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Con questo venticinquesimo numero della testata assistiamo al ritorno ai testi del diavolo rosso del pluriosannato Brian Michael Bendis, scrittore dalla vocazione cinematografica che si è ormai da tempo insediato nei cuori dei lettori di comics, sfornando una lunga serie di lavori che hanno saputo, in modo diverso, catturare i pubblici a cui erano rivolti. Nonostante le perplessità sollevate dal suo recente ciclo sulla testata gemella a quella del diavolo rosso (Elektra, di cui ha sceneggiato i primi sei episodi), il ricordo del suo ciclo precedente di Devil (Svegliati!, che trovate recensito su questo sito dal buon vecchio Andre.a), ha saturato i lettori della serie di aspettative piuttosto elevate nei riguardi di questo arco di storie. Veniamo quindi al dettaglio di questi primi due episodi di "Underboss" (La cupola), titolo dello story arc in questione. Come da sua abitudine, Bendis recupera da subito gli ambienti malavitosi a lui cari, imbastendo una storia a livelli basata su un meccanismo narrativo temporalmente dislocato. La narrazione procede infatti su due trame distinte, apparentemente non collegate, che si svolgono ad una settimana di distanza l'una dall'altra. In aggiunta a ciò, salti improvvisi (veri e propri cambi d'inquadratura) sulle vicende di nuovi personaggi aggiungono via via spessore alla trama, creando un affresco realisticamente complesso, coerente nella sua caoticità.
Al centro di tutto questo, il diavolo rosso, ed ovviamente il suo giurato nemico Kingpin, nemesi a lui speculare al quale è sempre stato intimamente legato da un complesso rapporto di stima/repulsione. In linea con i suoi lavori precedenti, lo scrittore utilizza il dialogo come essenza stessa dell'azione all'interno della storia: tutto ciò che accade viene in qualche modo narrato attraverso gli scambi di battute, o alternativamente lasciato alla fredda e cruda narrazione della tavola muta. L'unica eccezione è concessa al protagonista, nei cui pensieri Bendis ama immergersi per dare una visione il più completa posibile della percezione anomala della realtà a cui è condannato il giustiziere cieco. Parole apparentemente sconnesse
 
assumono quindi un significato introspettivo profondo, una dettagliata analisi di quel mondo di suoni e di odori in cui Devil si muove costantemente. Riguardo il ritmo narrativo, difficile aggiungere qualcosa alla scarna ma perfettamente calzante definizione di "cinema a fumetti": ogni inquadratura, ogni sequenza, richiama alla mente il grande schermo; dagli zoom alle carrellate, dall'uso in opposizione dei
colori che mutano di tavola in tavola suggerendo l'intensità delle emozioni dominanti. Il disegnatore, Alex Maleev, con il suo tratto sporco rende perfettamente la crudezza degli eventi ed al contempo garantisce un'interpretazione lirica e carismatica del diavolo rosso, forse più urbanamente cruda e meno supereroistica di quella che eravamo abituati a conoscere. La violenza e la rabbia di Devil, sentimenti fondamentali di un giustiziere urbano, sono resi alla perfezione dalle matite ruvide del cartoonist, e colpiscono se confrontate con l'interpretazione quieta ed impeccabile dell'alter ego dell'eroe, ritratto qui come un solare e impeccabile avvocato di grido. Lascia sbigottiti immaginare quello stesso viso d'angelo corrugato nelle espressioni ener-
giche del diavolo rosso, ma proprio in ciò la sottile schizofrenia della separazione dei ruoli e l'immagine tormentata del giustiziere ne risultano riaffermati. Il nuovo personaggio introdotto in questo ciclo, Sammy Silke, cattura fin da subito con la sua caratterizzazione spaccona e giocosa, così vicina all'immagine cinematografica del gangster eccentrico e temibile, che riporta alla mente le creature di Tarantino. I suoi occhiali gialli, particolare apparentemente irrilevante, catalizzano su di lui l'attenzione del lettore, lo fanno risaltare nelle sequenze oscure in cui è coinvolto, lo identificano subito come personaggio tra le semplici comparse. 
E per un gioco di richiami riportano subito alla memoria gli occhiali rossi di Matt Murdock, spingendoci al parallelo tra le due figure, vere protagoniste delle due distinte sequenze temporali. Il loro incontro è inevitabile, ma l'autore non gioca subito le sue carte preparando adeguatamente il campo psicologico del loro confronto. D'altro canto questa ossessiva attenzione dello scrittore per la regia della storia e per i personaggi e le situazioni da lui introdotti, tendono a relegare in secondo piano il vero protagonista della vicenda: come in altri simili casi, il protagonista della storia è Bendis stesso, nel suo ruolo di regista/deus ex machina del racconto. Devil è relegato al semplice personaggio, in un approccio al media dei comics lontano forse dalle sensibilità più classiche. Al pari i disegni, puntando su una forte valenza espressiva dello stile, tendono a sminuire
l'aspetto più prettamente epico della vicenda, più attenti alla funzionalità narrativa che alla mera soddisfazione visiva del gusto del lettore. A ragion veduta si potrebbe criticare allo scrittore la scelta di muoversi solamente in ambienti a lui consoni (già ampiamente sviluppati in serie come Sam e Twich), evitando di toccare nuove realtà narrative, fornendo la sgradevole sensazione di un'eterna riscrittura della medesima storia, di volta in volta coniugata in relazione ai personaggi coinvolti... Ma una critica estemporanea di tal tipo esulerebbe dalla considerazione del lavoro in oggetto in quanto tale, e probabilmente andrebbe oltre le mie reali competenze. Ciò su cui ci troviamo a discutere resta un inizio rassicurante di uno story arc che lascia ben sperare per la sua continuazione, proponendo già di per sè una serie di spunti interessanti degni del paragone, per nulla forzato, con le sequenze migliori del diavolo rosso di sempre. Resta ovviamente da verificare se Bendis, coadiuvato da Maleev, saprà dare vita agli spunti disseminati in queste prime due storie, gestendo coerentemente quel complicato affresco narrativo di cui ci ha finora lasciato intravedere solo uno scorcio.

Nat


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Ottobre ‘02