Escursionismo: la sicurezza in montagna

                                                         di Carlo Gozzi

<<Alpinista che torna è buono per la prossima volta>>: è una frase che sento spesso ripetere da uno dei nostri soci del CAI.
Certamente è un invito per i maschietti ad allungare una mano verso le parti basse ma, in fondo, nasconde una gran verità: in tutte le attività svolte in ambiente montano quello che manca, spesso, è la capacità di percepire e soprattutto prevedere una situazione di pericolo. Vale la pena, allora, spendere qualche parola su quella che è la nostra e l'altrui sicurezza, pur rimanendo nell'attività escursionistica e tralasciando il termine "alpinista" della citazione.
Alcune statistiche, infatti, mettono in risalto che una grossa percentuale degli incidenti che accadono in montagna coinvolgono gli escursionisti meno esperti: vuoi perché a volte non sono consapevoli delle difficoltà che può presentare l'itinerario scelto (magari non prettamente escursionistico), oppure perché non sono preparati ad un repentino cambiamento delle condizioni atmosferiche (e in montagna accade di frequente), o semplicemente perché non posseggono un adeguato equipaggiamento (il tipo di calzatura o l'abbigliamento possono essere fondamentali).

Ricordo un articolo di giornale che raccontava di due escursionisti che si erano persi a circa 1500 m di quota: una volta calato il sole per loro è stato impossibile ritrovare il sentiero e sono stati costretti a trascorrere la notte all'aperto. In autunno la temperatura scende molto anche a quote non proprio elevate: non avendo nulla con cui coprirsi, sono stati recuperati il giorno dopo dal soccorso alpino con un principio di congelamento. Dico questo non certo per creare paure inutili, ma solo perché è necessario far proprie tutte le esperienze, per capire, per crescere. Nel caso descritto, ad esempio, una torcia elettrica avrebbe potuto aiutare i nostri escursionisti a prolungare la ricerca del sentiero anche nella penombra (le pile frontali sono molto comode e leggere! Ma se non si conosce bene la zona è giusto fermarsi ed aspettare la luce del sole); oppure un maglione in più ed un paio di guanti avrebbe alleviato le pene del freddo.

Bisogna quindi iniziare dalle piccole cose, anche se per molti possono essere banali.
Partiamo dal presupposto che un minimo di effetti personali bisogna sempre averli al seguito, anche per le passeggiate di un paio d'ore. La prima cosa cui pensare è quindi lo zaino. Ecco sì: entro in un negozio e sono costretto a dover scegliere tra dieci marche ed un'infinità di modelli!
Facciamo due ragionamenti: intanto qual è la mia attività? Per le gite "in giornata" (anche se di poche ore), lo zaino più versatile ha una capienza di 30, al massimo 40 litri. Per un trekking dobbiamo per forza preferirne uno da 55-60 litri. Un primo consiglio: non consideriamo valida la regola "compro uno zaino molto grande, così posso usarlo in tutte le occasioni", perché uno zaino praticamente vuoto è scomodo da portare, il peso rimane tutto nella zona lombare procurando fastidi alla schiena.
Poi una selezione naturale è data dagli zaini da donna o da uomo. Infine non resta che provare qualche modello per vedere quale di questi risulta il più comodo. Un altro consiglio: provare uno zaino con della carta dentro non serve a nulla, solo quando contiene qualche cosa di pesante possiamo renderci conto se il modello fa per noi. Basta chiedere al negoziante di riempirlo con una corda, scarponi qualunque cosa possa renderlo pesante a sufficienza e capire se gli spallaci sono poco imbottiti o se il peso è mal distribuito sulla schiena.

Senza addentrarci in ulteriori dettagli, vediamo cos'è necessario portare con noi per riempire un pò la nostra sacca (anche se in genere si pensa "cosa lascio a casa per svuotarla un pò?").
Innanzi tutto, anche per le gite brevi, mettiamo nello zaino qualche cosa da mangiare e, soprattutto, da bere. Non vogliamo spendere soldi in borracce o simili? vanno benissimo le bottigliette d'acqua di plastica, magari già usate e riempite con acqua del rubinetto! Così risparmiamo in spazzatura contribuendo al riciclaggio (un difetto: il contenuto delle bottigliette risente in maniera decisiva della temperatura esterna). Ad ogni modo sono da evitare le bibite gasate: gonfiano e soprattutto non dissetano. Integratori salini di vario genere e gusto vanno sempre bene (anche se per una "passeggiata" possono sembrare esagerati).

