Severino Mingroni: Un uomo che può comunicare solo attraverso il PC ed Internet

Un uomo che nonostante tutto ha ancora voglia di dire quello che pensa, che ha ancora voglia di lottare per far valere i suoi diritti, che vuole ancora far sentire forte e chiara la sua voce!


Autobiografia anomala

 

 

Mia madre è sicura: era una domenica quando venni al mondo, esattamente il 31 maggio 1959 alle 12,30, presso l'ospedale S. Salvatore de L'Aquila. Naturalmente, io non ricordo, ma rammento discretamente un'altra domenica, giorno in cui la vita per me finì: erano circa le 7,30 di mattina del 22 ottobre 1995, allorché mi svegliai e mi accorsi di non avere la forza di alzarmi. Dovettero venire a prendermi con la barella per caricarmi in ambulanza, portare e ricoverare nel locale ospedale di Casoli (Ch), paese di residenza del sottoscritto. Purtroppo, in Italia, non di rado, le festività sono dedicate all'ozio più assoluto: così, fui visitato solo l'indomani mattina. Era troppo tardi, la trombosi aveva già quasi distrutto l'intero mio cervelletto il giorno prima, decretando la mia fine. Ulteriori dettagli in …cronaca:

"Lettera di Severino Mingroni  a "La Repubblica.it"

 Mentre sto scrivendo queste righe, utilizzando lo "headmouse & SofType" (http://www.orin.com/), ascolto vecchi successi dei Dire Straits; tali canzoni mi ricordano l'università, precisamente studiavo Biologia proprio a L'Aquila, dopo il Liceo Classico a Casoli e il militare a Bologna. Nell'estate del 1983, feci il più grosso errore della mia esistenza: abbandonai gli studi. È vero, avevo fatto pochi esami in tre anni, ma non avrei dovuto lasciare gli studi. Allora ero un duro e puro, che imbecille! Quindi, per tre anni, feci il disoccupato - intellettualoide. Lessi molto in quel periodo: tra l'altro, leggendo "Oblomov" di Goncarov, scoprii di essere affetto da oblomovismo, appunto; invece, sfogliando "La bottega dei miracoli" di Jorge Amado, cominciai a familiarizzare con i bidelli universitari. Per fortuna, grazie alla mia vista (http://www.zak1.com/11289.htm), ero finito tra le categorie protette; da invalido civile, nell'ottobre del 1986, tornai all'Università de L'Aquila in veste di usciere. 

