L’Ascensione di Gesù Cristo in cielo

 

 

L’Ascensione anticamente era commemorata il pomeriggio del giorno di Pentecoste. Successivamente, intorno al IV secolo, la celebrazione della festività avveniva di giovedì, 10 giorni prima della Pentecoste. Tale tradizione è rimasta così fino ai nostri giorni, salvo qualche variazione, per motivi di calendario, com’è accaduto in Italia, che la solennità pubblica è stata spostata alla domenica successiva.

Teologicamente tale festa celebra l’esaltazione e la glorificazione di Gesù Cristo. Se la Resurrezione significa la vittoria sul peccato e sulla morte, l’Ascensione significa invece il definitivo ritorno del Verbo incarnato presso la gloria del Padre. Alcuni ritengono che si tratti di un’espressione metaforica, quasi sminuendo il valore di tale evento. In realtà le metafore servono a supplire l’insufficienza del nostro linguaggio a esprimere ogni fenomeno, specialmente quando si tratta di avvenimenti spirituali.

Il Catechismo della Chiesa Cattolica mette in particolare risalto questo evento salvifico al punto da considerarlo l’inseparabile coronamento della resurrezione: “Il carattere velato della gloria del Risorto durante questo tempo traspare nelle sue misteriose parole a Maria Maddalena: «Non sono ancora salito al Padre: ma va' dai miei fratelli e di' loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro» ( Gv 20,17 ). Questo indica una differenza di manifestazione tra la gloria di Cristo risorto e quella di Cristo esaltato alla destra del Padre. L'avvenimento ad un tempo storico e trascendente dell'Ascensione segna il passaggio dall'una all'altra”. (CCC 660).

Interessante è notare come la Chiesa ebreo-cristiana delle origini, diversamente  dalla teologia successiva, considerava questo mistero: “Il giudeo-cristianesimo esprime la glorificazione di Cristo sotto le categorie d’ascensione più che sotto quelle di resurrezione” (Daniélou). Fra le altre cose sempre daniélou osserva come già dal discorso di  Pietro nel giorno di Pentecoste si possa notare questo significato teologico, fra l’altro collegato esplicitamente al salmo 110 (109), dopo aver citato anche il salmo 16:

Fratelli, mi sia lecito dirvi francamente, riguardo al patriarca Davide, che egli morì e fu sepolto e la sua tomba è ancora oggi fra noi. Poiché però era profeta e sapeva che Dio gli aveva giurato solennemente di far sedere sul suo trono un suo discendente, previde la risurrezione di Cristo e ne parlò:

        questi non fu abbandonato negli inferi,

        né la sua carne vide corruzione. (Sal 16,10)

Questo Gesù Dio l’ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni. Innalzato pertanto alla destra di Dio e dopo aver ricevuto dal Padre lo Spirito Santo che egli aveva promesso, lo ha effuso, come voi stessi potete vedere e udire. Davide infatti non salì al cielo; tuttavia egli dice:

       Disse il Signore al mio Signore:

       siedi alla mia destra,

       finché io ponga i tuoi nemici

       come sgabello ai tuoi piedi. (Sal 110 [109], 1-2)”.

(At 2, 29-35).

E’ interessante vedere in questo brano del primo discorso di Pietro, dopo la Pentecoste, come ci sia un’esplicita interpretazione tipologica dell’Antico Testamento. Pietro vede nel versetto citato del salmo 16 la profezia della resurrezione di Gesù Cristo, mentre nei due versetti del salmo 110 [109] ravvisa la profezia dell’Ascensione e della glorificazione di Gesù stesso. Si comprende perciò perché la nascente Chiesa ebreo-cristiana di Gerusalemme considerò questi due eventi inscindibili uno dall’altro.

Nel Nuovo Testamento si parla dell’Ascensione in tre brani:

 Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio”. (Mc 16, 19).

Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, sì staccò da loro e fu portato verso il cielo. Ed essi, dopo averlo adorato, tornarono a Gerusalemme con grande gioia; e stavano sempre nel tempio lodando Dio. (Lc 24, 50-53).

 Egli si mostrò ad essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, apparendo loro per quaranta giorni e parlando del regno di Dio. Mentre si trovava a tavola con essi, ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere che si adempisse la promessa del Padre …Detto questo, fu elevato in alto sotto i loro occhi e una nube lo sottrasse al loro sguardo…Allora ritornarono a Gerusalemme dal monte detto degli Ulivi, che è vicino a Gerusalemme quanto il cammino permesso in un sabato” (At 1, 3-4.9.12).

