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Il forziere di BombaSicilia

scaglie e emozioni da conservare...


 "Il traduttore di questi sonetti non ritiene che sia di nessuna importanza né il suo nome, né le sue origini o fattezze né le sue nevrosi o gioie.
Se qualcuno trovasse anche solo un po' di Grazia in quanto ha erroneamente posto in essere ne sarebbe già totalmente appagato.
Merci."

65

Since brass, nor stone, nor earth, nor boundless sea,
But sad mortality o'ersways their power,
How with this rage shall beauty hold a plea,
Whose action is no stronger than a flower?
O, how shall summer's honey breath hold out
Against the wrackful siege of battering days,
When rocks impregnable are not so stout,
Nor gates of steel so strong, but Time decays?
O, fearful meditation! Where, alack,
Shall Time's best jewel from Time's chest lie hid?
Or what strong hand can hold his swift foot back,
Or who his spoil of beauty can forbid?
O, none, unless this miracle have might,
That in black ink my love may still shine bright.

(Poiché non v'è bronzo, nè pietra, nè terra, nè illimitato mare,/cui la luttuosa mortalità non soggioghi il poetere,/come, contro questa furia, si difenderà la bellezza,/la cui azione non è più forte di un fiore?/Oh, come resisterà il respiro mielato dell'estate/contro il rovinoso assedio dei giorni corrosivi,/quando rocche inespugnabili non sono (poi) così incrollabili,/né i cancelli d'acciaio così forti, che il Tempo non li atterri?/Oh, spaventosa meditazione! Dove, ahimè,/se ne starà nascosto al forziere del Tempo del Tempo il più bel gioiello? O quale presa potente tirerà indietro il suo piede veloce?/O chi proibirà che spogli la bellezza?/Oh, nessuno, a meno che non lo possa questo miracolo,/che nell'inchiostro nero non scintilli per sempre l'amor mio.)

Sa a bronzo o roccia o terra o quest'assoluto mare
Luttuosa morte doma il pulsante suo vigore,
contro tal furia come bellezza può lottare
se gli atti suoi s'accendon più fiochi d'aria e fiore?
Come il respiro estivo conserverà il suo miele
Contro il furioso assedio dei giorni aspri insistenti,
se non così inviolata è la rocca più fedele
né porta 'sì temprata che il Tempo non le annienti?
Incubo ed ossessione! Dove potran sfuggire
Via al Tempo ed al suo scrigno, del Tempo gemme ed ori?
Chi mai pugnace al Tempo isteria potrà guarire,
o chi potrà vietargli che predi gli splendori?
Nessuno, ahimè, se in questo miracolo d'un verso
Non brilli in nero inchiostro l'amore mio più terso.


73

That time of year thou mayst in me behold,
When yellow leaves, or none, or few, do hang
Upon those boughs which shake against the cold,
Bare ruined choirs where late the sweet birds sang.
In me thou seest the twilight of such day
As after sunset fadeth in the west,
Which by and by black night doth take away,
Death's second self, that seals up all in rest.
In me thou seest the glowing of such fire
That on the ashes og his youth doth lie,
As the death-bed whereon in must expire,
Consumed with that which it was nourished by.
This thou perceiv'st, which makes thy love more strong,
To love that well which thou must leave ere long.

(Quel tempo dell'anno lo puoi in me cogliere,/quando foglie ingiallite, o nessuna, o poche, stanno appese/a quei rami tremanti di freddo (prima del freddo),/cori in rovina e spogli dove prima cantavano dolci uccelli./In me vedi (come) il crepuscolo di un tale giorno,/dopo il tramonto, sbiadisca ad occidente,/e dalla nera notte (sia) immediatamente rapito via,/lei della morte altro "sé", che tutto sigilla nel silenzio./In me osservi il barbaglio di un fuoco/che giace sulle ceneri della sua giovinezza,/come sul letto di morte dove lui debba spirare,/consumato da ciò da cui era stato nutrito./Tu questo percepisci (annoti), che fa il tuo amore più forte,/per amare meglio quanto al più presto devi lasciare.)

Puoi l'ora in me dell'anno afferrare e nel poema
Quando nessuna o quasi foglia dal giallo manto
Se ne sta appesa al ramo che intuendo il gelo, trema,
cantoria sfatta e spoglia dell'usignolo e il canto.
Tu in me del giorno osservi crepuscolo e rovina
Come, dopo il tramonto, dilegui in Occidente,
e notte oscura e notte di lui faccia rapina,
alter ego alla morte, sigillo più silente.
Del fuoco in me tu osservi il restante poco ardore
Che posa sulle ceneri del suo ardente aprile,
letto in cui il suo respiro agonizza e lieve muore,
e ciò che lo nutriva lo disfa in fuoco ostile.
Caduco percepirmi ti faccia amar più forte
Così ch'ami più ardente chi presto è della morte.


98

From you have I been absent in the spring,
When proud pied April, dressed in all his trim,
Hath put a spirit of youth in everything,
That heavy Saturn laughed and leaped with him.
Yet nor the lays of birds, nor the sweet smell
Of different flowers in odour and in hue,
Could make me any summer's story tell,
Or from their proud lap pluck them where they grew;
Nor did I wonder at the lily's white,
Nor praise the deep vermilion in the rose:
They were but sweet, but figures of delight,
Drwan after you, you pattern of all those.
Yet seemed it winter still, and, you away,
As with your shadow I with these did play.

(Da te lontano son stato a primavera,/quando l'aprile sfarzoso e variegato, vestito d'ogni sua eleganza,/ha immesso uno spirito di giovinezza in ogni cosa,/cosicché il greve Saturno rise e saltellò con esso./Tuttavia né i lai degli uccelli, né il dolce odore/di fiori differenti per profumo e tinta,/poterono farmi raccontare dell'estate storia alcuna,/o (farmeli) cogliere dal loro sfarzoso grembo da cui sbocciavano;/né mi stupii del giglio il biancore,/né elogiai il vermiglio profondo della rosa:/non erano che dolcezze, che figure della gioia,/tratte da te, tu modello di tutte loro./E perciò sembrava ancora inverno e, te via di qui lì,/come con la tua ombra io giocai con loro.)

Troppo da te lontano son stato a primavera
Quando il superbo Aprile screziato e più narciso
Pulsava in ogni cosa con l'energia più fiera
'Sì ché il cupo Saturno con lui era balzi e riso.
Né degli uccelli il canto però né il lieve odore
Dei fiori più diversi per tinta e per fragranza
M'indussero a narrare l'estate ed il fulgore
Oppur quei fiori a cogliere da un pondo d'esultanza.
Né mi stupì del giglio la fulgida purezza,
né stimai niente il cuore vermiglio delle rose;
non eran ch'ombre e specchi della tua folle ebbrezza,
copie di te che archetipo sei di queste cose.
M'ancora inverno al cuore sembrava e, te distante,
in queste icone io finsi tua ombra lontananze.
 
 

[continua]


 
 

 

 
 

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