Chi è Veronica Lelario?

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Nata a Roma, vivo a Roma, cresciuta negli ultimi anni un po' in giro per l'Italia... i cavalli mi scappano, a volte, a volte mi coccolano... spesso coccolo io loro. mi piacciono la cioccolata amarissima, villa Borghese (Roma), gli uomini, gli amici, ma non necessariamente in quest'ordine. sono spesso chiusa in una scatola bianca in giro per Roma o a ballar sui tavoli, mi diverto, rido, scherzo... e presto chiamatemi doc!





 

 

4 DE NITTIS

Partendo da una posizione antiaccademica e da una forte opposizione alla concettuosità di Morelli e all'esasperato verismo di Palizzi, i fondatori della scuola bandirono dal loro repertorio tutto i soggetti storico-letterari e le scene di genere e proclamarono una pittura rigorosamente dal vero en plen air. "Lontano, le isole di Ischia e di Procida; Sorrento e Castellammare in una nebbia rosea che, a poco a poco, veniva dissolta dal sole.
E, da per tutto, un profumo di menta selvatica e di aranceti, che io adoro. Chiacchieravamo fraternamente con i marinai, i contadini, le donne e le belle ragazze.
A volte, felice, restavo sotto gli improvvisi acquazzoni. Perché, credetemi, l'atmosfera io la conosco bene; e l'ho dipinta tante volte. Conosco tutti i colori, tutti i segreti dell'aria e del cielo nella loro intima natura. Oh, il cielo! Ne ho dipinti di quadri! Cieli, cieli soltanto, e le belle nubi. La natura, io le sono così vicino! L'amo! Quante gioie mi ha dato! Mi ha insegnato tutto: amore e generosità. Mi ha svelato la verità che si cela nel mito…Anteo che riprendeva vigore ogni volta che toccava la Terra, la grande Terra!
E' con il loro cielo che io mi raffiguro i paesi ove sono vissuto: Napoli, Parigi, Londra.
Li ho amati tutti. Amo la vita, amo la natura.
Amo tutto ciò che ho dipinto"
L'osservazione attenta della natura, del cielo, del mare, la descrizione oggettiva del dato visivo, non contaminato da interpretazioni colte, la preferenza per le vedute paesaggistiche e urbane arricchite dagli aspetti semplici della vita quotidiana furono i più importanti dati innovatori della loro arte.
Alcune opere di questo periodo sono Casale nei dintorni di Napoli e l'ofantino. Queste due tele esposte alla III Mostra della Società promotrice di Belle Arti di Napoli, nel 1866, di cui la prima fu acquistata dal Re Vittorio Emanuele II, per la pinacoteca di Capodimonte, sono due chiari esempi del suo studio dal vero. Analizzando attentamente ogni oggetto, essere vivente dipinto risulta analizzato in ogni minimo particolare e riferito con minuzia e precisione. La luce è limpida e tersa. Ogni cosa suggerisce quasi un paragone con la fotografia. Malgrado avesse rifiutato i modi pittorici di Filippo Palizzi, nella resa meticolosa dei paesaggi, nella ricerca luministica, i due pittori si trovarono d'accordo o per lo meno in Palizzi troviamo delle premesse sicure dei quadri denittissiani. Infatti, se guardiamo con attenzione Studi vari, otto piccole scene riunite in un'unica cornice e nel Bosco. Effetto di sole il pittore per meglio produrre l'effetto luce sparge lumette sapientemente nel quadro: la spuma del mare, la neve delle montagne, i sassi, i panni stesi. La luce, invece, nel secondo quadro, penetra dagli alberi in sottili pennellate e si sparge soffusa ovunque, delinea i contorni degli alberi, accende il sottobosco.
Liberando i colori da ogni contorno coglie l'istante fermandone la luce con un tratto veloce ma denso. Un esempio in cui tale capacità si evidenzia è Marina .
Elemento fondante della pittura di De Nittis, quindi, è la luce, interpretando l'analoga esperienza impressionista, secondo la quale tutto ciò che vediamo è luce e colore, l'una e l'altro mutevoli di minuto in minuto, secondo l'ora e quindi secondo la provenienza della fonte luminosa, secondo la stagione e del punto di vista del pittore.
In tutto il periodo napoletano l'artista De Nittis matura e sotto la guida dell'accorto Cecioni migliora le proprie qualità pittoriche, il suo nome diviene famoso nei circoli giovanili: la sua fama arriva a Firenze, al Caffè Michelangelo, emblema del rinnovamento operato dal gruppo dei Macchiaioli, che per venti anni, dal 1845 sarà un ritrovo per artisti, letterati e spiriti bizzarri. Signorini descrive così il clima: "Le prime riunioni fossero pretesto a discussioni d'arte…in questi primi tempi adunque rammentati con tanto piacere dai pochi superstiti, era il Caffè Michelangiolo il ritrovo del capi ameni, degli eccentrici, dei matti insomma, come ha sempre qualificati i pittori tranquillo borghese amante delle arti. E di fatto le burle di tutti i generi erano all'ordine del giorno, gli stornelli popolari delle campagne toscane, cantati con mirabile armonia, trattenevano la folla che sotto la finestra del Caffè inondava la strada…" Cecioni, ritornato