AVANTI CLICK

IL PERIPLO DEL LAGO DI GARDA

30 giugno 2002.

 L’anno scorso, il I^ luglio, i “berretti verdi” dell’Ente Valle di Campitello, erano proprio qui, su questa stessa banchina del Porto di Peschiera, pronti per salpare alla conquista del lago di Garda. Credevamo di trovare  la gloriosa nave fluviale G. Zanardelli, ma non é stato così. Al suo posto, c'era la motonave “ Brescia”. Oltre al nostro gruppo,  abbiamo trovato una folla anonima e di diversa estrazione sociale che aspetta sotto il pallido sole. Qualcuno dava segni di nervosismo per il ritardo della nave, ma l’imbarcazione non era affatto in ritardo. Infatti da dietro il vecchio forte, incorniciato da alte piante di conifere, con il fusto dritto e molto ramificato, che  cercano di bucare il cielo in cerca della luce, spunta la prua della  motonave “Città di Brescia”

Qualcuno urla dicendo: “ Allegri ragazzi! Ecco che sta arrivando la nostra nave, cercate di stare tutti vicini e di salire ordinati. Quel tizio, sembrava che parlasse a degli scolari, ma di ragazzi  non c’era neppure l’ombra, eravamo tutte persone di una certa età, che sulle navi ci siamo sempre saliti. Nel nostro gruppo, ho saputo più tardi, che c’erano delle persone che non avevano ancora mai visto il lago, figuriamoci il mare. Ma c’è sempre una prima volta. Ecco, la  grigia nave fluviale  é entrata nel porto e si é posizionata  a fianco al molo. Di fronte ai vecchi forti austriaci, I marinai, con molta flemma, si apprestavano a lanciare la cima  della corda e in pochi minuti  eravamo tutti a bordo.

Per dire la verità, al posto della motonave “Brescia” avrei preferito la Zanardelli.Essa é una vetusta nave , che fu varata nei cantieri di Peschiera nel 1903.  Questa nave, come la sua gemella “ Italia”, hanno una storia particolare. Nel periodo della Grande Guerra Mondiale, sono state assegnate alla CRI e trasformate in Ospedale Militare galleggiante. Originariamente sono nate come navi a vapore e, successivamente sono state trasformate e dotate di un motore Diesel. Quello che abbiamo notato la prima volta che siamo saliti a bordo, é che entrambi sono due navi gemelle e non sono dotate dall'elica posteriore come tutte le navi, ma da due ruote laterali, come i famosi battelli fluviali del Mississippi, che il cinema americano ci ha fatto vedere in tanti film, che raccontavano la storia dell’America, nel periodo  della corsa all’oro in California.

La Zanardelli, non é una nave qualsiasi, ma una vera opera d’arte galleggiante che rispecchia l’arte Liberty: detto di uno stile e di un gusto sviluppatosi tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento, che ricercava in tutti i campi artistici linee morbide e raffinate, ispirate a quelle che formano piante e fiori, detto anche stile floreale.

E che dire del  nome ? Oh, si, il nome: G. Zanardelli. Un nome prestigioso di un uomo politico  della fine dell’Ottocento. Ma  chi era Giuseppe. Zanardelli? Egli era un uomo politico, che ebbe i natali a Brescia nel 1826 e morì a Maderno nel 1903. Dopo di aver combattuto per l’unità d’Italia,  fu deputato dalla Sinistra nel 1860, dal 1876 al 1883 ministro dei lavori Pubblici, dell’Interno e di Grazia e Giustizia. Fautore nel 1882 dell’allargamento del suffragio elettorale e sostenitore del movimento operaio, l’anno dopo abbandonò il ministero, manifestando la propria ostilità al trasformismo del Depretis. Tornato al governo nel 1887, come ministro di Grazie e Giustizia promulgò ( 1889) il Codice Penale legato al suo nome: fu poi presidente della Camera ( 1892), più volte ministro e infine presidente del Consiglio dal 1901 al 1903, anno della sua morte. In quello stesso anno, fu  varata  questa bellissima nave Liberty, alla quale, in suo onore,  venne intitolata con il suo nome. G. Zanardelli.