Vivendo da solo, o quasi, imparai alcune cose: è duro vivere con un unico e misero stipendio; i buoni non stanno tutti da una parte (stesso discorso per i cattivi); continuando ad essere duro e puro, io mi tiravo le martellate sui …gemelli, come mi disse una persona. Cadde, intanto, il muro di Berlino, cominciarono a crollare gli orizzonti ideali a cui volevo tendere. Così, chiesi il trasferimento presso l'Università di Chieti e, ottenutolo, tornai da mamma. Forse, ha ragione il giornalista americano il quale disse: "Gesù era italiano, perché a 33 anni viveva ancora con la madre!". Tempo dopo, fui "promosso" …bidello; tuttavia, il mondo cambiava sempre di più, facendomi sentire il classico pesce fuor d'acqua. Ormai, il mio orizzonte ideale, molto prosaico, era rappresentato da una pensione e da una casa isolata, per vedere poca gente. Grazie ad una trombosi, si è realizzato il mio sogno: infatti, ora ho una pensione e vedo pochissime persone! In questa vita di merda, metaforica e non, mi danno voglia di esistere solo Internet e la famiglia: facendo alcuni esempi, la prima mi permette di comunicare, uscire di casa (pur non muovendomi), ascoltare e scaricare musica, effettuare acquisti (in particolar modo films in dvd); la seconda mi accudisce completamente, provvedendo anche a liberarmi della cacca non metaforica (se volete saperne di più, parlate con mia sorella e mia madre). Lo Stato? A parte un po' di milioni, e poco altro, da esso ricevuti, sono quasi tre anni che non vedo un medico mandato da una struttura pubblica (non tenendo conto della Commissione per la invalidità civile). Ho scritto varie lettere alle cosiddette Istituzioni (http://www.ricordati.com/severinomingroni.htm), non ottenendo alcuna risposta: ciò è vergognoso, a dir poco! Eppure, è colpa della Sanità pubblica se mi sono addormentato e, successivamente, svegliato in simili condizioni. Tuttavia, se non ci fosse stata la famiglia, tra l'altro, non avrei mai saputo dell'esistenza del presente programma SofType (tastiera virtuale) e del fondamentale HeadMouse; quindi, non avrei mai potuto fare, seppure inutilmente, le mie sacrosante rivendicazioni, personalmente e direttamente al Dipartimento per gli Affari sociali. Chiedo due cose (per il resto, interpellare mia madre e mia sorella): assistenza informatica, anche on line,(ad esempio, penso ad un obiettore, esperto di PC, al mio fianco) ed Internet gratis (relativa bolletta telefonica compresa) per i disabili, con una connessione normale, magari ADSL (http://adsl.tin.it/pgs/abbonamento.htm). Questa volta, il pensiero va a quel locale pubblico di Milano (non ne rammento il nome), visto in TV i primi di luglio: i suoi computers sono dotati di una ottima connessione ad Internet, tanto buona che i "video on demand" hanno la stessa qualità dei films in dvd! Come ho già detto, nessuno si è degnato di rispondermi, né tantomeno di "accontentarmi"! Per sapere di computer e telematica, devo perciò confidare su mio cognato, su qualche amico, sul mio cervello e su opportune pagine web (http://www.informatica.jackson.it/Publications/ShowPub1.asp?CP=2 e http://www.rai.it/aiuto.shtml); per me, Internet rappresenta quasi tutto per passare le giornate, sarà sempre di più un passatempo in futuro (http://www.informatica.jackson.it/Publications/Article.asp?CP=10&CART=16233), l'unico concessomi! Ma, per gli altri disabili, potrebbe voler dire pure telelavoro, teleformazione e telescuola (http://www.corsionline.polimi.it e http://www.educationline.it/laureaonline_main.html); quindi, la RETE deve essere gratis per noi, sarebbe un modo concreto per aiutare la famiglia del disabile (http://www.affarisociali.it/news/gruppo4.htm). Prima di piangere, non ci resta che rivolgerci al PARLAMENTO EUROPEO, con una petizione. Un'ultima considerazione, la mia patologia ha avuto una sola conseguenza positiva: ho immediatamente smesso di fumare!

"L'immagine allegata alla presente lettera è non è l'immagine di un comune desktop, bensì la fotografia del mio mondo, fatto unicamente di icone su cui cliccare."


Lettera alla Redazione di "Repubblica.it"

 

Spettabile redazione di Repubblica.it,

dal 22 ottobre 1995 (avevo 36 anni), la mia vita è diventata un inferno, un incubo reale appunto; vorrei guarire, ma so che guarire significa morire, almeno per me. "La vita è una malattia che guarisce con la morte": per il sottoscritto, questo non è un semplice aforisma con cui riempirsi la bocca, bensì una verità assoluta, un asserto, purtroppo! Non esagero affatto, del resto basta anche solo guardarmi per rendersene conto: sono una mummia pensante seduta su una sedia elettronica, con gli occhi fissi e storti. A ridurmi così, è stata una trombosi all'arteria basilare destra, trombosi non diagnosticata entro poche ore, ma ben due giorni dopo. Incredibile!

Da allora quello che più mi angoscia, era non potermi esprimere, non poter gridare alla gente: "Sono una persona, un essere umano, nonostante le apparenze!" (come l'uomo - elefante nel film "The elephant man", appunto). Certo, non sembro affatto lucido, capisco, ma io so di essere perfettamente lucido, e voglio che lo sappiano anche gli altri!

Un mio amico, navigando in Internet, raccolse gli indirizzi di società le quali potevano fare al caso mio; mia sorella contattò telefonicamente tali società, ed una in particolare, per bocca del suo titolare, ("Easy Labs" di Torino) sapendo che avevo riacquistato solo un discreto controllo della testa, disse di avere un ausilio, frutto dell'ingegno informatico americano, il quale faceva proprio al ...caso mio: l'HeadMouse. Questo particolare ausilio, unitamente al software associato (SofType e Dragger), mi avrebbe permesso di scrivere e di interagire con Windows solo muovendo la testa.

