ANTICHI STATI ITALIANI: LA FALSIFICAZIONE DEI FRANCOBOLLI NON HA ETA'

Il mondo è pieno di francobolli falsi, e non si sottraggono a questa calamità i francobolli degli Antichi Stati Italiani, emessi quasi centocinquanta anni fa. Esistono falsi di tutti i tipi. Nella seconda metà dell'Ottocento e agli inizi del Novecento la collezione dei francobolli era così in voga che venivano stampati francobolli del tutto simili a quelli originali, dichiaratamente falsi e venduti come tali, al solo scopo di permettere a chiunque lo volesse di avere francobolli degli antichi stati senza dover spendere cifre esorbitanti (erano i cosiddetti "tappabuchi", che incredibilmente qualcuno usa ancora al giorno d'oggi). Ma esistevano anche altri tipi di falsi, ovviamente più pericolosi, perché in genere usati con lo scopo di frodare i collezionisti, ottenuti da matrici originali in tempi postumi, oppure da scarti di stamperia, o realizzati ex novo da abili falsari. In questo campo si distinse un tale Jean De Sperati, di origine italiana, che visse in Francia, la cui abilità nel ricopiare tutte le caratteristiche dei francobolli dell'ottocento gli permise di realizzare degli esemplari in grado di mettere in seria difficoltà anche i periti più esperti. Fu perseguito sia dalla giustizia francese che da quella statunitense, anche se, in verità, vendette sempre i suoi esemplari a carissimo prezzo dichiarandone apertamente la provenienza; furono gli acquirenti, o chi per loro, a frodare i collezionisti vendendoli per buoni. Al giorno d'oggi esistono importanti studi sull'attività del De Sperati e i suoi francobolli sono ricercati da molti collezionisti.

Ma l'intenzione prima dei falsari fu quella di frodare l'Amministrazione delle Poste, e i primi francobolli falsi apparvero pochissimo tempo dopo la comparsa dei francobolli, quando il collezionismo era ancora quasi inesistente. Infatti i falsari, fin dai primi anni, hanno tentato di contraffare i francobolli di maggior uso o di più alto valore facciale. L'interesse dei collezionisti per questi "falsi d'epoca" (da non confondere con i falsi realizzati per frodare i collezionisti) è sempre stato molto alto; si tratta infatti di francobolli "atipici" che costituiscono un interessante complemento alla raccolta dei francobolli originali. In genere questi falsi sono piuttosto rari, soprattutto allo stato di nuovi, o conservati su documento postale.

Come si sa, i primi francobolli ad apparire sul suolo italiano furono quelli del Lombardo Veneto, il 1° Giugno 1850; e al Lombardo Veneto spetta anche il poco invidiabile primato della comparsa dei primi francobolli falsi. In questo Stato furono realizzati due tipi di falsi, quelli di Verona e quelli di Milano.

I falsi di Verona riguardavano i valori da 15 e 30 centesimi della I emissione del Lombardo Veneto e vennero eseguiti nel 1853 da un certo Gaetano Alberti, che curò anche l'incisione del cliché. Sono facilmente riconoscibili perché stampati singolarmente in calcografia, e quindi con il rilievo caratteristico di questo tipo di stampa. L'autore dei falsi fu scoperto e arrestato.

I falsi di Milano furono stampati negli anni 1857/58 con metodo tipografico, uno alla volta, usando clichè di piombo. Sono stati falsificati i valori da 15, 30 e 45 centesimi, in tempi diversi, dando origine a diversi tipi. Rispetto agli originali le cifre e le lettere del valore sono più grossolane e la punteggiatura di fondo è molto irregolare. Vi sono inoltre diversità caratteristiche per ogni tipo e ogni singolo valore.

Anche nel Regno di Napoli i francobolli hanno attirato l'attenzione dei falsari che, fin dall'anno successivo alla loro emissione, hanno tentato di contraffare quelli di maggior uso o più alto valore facciale, per frodare lo Stato. Il caso del Regno di Napoli è comunque atipico, in quanto la notevole quantità esistente di falsi, riscontrabili anche su lettere assicurate in unione con esemplari originali, fanno ritenere che i falsari di questa emissione, che non sono stati mai scoperti, agissero con la complicità di alcuni impiegati postali e forse anche di funzionari. Una lettera normale poteva essere imbucata in forma anonima, ma le assicurate dovevano essere registrate, e questo avvalora la tesi della complicità.