E’ da notare come soltanto il brano riportato dal Vangelo di Marco riprenda in modo sintetico le parole di Pietro nel discorso della Pentecoste. Dai brani dei Vangeli sembra che Gesù sia asceso al cielo lo stesso giorno della resurrezione, mentre soltanto dagli Atti degli Apostoli si evince che tra un evento e l’altro era passato un periodo di tempo, indicato con un numero preciso: quaranta giorni. Interessante è poi osservare che Luca afferma che gli Apostoli tornarono a Gerusalemme percorrendo il cammino permesso in un giorno di sabato.

Si tratta ora di vedere quale significato possono avere queste indicazioni, ossia se è possibile ricostruire cronologicamente la data precisa dell’Ascensione di Gesù al cielo. Alcuni ritengono che i “40 giorni devono essere presi come cifra tonda (cfr. Atti 13, 31:«nel corso di molti giorni»)” (Wikenhauser).

Questa è generalmente l’interpretazione corrente, che vede nel numero 40 o una cifra tonda o un parallelismo coi “quaranta giorni” trascorsi nel deserto o ancora è richiamato tale numero perché è tradizionalmente sacro. Sembrerebbe così che l’indicazione di Luca abbia più un significato simbolico, che la descrizione di un evento realmente accaduto. Per provare che si tratti di un termine generico o numero tondo si cita At 13, 31: “Ed egli è apparso per molti giorni a quelli che erano saliti con lui dalla Galilea a Gerusalemme”.

Forse a qualcuno sfugge il fatto che Luca è molto preciso nell’uso delle parole, a seconda dei fatti che vuole descrivere. Così, ad esempio, la citazione di At 13, 31 non contraddice minimamente l’affermazione dei “quaranta giorni”. Il brano sopra citato fa parte di un discorso fatto da Paolo ad Antiochia di Pisidia. Se si leggono attentamente le premesse a quel discorso, allora si comprenderà perché Paolo è stato generico riguardo a questo particolare. Paolo, infatti, era stato invitato dai capi della sinagoga di quella città a tenere un discorso di “esortazione” (At 13, 15) per il popolo che quel sabato aveva già partecipato alla lettura della Legge (Torah) e dei Profeti (Haftatarah). Il discorso di Paolo è soprattutto volto a convertire quegli uditori alla fede in Gesù Cristo. Lo scopo centrale quindi è comunicare e convincere con poche parole sulla necessità di credere a Gesù Cristo. I particolari sfumano e non necessariamente devono essere esatti.

Diverso è lo scopo di Luca. Sin dall’inizio del suo Vangelo egli si prefigge l’intento di “fare ricerche accurate su ogni circostanza fin dagli inizi e di scriverne per te un resoconto ordinato, illustre Teofilo” (Lc 1, 3). Per far ciò egli scrive un Vangelo di 24 capitoli, cui fa seguire gli Atti degli Apostoli di 28 capitoli, indirizzati sempre allo stesso Teofilo. Luca quindi entra nei dettagli, può e deve essere esatto. Bisogna quindi considerare l’espressione “quaranta giorni” come un periodo esattamente trascorso dal momento della prima apparizione di Gesù Risorto agli Apostoli, fino al momento dell’ultima apparizione che precede immediatamente l’Ascensione.

Analogo discorso si può fare per l’espressione “il cammino permesso in un sabato”.“Il lettore apprende ora per la prima volta che l’ascensione ebbe luogo sul Monte degli Olivi, la cui cima (circa 810 m.) dista da Gerusalemme il cammino di un sabato (2000 cubiti, quanti un giudeo ne poteva percorrere in giorno di sabato)”. (Wikenhauser).

In altri commenti genericamente si asserisce che questo tipo di misurazione era tipico di quei tempi. In effetti, può essere vero che si tratti di una pura curiosità, come pure può essere vero che quello era un sistema di misurazione. Queste interpretazioni hanno tuttavia i loro limiti, specialmente se riferite a Luca. L’Evangelista, infatti, conosce anche un altro tipo di misurazione. Quando si riferisce ai due discepoli che si recavano a Emmaus egli dice che tale località dista “circa sette miglia da Gerusalemme”(Lc 24, 13) Nel testo originale si parla di 60 stadi; essendo uno stadio 185 m la distanza è di 11100 m o di 7,5 miglia romane.

