Parole | Altre preparazioni | Primi piatti | Secondi piatti | Focacce e torte salate | Dolci |
La cucina ligure | Farinata | Pansoti in salsa di noci | Tomaxelle | Torta verde di Dolceacqua | Panettone genovese |
Storia del pesto | Trofie coi broccoli | Teste di Funghi Ripiene | Torta pasqualina 1 | Perseghe pinn_e | |
Alcuni prodotti tipici liguri | Mandilli de Saea | Sciattamaio | Crema di zabaione | ||
"Tocchi" [Salse] | Antipasti | Suppa a zeneise | Focaccia di Recco | Canestrelletti o Canestrelli | |
Pesto alla genovese | Scabeggio [di Moneglia] | Mesc-ciua | Torta pasqualina 2 | Panettone genovese [ricetta classica] | |
Salsa di pinoli | Sardenaira | ||||
Torta de succa | |||||
Cuculli | |||||
Focaccia alla genovese |
Ingredienti:
farina 2 Kg | |
lievito di birra 150 gr. | |
acqua 500 gr. | |
sale 20 gr | |
margarina 300 gr o burro o olio di semi soia mais o altri o olio d'oliva | |
zucchero 100 gr | |
uvetta sultanina 500 gr | |
zibibbo 200 gr | |
pinoli 100 gr. | |
pistacchi 75 gr., o eventualmente altri semi secchi | |
f ior d'arancio 60 cc | |
semi di finocchio 30 gr o semi di anice | |
frutta e verdura candita: zucca 100 gr., cedro 100 gr., arancio 100 gr. |
Procedimento:
Si prepara una pasta come quella per il pane: si scioglie in 200 gr. di acqua
tiepida il lievito di birra e in 50 gr. d'acqua il sale, si scioglie la
margarina senza farla soffriggere e si impastano questi ingredienti, si lascia
lievitare per 12 ore.
Originariamente si usava lo strutto e in seguito altri grassi animali come il
burro o altri grassi vegetali. Naturalmente il panettone assume il sapore del
grasso che si usa. Personalmente considero il burro cotto un veleno perché
aumenta notevolmente la percentuale di grassi circolanti nel sangue, pericolosi
per l'indurimento delle arterie. Ugualmente lo strutto. L'olio di semi e' buono
e leggero ma come l'olio d'oliva imprime il proprio sapore al panettone.
La margarina e' un grasso vegetale poli-insaturo perciò anche da cotto mantiene
la caratteristica di essere il meno pericoloso per la formazione di colesterolo
nelle arterie. Dal punto di vista del sapore e' molto neutra e questo forse e'
un vantaggio. Inoltre e' facilmente digeribile perciò una fetta di panettone
alla fine del pranzo non rimarrà sullo stomaco come un mattone tutto il
pomeriggio.
Lo zibibbo e' un'uva appassita del vitigno moscato a chicchi grossi, ovali e
dolcissimi, con semi. Uvetta sultanina e' una qualità di uva passa con piccoli
acini, dolcissimi e senza semi. Si fa sciogliere lo zucchero in 250 gr. d'acqua
e si pone a bagno l'uva passa per tutta la notte, mentre la pasta del pane
lievita.
Si può diminuire la quantità d'uva passa ma allora bisogna aumentare lo
zucchero. Per esperienza è meglio tenere alta la quantità d'uvetta ma in tempi
di magra ci si può accontentare anche di poco e aumentare lo zucchero o
addirittura usare la melassa la quale però imprimerà il suo sapore al
panettone.
Più pinoli c'è meglio è. I pistacchi perdono molto sapore facendoli tostare e
poi togliendo la pellicina con la bollitura, perciò sarà opportuno sbucciare i
pistacchi possibilmente tostati poco e in casa e sbucciarli della pellicina
raschiandola via.
Da un punto di vista alimentare questi semi sono necessari perché contengono
un'alta percentuale di amminoacidi vegetali che ingeriamo raramente.
I semi di finocchio possono essere sostituiti con i semi d'anice o con semi di
sapore affine variando la quantità a seconda che siano più o meno saporiti.
L'anice è più forte e quindi ce ne va meno, però se i semi sono vecchi di un
anno, perdono molto della loro essenza e perciò bisogna mettercene di più.
Bisogna giudicare al momento masticandone qualcuno per sentire quanto sapore
sprigionano. Una metà dei semi andrà ridotta in polvere al momento nel mortaio
e l'altra metà verrà messa nell'impasto intera o appena tritata. Oltre a dare il
gusto, il finocchio fa passare l'appetito e rende la digestione migliore, perciò
questo panettone per colazione e' l'ideale al mattino per poi tirare tardi senza
fame.
L'acqua di fior d'arancio e' un profumo che dà al panettone quell'odore
gradevole.
La frutta candita va tagliata in forma di stecchetti il cedro e a dadini la
scorza d'arancia. La zucca candita è riportata negli antichi ricettari ma è di
difficile reperibilità perciò se si vuole proprio aggiungerla bisogna prepararla
prima.
Il giorno dopo si impasteranno di nuovo tutti gli ingredienti per mezz'ora,
aggiungendo eventualmente un minimo di farina se l'impasto e' troppo umido o un
po' d'acqua se e' troppo secco.
Si dividerà l'impasto in cinque parti, formando con del cartoncino da dolci
delle formelle circolari sulla teglia ingrassata, in modo che lievitando di
nuovo, la pasta si sollevi verso l'alto invece che trabordare. Si copre con un
panno lasciando in luogo caldo per altre 12 ore, di nuovo a lievitare.
L'infornata avviene a forno caldissimo ma si abbasserà la fiamma al minimo per
cuocere circa 50 minuti, senza bruciare.
Il colore d'orato caratteristico indicherà la fine esatta della cottura.
Bisognerà lasciare raffreddare completamente e poi si giudicherà al taglio il
risultato che dovrà essere una crosta esterna relativamente dura ma croccante ed
una pasta interna cotta e relativamente asciutta assolutamente non "mollicosa" o
addirittura cruda. In quest'ultimo caso si potrà ancora salvare il salvabile,
tagliando completamente il panettone a fette e facendo tostare le fette in forno
a fuoco moderato. Saranno così squisite servite calde con cioccolata oppure
anche fredde col caffè e latte nei giorni successivi.
Ingredienti:
6 cucchiai di olio extra vergine d'oliva | |
1 pizzico di sale | |
pepe | |
pepe nero | |
750 ml di acqua | |
200 grammi di farina di ceci |
Preparazione
In un recipiente molto capiente, mettere la farina di ceci, versarvi molto
lentamente l’acqua tiepida, mescolando con molta cura e facendo attenzione a far
sciogliere gli eventuali grumi che si saranno formati. Salare la miscela e
lasciare riposare per un paio di ore. Passato questo tempo, eliminare la schiuma
in superficie. Accendere il forno in modo da fargli raggiungere la temperatura
di 240-260°C prima di iniziare la cottura. Aggiungere alla miscela di ceci ed
acqua 8 cucchiai di olio extravergine d’oliva e mescolare delicatamente in modo
da far amalgamare bene gli ingredienti. A questo punto, prendere una teglia
circolare di circa 38 cm di diametro, in modo da ottenere che il liquido versato
raggiunga uno spessore inferiore al centimetro; cospargere la teglia con il
rimanente olio, avendo cura di coprire tutta la superficie, quindi versare il
composto di ceci. Lasciare cuocere per circa 20 minuti ruotando ogni tanto la
teglia in modo da ottenere una cottura uniforme. Passati i 20 minuti, lasciare
accesa la sola fonte di calore superiore del forno per altri 5-10 minuti. La
superficie si deve presentare di colore ambrato scuro con parti abbrunate e la
parte inferiore dorata. Si ricorda che ogni forno ha caratteristiche diverse,
pertanto sarà bene testare i reali tempi di cottura con il proprio
elettrodomestico.
Presentazione
Sfornare, lasciare riposare qualche minuto, tagliare e servire con pepe da
macinarsi al momento.
Ingredienti:
2 kg di crescenza | |
1 kg di farina bianca di grano 00 rinforzata o manitoba | |
1dl di buon olio extra-vergine di oliva | |
2 dl di acqua | |
sale fino |
Preparazione
Sulla spianatoia lavorate la farina con un pò di olio, aggiungendo acqua fredda
fino ad ottenere un impasto molto morbido. Formate un panetto, ponetelo in una
terrina e fatelo riposare un’ora a temperatura ambiente, evitando correnti
d’aria.