Per quanto riguarda l'alimentazione non saprei dare grossi consigli se non quello di evitare cibi troppo salati (in tal senso il prosciutto cotto è meglio di quello crudo), e soprattutto poco digeribili. Ognuno di noi conosce i propri limiti alimentari ed i problemi legati alla digestione. Il concetto è che non bisogna appesantirsi: occorre solo integrare l'energia; possiamo sempre rifarci alla sera con le gambe sotto il tavolo. Una cioccolata, inoltre, può essere risolutiva: soprattutto verso la fine della fatica gli zuccheri danno energia immediatamente disponibile all'organismo; i carboidrati, intesi come zuccheri complessi (il pane, per intenderci), sono più adatti ad uno sforzo prolungato. La frutta secca è ricca di potassio ed aiuta a prevenire i crampi.

Come già accennato, l'abbigliamento deve essere appropriato: può capitare di iniziare la gita con una maglietta ma poi? Indipendentemente da quello che indossiamo alla mattina, nell'arco della giornata possono cambiare tante cose, anche solo perché il percorso si sviluppa su più versanti: ad un tratto esposto al sole ne segue un altro in cui il vento o la stessa ombra determinano sensazione di freddo. L'ideale è essere dotati di un abbigliamento a strati (tipo cipolla!), per vestirsi o spogliarsi a seconda delle condizioni meteo che, come già detto, possono cambiare in fretta. E' chiaro che molto dipende, ad esempio, dalle quote che raggiungiamo (in teoria al salire di 1000 m corrisponde una diminuzione della temperatura di circa 6°), o dalle condizioni meteo (il vento contribuisce a far calare la temperatura corporea).
In commercio ormai si trovano vari tessuti che permettono una corretta traspirazione della pelle e che asciugano in poco tempo: magliette in capilene, tute in terinda (o dupont), maglioni di pile (magari anche wind stopper!), giacche di goretex ..... e chi più ne ha più ne metta. Dipende solo dal nostro portafoglio. In generale direi solo di evitare assolutamente i pantaloni di jeans: non tengono assolutamente il vento, non mantengono la temperatura della pelle, in caso di pioggia o neve asciugano dopo una settimana...ecc. In compenso portatevi sempre un paio di guanti, un cappello (dalla testa si ha la maggior dispersione di calore!), un poncho (magari di quelli larghi che coprono anche lo zaino) e un ricambio: calze, pantaloni e maglietta.
E' sicuramente importante un ricambio da lasciare in macchina, ma anche nello zaino non guasta: se ci coglie un acquazzone durante la gita e abbiamo la possibilità di ripararci in qualche rifugio, perché restare bagnati? Un piccolo suggerimento: il ricambio, è meglio tenerlo dentro un sacchetto di plastica.... in caso di pioggia si può bagnare lo zaino, ma gli indumenti rimangono senz'altro più asciutti!

Cos'altro? una buona giacca che ci ripari dal vento e dall'umido: una giornata di nubi basse persistenti (quindi con alta percentuale di umidità), è quasi equivalente alla pioggia.
Sono sempre più diffusi i capi wind-stopper: proteggono moltissimo il corpo dal vento ma non dal freddo. Per quest'ultimo non c'è niente di meglio di un maglione o di un pile.