Per riferire il percorso coperto dagli Apostoli a Gerusalemme, Luca poteva benissimo scrivere circa sei stadi, essendo questa la distanza corrispondente a un tragitto che un ebreo può percorrere in giorno di sabato. Tale norma che si esprime anche in 2000 cubiti, è pari a 1050 m e quindi eguale a circa 5,68 stadi. Per logica, dunque, se Luca avesse semplicemente voluto indicare la distanza del Monte degli Olivi da Gerusalemme, sarebbe stato sufficiente far notare che è di circa 6 stadi. Invece l’Evangelista, nello scrivere “il cammino permesso in un sabato”, mette in particolare rilievo la parola “sabato”, come se volesse significare che tale percorso è stato effettuato dagli Apostoli proprio di sabato. Si ritiene dunque che Luca abbia scelto la frase “il cammino permesso in un sabato”, proprio per evidenziare che gli Apostoli sono effettivamente rientrati a Gerusalemme di sabato.

Bisogna ora dimostrare l’asserzione, in quanto è interessante vedere così se si può ricostruire la data storica in cui è avvenuta l’Ascensione. A quanto detto sopra bisogna aggiungere un particolare rilevante: “mentre si trovava a tavola con essi” (At 1, 4). Questa espressione indica costantemente l’ora del pasto serale: così nell’Ultima Cena, come pure il pasto consumato dai discepoli di Emmaus assieme a Gesù Risorto. Precedentemente si è accertato che Gesù Cristo è risorto domenica 25 marzo dell’anno 31, 15 Nisan 3791. Dai Vangeli risulta poi che Gesù è apparso ai discepoli la sera dello stesso giorno; quindi formalmente, secondo l’uso ebraico, era già lunedì 16 Nisan.

Se si calcolano 40 giorni dal 25 marzo, si perviene a venerdì 4 maggio dell’anno 31. Però Gesù Risorto è apparso di sera, quindi secondo l’uso ebraico è già sabato 5 maggio 31, corrispondente al 26 Iyyar 3791. Poiché il 4 maggio il sole tramonta a Gerusalemme circa alle ore 18.24, il sabato comincia da quell’ora.

Si può quindi asserire che l’Ascensione di Gesù Cristo è avvenuta il 4 maggio 31, dopo le ore 18.24, corrispondente secondo l’uso ebraico, a sabato 26 Iyyar 3791. Perciò si comprende chiaramente perché Luca ha usato l’espressione “il cammino permesso in un sabato”.

Che il giorno di “sabato” sia il giorno della gloria di Dio lo si evince da diversi passi dell’Antico Testamento. Fra questi è opportuno ricordare Gn 2, 3: “Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò, perché in esso aveva cessato da ogni lavoro che egli creando aveva fatto”; inoltre il precetto:  “Ricordati del giorno di sabato per santificarlo… ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio… Perché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra e il mare e quanto è in essi, ma si è riposato il giorno settimo. Perciò il Signore ha benedetto il giorno di sabato e lo ha dichiarato sacro”(Es 20, 8.10.11) e ancora Sal 95 (94), 11:perciò ho giurato nel mio sdegno: Non entreranno nel luogo del mio riposo”. Nel salmo citato “mio riposo” significa “sabato”, in altre parole il giorno della glorificazione.

Si comprende allora perché gli Apostoli e con essi la chiesa ebreo-cristiana nascente avessero dato tanta importanza all’Ascensione, pur collegandola strettamente alla Resurrezione. Questa infatti avviene di domenica, il primo giorno, che è anche il primo giorno della creazione. Ma con la resurrezione di Gesù il messia è anche l’inizio della nuova creazione: “Colui che sedeva sul trono disse: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose»” (Ap 21, 5). L’Ascensione invece avviene all’inizio di sabato, perché è l’inizio della glorificazione di Gesù il Messia che si completerà quando avrà vinto tutti i suoi nemici e porterà alla gloria eterna tutti coloro che gli sono stati fedeli: Egli al contrario, avendo offerto un solo sacrificio per i peccati una volta per sempre si è assiso alla destra di Dio, aspettando ormai solo che i suoi nemici vengano posti sotto i suoi piedi. Poiché con un’unica oblazione egli ha reso perfetti per sempre quelli che vengono santificati” (Eb 10,12-14).

 

DARIO BAZEC