Quelli erano i tempi bui della nostra storia, ma anche e soprattutto  l’epoca della miseria , della pellagra e della malaria. Nella provincia di Mantova ed in tutta la Val Padana, dove noi oggi viviamo la nostra terza età,  i contadini morivano di pellagra: una malattia dovuta a carenza di vitamina PP., frequente soprattutto tra le popolazioni che si nutrivano esclusivamente “d’aria e polenta”, si manifestava con l’apparire di disturbi di carattere psichico e nervoso, disfunzioni dell’apparato digerente, lesione cutanee nelle zone esposte alla luce, senza parlare della piaga della malaria, la malattia caratteristica delle mondine, che erano costrette a lavorare per oltre 12 ore al giorno con i piedi nell’acqua, per un misero salario, un salario da fame e per un pugno di riso.

Lo so, che mi sono prolungato in dettagli che rispecchiano il nostro passato, che per qualcuno potrebbero essere di   poca importanza, ma la storia di qualunque  argomento si tratta, é sempre la storia. La storia e l’interpretazione dei fatti umani, riguardanti la vita politica, militare, civile, religiosa, economica e sociale, realmente accaduti e ritenuti meritevoli di ricordo. Per noi, la storia della nave G. Zanardelli, e gli avvenimenti di quel preciso momento storico, sono   ritenuti meritevoli  di essere menzionati in questo contesto letterario. Dopo questo inciso,  proseguiamo la navigazione lungo le coste veronesi del lago di Garda. Ogni paesino, ogni porto e ogni angolo che stiamo percorrendo di questa splendida Riviera del Garda, ci sono noti e familiari.  Però, ogni volta che li rivediamo, ci sembra sempre la prima volta, questa é la  grande forza che sprigionano questi luoghi pieni di storia e di grande bellezza paesaggistica.

Dolce e bello é l’avviarsi al Garda. Se tu vi giungi dalla pianura, come abbiamo fatto noi questa mattina, con un tempo incerto, esso t’appare nella sua maestosa vastità racchiusa da una severa compostezza di linee e subito ti si disvela nel suo duplice aspetto che sposa lo specchio vastissimo, fra sponde blande, al fiordo titanico, fra rupi spettacolose. Prima di giungere in questo paradiso terrestre, abbiamo attraversato la morena del Garda. Ovunque guardi, comprendi che é terra di battaglie, la morena del Garda: San Martino, Volta Mantovana, Solferino, Peschiera ci ricordano che in questa plaga più volte furono decisi i destini d’Italia.

“ Pochi scenari hanno la grandiosità immacolata e l’austera imponenza che racchiude e vigila il Garda. Pochi, anche, hanno per cornice una sì mutevole aureola di colori, un respiro più ampio, una armonia così perfetta, come é quella che intorno al lago si rinnova ad ogni ora del giorno. La natura ci dischiude qui uno di quei panorami italici dove la bellezza é così solenne, che diventa regalità.

Mentre siamo in piedi sul ponte  della   nave Brescia, i nostri occhi  spaziano da destra a sinistra, e non facciamo altro che osservare le catene che digradano verso mezzodì, come sospinte ancora dalla potente pressione dei massicci del Nord, accolgono il lago di Garda, serrandolo nella sua parte settentrionale fra monti rocciosi di imponente bellezza; ed il lago, uscendo come immane fiume azzurro di fra le rupi eccelse, si avanza, si allarga e si distende nello spazio luminoso, assumendo vastità inusitate e, a volte, quando il vento di borea lo flagella, anche impeti e collere marine: fluctibus et fremitu adsurgens, Bonace, marino.

Guardando  verso poppa dell’imbarcazione,  oltre alla lunga striscia bianca e spumosa, prodotta dalle  eliche della nave, osservavamo uno stormo di gabbiani grigi che ci sorvolano  e poi si tuffano in picchiata nello specchio del lago in cerca di cibo, ma oltre ai gabbiani possiamo  vedere l’arco stupendo dei colli vitiferi, su cui siedono Bardolino e Lazise; è in questa regione che la sponda veronese si veste delle sue note più smaglianti, trionfanti poi nella punta di San Vigilio  e nel suo parco meraviglioso. La signora Cesarina, che capeggia il gruppo di Campitello, vedendo quell’angolo felice, quella mistica chiesetta che si specchiava nelle acque fredde del lago, mi ha sorriso e quel sorriso voleva dire che  era felice di ammirare quella punta caratteristica dal vivo. Si, perché, in passato, ho dipinto un piccolo quadretto di quel luogo  facendole  omaggio.

