INNOCENZA DELLE SCRITTURE E ANTISEMITISMO

 

Nel 1963 Jacques Maritain pubblicava un libretto dal titolo “Dio e la permissione del male”, che fu presto pubblicato in italiano dalla Morcelliana.[1]

Questo testo mi è venuto in mente nel corso della chiarissima conferenza tenuta il 10 febbraio da Rav Ariel Haddad sull’argomento “La chiamata dei profeti”, nell’ambito del programma di attività del Gruppo Ecumenico di Trieste. Durante la discussione, un cristiano, quasi per spiegare l’antisemitismo, affermò che i libri tardivi del Nuovo Testamento contengono alcune espressioni antisemitiche. Alla fine della conferenza parlai con tale persona asserendo che non è vero che nel Nuovo Testamento ci siano espressioni di tal genere, ma che semmai l’antisemitismo derivava da una superficiale e scorretta lettura di alcuni brani di esso. Egli mi rispose che molti studiosi di fama affermano un tanto e mi citò come esempio di antisemitismo le parole dell’Apocalisse in cui Giovanni parla della “sinagoga di satana” (Ap 2, 9 e 3,9). Replicai che secondo me si tratta di una interpretazione sbagliata. Ci lasciammo così, perché ormai era il tempo di andare via.

Vediamo intanto cosa dice Maritain a proposito dell’innocenza di Dio. Senza andare per le lunghe è sufficiente leggere quanto detto autore scrive a pag. 15, citando S. Tommaso d’Aquino: “Dio non è in alcun modo e sotto nessun rapporto causa del male morale, né direttamente né indirettamente”. E continua più avanti: “La causa prima della mancanza di grazia viene da noi”. Il problema è chiaro: Dio non è responsabile in alcun modo e sotto nessun rapporto causa del male, comunque lo si voglia intendere. Quindi non è neppure causa dell’antisemitismo, in quanto esso è un male. Perché se le Scritture contenessero un incitamento a esso, diretto o indiretto, significherebbe rendere Dio responsabile dell’antisemitismo. La finalità di esse è quella descritta da Paolo a Timoteo,  “tutta la Scrittura infatti è ispirata da Dio e utile per insegnare, convincere, correggere e formare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona” (2 Tm 3, 16). Ciò significa che l’antisemitismo deriva da un’errata interpretazione di alcuni passi. I motivi che hanno spinto la Cristianità a essere ostile contro gli Ebrei, va ricercata in difetti e pregiudizi di uomini di Chiesa, che hanno compreso male o distorto il senso delle Sacre Scritture, ma non va certamente attribuito alle Sacre Scritture stesse, in quanto ispirate da Dio. Né si può addurre che nel testo scritturistico ci siano delle opinioni personali degli autori umani, che in qualche maniera divergano dall’ispirazione divina. Perché, se così fosse, le Scritture sarebbero ispirate soltanto in qualche parte, ma in altre non lo sarebbero.