L'importanza di avere in tasca un fischietto: può capitare di trovarsi improvvisamente in mezzo alla nebbia, perdendo di vista i compagni di gita: gridare aiuto a squarcia gola affatica ed il fiato a disposizione si esaurisce in fretta. Segnalare la propria posizione utilizzando un fischietto, oltre a permettere di farci udire a distanze maggiori, è sicuramente meno stancante.
Dentro lo zaino, poi, non deve mancare un mini pronto soccorso, anche solo per scaramanzia. Nessuno pretende una dotazione da medico, ma qualche cerotto (compresi quelli per le vesciche ai piedi), e qualche goccia di disinfettante non sono certo di troppo. Non occorre certamente la bottiglia d'alcool: magari quei piccoli contenitori delle soluzioni saline per le lenti a contatto, riempiti con il disinfettante, possono fare al caso nostro. Accennavo prima al cappello: se per le giornate assolate utilizziamo una bandana, la stessa può anche essere impiegata per fare una fasciatura d'emergenza (se proprio non vogliamo portare una benda od una garza!).

Un piccolo coltellino in una tasca e lo zaino è fatto. Non resta che metterci le scarpe e...
E sì, le scarpe: anche qui la scelta è ardua. Intanto cosa scegliamo: pedule o scarponi?
La domanda già esclude tutta una serie di calzature a dir poco improprie: scarpe da ginnastica, sandali... una bella giornata di sole di agosto, funivia che porta a quasi 4000 m sul ghiacciaio e marito e moglie in sandali !! No, dico, potete immaginare la goduria dei due che, scesi dal comodo ed asciutto mezzo di trasporto, hanno cominciato col bagnarsi inesorabilmente i piedi proseguendo la loro (breve) permanenza con scivoloni e sbattendo più volte le natiche sulla neve dura.

Ma torniamo a noi. La pedula, per l'escursionismo, è la calzatura migliore: permette di avere una buona aderenza in qualsiasi tipo di terreno, non è troppo pesante e, non essendo rigida, consente di avere un'ottima sensibilità del piede. Spesso, ma non sempre, un prezzo troppo basso è sinonimo di materiale scadente, soprattutto in termini di suola (il marchio "vibram", in genere, è una garanzia). Non ritengo indispensabile avere una calzatura goretex.
Lo scarpone, invece, è rigido, molto più pesante (a scapito della sensibilità), è costoso. In compenso, rispetto alla pedula, presenta grossi vantaggi in caso di gite sulla neve o lungo i corsi d'acqua.
Ad ogni modo non siate timidi nel negozio al momento dell'acquisto: utilizzando dei calzettoni spessi, calzate gli scarponi quanto più potete, girando in lungo e in largo per la bottega; una volta a casa indossateli ancora. Scoprire che vi fanno male quando siete su per i monti.....è tardi! E non esiste cosa peggiore che avere dolori o ciocche ai piedi per rovinarsi la giornata.... garantito !

A questo punto dobbiamo soltanto decidere quale sarà la nostra gita, tenendo ben presenti due concetti fondamentali: difficoltà e lunghezza dell'itinerario. Il primo deve essere in funzione di quelle che sono le nostre capacità tecniche e la nostra esperienza; la lunghezza è chiaramente in funzione delle nostre condizioni fisiche e dell'allenamento (la gita va scelta in funzione delle capacità del più debole della compagnia e dovrà essere lui a segnare il passo !!).
Normalmente nelle descrizioni delle gite (così come nei cartelli che incontriamo lungo il percorso), è indicata la lunghezza del tragitto espressa in ore di cammino o in metri di dislivello. Per convenzione si considera di percorrere, in media, 350 m di dislivello in un'ora di cammino in salita; impiegando la metà del tempo per l'identico tragitto in discesa. E' evidente che se la gita prevede di superare 1000 m di dislivello in circa 3 ore, presuppone che l'escursionista abbia un allenamento tale da consentirgli di camminare per diverse ore senza arrivare stremato alla meta, considerando che poi dovrà anche tornare indietro. Attenzione, poi, alla stagione in cui ci troviamo: in estate, avendo a disposizione più ore di luce, possiamo anche permetterci gite più lunghe o qualche momento di sosta in più rispetto ad altri periodi dell'anno.