Fine marzo 1998, per corriere, mi arrivò l'HeadMouse, e la mia vita cambiò: non più davanti al televisore, bensì davanti allo schermo del mio PC, tutto il giorno (avevo 2 anni e 5 mesi di silenzio da recuperare!), soprattutto da quando, a Natale scorso, ho avuto un indirizzo di posta elettronica. Peccato che, nel Paese dei telefonini, l'e-mail sia così poco diffusa e, i miei amici i quali possiedono un indirizzo di posta elettronica, l'hanno solo sul posto di lavoro! Ho anche un modem-fax, guasto da più di un mese, ma non mi importa, tanto c' la e-mail che posso adoperare usando una tastiera virtuale sullo schermo del computer collegata con lo HeadMouse.

I medici parlano di miracolo, riguardo alla mia sopravvivenza; io non sono un credente ma, se lo fossi, parlerei di un miracolo di Satana, non certo di Dio, nel mio caso! Che senso ha avuto svegliarsi in Rianimazione, per poi vivere così? Quando mi risvegliai in un letto della Rianimazione, avevo la cannula della tracheotomia in gola (per respirare facilmente), il sondino nasogastrico per alimentarmi, il catetere urinario per pisciare. Ero anche perfettamente immobile, incapace di muovermi e, schiavo inerme della forza di gravità terrestre, sentivo tutto il peso del mio corpo inutile, ormai. Seguirono 20 (venti) mesi ininterrotti di ricovero presso vari istituti di riabilitazione, dove venivo sottoposto a cure fisioterapiche quasi inutili. Il 23 giugno 1997, venivo definitivamente dimesso (la fisioterapia non poteva ridare la vita ai neuroni morti), e in ambulanza, dopo venti mesi esatti, tornai a casa; non era proprio casa mia, troppe barriere architettoniche (= scale per la carrozzina) in essa, ma un appartamento in affitto, poco distante da casa mia. Sono circa 22 (ventidue) mesi che non esco da tale abitazione, e non tanto per il mio aspetto, quanto perché non posso gustare più nemmeno un caffé e un cornetto al bar! Dipendo in tutto e per tutto dai miei familiari:

a) non vado di corpo spontaneamente, così, ogni tre sere, quando mi rimettono a letto, mia madre (64 anni) e mia sorella (37 anni) mi purgano con un clistere da 5000 lire e più (successivamente, dopo l'evacuazione, devono anche pulirmi, naturalmente!);

b)apro poco la bocca, e non riesco a masticare, perciò devono imboccarmi della brodaglia insulsa (se non l'aveste capito, sono anche tetraplegico!), quando è ora di mangiare;

c)nonostante la mia disfagia, devo cercare di bere il più possibile, e, spesso, a questo compito provvede mio padre (76 anni), dandomi da bere con un siringone; ci sarebbe molto altro da dire, ma il tutto è già scritto nel mio diario ipertestuale, iniziato meno di un anno fa. Una sola cosa i miei non riescono a farmi: un bagno! L'ultimo l'ho fatto il 21 giugno 1997, due giorni prima di essere dimesso, con la barella - doccia e il bagno attrezzato, oltreché spazioso. Eppure non puzzo, e non sento affatto l'esigenza di una doccia.

Persino un piccolo colpo di tosse volontario è, per me, un'impresa titanica, da Superman, quindi irrealizzabile. Oltretutto ero iscritto all'AIDO, oltre che all'AVIS, e la mia morte cerebrale non sarebbe stata del tutto inutile: il mio cuore, ad esempio, avrebbe continuato a battere nel petto di un'altra persona.

L'immagine allegata alla presente lettera è non è l'immagine di un comune desktop, bensì la fotografia del mio mondo, fatto unicamente di icone su cui cliccare. Da quando sto tutto il giorno davanti al computer, il mio cruccio principale diventato ...l'occhio sinistro: non riesco più ad abbassare la palpebra dell'unico occhio buono, ciò a danno della mia vista, e l'occhio deve essere spesso lavato con acqua fisiologica.

