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Ken Parker: “umana avventura”
Ken Parker nasce nel 1977,
all’ interno di un’ antologi- ca western intitolata “Collana Rodeo”,
non era però nelle intenzioni degli autori, ai testi Giancarlo
Berardi ed alle matite Ivo Milazzo (che darà al personaggio
i lineamenti di Robert Redford), dare vita ad un’ intera serie. E’ stato
l’ editore, Sergio
Bonelli, a chiedere loro, poco dopo la metà del primo episodio,
di prosegui- re le vicende di Lungo Fucile (questo uno dei suoi tanti nomi
indiani in riferimento ad un vecchio inseparabile Kentucky: un’ arma da
difesa dotata di un unico colpo, a sottolineare lo spirito anticonformista
del personag- gio). Le avventure proseguono sino al numero 59 del 1984,
quando subiranno una prima battuta d’ arresto per poi riprendere su varie
riviste antologiche, su un magazine e su un ultimo blocco di quattro speciali.
Secondo le parole del suo creatore:
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"Ken Parker è un uomo
d'oggi, con i problemi d'oggi. Non ha nessuna certezza, nessuna sicurezza,
vive giorno per giorno con gli ideali che si è costruito da sé
cercando ardentemente, disperatamente, coraggiosa- mente di essere coerente”.
L’ ambientazione western è solo un pretesto, per affrontare
temi decisamente universali e dolorosamente attuali. Dal punto di
vista editoriale, quella di Lungo Fucile riassume la sempre più
frequente situazione del fumetto “di nicchia” che fatica per mille motivi
(indipendenti dal suo valore artistico) a conquistarsi una propria fascia
di fedele pubblico (lo “zoccolo duro”) tale da garantirgli la sicurezza
della pubblicazione. Diviene l’ ennesimo personaggio, amatis- simo da una
ristretta elite di lettori, ma sconosciuto ai più: ben lontano dunque
da quell’ etichetta di "fenome- no di costume" che ha fatto la fortuna
di (comunque
validi) personaggi come Dylan
Dog, forse più adatti a |
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cogliere lo spirito del tempo. Ken
Parker si scontrò con un gigante di nome Tex, con cui condivideva
formato, casa editrice, scenario ed atmosfere e, se da un lato saranno
proprio queste affinità a relegarlo maggiormen- te nell’ ombra (verrà
da molti preventivamente etichet- tato come copia di Aquila Della Notte),
dall’ altro ebbero il merito di costringere gli autori ad un nuovo approccio,
ad un nuovo punto di vista con cui filtrare le |
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vicende. Che cinema, fumetto e letteratura
da sempre si siano influenzati a vicenda è sotto gli occhi di tutti
ed anche in questo contesto Lungo Fucile s’ inserisce con un’ originalità
e sensibilità particolari: oltre a citazioni più o meno esplicite
da film dichiaratamente fondamentali per la formazione artistica di Berardi,
vediamo spesso Ken Parker interagire attivamente con i modi e le intenzioni
di Totò, Mariylin Monroe, Bogart, John Wayne e John Ford, Peter
Sellers, Poirot e tutti gli altri miti del poliziesco, con il maestro del
fumetto argentino Alberto Breccia, con gli stessi Berardi, |
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Milazzo e le loro precedenti creazioni,
vediamo l’ Amleto su carta illustrato da Trevisan e la marcia del
“Quarto stato” guidata dallo stesso Lungo Fucile sulla copertina del numero
58…. E gli esempi potrebbero continuare all’ infinito, perché il
western di Ken Parker è quello in cui la cultura, dunque la possibilità
di poter esprimere e difendere le proprie idee, è garanzia di libertà:
Whitman, Melville, Shakespeare, Marx, sono solo alcune delle letture che
lo accompagnano lungo il suo eterno vagabondare. Si apre in questo modo
la strada, diversi anni prima di Martin Mystere e Dylan Dog,
al rinnovamento dei personaggi in casa Bonelli, gettando |
le basi per il successo della fortunata
contaminazione tra fumetto d’ autore e fumetto popolare che caratterizza
(caratterizzava?) la casa editrice di Via Buonarroti. Che il west di Ken
Parker fosse dunque profondamente diverso da qualsiasi altra precedente
interpretazione è, dunque, fuori discussione: non più la
netta separazione tra buoni e cattivi, ma l’ analisi, talvolta toccante
e tagliente, delle ragioni degli uni e degli altri, non più situazioni
monodimensionali, ma vetrine umane tormentate, sfaccettate, a volte angosciate
da dubbi e sensi di colpa scolpiti in una psicologia sempre autentica e
mai retorica. Perché uno dei grandi meriti di Berardi è quello
di aver dato vita ad una connotazione del tutto nuova all’ agire dei personaggi
(principali e non), con un’ attenzione particolare alle sfumature più