Lavorate la pasta ancora qualche minuto, formate un altro panetto, lasciatelo
cinque minuti sulla spianatoia e poi stendetelo in una sfoglia sottile. Con le
mani chiuse a pugno premete sulla sfoglia, cercando di allargarla e renderla
ancora più fine, quasi trasparente. Oliate uniformemente un testo di rame
stagnato, grande e rotondo [i liguri usano un diametro di almeno 50 cm], oppure
la placca del forno. Foderate con la sfoglia. Distribuite lo stracchino a
pezzetti e ricoprite con un altro strato di sfoglia, pizzicandola in più punti
con le dita fino ad ottenere dei fori di 1cm. Cospargete di sale e irrorate con
l’olio restante, stendendolo su tutta la superficie con il palmo della mano e
schiacciando nel contempo i pezzetti di formaggio.
Ponete in forno caldissimo (300°) per circa 6 minuti, finché la superficie della
focaccia sarà dorata. Servitela subito, tagliata a grossi pezzi.
Nota:
In tempi lontanissimi la popolazione recchese si rifugiava
nell’immediato entroterra per sfuggire alle incursioni dei saraceni. Si narra
che grazie alla possibilità di disporre di olio, formaggetta e farina, cuocendo
la pasta ripiena di formaggio su una pietra d’ardesia coperta, venne “inventato”
quel prodotto gastronomico che oggi conosciamo come “Focaccia col Formaggio”.
Sul finire del 1800, quando Recco contava circa 3.000 abitanti, ritroviamo la
“Focaccia col Formaggio” nei cinque forni cittadini che campavano alla meglio
vendendo esclusivamente le focacce liguri, uno di essi esiste ancor oggi [forno Moltedo]. Alla fine dell’800 aprono a Recco le prime trattorie con cucina, ed a
quei tempi la “Focaccia col Formaggio” veniva proposta unicamente nel periodo di
celebrazione dei morti. La tradizione della focaccia continua nei tempi ma solo
dagli inizi di questo secolo viene proposta d’abitudine ai visitatori di Recco e
non più come tradizionalmente solo nel giorno dei morti. Grazie
all’intraprendenza di “Manuelina” la focaccia col formaggio vide il suo sviluppo
commerciale e d’immagine, con le sue capacità l’abile ristoratrice attirò nella
sua osteria il bel mondo d’inizio secolo diffondendo
questo prodotto “principe” della gastronomia cittadina, spesso la clientela a
tarda notte svegliava Manuelina per farsi preparare la deliziosa specialità, di
quei tempi si ricorda che persino Guglielmo Marconi e l’Infanta di Spagna
degustarono la focaccia col formaggio.
Ingredienti:
1 Kg. di fagiolini | |
2 uova | |
250 gr. di prescinseua [una specie di quagliata] | |
2 patate di media grandezza | |
100 gr di formaggio parmigiano grattugiato | |
pangrattato | |
olio | |
acqua | |
sale |
Preparazione
lessare i fagiolini in acqua salata bollente. Tritarli grossolanamente e
metterli in una terrina unendo il formaggio, le uova, la ‘prescinseua’, le
patate bollite e spellate, il sale. Amalgamare bene e stendere il composto in
una teglia precedentemente
unta con olio e cosparsa di pangrattato. Spargere ancora sopra un po’ di
pangrattato ed infornare fino a completa doratura della superficie.
Nota: Oltre un secolo fa Genova era già un grandissimo centro,
cresciuto disordinatamente attorno al porto. Nei suoi mercati, in Sarzana, in
Ponticello, in ‘’ciassa da Nunzia’’’, si vendevano le verdure fresche
provenienti dagli orti appena
fuori città, gli ingredienti necessari per preparare lo ‘’sciattamaio’’, un
polpettone solido, sostanzioso, carico di sapore, atteso per il giorno della
festa. Questa preparazione, un po’ la capostipite di tutti i polpettoni
genovesi, veniva anche familiarmente definita ‘’scarbassa’’, con
riferimento alla cesta di vimini che veniva trasportata a soma.
Torta pasqualina
Ingredienti:
1 kg di fior di farina | |
acqua tiepida | |
sale | |
4 mazzi di bietole [o, meglio, erbette di orto: bietoline selvatiche, borragine] | |
maggiorana | |
parmigiano | |
1 kg di quagliata [o ricotta piemontese] | |
2 bicchieri di crema di latte | |
olio di frantoio | |
uova fresche [da 8 a 12] |
Preparazione
La pasta si prepara lavorando attentamente la farina e l’acqua con un’abbondante
cucchiaiata d’olio. Impastando, aggiungere un pizzico di sale. L’impasto deve
essere messo a riposare con una salvietta bagnata sotto e una asciutta sopra. Se
la massaia e’ esperta, può già dividere la pasta in tante parti quante sfoglie
poi tirare. Si va da 16 a 24, ma la tradizione dice 33, come gli anni di Cristo.
Le bietole vanno mondate, quindi lavate e tagliate a listerelle. Vanno poi
lessate, strizzate e stese su un grande vassoio e mescolate con sale, parmigiano
grattugiato e maggiorana tritata. La quagliata va stemperata con qualche
cucchiaio di farina e 2 bicchieri di crema di latte [panna in mancanza d’altro]
e rimestata. A questo punto occorre tirare la sfoglia per ottenere dischi ampi e
sottili grandi quanto un’ampia teglia unta, dalla quale traboccare lungo i bordi
esterni. Occorre sovrapporre un certo numero di sfoglie che vanno unte ogni
volta che si stendono. Quando sarete a una dozzina di sfoglie, stenderete la
bietola e verserete poco olio qua e là, senza esagerare. Sopra la bietola
occorre adagiare la quagliata, nella quale si ricaveranno con il dorso di un
cucchiaino delle nicchiette, tante quante sono le uova da inserire. Ogni
nicchietta conterra’ un po’ d’olio, un po’ di parmigiano grattugiato e una
nuvoletta di pepe bianco. Poi scoccerete le uova in modo che siano contenute
nelle loro fossette. Ora si dovrà ricoprire la torta con altre sfoglie, da 10 a
12, ben oliate e ben distaccate. La torta va messa nel forno ben caldo e
lasciata "crostare" per almeno tre quarti d’ora. Se ne segua la cottura e si punga
la sfoglia superiore, per evitare che la crosta scoppi e risulti antiestetica.
E’ preferibile gustare la torta appena appena tiepida o addirittura fredda.
Il segreto per giudicare una buona ‘’pasqualina’’ e’ l’assaggio dell’orlo, detto
gentilmente in genovese ‘’oexin’’ [cioè piccolo orecchio].
Nota: La ricetta originale è perduta, si sa da documenti che era già conosciuta e diffusa nel secolo XVI. Questa sopra resta comunque il più fedele possibile.
Ingredienti
Bieta
zucchini
pisellini freschi in egual misura
riso crudo
parmigiamo reggiano grattugiato in egual misura (con un peso complessivo pari a
metà di quello delle verdure)
2 o 3 uova
sale
olio di oliva.
Preparazione
In una terrina si depone in primo luogo della bieta, tagliata molto finemente,
dopo essere stata privata della costa bianca, che e’ troppo dura. In egual
misura, sempre a crudo, si aggiungono zucchini grattugiati e pisellini freschi
[fuori stagione si possono usare i surgelati, dopo averli sciolti]. Le verdure
debbono essere in sostanziale equilibrio di peso. A questo punto, in proporzione
un po’ minore [un po’ più della metà] si aggiungono: riso crudo e parmigiano
grattugiato. Le uova [una o due, al massimo tre: non e’ il caso di abbondare]
dipendono dalle dimensioni della torta. Il composto si amalgama con il cucchiaio
di legno, aggiungendo il sale e poco olio di oliva. A parte si tira una sfoglia
molto sottile impastando farina, poca acqua tiepida, sale e un po’ d’olio
d’oliva. Si unge una teglia, meglio se si tratta di uno stampo quadrangolare
dai bordi non troppo alti e si dispone sul fondo la sfoglia in modo da
ricoprire sino ai bordi. Si riempie con il ripieno a crudo e si copre ancora
con la sfoglia. Si passa sulla superficie un filo d’olio e si informa a fuoco
forte. La cottura deve essere perfetta: la crosta deve essere croccante e l’impasto morbido
e amalgamato. L’acqua che danno le verdure deve cuocere il riso.