In quanto alla difficoltà il discorso non è sempre così semplice: è vero che in tutte le descrizioni è indicato con delle sigle convenzionali (T, E, EE), se il percorso è classificato Turistico, per Escursionisti od Escursionisti Esperti (escludendo tutte le altre classificazioni), ma è altrettanto vero che molto dipende anche da molti altri fattori. La classificazione E per un percorso potrebbe essere riferita alla bella stagione: in inverno o ad inizio primavera potremmo trovare dei tratti coperti da ghiaccio o neve alta che ne pregiudica la fattibilità o determinando comunque situazioni di pericolo. Oppure soltanto la presenza di alcune roccette, normalmente innocue, che in caso di pioggia potrebbero risultare particolarmente scivolose.
Cerchiamo quindi di raccogliere quante più informazioni possibili sulla gita che abbiamo scelto: siti internet, amici che hanno già frequentato la zona, gestori di rifugi. Questi ultimi, insieme alle guide alpine, sono in grado di dare le indicazioni più aggiornate riguardo le condizioni del sentiero e la fattibilità del percorso. Le fonti ormai non mancano: anche nelle guide escursionistiche, oltre alla descrizione completa dell'itinerario, troviamo svariate informazioni al riguardo (difficoltà, dislivello, periodo consigliato, attrezzatura necessaria).
Vorrei concludere questa serie di raccomandazioni da genitore preoccupato con una piccola parentesi sull'orientamento. Innanzi tutto procuriamoci una carta dei sentieri della zona (come scala di rappresentazione direi 1:25.000): vedrete che non è poi così difficile riuscire ad interpretarla.
Con un pò di prove imparerete a "preparare" la vostra gita: è un buon esercizio per conoscere a tavolino la zona ed è il primo approccio all'orientamento. Prima ancora di partire provate a leggere la descrizione della gita seguendo l'itinerario segnato sulla carta, facendo caso al versante verso cui è esposto o la direzione seguita (verso nord, poi in direzione sud), prendendo come riferimento i monti più vicini indicati sulla mappa e magari annotando le vostre osservazioni su un foglio di carta. Nel corso della gita provate a confrontare i vostri appunti con quanto vedete effettivamente camminando, cercando di individuare i monti che vi circondano, i torrenti che attraversate... qualsiasi cosa che possiate facilmente riconoscere sulla carta. E' un esercizio divertente, un gioco, che permette di conoscere i simboli utilizzati per la rappresentazione grafica: gita dopo gita vi accorgerete che, studiando la carta prima di partire, sarete in grado di capire in anticipo che tipo di terreno potrete incontrare, dove sono i tratti più pendenti e faticosi. Ma soprattutto, durante la gita, imparerete a capire in che punto siete del percorso soltanto guardando la vostra cartina. E' un aspetto molto importante per essere consapevoli di quanta strada manca per arrivare alla meta prescelta. Non manca molto al tramonto, oppure si sta avvicinando un temporale ..... conviene tornare indietro? Oppure accelerando un pò il passo posso arrivare al rifugio e fermarmi lì? Sono decisioni a volte importanti che vanno prese con estrema lucidità e serenità.

Un ultimo consiglio: durante il percorso, soprattutto in corrispondenza dei bivi, ricordatevi di voltarvi e di fotografare, nella mente, il paesaggio od i riferimenti che avete a disposizione, perché quello che vi apparirà alla vista sulla strada del ritorno potrà essere molto differente da ciò che avete osservato all'andata. Focalizzando un albero dalla forma particolare od un masso, sarà più facile riconoscerlo.
Con questa miriade di consigli e raccomandazioni (e in realtà sarebbero ancora molte le cose da dire !!), qualcuno di voi avrà pensato che forse è meglio restare a casa. In realtà il mio obiettivo era quella di far capire che si può godere della bellezza della montagna, immergendosi in ambienti stupendi, adottando piccoli (anche se tanti, è vero), accorgimenti o trucchi. La natura va rispettata ed ascoltata: riconoscere o prevenire un pericolo nascosto, essere coscienti delle proprie capacità e delle proprie forze, può far sì che una bella escursione rimanga tale. Nella speranza di essere riuscito nel mio intento, non resta che augurarvi "buona montagna" e soprattutto buon divertimento!