STORIA DEL COORDINAMENTO CONTRO LE CENTRALI TERMOELETTRICHE

IN CAPITANATA         

 

Tutto è iniziato quando nella primavera del 2001 cominciò a circolare la voce che nel nostro territorio sarebbe stata installata una centrale termoelettrica.

 

Alcuni di noi erano già allarmati perché avevamo seguito le vicende relative alla proposta della Southern Company d’installazione di una centrale a Torremaggiore (7 km da San Severo) l’anno precedente, dove la mobilitazione popolare riuscì a far fallire il progetto. L’azienda allontanata da Torremaggiore ripropose lo stesso progetto a San Severo.

 

A San Severo gli amministratori comunali si fecero in quattro per non deludere la ditta proponente – la Mirant-Techint - bruciando i tempi della burocrazia e calpestando il diritto-dovere dell’informazione ai cittadini: il 12 aprile 2001 la Giunta regionale autorizzò l’accordo di programma; il 10 maggio venne definito l’accordo di programma; il 5 giugno, in piena notte, il Consiglio comunale ratificò l’accordo!

 

Un primo nucleo di soggetti, singoli ed associati (tra cui Cittadinanzattiva/Tribunale per i diritti del malato, Legambiente, WWF, Medicina Democratica, Comitati per la tutela e valorizzazione del territorio e l’agricoltura di S. Severo, Serracapriola, S. Paolo Civitate, Torremaggiore) cominciarono a scendere in piazza per informare la gente di quello che stava accadendo. La parola d’ordine era: prima di ogni decisione sulla centrale, i cittadini devono essere adeguatamente informati e devono poter esprimersi se la vogliono oppure no.

 

Partecipammo con uno sforzo poderoso alla Inchiesta pubblica (istituto previsto nella vecchia normativa per assicurare la partecipazione dei cittadini al processo autorizzativo) inviando un documento tecnico (i tecnici di Medicina Democratica ci hanno fornito un apporto indispensabile) di 500 pagine in cui argomentavamo la nostra opposizione alla installazione della centrale nel territorio di San Severo.

 

Questi erano (e sono ancora) i nostri interrogativi: La Puglia produce più energia di quella che consuma: perché allora costruire centrali produttrici di energia? I cittadini sono stati adeguatamente informati per esprimere consapevolmente la loro decisione?  E’ una scelta obbligata quella di impiantare centrali termoelettriche per produrre energia? O possiamo scegliere altre modalità? Ed ammesso che debbano essere impiantate centrali termoelettriche, quante può sopportarne il nostro territorio?  Di che natura ed entità sarà l’impatto ambientale sul nostro territorio?   Quale sarà il consumo di acqua – bene preziosissimo e scarso al Sud - provocato dal funzionamento della centrale? Nella procedura per l’installazione della centrale termoelettrica sono stati rispettati le modalità, i vincoli posti dalle legge vigenti? 

 

L’inchiesta pubblica - che noi definimmo segreta - si rivelò una farsa: denunciammo l’illegittimità delle procedure adottate.

 

Intanto, fin dall’estate del 2001, la Mirant-Techint realizzava una campagna pubblicitaria – cartelloni giganteschi, spot televisivi, inserzioni sui giornali - costata centinaia di milioni: “Voglio acqua potabile in abbondanza.. a San Severo si può grazie all’energia a basso costo prodotta dai nostri impianti… Voglio pagare di meno la bolletta elettrica… a San Severo si può grazie alla costruzione di un impianto a ciclo combinato… Voglio coltivazioni più rigogliose… a San Severo si può grazie all’energia prodotta a basso costo con i nostri impianti…”. Denunciammo la pubblicità ingannevole dei messaggi.

 

La Mirant- Techint tentò di esportare lo stesso metodo pubblicitario entrando nelle scuole superiori: arrivavano la mattina nelle scuole ingegnerini in doppiopetto dalla parlantina facile per convincere gli studenti della bontà della centrale. Il Coordinamento contro la centrale riuscì a sventare anche questa azione incontrando gli studenti ed informandoli adeguatamente su quanto stava accadendo. Morale della favola: la Mirant-Techint riuscì ad entrare in una sola scuola.

 

Gli studenti furono anche i protagonisti principali della grande manifestazione del 17 dicembre: un migliaio di cittadini con molti trattori delle associazioni degli agricoltori in corteo per le vie di San Severo a protestare contro l’installazione della centrale.

 

Le associazioni degli agricoltori (CIA, Coldiretti, Confagricoltura) sono un altro pezzo importante del Coordinamento: nel dicembre scorso 53 agricoltori confinanti col  sito della centrale inviarono una diffida in ordine all’autorizzazione dell’impianto.

 

Intanto il gruppo degli oppositori alla centrale si allargava: la Diocesi di San Severo, le Acli, Comitati spontanei, Consiglio provinciale, l’on. Canelli di Alleanza nazionale, il sen. Carella dei Verdi, l’on. Di Gioia dello SDI, i consiglieri regionali Marino (DS), Cera (FI), Sannicandro (RC), Lomelo (Verdi) e tanti altri. Sull’altro versante rimanevano solo il Sindaco e la giunta comunale.