Nota: E’ la torta salata ‘regina’ dell’ estremo ponente ligure, l’alter ego della genovese ‘pasqualina’, più rustica e ruspante, frutto d’una opposta filosofia della cucina. E’ la Torta Verde, secondo la ricetta della Rosa ‘del Re’, depositaria storica della cucina di Dolceacqua. Realizzarla perfetta non e’ facile, sopratutto, dice la cuoca, se si e’ forestieri.
Nota:
I pansoti o pansotti sono una specialità ligure, grazie al ripieno di borragine
che li rendono eccellenti ancorché digeribilissimi.
Ingredienti per 4 persone
Per la pasta:
400 gr. di farina | |
4 uova |
Per il ripieno:
300 gr. di borragine | |
300 gr. di bietole | |
150 gr. ricotta freschissima | |
50 gr. parmigiano grattugiato | |
2 uova |
Per la salsa:
500 gr. di noci | |
1/2 spicchio d'aglio | |
la mollica di un panino bagnata nel latte | |
1/2 bicchiere d'olio d'oliva |
Tempo di preparazione: tre quarti d'ora
Preparazione:
Rompete le uova al centro della farina disposta a fontana, aggiungete una presa
di sale e impastare bene, versando due cucchiai d'acqua poco alla volta. Mentre
lasciate riposare la pasta, pulite e lavate le erbe, asciugatele e cuocetele in
poca acqua salata. Scolatele, strizzatele e tritatele. Unitevi, in una terrina,
le uova sbattute, la ricotta passata al setaccio, sale e pepe: mescolate bene
aggiungendo il formaggio. Stendere la pasta non troppo spessa, ritagliandone dei
quadrati di circa 6 cm di lato che poi ripiegherete in due. Al centro dei
triangoli sistemate una generosa dose di ripieno e chiudere i pansoti ripiegando
i tre vertici su se stessi e premendo la pasta ai lati con le dita.
Passiamo ora alla salsa: sgusciate le noci, spellate i gherigli dopo averli
messi in acqua e latte bollenti, e tritateli. Mescolateli alla mollica del
panino bagnata nel latte, ben strizzata, unite l'aglio e un pizzico di sale,
aggiungendo olio d'oliva un poco per volta, fino ad ottenere una salsa omogenea
ma non troppo densa.
Fate cuocere i pansoti in abbondante acqua salata, ritirandoli dopo circa 6/8
minuti di cottura, con una schiumarola, man mano che vengono alla superficie.
Deponeteli nella zuppiera con la salsa, mescolate e serviteli ben caldi.
Nota:
Le trofie sono gnocchetti originari della zona di Recco e si accompagnano
splenditamente col pesto o coi "tocchi", gli ottimi sughi della tradizione
ligure. Questa è una squisita alternativa che unisce tradizione e fantasia.
Ingredienti per 4 persone:
400 gr. di trofie | |
300 gr. di broccoli o cime di rapa | |
2 spicchi d'aglio | |
olio d'oliva | |
sale | |
pepe |
Tempo di preparazione: 20 minuti
Preparazione:
Lavate i broccoli e scottateli per 5 minuti in una pentola con abbondante acqua
salata. Toglieteli [conservando l'acqua di cottura], scolateli e saltateli in
una padella con 6 cucchiai d'olio e gli spicchi d'aglio schiacciati [qualcuno
aggiunge anche un filetto d'acciuga]. Nel frattempo mettete a cuocere le trofie
nell'acqua della verdura e scolateli al dente; buttarli poi nella padella e
saltellate coi broccoli togliendo l'aglio e spolverando di pepe nero macinato al
momento. Se vi piace potete aggiungere una bella spolverata di formaggio
parmigiano grattugiato o pecorino....... fate voi!
La sua e' una storia antica quanto il bacino del Mediterraneo anche se le sue origini hanno forse una matrice africana e asiatica. Del basilico ne parlano già autori classici come Plinio e Alessandro Petronio, tutti diligentemente elencati nell'opera "Dell'insalata e dell'uso di essa" di Salvatore Massonio (1627). Nel 1800, codificando la cucina genovese si nomina il pesto come "battuto al sapore dell'aglio" e così ne definiscono la composizione: uno spicchio d'aglio, basilico, formaggio sardo e parmigiano, grattugiati e mescolati insieme, olio d'oliva extravergine. L'immagine della Liguria e' strettamente legata al basilico come al suo mare. Qui il microclima particolare ed un terreno ideale favoriscono la crescita di una varietà di basilico dal profumo e dal gusto inconfondibile e particolarmente equilibrato. Molti tentativi in Italia ed all'estero di far crescere il basilico sono miseramente naufragati perché il vero basilico è esclusivamente Ligure. Nulla può sostituire quell'unico microclima di sole sale e mare che unito alla particolarità della terra consente la crescita del basilico migliore. Nel passato non c'era' famiglia che non avesse sul balcone almeno una piantina di basilico e altrettanto facevano i comandanti genovesi sulle loro navi. A tutt’oggi non è affatto raro imbattersi in piantine che fanno capolino dai balconi e dai terrazzi affacciati sul mare o sparsi sulle colline di Genova e della riviera. La produzione della regione è in serra d'inverno ed in pieno campo nel periodo estivo. La zona considerata ideale per coltivare la qualità di basilico migliore in assoluto, e' nel Comune di Genova quella che va da Pra a Pegli e che si estende a ponente sino a Palmaro e, a levante, sino a Coronata. Nel Ponente Ligure sono riconosciute zone ideali Diano Marina, Andora ed Albenga mentre nel levante della regione della Val di Magra. Il nome Pesto deriva essenzialmente dall'antico metodo di preparazione di questa salsa, cioè attraverso la pestatura [battitura] nel famoso mortaio rigorosamente di marmo con l'utilizzo del pestello, quest'ultimo di legno.
Mortaio di marmo:
questo lento ma efficace metodo consente infatti alle foglie di sprigionare
tutto il loro sapore. Il vecchio pestello di legno schiaccia le foglie
sfibrandole, grazie al movimento rotatorio impresso dal polso di chi batte. Così
"stracciato" il basilico cede e concede tutto il suo sapore. Un altro piccolo
segreto è quello di utilizzare piante "giovani" con non più di 2 mesi di vita. Due parole in più: solo in Liguria c'è un'antica tradizione di tonalità
misurate, di armonie di sapori così naturali e così semplici. Lo stesso
famosissimo "pesto" non ha dosi fisse; sta all'abilità della massaia la sua
riuscita o il completo insuccesso.
Si tratta, quindi, di una cucina vegetariana o quanto meno di una cucina magra.
Bisogna ricordare, infatti, che in Liguria è raro l'uso delle carni di maiale e
di altre carni con eccezione per il vitello. Poco usati sono anche i latticini e
i grassi animali. Vi sono invece ingredienti ricorrenti come i pinoli, le
acciughe (usate fin dai tempi medioevali perché facevano risparmiare il sale che
allora costava molto) e il fungo secco che dà al sapore d'insieme una specie di
riconoscimento regionale.
Ingredienti per 4 persone:
8 fettine di vitello | |
100 g di poppa di vitello | |
100 g di magro di vitello | |
mollica di pane | |
brodo (o latte) | |
1 spicchio d'aglio | |
2 uova | |
formaggio grana grattugiato | |
maggiorana | |
prezzemolo | |
sale |
Preparazione:
Preparare un ripieno a base di poppa di vitello (scottata, tritata e pestata
quindi rosolata in burro con magro di vitello), mollica di pane inzuppata nel
brodo o nel latte, maggiorana, aglio e sale quanto basta, formaggio grattuggiato,
uova.
Quando tutti gli ingredienti del ripieno saranno ben amalgamati, deporre il
composto a cucchiaiate sulle fettine di vitello magro (ben battute e che abbiano
forma lunga e sottile), arrotolarle e poi chiuderle con degli stuzzicadenti.
Cuocere a fuoco dolce in burro con una foglia di alloro, aggiungendo di tanto in
tanto un mestolino di brodo.
La ricetta delle tomaxelle come la interpretiamo noi
(secondo la ricetta di mio Nonno Checchin e sulla base delle Sue
argomentazioni)
Preparare un po' di brodo vegetale. Battere molto bene le fettine di carne.