La motonave “ Brescia”, scivolava dolcemente sulla acque placide del lago che da San Vigilio a Torbole, pittoresco pese dal dolce clima, tutta la sponda veronese si avvolge al piede di un’antica poderosissima montagna: il monte Baldo, che s’accampa possente, fra le acque del Benaco e quelle dell’Adige. Ammirando quella poderosa montagna del Baldo, ci sono venute in mente le varie escursioni che con Adriana mia moglie, in compagnia degli uomini del CAI di Mantova, abbiamo più volte scalato. Una di quelle escursioni, parecchi anni fa, ci é particolarmente rimasta impressa nella nostra memoria, per il grosso temporale che ci ha colti, proprio sul vertice di quella aspra montagna. Lasciamo i ricordi tristi di quel giorno e ritorniamo alla nostra “ mini crociera” sul lago, con i nostri amici dell’Ente Valle di Campitello. Mentre la  motonave  naviga ad una velocità di crociera, i paesi si succedono ilari e sorridenti: Torri del Benaco e Brenzone, Malcesione e Navene, con i loro abitati semplici e tipici; e, lungo il percorso, il panorama dell’opposta sponda e quello della montagna altissima ed imminente, sono di una grandiosità che rapisce e soggioga.

 Leggiamo su di una vecchia pubblicazione del Touring Club Italiano, del 1931, una pagina della storia di questi luoghi: “ Alto era un tempo lo splendore di questo bacino. Col fiorire delle libertà comunali, la vita andò raffinandosi, e Scaligeri e Visconti e Veneziani vi impressero segni mai vista industria ed audacia gli ingeneri veneziani avevano portato nel lago dall’Adige, facendo loro scavalcar Loppio e la sella di Nago, con l’opera di una moltitudine di braccianti. A Toscolano fiorì, prima in Italia, l’industria della carta; a Messaga sorse la prima stamperia; l’industria della lana prosperava sulla sponda veronese, ed a Salò l’industria del refe. Tele famose si tessevano a Gardone e a Barbarano, mentre a Riva si conciavano con maestria le pelli.

La pesca fu sempre, come é ancora oggi, una elle maggiori risorse del lago, e fu talvolta di pretesto a qualcuna di quelle sontuosissime feste rimaste famose nella storia locale; il celebrato carpione benacense ornava sin le tavole dogali. Il vino e gli altri prodotti della terra che qui assurgono a bontà squisita, sono ancora notevoli sorgenti di ricchezza: ma l’industria del forestiero sta per avere la preponderanza, inanellato come é ora il Benaco da una strada ininterrotta che invita il turista a percorrere queste magiche rive e lo convoglia a questi splendidi giardini di delizie”.

Mentre ci venivano in mente queste delizie culinarie, l’altoparlante di bordo ci annunciava che la sala da pranzo era aperta e che fra pochi minuti ci sarebbe stato servito il pranzo. Non c’era il celebrato carpione benacense che ornava la tavola, ma faceva bella mostra di se, una bottiglia di ottimo “Bardolino” prodotto  squisito dai colli morenici. E’ bello, vedere tanta gente a pranzare negli alberghi come pure su di una nave come questa, i pasti costituiscono una cerimonia rituale strettamente codificata. E’ uno spettacolo affascinante, e spesso desolante, vedere quelle coppie e quelle famiglie ingerire in silenzio, con gli gesti forzati, su tovaglie impeccabili, un cibo universale, da cui é stato accuratamente bandito tutto ciò che può rammentare una regione o una stagione. Mentre consumavo il pranzo, con Adriana, Pierino e sua moglie, dalle grande finestre scorreva il meraviglioso paesaggio del lago e della costa lacustre. Ti dava la sensazione di assistere , come in un grande schermo, alla proiezione di un film naturalistico, ma quello non era un film di Quark, ma la realtà di quel meraviglioso paesaggio del   più grande lago d’Italia: il lago di Garda.