che al netto contrasto, dove dettagli, parole e sguardi sono sempre misurati,
soppesati e finalizzati ad una continua definizione delle singole figure
e situazioni. Lo spessore umano ed emotivo del protagonista (e se vogliamo
anche quello del lettore) non rimane mai, come nella tradizione del fumetto
italiano, inalterato (risultando, cioè, alla fine di |
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ogni episodio tale e quale alla
condizione iniziale), ma ne è di volta in volta profondamente arricchito
ed eventualmente mutato. Ma le innovative peculiarità di radicale
rottura con la tradizione italiana sono anche altre. Prima fra tutte
le tematiche affrontate: le paure, le superstizioni ed i pregiudizi dell’
uomo verso gli indiani (e fin qui nulla di nuovo), ma anche verso i neri,
gli omosessuali e gli handicappati, le violenze razziste che ne conseguono,
la condizione della donna alla fine dell’ 800, la tutela della natura
in tutte le sue forme, animali e vegetali, l’ accettazione della condizione
di esule in un mondo che non sempre ci appartiene ma che vale comunque
la pena di provare a cambiare. Con coerenza e sacrificio. Le situazioni
sono vincolate ad una precisa, ma mai ingombrante, linea di continuity
narrativa che, oltre i singoli episodi, porta Lungo Fucile attraverso un
preciso percorso narrativo coerente ed in costante evoluzione, consentendogli
di cambiare spesso luoghi e compagni di viaggio, di sposarsi con una donna
indiana e di |
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adottarne il figlio, di lavorare
come scout nell’ esercito ed investigatore privato a Boston, di navigare
nei mari del nord e di guidare slitte tra le nevi del Canada. Il tutto
sempre abilmente orchestrato dalla poetica regia di Berardi, meticoloso
autore di tutti i soggetti (anche se aiutato nelle sceneggiature da valide
“nuove leve”, tra cui un giovanissimo Tiziano Sclavi); e se è
vero che questo a causato notevoli ritardi nelle uscite (scontato prezzo
da pagare perché venga mantenuta un’ alta qualità artistica
nella produzione), ha anche permesso che il personaggio restasse sempre
fedele a se stesso, alle sue idee, ai suoi modi alle sue intenzioni. Ma
oltre ogni altra considerazione, alla fine ciò che, indipendentemente |
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da ogni volontà, s’ impone
su tutto il resto è proprio il protagonista, la sua umanità
sofferta, il suo coraggio ed impegno politico, civile e sociale, il suo
anticonformismo, il suo desiderio di conoscere e migliorare la realtà
che lo circonda, se stesso e gli altri. La sua capacità di cogliere
le sfumature più nascoste e renderle laceranti colori di analisi
interiore. Nel luglio del 1996 Ken Parker termina (i successivi 3 speciali
sono praticamente tutti retrospettivi) la sua corsa in un carcere della
Florida accettando con fatalista rassegnazione la sua sorte: un finale
sospeso, per una delle più belle epopee western del fumetto italiano,
i cui motivi sono validi e diversi (ma trovo inutile entrare nello specifico);
forse gli autori avrebbero |
voluto una diversa conclusione dopo
vent’ anni di uscite altalenanti, e da tempo ogni tanto si parla di un
possibile ritorno al lavoro di Berardi e Milazzo per chiudere con un finale
più definitivo le gesta di Lungo Fucile. Indubbiamente sarebbe bello.
Ma non per forza necessario… quello che conta è ciò che Ken
è stato e ciò che ha dato… e se anche la sua saga è
stata sospesa, il personaggio ha, dal mio punto di vista, concluso comunque
la sua vita editoriale con un livello qualitativo assolutamente ineguagliabile,
in un continuo crescendo tecnico, artistico, letterario che, a partire
dal primo numero è sempre andato migliorando ed arricchendosi col
tempo, senza mai venir meno, e lasciandomi dopo così tanto tempo
e tante fitte pagine di emozioni la commossa gratitudine e sensazione di
aver partecipato a qualcosa di unico ed irripetibile. Ken Parker si è
così consegnato alla storia. Come le rock star e i divi d’ altri
tempi, come gli eroi |
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delle nostre utopie, che trovano
la forza ed il coraggio di andarsene quando sono ancora all’ apice del
successo, quando ancora hanno un senso, quando ancora non hanno tradito
nessuno. Perché si sa che prima o poi i miti e gli eroi ti tradiscono
e tu improvvisamente o cresci o muori. Ken Parker si è risparmiato
tutto questo. Ken Parker ha accettato il suo destino. So long, Lungo Fucile.
Andrea “Paco”
Pacino
gennaio 2003 |
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