Tritare e amalgamare i vari componenti del ripieno e porlo sopra le fettine di
carne. Arrotolare le fettine con il ripieno rincalzando gli estremi; legare con
il filo bianco. Porre in una casseruola un po' di olio d'oliva e un trito di
sedano, carota e una piccola cipolla; fare rosolare il tutto con gli involtini
di carne. Aggiungere il vino bianco secco, i piselli e continuare la cottura
versando via via il brodo vegetale caldo. A cottura avvenuta, prima di
impiattare, togliere naturalmente il filo bianco.
Controcorrente
I Gastronomi descrivono questa ricetta come costituita da involtini di fettine
di carne con un ripieno fatto, in prevalenza, con trito di carne e cotti in
salsa di pomodoro; motivano poi la presenza di tale ripieno con la cucina del
recupero (riutilizzo degli avanzi dell'arrosto e degli umidi) e ne fanno
derivare il nome dal vocabolo (tardo latino) "Tomaculum"= salsicciotto
Nota:
"Mio Nonno Checchin [nato alla fine dell' '800] era convinto, riprendendo quanto
affermava suo padre, che tale interpretazione, anche se praticata da una parte
delle massaie Genovesi già nell' '800 (vd. "La Cuciniera Genovese"), fosse
fuorviante rispetto alle antiche origini della ricetta e motivava questa sua
convinzione con le seguenti argomentazioni":
in Liguria gli allevamenti di carne da macello erano pochi e quindi la carne stessa molto costosa | |
non aveva senso inserire questa ricetta nel filone della cucina di recupero quando poi era necessario acquistare carne fresca (le fettine) | |
le verdure, vere colonne portanti della gastronomia ligure e allora poco costose, non erano in alcun modo presenti | |
il pomodoro era entrato molto tardi nella cucina genovese | |
il vocabolo "Tomaculum" letteralmente "salsicciotto" poteva essere inteso in senso lato anche come "contenitore di ripieno". |
"Collocava, quindi, le origini di questo piatto molto indietro nel tempo in momenti di grandissima difficoltà economica; in periodi in cui il brigantaggio e il passaggio di gruppi armati impoverivano ancor più le popolazioni contadine. Per mio Nonno Checchin questi involtini di carne (Tomaxelle) erano preparati per utilizzare la carne degli animali morti accidentalmente e allo scopo di renderli più sostanziosi e abbondanti venivano completati con un ripieno costituito da erbe di campo e formaggio stagionato".
Storia e leggenda delle tomaxelle:
In moltissimi libri e pubblicazioni sulla gastronomia ligure si riferisce che le
Tomaxelle furono servite ai soldati Austriaci che assediavano Genova. Ecco
quanto scrive testualmente Antonino Ronco nel suo "L'assedio di Genova 1800" :
"... I soldati nemici catturati ricevevano la stessa razione di viveri delle truppe francesi e liguri, mentre gli ufficiali venivano nutriti "alla carta". Esistono nell'Archivio di Stato di Genova alcuni mandati di pagamento per "Cibarie agli ufficiali prigionieri" assai interessanti. Ne riportiamo un paio a conferma di quanto sopra. Il primo, in data 10 aprile, si riferisce al vitto, per una giornata, per 24 ufficiali austriaci ed elenca il menù, con relativo prezzo, come segue: "pane, vino (amole 2 per ognuno a pranzo e cena); tomaxelle solo a pranzo; baccalà; minestra ; arrengo e insalatta a pranzo e cena; cena ragò; insalatta". Il conto sarebbe asceso secondo l'estensore a 184 lire, meno uno sconto di 14 lire praticato dall'oste. Un secondo mandato di pagamento all'aiutante Bonelli, per 340 lire, porta la data del 14 aprile ed elenca per i pranzo agli ufficiali austriaci: "minestra, pane, manzo bollito, vitella arrosto, insalatta"; e per cena: "pane, vino, cima piena e insalatta". Bonelli aggiunge che il comandante ammalato si è accontentato di "fideli, ova, cetroni. ..." | |
Come si può constatare l'Autore parla delle Tomaxelle ma non precisa come erano fatte e con quale tipo di ripieno. | |
C'è da domandarsi: è possibile che in una città assediata spinta sempre più alla fame queste "tomaxelle" fatte di carne fossero anche farcite di carne? Basta poi leggere con attenzione il libro del suddetto Autore e si vedrà che il contesto in cui furono offerte le "Tomaxelle" era rappresentato dalla presenza di alcune migliaia di prigionieri tra cui moltissimi erano gli ufficiali ed il popolo andava già a caccia di topi per sfamarsi. In nessuna parte del Libro di Ronco si afferma che questo fu uno stratagemma per fare pensare agli assedianti che in città ci fosse abbondanza di riserve alimentari, come alcuni scrivono, ma era piuttosto un comportamento che tendeva a far sì che anche i prigionieri Francesi fossero trattati bene dai nemici. | |
Il fare risalire poi la parola Tomaxelle al tardo latino Tomaculum, che voleva dire salsicciotto, come affermano sempre alcuni autori, potrebbe non essere del tutto corretto. |
Ad esempio a Bellinzona [Svizzera] viene proposta una bellissima rievocazione
storica presso il Castello di Montebello e tra le varie portate del pranzo in
costume vi è: "Tumaculum cum castagna".
Ecco cosa mi ha risposto con grande cortesia e disponibilità il Segretario
organizzativo della manifestazione ad una mia e-mail al riguardo:
"Egregio Signore,grazie per l'interessamento alla ricetta di una nostra portata della cena annuale in occasione della nostra manifestazione di rievocazione medievale. In effetti è molto semplice in quanto Tomaculum non è nient'altro che un cibo conservabile che nella nostra regione ai tempi molto povera era facilmente reperibile. Infatti "Tomaculum" è il "lardo". Mentre le castagne sono pelate e lessate in acqua dolce. Nella speranza di aver esaudito la sua richiesta, colgo l'occasione per porgere cordiali saluti" Valter Da Col Segretario de "La spada nella rocca" |
Ancora nel Vocabolario Latino Castiglioni-Mariotti c'è il termine:
Tomix o Thomix o Tomex = Corda di Giunco o di Canapa | |
Questo termine è usato da Vitruvio [1° sec a.C.], da Plinio e da Columella (1° sec. d.C.) Tutti e tre hanno parlato di questa corda di origine naturale che veniva usata per varie necessità. Perché quindi non pensare che qualche buongustaio in tempi successivi abbia avuto l'idea di chiamare questo involtino legato con una cordicella con il diminutivo del vocabolo latino Tomex trasformandolo in Tomaxella = piccolo Tomex = cordicella ? | |
In conclusione si potrebbe anche pensare che la ricetta delle Tomaxelle riportata da "la Cuciniera Genovese" di G.B. e Giovanni Ratto a cui tutti hanno poi fatto riferimento abbia trascurato un modo diverso di preparare le Tomaxelle; diverso sì, ma, come affermava mio Nonno Checchin e come Vi ho riproposto nella ns. ricetta, quasi certamente presente nella abitudini gastronomiche di molte massaie genovesi di allora. |
Ricerca offerta da: Francesco Gardella, Chef-Patron del Centro Gastronomico "Antica Cucina Genovese"
Ricetta da: cookaround |
Anfiteatro naturale stretto tra mari e monti, la Liguria l'unica regione italiana ad avere Alpi, Appennini e mare, ed il solo territorio del nord del Paese a godere del temperato clima del mar Tirreno, traendo beneficio dalla vicinanza al mare e dalla protezione al nord di considerevoli catene montuose.
Un'armonia tra verde ed azzurro fatta di delicati equilibri tra cui spiccano prodotti d'eccezione quali il dolcissimo olio d'oliva, i gustosi ortaggi ed i vini delicati e profumati. La coltivazione dell'ulivo garantisce una qualificata produzione di olio tra cui alcune punte di diamante per l'Italia come quello ricavato dall'oliva taggiasca, di gusto tenue, raffinato e mai aggressivo. Ha un lieve retrogusto di pinolo e mandorla, ed in grado non solo di rispettare ma anche di esaltare i profumi delle erbe, la freschezza degli ortaggi, e sapori di mare.