 

Ma come spiegarci la pervicacia di questi pochi soggetti? Facemmo delle ricerche sulla ditta costruttrice (Techint), sui proprietari del sito dove dovrebbe sorgere la centrale, sui progettisti della centrale… e scoprimmo delle belle. La Techint, pur essendo una azienda italiana, ha interessi internazionali soprattutto in America latina. Attualmente compartecipa alla costruzione del famoso oleodotto in Ecuador che sta scatenando la protesta internazionale per le conseguenze ambientali e sociali che produrrà; il sito destinato alla centrale è di proprietà della Ratino s.a.s. tra i cui componenti – legati da rapporti familiari – c’è un certo Ottavio Pisante conosciuto dai tribunali di mezza Italia, implicato in Tangentopoli e nello scandalo dei nastri d’oro a Manfredonia (sin dagli anni ’80 Pisante risulta socio d’affari della Techint); i progettisti della centrale – un affare da 400 miliardi di lire – sono il genero del Sindaco di San Severo e suo fratello. Capimmo a chi serviva la centrale!

 

L’attività del Coordinamento – ormai diventato provinciale perché l’intera Capitanata era interessata dall’insediamento di dieci centrali termoelettriche e tre a biomasse (Candela, San Severo, Ortanova, Carapelle, Ordona, Foggia, Troia, Serracapriola, Rignano, Manfredonia) – si indirizzò nella promozione di eventi pubblici (convegni all’Istituto agrario di San Severo nel febbraio e nel giugno 2002), nella presenza tra i cittadini per informarli e raccogliere consensi (12.000 firme raccolte a San Severo per il referendum cittadino), nei rapporti con la Provincia di Foggia (dove si è sviluppata una feconda collaborazione con l’Assessore all’ambiente dott. Mundi), nei rapporti con i Ministeri (a cui venivano inviati puntualmente documenti argomentati per sostenere il blocco delle procedure autorizzative), nei rapporti con gli altri comitati che nascevano in tutta l’Italia.

 

Una grande vittoria dei cittadini è stata la delibera votata all’unanimità dal Consiglio provinciale il 3 maggio 2002 sulla moratoria generale riguardante tutti i progetti di centrale nella provincia.

Una grande sconfitta per le istituzioni, invece, è stato il rifiuto opposto il 3 luglio scorso dal Sindaco di San Severo e dalla maggioranza di centro-destra alla richiesta di 12.000 cittadini sanseveresi di celebrazione del referendum sulla costruzione della centrale.

 

Intanto con l’approvazione della cosiddetta legge “sbloccacentrali” (legge 55/02) le cose andavano complicandosi: si riservava, per accelerare le procedure, ad una conferenza di servizio a Roma partecipata da pochi soggetti la decisione sull’autorizzazione alle costruzioni di centrali termoelettriche. Alla faccia del federalismo che dovrebbe accordare maggiori poteri alle autonomie locali!

 

La Techint, illegalmente, fece ricorso a questa legge per accelerare il percorso autorizzativi e il 31 ottobre si è tenuta a Roma la conferenza di servizio conclusiva per il procedimento riguardante la centrale di San Severo. Il Coordinamento contro le centrali in Capitanata – a cui venne negata la possibilità di partecipare alla conferenza di servizio – chiese al Presidente della giunta provinciale di farsi latore di una corposa documentazione da noi prodotta da cui si evincevano le argomentazioni giuridiche, tecniche, sociali per le quali la autorizzazione non doveva essere concessa.

 

Nel dicembre del 2002 veniva concessa l’autorizzazione da parte del Ministero delle Attività Produttive alla costruzione della centrale a San Severo.

 

Il Coordinamento impugnò l’autorizzazione concessa, convincendo la Provincia di Foggia (insieme a Cittadinanzattiva , al WWF e ai soggetti confinanti col sito su cui dovrebbe sorgere la centrale) a fare ricorso al TAR di Bari contro il Ministero, la Regione Puglia e il Comune di San Severo per chiedere l’immediata sospensione del provvedimento impugnato.

 

A seguito della pressione del Coordinamento, dei comitati e partiti dell’opposizione si giunse il 25 marzo 2003 alla convocazione del consiglio comunale di San Severo che con delibera n. 20, con voto unanime dei consiglieri presenti, assenti il Sindaco e qualche altro consigliere, ha deliberato per lo stop al progetto di centrale termoelettrica e alla convenzione con la Mirant, e per l’impegno ad attivare prima la consultazione popolare.

 

La causa al TAR Puglia  è stata discussa il 19 novembre 2003: il TAR Puglia non ha accolto il ricorso della Provincia di Foggia , delle altre Associazioni, dei confinanti. La battaglia continua con l’appello al Consiglio di Stato che il 28 ottobre 2005 viene respinto.

 

Intanto nel giugno 2004 a San Severo è cambiata la situazione amministrativa con l’elezione di una nuova giunta di centro-sinistra guidata da Michele Santarelli che fin dall’inizio ha posto tra le sue priorità l’opposizione alla centrale termoelettrica.

 

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