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Arte e vita

Le interviste di Tonino Pintacuda

Andrea, partiamo da un dato: la trasposizione cinematografica de "Il Signore degli Anelli" sta avendo un successo planetario, confermando e amplificando, nonostante tutte le distorsioni ideologiche e  politicheggianti del passato, il grandissimo talento di Tolkien.

Non vogliamo parlare di questo, però. La domanda è più mirata ed è un  problema che ritorna sempre in ogni azzeccatissima trasposizione cinematografica: e ora? I futuri lettori di Tolkien, i futuri fan di Frodo e Co. saranno influenzati vistosamente dalla trilogia di Jackson, per capirci vedranno sempre Gollum con quegli occhioni blu e Aragorn avrà, pagina dopo pagina, la faccia di Viggo Mortensen. Non parlo del confronto-scontro tra lettura e apprendimento iconico, la sociologia e la psicologia  hanno già ampiamente dimostrato che si equivalgono. Ma è stato giusto delimitare la Terra di Mezzo? è stata un'operazione commerciale-culturale azzeccata ma, forse, era meglio non portare tutta questa tecnologia alla Contea, insomma, tu Tolkeniano “cartaceo” che ne pensi?  


Caro Tonino, provo a dare una risposta alla domanda "...forse, era meglio non portare tutta questa tecnologia alla Contea?".
C'è chi ha già portato la tecnologia nella Contea, nel romanzo, e si chiama Sharkey (e non svelerò la vera identità di questo personaggio... tanto i tolkieniani sanno già di chi parlo) e gli è andata male, farà una brutta fine.
Come forestiero della Contea posso dire due cose: 1) la tecnologia è già stata portata, dal formidabile Jackson e con questo dato di fatto bisogna fare i conti; 2) la tecnologia, in sé, non è un male. Nemmeno per Tolkien. Uno dei punti centrali di tutte le sue opere è proprio il rapporto tra arte-techne-libertà. Il cosiddetto "ecologista" Tolkien immagina e scrive nel Silmarillion che, prima ancora del Sole e della Luna, la prima fonte di luce nel mondo da lui creato siano due enormi Lampade create, costruite dal Dio Aule, il Fabbro.
Come spettatore dei primi due episodi del film posso dire che anche a me "brucia" il fatto che adesso immaginerò quei personaggi con i volti degli attori. Devo dire che avendo letto il romanzo molte volte negli ultimi 25 anni ormai alcuni volti sono così radicati in me che nemmeno la forza delle immagini di Jackson li ha cancellati.
Per esempio Viggo Mortensen è un buon Aragorn ma non quello vero (per me)... è bello ma ancora troppo "coatto". Gollum già va meglio. Barbalbero non mi è piaciuto molto. Gandalf invece è splendido, così come Bilbo e in genere gli Hobbit. L'elenco (con i miei "voti") sarebbe lunghissimo e forse noioso. Io lettore cartaceo vedo questi film provando una stranissima sensazione: sia che il film corrisponda alla mia visione, sia che la smentisca, in tutti e due i casi provo una deliziosa sofferenza nel vedere "delimitata" la ricchezza eccezionale della scrittura di Tolkien.
Il problema è vecchio. Non so come si sono sentiti i lettori del Gattopardo quando hanno visto che il Principe di Salina aveva il volto texano del divo Burt Lancaster. E ho fatto l'esempio di un film che può benissimo stare a fianco al capolavoro letterario che lo ha ispirato.
 Era giusto realizzare questa "delimitazione"? La domanda, permettimi, ha qualcosa di "talebano", di "iconoclasta". Nel 1994 mi trovai ad una riunione della Soc.Tolkienana Italiana (su cui ci sarebbe molto da dire...) e si discuteva della mera eventualità di una trasposizione cinematografica del romanzo, Jackson nemmeno esisteva all'epoca. Io fui tra i pochi a difendere l'idea. I duri e puri tolkieniani erano molto preoccupati, quasi quasi volevano impedirlo a livello giuridico, legislativo. Dissi all'epoca che, invece, un grande film anche Hollywoodiano, anche "infedele" al puro spirito tolkieniano, avrebbe avuto un effetto benefico sul mondo dei tolkieniani che, finalmente, sarebbero stati spinti fuori dalle "catacombe" in cui amavano rintanarsi. Mi sembra che questo sia stato l'effetto del grandissimo successo del bel film di Jackson, che inoltre è molto fedele, nei limiti imposti dal diverso linguaggio, allo spirito ed alla lettera del romanzo.
Devo dire, quindi, che la cosa più bella della domanda è quel "forse" posto all'inizio. Anche perchè "il dubbio è uno dei nomi dell'intelligenza" (Borges).
   
 

Chi è

Andrea Monda?

 

 

Laureato in Giurispruden-za, giornalista, critico letterario e professore di religione. E' il responsa-bile dei grandi eventi di Bc e  co-autore, insieme a Saverio Simonelli del bel saggio edito da Frassinelli  Tolkien, il signore della fantasia

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