I falsi vennero stampati con un piccolo torchio calcografico usando delle sottili lastrine metalliche su cui era incisa una sola riproduzione; la filigrana degli originali non venne mai imitata. La maggior parte dei falsi venne usata a Napoli. Alcuni tipi del 20 grana costituiscono un caso unico in filatelia, in quanto sono i soli "falsi per posta" ad essere più comuni dell'originale.

I valori falsificati risultano essere stati tre, e precisamente il 2 grana, il 10 grana e il 20 grana. Di questi tre francobolli falsi si conoscono vari tipi, dovuti a modifiche o reincisioni delle matrici; l'attività dei falsari è stata intensa e prolungata nel tempo. Siccome tutti i falsi di Napoli sono stati stampati uno alla volta, non esistono né coppie né blocchi.

Con l'annessione del Regno di Napoli al Regio di Sardegna, e la successiva creazione del Regno d'Italia, per le Province Napoletane vennero emessi particolari francobolli con l'effigie del Re Vittorio Emanuele II, ma con valore in moneta napoletana. L'uso indisturbato dei francobolli falsi della serie del Regno di Napoli del 1858 incoraggiò i falsari a ripetere l'impresa anche con i francobolli di nuovo tipo. I falsi vennero stampati con un piccolo torchio calcografico usando delle sottili lastrine metalliche su cui era incisa una sola riproduzione. Comunque la riproduzione non è ben riuscita: le diciture sono irregolari e mal fatte, mentre le impronte delle effigi sono molto grossolane e senza dettagli; da ciò la facile distinguibilità dagli originali. Questi falsi vennero usati solo a Napoli.

E' curioso notare come, mentre a Napoli venivano utilizzati numerosissimi francobolli falsi, con grave danni per l'erario, contestualmente veniva aperto un complesso procedimento nei confronti di più persone per l'uso di un francobollo che tale non era. E' una vicenda che vale la pena di raccontare. Giuseppe Masini, valente artista ed incisore, autore dei francobolli del Regno di Napoli, dopo una prima fornitura, aveva perso l'appalto a causa dei costi troppo elevati. Allo scopo di riconquistare la fornitura dei francobolli, aveva preparato dei saggi costituiti da francobolli di diverso valore, che riproducevano gli stessi stemmi araldici dei francobolli in vigore, ma idonei ad essere stampati tipograficamente, e quindi con minori costi di produzione. Fra l'altro bisogna dire che questi saggi erano magistralmente realizzati e presentavano un aspetto senz'altro migliore dei francobolli in corso. Di questi saggi ne vennero stampati alcuni fogli da cento esemplari, uno dei quali, purtroppo, fu sottratto da un dipendente della stamperia, che lo regalò ad un suo fratello di latte, tale Carlo Mormile. Questi a sua volta cedette dodici di questi saggi a conoscenti; uno di questo, Gabriele Costa, ebbe la malaugurata idea di usare un saggio da 5 grana per affrancare una lettera diretta a Palermo. Questa lettera, trovata in una buca, fu trattenuta dall'Amministrazione postale per sospetta frode, fu aperta e fu convocato il mittente. L'inchiesta, immediatamente aperta, permise di risalire a tutte le persone coinvolte nella vicenda, al recupero dei 99 saggi appartenenti al foglio trafugato ed anche agli altri foglio fatti stampare dal Masini. Fa sorridere l'impegno messo dall'Amministrazione per risalire agli autori di una frode così piccola e, probabilmente, involontaria. Nei verbali il Costa si giustificava dicendo di aver mostrato il saggio, prima di utilizzarlo, in uno degli spacci di Napoli e anche ad un portalettere, ed alla sua richiesta se i francobolli erano buoni, "gli venne risposto essere buonissimi".

Alla fine, dopo alcuni mesi, il procedimento contro i vari imputati venne annullato, senza che venissero presi provvedimenti particolari. In tutta questa storia a rimetterci è stato il solo Masini, la cui proposta per la realizzazione di nuovi francobolli è stata respinta, anche se economicamente più favorevole.