a Firenze lo esorta più volte a raggiungerlo proprio perché il manipolo di artisti sarebbe stato un gruppo di sinceri e fervidi ammiratori i quali con intransigente verismo si opponevano ad ogni costringimento accademico. Riassumevano il loro programma in tre parole: ingenuità, individualità, verità, interpretando la ripresa dal vero per ciò che è e rendendo la propria ripresa in modo individuale. L'ambiente era quello giusto per il pittore barlettano. De Nittis però non poté giungere subito a Firenze, come testimoniano due lettere, del 5 agosto e del 26 agosto , indirizzate a Adriano Cecioni. Vi si recò più tardi nei mesi di ottobre e di novembre. Diego Martelli ricorderà: "Fu allora che vedemmo quel giovanotto, piccolo, tarchiatello, dalla barbetta e capelli neri, vestito elegantemente e ricco di tutta l'espansiva burbanza di un meridionale di venti anni che non dubitava di nulla, aveva portato con sé degli studi di pianura fatti nella sua Puglia, una lunga strada polverulenta vista in prospettiva…una notazione grigia e al tempo stesso colorita, ed ecco la nota dominante della sua ricerca, ed il miracolo del nuovo verbo.
La società degli artisti fiorentini era stata a quell'epoca lavorata assai da Nino Costa; e nella terra dove sono nati gli affreschi del Ghirlandaio e del Masaccio, facile era trovare il terreno favorevole alla sobrietà che combatte il quadro fatto per amore del pezzo di stoffa; graditissimo quindi l'annunzio di questa nuova pittura, che batteva l'Achille della scuola napoletana nel suo stesso paese, Peppino De Nittis piacque, fu sinceramente acclamato, ed ebbe conferma da giudici competenti e rigorosi della potenza delle sue facoltà". Venne a contatto con la nuova pittura e conobbe artisti dei Macchiaioli, ma ne deve essere rimasto perplesso poiché li confrontò con la pittura parigina con cui era stato a contatto poco tempo prima. Secondo Diego Martelli, De Nittis visitando le sale della Promotrice Fiorentina, "pieno di speranze del sentimento di un'arte più fina" (Martelli) non prese sul serio i pittori che avevano esposto. Tra questi figura Giuseppe Abbati. Ma il giudizio negativo di DeNittis, come fa notare Piero Dini, poteva essere stato influenzato dall'amico Adriano Cecioni. In ogni modo Abbati cominciò a lavorare seriamente, cercò nuove vie e si rifece anche al suo critico. Non si sa per certo se Abbati abbia veduto il quadro Diligenza in un giorno di pioggia di De Nittis, sicuramente avrà veduto del quadro almeno una fotografia poiché l'effetto della strada coperta di fango a tal punto da far sprofondare le ruote delle vetture in passaggio la ritroviamo nell'esecuzione del terreno nell'ultimo dipinto di Abbati, Buttero a cavallo.
Un altro pittore che rimase sicuramente segnato dal quadro denittissiano della diligenza è Telemaco Signorini, col quadro Mattino sull'Arno. Anche qui ritorna il tema della strada fangosa, ma con un altro particolare che è ripreso dal dipinto del pittore barlettano: la luce. Essa filtra in riflessi argentati e si fa strada timidamente, come la luce che timidamente esce tra le nubi del cielo burrascoso di De Nittis.
Partecipò a quella rassegna d'arte, dove criticò Abbati, pur non figurando sul catalogo come espositore, l'amico Cecioni lo aveva rappresentato. Presentò il 18 ottobre per una durata di dieci giorni due studi dal vero e tre quadri; il 28 ottobre ritirò traversa dell'Appennino e Marina, consegnando Nevicata e Un piano delle Puglie, ritirati tutti il 24 novembre quando ripartì per Barletta.
Anche a Firenze ebbe molto successo, era soddisfatto di sentirsi simile a quei pittori, che, come lui, sceglievano di dipingere all'aria aperta, che usavano il chiaroscuro come motore di ricerca per rendere la realtà più fedelmente possibile; che adoperavano il colore sapientemente poiché tutto doveva essere reso in modo nitido e tutto era al suo posto, senza che alcun particolare, anche minimo, potesse sembrare in disordine.
Alla fine però si stancò del continuo discutere al Caffè Michelangiolo, dove si recava ogni sera perché le discussioni erano divenute sterili per il suo modo di concepire la propria carriera artistica. Era ambizioso e poco gli importavano le approvazioni future, voleva il consenso dei contemporanei. Decise di lasciare Firenze, non senza qualche rammarico, e di rinnovare ancora la sua pittura.

 

Intervista Dicotomica Immaginaria


Arte per l'arte o arte per la vita? Non riesco a scegliere... continuo a pensarci, vado avanti mi fermo e torno indietro. Intanto sogno. Sogno di fronte all'arte. Ogni espressione finita della nostra mente è arte, io poi in fondo la vivo così.

Vi vorrei condurre negli spazi della natura umana, dove spesso ragione e istinto si incontrano, la magia diventa scienza e i sogni rimangono intrappolati tra i colori.

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