Circa venti anni fa, vidi il film "E Johnny prese il fucile", e pensai: "Che fantasia questo regista!"; venti anni dopo, io prendevo il posto di Johnny nella realtà, nell'era di Internet. A quel tempo, in gioventù, ero un pacifista; oggi, più che filo-occidentale e filo-Nato, sono filo-Usa, per merito del presente HeadMouse (anche se non capisco la sedia elettrica o perché Silvia Baraldini stia ancora in un carcere americano e non italiano). I profughi del Kosovo non mi fanno pena, anzi li invidio! Li invidio perché loro possono fuggire, gridare la loro disperazione, io no.

Devo cercare di non pensare al mio futuro, se ci sarà un futuro per me, poiché lo vedo ancora più nero del presente. Dopo 5 (cinque) giorni termino questa lettera (iniziata venerdì scorso, 9 aprile 1999, alle 15,48, come da immagine allegata! C'era "Il Mondo di Quark" in tv): sapete, digitare con la testa, letteralmente con la testa, non è affatto semplice.

Svegliatemi da questo bruttissimo sogno! E' terribile essere perfettamente consapevoli che la propria vita è finita quel 22 ottobre 1995, a 36 anni, 4 mesi, 21 giorni e poche ore.


Don Chisciotte e la farfalla

È passato poco più di un anno dalla pubblicazione, sul quotidiano LA REPUBBLICA, della mia lettera; in questo periodo di tempo, ho appreso molte cose dagli amici telematici con i quali ho corrisposto, ma, soprattutto, ho scritto tanto con la testa (non proprio metaforicamente "parlando", non sono presuntuoso!); ad esempio, ho scritto al Ministro per gli Affari sociali, al Dipartimento omonimo e alla Conferenza sull'Handicap, i messaggi elettronici inviati alle cosiddette ISTITUZIONI succitate sono caduti nel vuoto, non essendomi stata data alcuna risposta da esse. In particolare, chiedevo, e chiedo, due cose:

Internet gratis (relativa bolletta telefonica compresa), ed ugualmente affidabile, per i disabili;

assistenza informatica, anche on line, per il sottoscritto e gli sfortunati nelle stesse condizioni, o quasi.

La completa indifferenza del Dipartimento per gli Affari sociali (alle richieste suddette, ovviamente, e non solo) mi ha fatto sentire un Don Chisciotte, il quale combatte contro i mulini a vento! Però io, al posto della lancia, ho una farfalla chiamata Internet: Jean Dominique Bauby ha materializzato la sua farfalla "dettando" un libro con la …palpebra sinistra, l'unica parte del corpo ancora mobile e sotto il suo controllo dopo la malattia da cui fu colpito (per saperne di più, basta visitare il seguente sito web: http://www.club-internet.fr/alis/). Per alcuni mesi (prima di riuscire di nuovo a controllare la testa), anche io ho potuto "parlare" solo con la palpebra (destra, nel mio caso): un normodotato mi dice l'alfabeto, io, con un "ammiccamento", lo fermo quando arriva alla lettera desiderata, più lettere (così "indicate") fanno una parola, più parole una frase, più frasi un libro! Tuttora, se sono a letto, la palpebra rimane il mio unico mezzo di comunicazione. Appena arrivò questo HeadMouse, le cose cominciarono a cambiare e adesso, con Internet, la mia vita è radicalmente mutata: sono diventato un "mutante" il quale sta sempre al computer, quando può! Il ragazzo cileno di http://www.informatica.jackson.it/Publications/News.asp?CART=15735

sfigura al confronto del sottoscritto. Il PC è diventato il mio cervelletto, al posto dei neuroni morti di quest'ultimo, ora ci sono i bytes; peccato dover mangiare (verbo improprio), peccato dover giacere (alle 8 pm sono già a letto); per me, tutto ciò (mangiare e giacere) vuol dire una mente la quale rimane completamente prigioniera del corpo - scafandro, in quanto la farfalla - Internet non può più volare ed io non posso più "parlare", né "uscire". Quindi, non ritengo affatto giusto dover pagare un abbonamento per connettermi alla "madre di tutte le reti", né dover pagare la relativa bolletta telefonica: per un disabile (come me poi) Internet è la vita! Mi spiego meglio, sarebbe come far pagare ad una persona - normodotata la quantità di aria respirata bimestralmente fuori di casa (una sorta di tassa di circolazione applicata ai pedoni). Allo stesso tempo, il collegamento deve restare sicuro, affidabile e veloce, non vogliamo cioè una linea telefonica "preferenziale" di serie B. Qualcosa sta cambiando (http://www.quotidiano.net/canali/una_e_mail_allunga_la_vita/), ma io vorrei che una Legge dello Stato sancisse la gratuità completa di Internet per noi disabili. Se anche voi la pensate così, inviate un messaggio elettronico ai seguenti indirizzi ufficioII@affarisociali.it e turco@affarisociali.it, invitando il Ministro e l'Ufficio II del Dipartimento a leggere la presente lettera "pubblicata" sul web: basta fare click su http://www.ricordati.com/severino.htm