La cucina ligure prevalentemente di "magro", quasi vegetariana, nata dall'esigenza di sfruttare al meglio qualsiasi ingrediente disponibile. L'ingrediente più conosciuto è senz'altro il basilico, una piccola piantina dall'altrettanto piccola foglia che, chissà quale sapiente mano, ha unito in esemplare matrimonio con i pinoli, l'olio d'oliva, l'aglio ed il formaggio grana, dando vita alla salsa cruda per pasta pi conosciuta, Sua Maestà il "Pesto Genovese". Le origini del pesto sono antiche e per certi versi sconosciute ma ecco alcuni cenni sulla storia del pesto. Un altro elemento di verde sono i ripieni, sia per le paste fresche come i pansotti ed i ravioli, sia per le torte come la leggendaria "Pasqualina" o la torta di carciofi sia per la conosciuta "pancia di vitello ripiena" chiamata "Cima alla Genovese". La cucina ligure anche azzurra poiché marinara, con pesci e crostacei da scoglio e profondità del Golfo Ligure, e pesci azzurri come le acciughe, le orate e gli splendidi bianchetti, oppure altri quali i pesci luna, i saraghi ed i branzini. La cucina ligure stata anche molto arricchita da apporti esterni poiché, nel corso dei secoli, i commerci attivati dalla Repubblica Marinara di Genova, hanno introdotto l'uso di alimenti come lo stoccafisso ed il baccalà, prodotti in paesi lontani, ma che hanno dato vita ad una molteplicità di piatti dal gusto forte come per esempio la zuppa detta "Buridda". Anche la vicinanza con la Francia e l'esteso territorio provenzale, ha contribuito a scambi di cui troviamo tracce qua e l. Tracce e segnali che provengono da tutto il sud-ovest dell'Europa: infatti incredibile quanti elementi gastronomici ricorrenti vi siano fra la cucina ligure, e quella Catalana, quella Provenzale e quella Portoghese. Numerose sono inoltre le testimonianze di piatti con assonanze mediterranee: si trovano sorprendenti analogie con le gastronomie spagnole, mussulmane e sicule. Abbastanza intenso l'uso dell'aglio (vedi Aglio di Vessalico) probabilmente nel "battuto d'aglio" si può vedere l'antenato dell'attuale pesto. Tra le particolarità troviamo la farinata, una sorta di sottilissima focaccina di farina di ceci o di grano che viene consumata calda, anche per la strada, in qualsiasi momento della giornata, un'abitudine diffusissima, una sorta di fast-food all'italiana con pochi e sani ingredienti: farina, olio d'oliva, sale ed acqua.
La Focaccia [in dialetto fugassa].
Un capitolo a parte merita la tanto conosciuta ed apprezzata focaccia. E' una
specialità tipica della cucina ligure, una sorta di pane piatto dello spessore
di alcuni centimetri impastata con olio d'oliva, meglio se extravergine. Viene
salata con sale grosso che si scioglie, anche se spesso non completamente,
durante la cottura. E' per questo motivo che i veri intenditori mangiano la
focaccia con la parte più scura [quella più cotta] al contrario per metterla
direttamente a contatto con le papille gustative... una delizia! La focaccia per
i Liguri un mito, un simbolo, un rito quotidiano dal sapore inconfondibile, un
modo per sentirsi un tutt'uno con le bellezze della Liguria. Sarà l'acqua, il
clima, l'olio buono... ma nessuno al mondo riesce a fare la focaccia cos come
esce a Genova e e in Liguria. Basta uscire dai confini regionali per osservare
deboli ed alquanto rozzi tentativi di imitazione della nobile "fugassa".
Anche il bosco fa la sua parte, contribuendo a fornire ingredienti come le
castagne, i funghi, i tartufi neri ed i frutti di bosco che sono presenti in
abbondanza nella cucina tipica ligure. In conclusione la gastronomia ligure,
frutto di intelligenza non comune, cucina essenziale, scevra da spezie o sapori
aggressivi, rivelando il pensiero che la sostiene e dimostrandosi una cucina tra
le pi attuali della penisola.
Scabeggio
Nota:
La denominazione dialettale di questo antipasto monegliese proviene dal dialetto
prettamente genovese "mette a scabescio", ossia la modalità di preparare certi
pesci (sgombri, alici, anguille) corrispondente al lombardo "carpione".
Ingredienti per 4 persone:
1/2 Kg. di pesce carpione (o altro) | |
1 etto di farina | |
un bicchierino d'aceto o vino bianco | |
olio per la frittura (meglio se olio d'oliva) | |
2 spicchi d'aglio | |
1 limone | |
1 cipollina | |
2/3 foglie di salvia |
Preparazione:
Pulite il pesce, infarinare e fatelo friggere, quindi coprire d'aceto (ossia
marinare) la frittura di pesce aggiungendo spicchi d'aglio, fettine di cipolla,
fettine di limone e cime di salvia. Quando il pesce sarà ben marinato (minimo
un'ora), presentarlo con un piatto di portata facendo colare il liquido e gli
ingredienti usati per la marinatura. Servire in un apposito piatto per pesce.
Per una migliore marinatura usare anche, oltre all'aceto, il vino bianco.
Torta pasqualina con i carciofi
Ingredienti per 6/8 persone:
Per la pasta:
1 Kg. di farina bianca | |
4 cucchiaiate d'olio | |
sale | |
acqua quanto basta. |
Per il ripieno:
1 kg. di erbette (oppure 10 cuori di carciofo) | |
1/2 cipolla tritata | |
60 gr. di burro | |
500 gr. di ricotta | |
6 uova | |
1 bicchiere di latte | |
100 gr. di parmigiano grattugiato | |
sale | |
pepe | |
maggiorana |
Preparazione:
Setacciate la farina e impastatela con l'olio, il sale e tanta acqua quanto
basta per ottenere una pasta di giusta consistenza. Lavoratela molto bene e
dividetela in 10 pallottoline [anticamente se ne facevano fino a 33], copritele
con un tovagliolo umido e sopra uno asciutto e lasciatele
riposare per un quarto d'ora. Intanto lessate le erbette [o i carciofi] in acqua
leggermente salata, scolateli e insaporiteli con il soffritto di cipolla e olio.
Lavorate la ricotta con il latte e unite un pizzico di sale. Tirate 10 sfoglie
sottilissime con la pasta e stendete la prima su una tortiera unta e spolverata
di farina. Spennellatela con un poco d'olio e ritagliate con un coltello il
cordone di pasta
che cresce dalla tortiera. Stendete altre cinque sfoglie, spennellandole sempre
con l'olio, poi fate uno strato con le verdure e uno con il formaggio. Preparate
sul formaggio 6 fossette e mettete in ognuna un pezzetto di burro, rompendoci
dentro un uovo, condite con un pizzico di sale, di pepe e di maggiorana col
parmigiano.
Coprite con le rimanenti sfoglie spennellandole con l'olio. Punzecchiate con una
forchetta l'ultima sfoglia, ungetela bene e ritagliare il cordone di pasta che
cresce dalla tortiera.
Passate in forno a calore medio per circa 60 minuti. La torta pasqualina deve
prendere un bel colore biondo.
La si può servire, a seconda dei gusti, tiepida o fredda.
Ingredienti per condire 500 gr di pasta:
50 gr. di pinoli | |
50 gr. circa di mollica di pane | |
1/2 bicchiere d'olio | |
aceto | |
sale |
Preparazione:
Far ammollare la mollica di pane in aceto; una volta ben inzuppata strizzatela
bene e pestatela nel mortaio con pinoli (precedentemente tostati)sino ad avere
ottenuto una completa amalgama. Condire la salsa con un po' di sale ed aceto (un
cucchiaio circa). Mescolare con apposito cucchiaio da cucina in legno e un poco
alla volta versare il mezzo bicchiere d'olio. Servire nella salsiera. Ottima
anche per condire il bollito e pesci.
Ingredienti per condire 500 gr. di pasta:
50 grammi di foglioline di basilico [Ocimum Basilicum] | |
½ bicchiere d'lio extravergine di oliva [di provenienza ligure] | |
6 cucchiai da cucina di Parmigiano grattugiato | |
2 di Pecorino grattugiato [romano, toscano, sardo o siciliano] | |
2 spicchi d'aglio | |
1 cucchiaio da cucina di pinoli sgusciati | |
Noci [facoltative, in sostituzione ai pinoli, o in associazione, in questo caso mantenete la dose] | |
Sale grosso [qualche grano per facilitare il lavoro col mortaio, e per mantenere vivo il colore verde delle foglie di basilico] |
Preparazione:
Per fare il vero Pesto genovese occorrono un mortaio di marmo e un pestello in
legno, tanta diligenza, pazienza e passione.