Nella cittadina porticata  di Riva, la comitiva dai berretti verdi si é dispersa per le stradine, i vicoli e i giardini, in cerca di souvenir e di un poco di frescura sotto i poderosi alberi che cingono il porto. Alcuni, i più incalliti tifosi di calcio, si sono fermati nel piccolo bar sulla piazzetta, per seguire la partita finale del campionato mondiale di  calcio  tra la Germania e il Brasile, con la vittoria  di quest’ultima. Altri,  capeggiati dal sottoscritto, dopo un  buon caffè, abbiamo assistito al passaggio  della fanfara piumata dei Bersaglieri, sulle loro caratteristiche biciclette d’epoca , fra gli applausi del pubblico rivierasco.

Riva del Garda, è una località bellissima, che venendo  dal trentino, a mano a mano che  avanzi, l’abete e la quercia cedono all’olivo: i roseti allietano i muriccioli di cinta, come i gerani le finestrelle dei casolari;  finché ad Arco, compare il tipico cipresso benacense e l’agave e l’oleandro s’impongono nel paesaggio, assieme al cedro e al limone; ed entri nel regno del dolce meridione, ma contenuto in una cerchia di orride pareti rocciose, vero paesaggio dantesco. E la scena si continua intorno  a Riva e giù  per lungo tratto fino alla rivelazione della “ Riviera”. In questo  borgo medioevale, oltre ai piccoli portici bassi, sulla piazzetta, svetta verso il cielo l’alta torre  costituita da grossi blocchi di granito del Trentino.

Facciamo dunque un viaggio ideale partendoci dal sommo del bacino. Lasciamo il porto pittoresco a bordo della motonave  il “Tonale”, dove le vele delle barche fan giochi di riflessi colorati sullo sfondo della piazza porticata, e incominciamo a  costeggiando la rupe immane della Rocchetta, incisa da due strade ardite e pittoresche, la famosa “Gardesana” . Dal ponte di questa nuovissima nave, osserviamo fantastici pinnacoli che s’alzano sul nostro capo e immense pareti, nude e scabre rupi che per molteplici segni ci parlano ancora della grande guerra. A Limone, con le sue vecchie limonaie la muraglia rocciosa si arretra per far luogo ad un’oasi verdeggiante: poi riprende l’alta costiera, che solleva i suoi paesini al cielo, tenendoli sopra il precipizio, sorridenti di ignara infantilità: Vesio, famosa fin dall’antico per i suoi marmi, Villa e, più in  basso, Ustecchio e Voltino e Priezzo e Pieve di Tremosine. Dopo Tremosine la scogliera, solcata di quando in quando da forre profonde continua ancor nuda e solenne sino al minuscolo territorio di Campione, per sollevarsi anche più gigantesca poco più in là a reggere, come sopra un piedistallo mirabile, il santuario della Madonna di Tignali.

Mentre ammiravo questo paesaggio quasi dantesco, e cercavo di rievocare le lunghe escursioni con gli amici del CAI di Mantova, su quelle creste dentellate, l’amico Pierino Ghizzi, che  stava seduto vicino a me ed ad altri amici campitellesi, mi ha chiesto: “ Diego, mi sai dire come si possa vivere fra quelle montagne, in quei piccoli borghi, che altro non sono che un grumo di case, prive di ogni conforto”? Si, hai ragione. Quei paesini, non sono altro che un grumo di case colorate, ma fra quella gente di montagna, c’è tanta umanità. Non hanno bisogno di molte cose per vivere e per questo sono immuni di tante malattie come, per esempio, la pressione alta, il colesterolo e il diabete. Vivono felici e senza problemi. E poi, di lassù, si  ammira un paesaggio mozzafiato, mentre l’aria é pura, é pulita e non esiste nessuna forma d’inquinamento. Nei nostri paesi della Val Padana, come tu sai, non c’è tutto questo. Ecco perché, in qualche misura, siamo tutti affetti da qualche patologia che ci rende difficile la vita.