In realtà è la mente umana che non sempre è capace di cogliere l’esatto significato delle parole, specialmente se non tiene conto di alcuni criteri che sono fondamentali, peraltro, per capire ogni testo letterario. Vale la pena di ricordare, a questo proposito, cosa scriveva Pio XII nella Divino affilante Spiritu: “Nessuno ignora infatti che la suprema norma d'interpretare è ravvisare e stabilire che cosa si proponga di dire lo scrittore, come egregiamente avverte Sant'Atanasio: «Qui - come in ogni altro luogo della Scrittura si ha da fare - deve osservarsi in qual occasione abbia parlato l'Apostolo, chi sia la persona a cui scrive, per quale motivo le scriva; a tutto ciò si deve attentamente e imparzialmente badare, perché non ci accada, ignorando tali cose o fraintendendo una per l'altra, di andar lontano dal vero pensiero dell'autore» (Contra Arianos, I, 54; PG. XXVI, col. 123)” (EB 557). Si tratta in altre parole di conoscere i motivi e le circostanze che hanno dato origine a determinati scritti, per poterli meglio capire. Cosa che appare molto spesso difficile per avvenimenti accaduti circa duemila anni fa, quando si consideri che i fatti attuali e quelli accaduti qualche anno fa, quindi a noi contemporanei, non sono sempre chiaramente comprensibili. Se tuttavia talvolta si sta bene attenti al senso letterale delle parole, molte difficoltà possono alle volte scomparire. Perché se la Sacra Scrittura fosse talmente incomprensibile, sarebbe molto difficile salvarsi. Bisogna peraltro tenere presente un criterio già stabilito nella Torah, che è sempre valido: “Questo comando che oggi ti ordino non è troppo alto per te, né troppo lontano da te. Non è nel cielo, perché tu dica: Chi salirà per noi in cielo, per prendercelo e farcelo udire e lo possiamo eseguire? Non è di là dal mare, perché tu dica: Chi attraverserà per noi il mare per prendercelo e farcelo udire e lo possiamo eseguire? Anzi, questa parola è molto vicina a te, è nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica” (Dt 30, 11-14).

Tornando alla questione della “sinagoga di satana”, si può in prima analisi affermare che non è corretto estrapolare le parole dal suo contesto, perché quasi sempre si ottiene un’interpretazione equivoca. Nei due passi citati Giovanni scrive: “Conosco la tua tribolazione, la tua povertà tuttavia sei ricco e la calunnia da parte di quelli che si proclamano Giudei e non lo sono, ma appartengono alla sinagoga di satana” (Ap 2,9) e “Ebbene, ti faccio dono di alcuni della sinagoga di satana di quelli che si dicono Giudei, ma mentiscono perché non lo sono : li farò venire perché si prostrino ai tuoi piedi e sappiano che io ti ho amato” (Ap 3,9). Ciò che accadeva nella chiesa di Smirne e di Filadelfia era un fatto molto grave, che qui viene denunciato: c’erano dei gruppi di persone che si spacciavano per Ebrei, ma in realtà non lo erano. Cosa non impossibile ai tempi dell’Impero romano, se non altro per evitare il servizio militare di almeno sedici anni, dal quale gli Ebrei erano esenti. Ebbene questi sedicenti Ebrei vengono smascherati e definiti come “sinagoga di satana”. Come si può ora osservare il significato letterale di questi due passi dell’Apocalisse non sono per nulla antisemiti. Non si dice infatti niente di male contro i veri Ebrei, quelli che osservavano la Torah e, fra i quali, c’erano coloro che avevano dovuto subire la distruzione di Gerusalemme e la deportazione come schiavi. Peraltro è noto che già nel II sec. d. C. cominciarono le polemiche antigiudaiche da parte dei Padri della Chiesa e continuarono nei secoli successivi sfociando nelle tragiche persecuzioni di cui furono vittime gli Ebrei. Inoltre tali pregiudizi crearono una mentalità antisemita che era penetrata in tutti gli strati sociali e pochi ne furono immuni. Ciò avvenne in modo così profondo che anche quelli che abbandonarono la Chiesa continuarono a essere antisemiti.

Con la Dichiarazione “Nostra Aetate” del Concilio Vaticano II è iniziato, in modo esplicito, un cammino di dialogo tra Cristiani ed Ebrei. Molto ci sarà da fare e da correggere. Però una cosa è sicura: né Dio, né Gesù Cristo, né il Nuovo Testamento sono causa di quanto è tragicamente accaduto. Perciò la responsabilità è da ascriversi soltanto a quelle persone che in vario modo hanno letto e interpretato le Sacre Scritture in modo scorretto e inficiato da pregiudizi.

 

Dario Bazec

dariobazec@libero.it

 

 

 

 



[1] Jacques Maritain, Dieu e la permission du mal, Desclée De Brouwer, Paris, 1963, Traduzione italiana di Adriana Ceccato, Dio e la permissione delmale, Morcelliana, Brescia, 1965.