Per prima cosa bisogna lavare in acqua fredda il basilico e poi metterlo ad
asciugare su un canovaccio, nel frattempo nel mortaio si deve pestare uno
spicchio d'aglio ogni trenta foglie di basilico, la ritualità sta anche nelle
dosi.
Aggiungete qualche grano di sale grosso, questo punto, ma non tutte insieme
(sono merce preziosa non erbetta qualunque!), vanno aggiunte le foglioline di
basilico e si inizia con un dolce movimento rotatorio e prolungato a pestarle
nel mortaio, in modo da stracciare, non tranciare, le profumate foglioline.
Quando il basilico stilerà un liquido verde brillante sarà il momento di
aggiungere i pinoli, una manciata. I pinoli devono essere prima leggermente
tostati. Continuare a lavorare col mortaio. E' giunto il momento dei formaggi:
parmigiano e pecorino adeguatamente stagionati. Ed infine l'olio extravergine
d'oliva, versato a goccia, meglio se di provenienza ligure, in alternativa
quello toscano che infonderà maggior sapore al pesto.
Una raccomandazione:la lavorazione deve avvenire a temperatura ambiente e deve
terminare nel minor tempo possibile per evitare problemi di ossidazione. A
questo punto il Pesto è pronto e può essere utilizzato per condire le troffie,
le trofiette, le trenette avvantaggiate, i "mandilli de saea" e può essere
aggiunto per dare gusto al minestrone di verdure.
Nota:
E'un piatto tipico genovese che non appare più con questo nome in nessun menù, è
questo un termine "arabo-genovese" che riporta agli antichi contatti con
l'Oriente. Anche sui menù genovesi i Mandilli sono sempre più rari perché si
trattasi di una preparazione che richiede un po' troppa pazienza per i ritmi
della vita di oggi.
Ingredienti per 4 persone:
Per l'impasto:
150 gr. di farina | |
1 rosso d'uovo | |
Acqua | |
Sale | |
Olio di oliva ligure E.V.O. |
Condimento:
Pesto genovese
Preparazione:
Impastate la farina con il rosso d'uovo e un pizzico di sale; stendete la pasta
con l'aiuto di un mattarello preparando una sfoglia sottilissima che poi si
ritaglia a quadri grandi come fazzoletti. I Mandilli così ottenuti vanno messi a
cuocere in abbondante acqua a due, massimo quattro per volta rigirandoli
delicatamente insieme a fagiolini e patate.
Si dovrebbero servire così, man mano che sono cotti, per evitare che
raffreddino, inframmezzati con il pesto che, per l'occasione, non può essere che
quello tradizionale fatto con il mortaio.
Ingredienti per 4 persone:
1 lattuga | |
1 mazzetto di boraggine | |
1 cipollina | |
1 pugno di prezzemolo | |
qualche foglia di basilico | |
4 uova | |
formaggio grattugiato | |
burro | |
brodo | |
sale | |
pepe |
Preparazione:
Fare soffriggere la cipollina, con sale e un pizzico di pepe, in burro unendo
anche la lattuga, boraggine, prezzemolo e basilico precedentemente tritati
finemente.
Nel frattempo preparare le uova sbattute unendo 4 cucchiai di formaggio
grattugiato. Quando le uova saranno ben amalgamate con il formaggio, aggiungere
il soffritto
preparato in precedenza; mettere il tutto in un recipiente o in una forma
imburrata che va posta a cuocere a bagnomaria. L'impasto che ne risulterà dovrà
essere fatto raffreddare e quindi, tagliato a pezzettini, servitelo in brodo
bollente.
A piacere potrà essere aggiunto parmigiano grattugiato.
Ingredienti per 4 persone:
8 pesche spaccatelle | |
50 gr. di cedro candito | |
50 gr. di zucca candita | |
20 gr. di zucchero | |
vino bianco | |
burro. |
Preparazione:
Aprire le pesche, dopo averle ben lavate, levare il nocciolo dal quale dovrà
essere estratta la mandorlina centrale che andrà pestata nel mortaio con cedro,
zucca e canditi tagliati a pezzettini. Aggiungete anche la polpa di una pesca e
qualche cucchiaio di vino bianco. Riempire con questo impasto le mezze pesche e
deporle quindi in una teglia leggermente unta di burro. Cospargere il tutto con
zucchero e mettere in forno per una mezz'ora a calore moderato (180°) e
servitele tiepide o fredde. Ottime anche con una
crema zabaione
Ingredienti per 4 persone:
4 tuorli | |
120 gr. di zucchero | |
2.5 dl di panna fresca | |
1.2 dl di Marsala dolce | |
2 pizzichi di vanillina | |
1 cucchiaino di scorza di arancia grattugiata | |
cannella in polvere. |
Preparazione:
Mettete in una casseruola i tuorli, lo zucchero, la vanillina, il vino e la
scorza d'arancia. Immergete la casseruola a bagnomaria a fiamma bassa. Mescolate
gli ingredienti con la frusta per una decina di minuti, fino a ottenere una
crema omogenea. Togliete dal fuoco e fate raffreddare. Montate la panna,
tenetene da parte due cucchiai e incorporate il resto allo zabaione.
Nota:
La Sardenaira è una pizza dalla storia antica, che regala ai sensi il sapore e
la specificità della terra ligure di ponente. Sulla base di farina di grano,
acqua, lievito e olio extravergine d’oliva, una delle ricchezze della Liguria,
vengono dispensati il colore della salsa di pomodori, il gusto terragno
dell’aglio vestito, la salinità delle acciughe sottosale, il profumo di campo
dell’origano, i capperi che si attaccano alle pietre, le olive, quelle di
Taggia, che rubano il sapore alla terra e al mare. Le olive devono proprio
essere di varietà taggiasca, il profumo ed il sapore devono proprio essere
quelli, anche la consistenza, la punta leggera di amaro, la pazienza della
salamoia. Ci vuole la sapienza per amalgamare e per infornare e condire, e la
sapienza degli abitanti di una terra povera per ottenere da ingredienti così
semplici questa meraviglia profumata e colorata.
Popolare in particolare nelle zone dell'imperiese. Viene mangiata anche a S. Remo dove tuttavia è denominata "Pizza all'Andrea" vale a dire pizza con sardine. La denominazione (pizza dell'Andrea) deriverebbe forse, dal fatto che sarebbe piaciuta Andrea Doria, come noto originario proprio d'Oneglia (1466-1560). Si trova in molte varianti: con le sarde fresche, con acciughe, pomodori, cipolle, basilico ed olive nere.
Sardenaira
Ingredienti per 6 persone
Per la pasta:
600 gr. di farina | |
30 gr. di lievito di birra | |
4 cucchiai d'olio | |
sale | |
acqua q.b. |
Per il condimento:
2 cipolline affettate | |
1/2 bicchiere d'olio | |
1 kg.di pomodori maturi | |
100 grammi di acciughe salate | |
2 foglie di basilico | |
2 spicchi d'aglio (facoltativo) | |
1 dozzina di olive nere in salamoia | |
1 cucchiaio di capperi |
Preparazione:
Setacciare la farina e ponetela sulla spianatoia, impastatela con il lievito
sciolto in circa un bicchiere d'acqua tiepida, l'olio e il sale. Lavorate bene
la pasta, con le mani, per almeno un quarto d'ora, poi fatene una palla palla,
copritela con un tovagliolo e lasciatela lievitare in luogo tiepido per 2 ore
abbondanti.
Intanto soffriggere a fuoco basso in una casseruola le cipolle finemente tritate
nell'olio; appena il soffritto comincerà a imbiondirsi unite i pomodori pelati
tagliati a pezzi e privati dei semi. Fate cuocere a fuoco vivo per circa
mezz'ora fino a
quando l'acqua dei pomodori si rarà ritirata completamente. Lavate, diliscate e
tritate le acciughe, poi aggiungetele alla salsa di pomodoro, aggiustate di sale
e lasciate insaporire per pochi minuti. In una teglia unta d'olio stendete la
pasta dello spessore di circa 1 cm, premendola con le dita unte d'olio. Versate
sulla pasta il condimento raffreddato, unite le foglie di basilico, le olive
nere, i capperi, l'aglio tagliato a fettine
e un filo d'olio. Passate in forno già caldo (240°) per circa mezz'ora, sfornate
la pizza quando sarà ben dorata e croccante.