Mentre la motonave il “  Tonale”, scivolava lentamente sulle acque tranquille del lago, ecco che la dura muraglia ad un certo punto si frange. Gragnano e Bogliasco appaiono con le prime ville e le alte cedraie in un’odorosa conca ben coltivata. A quel punto, Adriana, che stava osservando la costa, mi ha detto: “ Guarda, ecco Toscalano annidato fra gli oliveti, guardato da gioconde colline, dominato dal monte Castello e dal Pizzocolo.  La nave sta per attraccare nel piccolo porto di Maderno, dove noi un tempo non molto lontano, abbiamo soggiornato”. Si, é vero, questo é un paesaggio che fa parte della nostra memoria e anche, se vogliamo, della nostra giovinezza”. Poi, doppiata la punta, Maderno specchia nel golfo falcato l’alta colonna di San Marco e la romanica chiesa di San Ercolano. Siamo ormai nella magnifica “ Riviera” bresciana, famosa e celebrata, fastosa per la sua vegetazione ed ingemmata di ville sontuose e di alberghi superbi; siamo in un lussureggiante e profumato giardino, in mezzo al quale trionfa l’organizzazione ospitale a Fasano, a Gardone.

Forse sarà la nostra impressione, ma oltre Gardone, la “ Riviera” é più raccolta e severa; ed anche i fabbricati, le villette di nuova costruzione, le ville antiche, le torri i castelli che si affacciano fra oleandri e cipressi mutano volto, recando l’impronta dei secoli di quando  era quivi dolce vivere sotto le ali del leone di San Marco; con  ville in puro stile, che nella pietra e negli alberi venerandi perpetuano nel moderno affanno la placida melodia superstite di quei tempi, che per noi é storia quasi dimenticata, ma che in ogni angolo rivivono quei tempi lontani. Più si sente questo mutamento in Salò e nel suo bel golfo: nella vecchiotta e simpatica cittadina, che se ha rinnovato forzatamente gran parte della sua fronte al lago, tiene nella sua piazza e nelle sue vie interne molti segni d’essere stata il fiorente capoluogo della “ Magnifica Patria”. Oltre a tutto questo, nel nostro passato prossimo, ci rammenta che nel 1944/45  fu  sede del governo della fascista Repubblica Sociale Italiana, detta anche Repubblica di Salò.

Navigando più avanti, fuor del golfo ameno, da un breve varco  abbiamo goduto a pieno la visione della meravigliosa isola del Garda, che l’abbiamo definita impropriamente il grande “fiordo del Garda”, chiusa da basse pareti rocciose quasi pianeggianti, formatosi per l’erosione hanno prodotto nel loro lento  movimento quel paradiso terrestre, coperta da una vegetazione lussureggiante mediterranea di grande bellezza., serra di piante rare; per la dolce Valtenesi, ricca di castelli e di  ville, terra ferace che cresce il Moniga salace ed ilare la facezia di frate Folegno, che ride da Manguzzano. E’ la più grande e la più bella isola del lago, con parchi lussureggianti ed una grande villa veneziana. Prima di entrare a  Desenzano dal porto caratteristico, fiorente di traffici e operosa la vita, la motonave ha puntato la sua prua verso la penisola di Sirmione che si protende da sud nelle acque azzurre del Benaco per circa 4 chilometri, é molto frequentata per  lo splendore del paesaggio e per le cure termali. I poeti Catullo e Carducci affascinati dalla bellezza dei luoghi, la descrissero in versi immortali.

Oziare a picco sul Lago di Garda.

