’Arno, Ma anche al di là della linea azzurra del mare e della spiaggia di Cattolica, con alle spalle dei centri urbani ricchi di  memorie del passato e fervidi di attività, si apre uno scenario naturale tutto da scoprire.

Risalendo le vallate che convergono sulla costa della Riviera Romagnola, ognuno di noi, si troverà in contatto con un paesaggio splendido e stimolante.

Il fiume Marecchia si é aperto la sua strada verso il mare scavando un ampio solco che, man mano che si avvicina alla sorgente, diventa sempre più profondo, affiancato da varie vette progressivamente più alte, dai profili drammatici e tormentati, preannuncio dell’Appennino ormai prossimo.

Altra cosa é la Valconca e il Rubicone. Qui la natura ha avuto la mano leggera. La linea delle colline é dolce e smussata, i pendii si stendono con gradualità e i vigneti, nelle loro sistematiche geometrie, danno all’occhio una visione di un ambiente bucolico

Entrambe le vallate sono percorse da una fitta rete di strade bianche, sentieri, antichi percorsi che aspettano gli amanti della natura e della storia per far loro scoprire rocche, castelli, pievi, monasteri e minuscoli villaggi rurali, segni di una civiltà antica e operosa, ricca di storia e di tradizioni.

Nella valle del Rubicone, si può apprendere una pagina della storia antica. Località che in età romana segnava il confine tra l’Italia e la Gallia Cisalpina. Fu varcato illegalmente da Cesare nel 49 a.C. A capo delle sue legioni. L’identificazione del Rubicone storico rimane indubbia per l’esistenza della zona di tre piccoli corsi d’acqua ( Piscitello, Uso E Fiumicino). Ufficialmente oggi si denomina Rubicone il Fiumicino.

Scendendo verso Pesaro, e tra Gabicce ( Gabil, antica città latina, lungo la via Prenestina; conquistata da Silla, fiorì fino al III secolo,) e Cattolica, sorge la Roccaforte di Gradara, ha, a limite del suo orizzonte, a sud - ovest, la severa corona dei Monti di Carpegna,  e del Montefeltro e, a nord - est, la distesa in questa dell’Adriatico, quasi a darle ragione della sua forza di dominio e di vigilanza. Questa é la  Rocca dove trovarono la morte i due famosi innamorati: Paolo e Francesca, cantati da Dante nella Divina Commedia.

Così un poeta ( G.Rossellini: “ Ode a Gradara”) innamorato di Gradara scrisse in una notte di  plenilunio sognando nel suggestivo bosco delle annose querce ai piedi della Rocca, rievocando  con il felice aiuto della fantasia, della leggenda e della storia, figure ben note che, nella Rocca, hanno lasciato il ricordo della loro vita tormentosa di passioni e di rinunce, di odii e di prepotenze, di dolcezze e di crudeltà.  In cima ad una meravigliosa collina, visibile anche dal molo di Cattolica, sorge appunto, la Roccaforte di Gradara, raggiungibile dai turisti e dagli studiosi, dai sognatori; e a tutti piace rievocare il tempo antico mentre si compie il giro attorno alle merlate mura e, superato il ponte levatoio, ci si attarda nell’elegante cortile e si sosta nelle austere sale che ricordano splendori o tediose malinconie di potenti  corti medioevali; i Malatesta, gli Sforza, i Della Rovere, nomi che riassumono il più brillante e movimentato periodo del Feudalesimo italiano.

“..... Sull’ubertoso colle, solitaria,/ Ombra massiccia di mastina schietta/Vigila il sonno, delle quadre torri. /Ardue. Gradara......”