Panissa
Panissa
cibo di Sottoripa (portici antistanti il porto di Genova), anticamente quaresimale, non vincola ad una ricetta unica. Un litro d'acqua e 3 etti di farina di ceci sono gli ingredienti (4 etti nel caso dei cuculli). L'impasto riposa varie ore, poi si cuoce come una polentina (ottimamente a bagnomaria). Si pone nuovamente a riposo in fondine unte d'olio. Dopo la frittura, s'asciuga tamponando con carta assorbente. L'olio abbondante mantiene alta la temperatura e il fritto risulta ben croccante, non intriso. Alcuni la apprezzano non fritta, ad es. con le cipolle o le biete stufate (i nostri bisnonni ne preparavano per 2-3 giorni, variando le ricette). Gavotti la rosolava, tagliata a lasagnetta, per gratinarla in forno con sugo di funghi e parmigiano. In sé e per sé si abbina ad un DOC Golfo del Tigullio Bianchetta o con un bianco frizzante. E' simile alle panelle palermitane di cui narra il compianto Vincenzo Buonassisi, ma non confonderla con la paniccia, che è viceversa un risotto con fagioli e cavoli tipico di Vercelli in Piemonte. Beninteso, lemmi del genere derivano da panico, cereale affine al miglio, antica graminacea asiatica che oggi si usa oramai solo per il becchime, sostituita da mais e risi. Nell'entroterra, la panissa è più soda, talora con cicerchie (gasce), e in Valle Arroscia si fa con farina di piselli (affettata, a colazione con cagliate, a pranzo o cena con olio, aceto, cipolle, aglio)
Sardenaira
L'inventore di questa famosa pizza pare sia stato il famoso ammiraglio Andrea Doria. E' un'antica specialità della Riviera di Ponente, tipica di Oneglia, paese natale dell'ammiraglio. Un tempo la pasta era spessa 5 cm, oggi si fa più sottile, a Ventimiglia e a Bordighera prima di mettervi sopra il ripieno, fatto senza cipolla, si distribuiscono sulla superficie delle sottilissime fettine di cipolla cruda, da altre parti si inseriscono i capperi. Inoltre il condimento è ottimo anche per condire la pastasciutta; un tempo per farlo si utilizzavano solo le teste delle sardine, da qui un altro nome che viene dato alla ricetta: "sardenaira" o "sardenaria" o "sardinara" o "sardenara". (vai alla ricetta)
Pansoti (o ravioli del Levante)
Pansoti
tipicità del Golfo Paradiso (Bogliasco, Pieve Ligure, Sori, Recco) limitrofo a Genova, si condiscono con la salsa di noci, frutto delizioso che ci giunge da Persia e Balcani, preparata nel mortaio come il pesto - aglio, persa, pinoli, noci, mollica nel latte, parmigiano, sale, olio - . Il loro nome significa "panciuti", e furono nel 1961, al festival di Genova-Nervi, una bella intuizione della Manuelina, nota e geniale ristoratrice recchese. Ben gonfi, la pasta tagliata quadra 6 cm per lato viene riempita di magro, con ricotta (un tempo prescinseua) e fresche erbette locali - sei ad un passo dal monte di Portofino… - dette "preboggiòn", legate con parmigiano grattugiato, uova, noci. All'occorrenza si ricorre a sola boraggine o a biete. Cuociono per circa 3 minuti (aggiungi un po' d'olio nell'acqua) e si abbinano ad esempio al Pigato - eccelso quello di Bruna, in Ranzo - o al Vermentino. Esiste una variante alla Spezia con riso, porri, uvetta… Infine i cappellasci, sempre col preboggion, sono tondi
Pesto di basilico
Pesto
"savore d'aglio", è tuttora, forse, il più grande emblema della cucina ligure. E' nato intorno al 1830 (Ratto vi inserisce il gotam olandese) * , ma "riecheggia" il moretum, antica salsa dei romani. Salubre, profumato, duttile, bilancia al proprio interno ingredienti che sono il vanto della ruralità locale (basilico, olio, aglio…), ma concedendosi una puntata in Emilia e in Sardegna coi due formaggi necessari alla realizzazione. Il parmigiano è quello di 24 mesi, e la pasta sia quella secca di grano duro. In origine salsa da bollito, si ama leggermente più puntuto a ponente, a levante si aggiunge prescinseua, mentre a Sarzana [SP] sulle trenette al pesto si sovrappongono le zucchine - a rondelle - . Il cosiddetto pesto corto aggiunge una dadolata [brunoise] di pomodoro e sottrae quasi interamente l'aglio. L'azienda "Crespi & Figli" di Ceriana [IM], attiva dal 1925, ha conseguito nel 2004 - prima azienda in Italia - l'UNI 10939 per la tracciabilità dell'intera filiera. Se non disponi del mortaio, utilizza il mixer a velocità minima e intermittente, per non "bruciare" le nobiltà olfattive e gustative del preparato. Per altre notizie ti suggerisco anche il volume "Pesto e mortà" [1980] dell'insigne Aidano Schmuckher.
Il pesto, da sempre, si consuma e dà il meglio di sé con le lasagne [in dialetto mandilli = fazzoletti], con le trenette, con le trofie - che parrebbero originarie del Golfo Paradiso - , con gli gnocchi. E' presente, di solito nella variante senza pinoli, anche (per dargli un tocco di sapore) nel minestrone di verdure cosiddetto alla genovese, che tuttavia è vanto anche dell'area di Sestri Levante [GE] e che chiede preferibilmente 4 specifici tipi di pasta: i brichetti, lo scuccussùn, i maccheroncini o le tagliatelle. Il vino in abbinamento non può che essere il Pigato, dissento dal Rossese di Albenga.
Il pesto è una ricetta ingegnosa, 7 materie prime s'amalgamano lavorate da un pestello di bosso ]o comunque di legno duro] dentro un mortaio di marmo, non dimentichiamo che la Liguria di levante confina con l'area di Carrara e la cultura del riutilizzo e della parsimonia, in cucina e fuori, ha rappresentato a lungo una dote primaria. Il basilico si coglie splendidamente a Prà, sulle alture di Genova, dove sole ed aria marina lo rendono diverso da qualunque altro, mentre l'aglio proviene viceversa da Vessalico, grumo di ruralità serena adagiata lungo il corso del torrente Arroscia, fra la provincia di Savona e quella di Imperia. L'aglio di Vessalico, da tempo, si fregia della qualifica di presidio Slow Food insieme ad una decina di altri giacimenti made in Liguria.
Su Google, da anni, i siti in varie lingue dedicati al pesto non si contano. Ciò conforta e allarma ad un tempo, perché il pesto è ormai una produzione fra le più imitate e falsificate al mondo.
Quella che segue, unita all'elenco degli ingredienti, è una delle tante ricette "rigorosamente autentiche e classiche", che si esegue con facilità ed in pochi minuti (prepara sempre per almeno 4 persone). Come detto, si suggerisce di abbinare il pesto a lasagne, trenette, troffie, gnocchi. Il pesto si conserva in vasetti di vetro ermetici, ben puliti e asciutti, coprendo d'olio (lo stesso della preparazione) all'inizio e ad ogni prelievo
Ricetta per una famiglia di 4 persone 4 mazzi di basilico freschissimo [di Genova-Prà], 2 cucchiai di pinoli [meglio di Pisa], 50 grammi di vero parmigiano grattugiato, 30 grammi di vero pecorino sardo [oltre i 3 mesi] grattugiato, 2 spicchi d'aglio [di Vessalico], 4 cucchiai d'olio d'oliva extravergine ligure - melius abundare - , un pizzico di sale grosso. Se usi le noci, e forse non dovresti, prima pélale
Preparazione Si pongono nel mortaio di marmo il basilico lavato e asciugato, i pinoli, l'aglio privato del germoglio interno e il sale [che evita l'annerimento del basilico]. Si battono gli ingredienti col pestello di bosso, e via via si aggiungono i due formaggi pecorino e parmigiano. Si lega bene il composto amalgamandolo lentamente con l'olio, versato a filo. E' ok quando si forma una tenue patina lattescente. Al termine, prima d'utilizzarlo come condimento o in aggiunta al minestrone, si diluisce il pesto con un cucchiaio d'acqua di cottura della pasta.