 Alla scoperta delle Grotte di Catullo , (sembra che il celebre  poeta non c’entra per nulla). Adesso cerchiamo di specificare il perché: la sua posizione é unica: tra il golfo di Desenzano e quello di Peschiera, é la villa romana più estesa della Lombardia e del Settentrione d’Italia. Anche sulla parte più estrema della stretta penisola di Sirmione , a picco sul Lago di Garda. Settantamila metri quadrati di storia in uno scenario impareggiabile, a quaranta minuti da Mantova: sono le cosiddette Grotte di Catullo. Il parco archeologico ogni anno é visitato da 200 mila persone con punte di 2 mila ingressi al giorno Alla villa é annesso un ricco museo. Il percorso é stato realizzato dalla sovrintendenza per i beni  archeologici della Lombardia e dalle Terme di Sirmione. Furono infatti lago, colline ed acqua calda ad ispirare l’architetto a fare decidere al padrone di costruire la villa: Ma quale padrone? E’ ormai assodato che Caio Valerio Catullo - celebre autore di Odi et amo, poeta dei sentimenti, morto nel 54 avanti Cristo - non é potuto risiedere nella grande costruzione della penisola. L’edificio, infatti, venne realizzato tra il I secolo avanti Cristo e il I dopo Cristo sul modello delle ville marittime, alla moda sui litorali laziale e campano. Certamente Catullo a Sirmione aveva una proprietà, una amatissima residenza, ma non era questa. Furono il tempo e la fama del poeta ad imporre alle Grotte ( caverne, i ruderi che guardano il lago) il nome di Catullo. Di certo la villa appartenne ad una famiglia potentissima che qui, sui due ettari del complesso, coltivava ozio e piaceri. Per superare le forti pendenze della roccia, alcune parti dell’edificio ( lato occidentale) furono costruite su piani sovrapposti, come il criptoportico, così da realizzare una enorme piattaforma dove vennero edificati gli edifici residenziali. I cartelloni distribuiti lungo il percorso, nell'oliveto, permettono al visitatore di confrontare la situazione attuale con quella della villa di duemila anni fa.

In passato, siamo stati parecchie volte a Sirmione ( che si collega all'istmo con un ponte trasformandola in penisola) sembra un grandioso e magnifico parco naturale, percorso da viali e sentieri fra una rigogliosa vegetazione di ulivi, cipressi, lauri e magnolie. Tre colline si alzano all’interno, la prima posta a levante della “ Cortine”, la seconda a ponente chiamata “ Movine”, la terza a settentrione posta tra le due, chiamata “Grotte di Catullo”, sede della zona archeologica di un antico palazzo romano di cui sopra specificato. Dal ponte della motonave, abbiamo ammirato il suo magnifico panorama, il castello o Rocca scaligera costruita come fortezza da Mastino della Scala, entro la cerchia delle antiche mura che circondano tutto il Borgo Medioevale.  Il Castello e tutto il Borgo, era illuminato dal sole calante e ti dava la sensazione di ammirare uno  scenario di quinta teatrale, ma quello non era un paesaggio finto, ma era reale, vivo, pieno di vita e i raggi del sole lo rendevano maggiormente più bello e interessante e operoso di vita.

Seguendo la navigazione e stando sul ponte della nave, di fronte a noi si presentava la pittoresca cittadina di Desenzano del Garda, situata nella parte meridionale del Lago sul grande golfo omonimo, dove c’è  l’antico e caratteristico porticciolo circondato su tre lati da vetusti edifici. Qui, in questo luogo, ha avuto termine la nostra crociera del lago più bello e più grande del Bel Paese.

Il mio lettore o la mia lettrice vogliono gentilmente perdonarmi se offro loro un mondo composto di meravigliose bellezze e anche, si, perché no, di ricordi tanti frammentari e imperfetti. Può darsi che, d’un tratto, dietro a un’avventura  o a un paesaggio meraviglioso come questi, riconoscono qualcosa delle descrizioni che hanno anch’essi sentito e ammirato nel  loro passato. Forse anche del loro presente, governato da una storia che lo ordina e lo domina. E perché no, se gli uomini restano tanto simili a loro stessi attraverso i mutamenti, anche del loro futuro.

Il grande disco rosso del sole, era lì, pronto per tuffarsi nelle acque limpide e  temperate del grande lago, mentre le ombre attorno al porto si andavano delineando.  Dal ponte della nave, tutti potevano comprendere che il nostro bellissimo viaggio, organizzato dall’Ente Valle di Campitello, era già finito. Peccato!

Per questo motivo, nel cuore di ognuno di noi, c’era tanta tristezza, ma   soprattutto c'era tanta gioia: quell’impressione piacevole o esaltante che si prova nell’animo umano quando si gode un piacere così grande. A noi, é successo tutto questo.