 

 

Il tutto è corredato da una mia foto (foto1): forse, le immagini parlano più delle parole! Quando non sono a letto, sto sempre davanti al computer, quasi perfettamente immobile: muovo solo la testa, la qual cosa mi permette di usare l'HeadMouse (http://www.orin.com/) e, quindi, "comandare" il PC. Internet gratis mi sembra la richiesta minima: provate voi a fare una vita del genere. Se l'energia elettrica viene a mancare, per comunicare devo utilizzare una piccola tavola su cui sono scritte le lettere dell'alfabeto; servendomi del fascio luminoso di una torcia, posta sulla visiera di un cappello, indico le lettere necessarie per comporre la parola voluta (foto 3 e 4). Nella foto 2, si vedono chiaramente: il bottone rosso del campanello che posso premere con la nuca, quando voglio richiamare l'attenzione dei familiari; le mani, cioè i pugni, con le dita le quali possono essere distese unicamente da un'altra persona; la fascia, che cinge la mia testa, su cui è posto il piccolo bollino colpito dalla luce proveniente dalla scatola - HeadMouse (collocata/o sullo schermo del computer) e, di riflesso, sul monitor appare il cursore del mouse con autoclick (il bollino viene messo sulla fascia per non cambiarlo giornalmente); la lente destra degli occhiali è opaca per evitare che io veda doppio (oltretutto l'occhio destro gode di una vista debolissima da sempre). Gli scritti seguenti del DOSSIER sono quasi tutte lettere e non veri e propri articoli (o presunti tali); perciò, possono essere poco chiari, soprattutto perché privi degli allegati a cui faccio riferimento spesso in essi; comunque, ogni scritto è provvisto di una foto del sottoscritto al computer, computer col quale (vi) parlo e non solo. Ultima considerazione, per il momento: una assistenza informatica ufficiale manca e, per sapere le cose, devo arrangiarmi o essere fortunato! Così scopro l'esistenza (futura?) di siti web parlanti (http://www.informatica.jackson.it/Publications/News.asp?CART=15738), ideali per chi ha problemi di vista; oppure che su Internet c'è (o ci sarà) il servizio "video on demand" (http://www.informatica.jackson.it/Publications/News.asp?CART=15681). Se ho perplessità, domande "informatiche", esse, non di rado, rimangono senza risposte, perché non so a chi chiedere chiarimenti. In questi giorni, c'è uno spot televisivo (di una società telefonica) in cui si "grida" di un collegamento a Internet, 24 ore su 24, per sole 60 mila lire al mese! Dato che la pubblicità viene definita "dolus bonus", giuridicamente parlando, vi domando: dove è l'inghippo? Se esso non c'è, come mai pago ancora una bolletta così salata? Mi fermo qui, aspettando delle risposte le quali, quasi sicuramente, non verranno, come al solito (alla faccia dei bei discorsi tipo http://www.affarisociali.it/news/gruppo4.htm); ma, sapete, aspetterò, non ho affatto fretta, non mi muovo! Nel frattempo, scriverò (spero settimanalmente) nel presente DOSSIER, prendendo spunto da momenti della mia vita da malato, momenti, pure lunghi, in cui vedevo solo il letto, poi si aggiunse la televisione e, infine, venne il tempo anche delle videocassette (quindi, prima dell'arrivo dell'HeadMouse).

Severino

Se volete scrivere a Severino, il suo indirizzo é smingr@tin.it

Per informazioni

Scrivete a Guido Ferranova E-mail:

guidoferranova@tiscalinet.it