Il mortaio va poi lavato con semplice acqua e aceto.
Per approfondire vedi anche A. Paganini, Vocabolario domestico genovese-italiano, Genova, 1857, p. 59
i liguri inventori della pizza? Beh, questo tegame (detto sardenaira se v'entrano le sardine) odoroso d'origano ecc. non è una focaccia e potrebbe rappresentare definitivamente una risposta, quantunque il nome non derivi dal nome di battesimo dell'ammiraglio onegliese Andrea Doria, che fece grande Genova nel '500 (viva la Spagna, abbasso i Fieschi…) e che fu ritratto da Sebastiano del Piombo in una memorabile tela. Comunque sia, l'impasto riposa almeno 30 minuti, poi entra per altri 30 in forno, a 180-200°. A Ceriana la chiamano pan sciacau e aggiungono cipolle, ad Apricale machetusa (col machetto di sardine), a Bordighera e Camporosso pissadala, a Pigna piscarada (talvolta unendovi le patate), a Nizza e Costa Azzurra pissaladière (pissalat - da peis salat - è una sorta di pasta d'acciughe speziata). Esistono poi versioni povere, di recupero. Ovunque la incontri, a prescindere dal nome, un DOC Riviera ligure di ponente Vermentino si rivelerà partner ideale, se aggiungi pomodoro (e ormai si fa generalmente così) scegli viceversa un rosato, ad esempio DOC Pornassio Sciac-trà. Leggenda vuole anche che Andrea Doria la abbinasse al moscatello di Taggia…
Preboggion
mitica raccolta di erbe diverse (sino a 32!) fra le quali, a seconda di ciò
che donava e dona madre natura, talegua (grattalingua), cicerbita (da cicer=cece),
pimpinella, dente di cane/leone (tarassaco, piscialletto, pissarella), bietole,
boraggine, prezzemolo, ortica, spinaci, cavolo cappuccio, raperonzolo (*)
… Ratto e Rossi indicano come presenze fisse solo le bietole, il prezzemolo e il
cavolo cappuccio. Vedi anche il "Codice della cucina ligure" del 1990.
Sopperisce all'avarizia di maggio, "maggio dal muso storto, non c'è nulla in
casa e neppure nell'orto", quando scarseggiano gli ortaggi. Diversa dalla
misticanza/cucina dell'Italia centrale e toscana (offerta alle famiglie dai
frati quando passavano a chiedere offerte), nella cucina ligure entra in ricette
fondamentali: verdure ripiene, pansoti, torte salate, zuppe di legumi…
Festeggiata il 2 agosto (Sant'Eusebio) a Genova-Sestri Ponente, distribuita in
piazza dal pentolone (**) , ricordo dell'assedio di Genova, si è sempre
mangiata anche con le focaccette a merenda. A Portovenere (SP) è chiamata
erbetti ed entra più nelle torte salate che nella farcia della pasta. In Val
Graveglia, viceversa, è uno "sformato" di patate quarantine e cavoli neri lessi
a fettucce, cui si può aggiungere aglio tritato e un battuto di lardo (la
parentela coi frascadei pontremolesi e col cin di Ormea è evidente, ma vedi
anche Rossi, 1865). Esiste anche una zuppa di preboggion e pesto, che invoca un
DOC Golfo del Tigullio Bianchetta. L'etimo significa "da bollire", e non c'entra
per nulla Goffredo di Buglione…
(*) è anche il personaggio d'una fiaba dei fratelli Grimm!
(**) l'unico caso analogo, storicamente, è lo stoccafisso a Badalucco
Prescinseua
quagliata (o cagliata) vaccina, ha sapore - inconfondibilmente - simile allo yogurt dissierato, e vista l'acidità non piace a tutti. Le mucche dall'Aveto estivo si spostavano alla Fontanabuona invernale… Il caglio è un estratto di origine generalmente animale per ottenere la coagulazione del latte (si reperisce allo stato liquido, in polvere, in pellette, in pasta). Il "dietologo" Ambrogio Oderico la chiamò presizola e - a differenza degli altri formaggi - non la demonizzò. L'etimologia richiama probabilmente il ligure "presu" (caglio), dal francese pressare, presame. D'estate era colazione in tazza. La spuma sposa le bruschette. D'inverno, lungo la costa, si mangiava coi cavoli neri - e talora le patate rosse - , ma anche coi cetrioli (chigeumai), il che ricorda un po' lo tzatziki greco. Ad Altare (SV), tuttora, la prediligono con le castagne secche bollite ed un filo di zucchero. Il suo utilizzo è previsto nelle torte di verdure - strizzandola e oliandola - , nella salsa di noci (e nel pesto a Levante), nel polpettone, nella focaccia col formaggio, nei barbagiuai dell'imperiese, in budini da cuocersi a bagnomaria… A Camogli (GE) copre le acciughe al forno. E' sempre privata del siero, che i liguri chiamano "scheuggia". Consumala fresca. Carino il detto "Se il latte è andato a male ne faremo una prescinseua", la parsimonia ligure trova sempre il modo di riciclare tutto…
Torta de succa
Ingredienti per 6 persone:
Per la pasta:
1 Kg. di farina bianca | |
4 cucchiaiate d'olio | |
sale | |
acqua q.b. |
Per il ripieno:
1 zucca da circa 2/3 Kg. | |
20 gr. di funghi secchi | |
100 gr. di burro | |
100 gr. di formaggio parmigiano grattugiato | |
1 cipolla | |
8 uova | |
sale | |
pepe |
Preparazione:
Prendete una bella zucca matura, che tagliata a pezzi, andrà ben ripulita e
messa a bollire in acqua salata per circa 15 minuti. A cottura avvenuta tiratela
su con un mestolo forato e ponetela in un piatto a raffreddarsi. A questo punto
sbucciatela e mettetela sotto peso fasciata in un panno candido per 3 ore in
modo che rilasci tutta l'acqua.
Tritale la zucca e mettetela in una casseruola a rosolare con burro e funghi
secchi, precedentemente ammorbiditi in acqua tiepida; aggiungere il formaggio
grattuggiato, 8 tuorli d'uovo e 3 chiare, dosate di sale e pepe. Tirate con la
pasta una diecina di sfoglie sottilissime e stendete la prima su una tortiera
unta e infarinata. Spennellate la sfoglia con un poco d'olio e ritagliate con un
coltello il cordone di pasta che fuoriesce dalla tortiera. Allo stesso modo
stendete altre cinque sfoglie, fate uno strato con il composto di zucca e
aggiungete dei fiocchi di burro, condite sale, pepe e parmigiano grattugiato.
Coprite con le rimanenti sfoglie, come precedentemente detto, punzecchiate con
una forchetta l'ultima sfoglia, ungetela bene e ritagliare il cordone di pasta
che fuoriesce dalla tortiera. Cuocete in forno a calore moderato per circa 1
ora. La torta di zucca deve prendere un bel colore biondo. La si può servire, a
seconda dei gusti, tiepida o fredda.
Torta de succa
Canestrelletti
Nota:
I canestrelli liguri riconosciuti a livello nazionale come "Prodotto
Agroalimentare Tradizionale italiano". I Canestrelletti di Torriglia , di
ingredienti semplici a base di farina, uova, burro, zucchero sono dei biscotti
frollini a forma di piccola margherita con un diametro di circa 3-4 cm. . Si
presentano con un foro nel mezzo e spolverati di zucchero a velo. L'associazione
culturale "Il
Canestrelletto di Torriglia" controlla che tutti e sette i Produttori
rispettino il Disciplinare Comune. Nella zona di
Levanto sono
a base di normale
pasta
frolla al
limone: i Canestrelli di Santo Stefano d'Aveto e i Canestrelli
dell'Acquasanta
La nota da: Wikipedia
Antica ricetta dei Canestrelletti
Altra nota:
Sappiamo che le once e le libbre sono misure in uso nella Repubblica di Genova
sino ai primi dell'ottocento quando l'adesione al sistema metrico le sostituisce
con quelle attuali. Sappiamo ancora che a fine Settecento gli iscritti alla
Confraternita di S.Vincenzo di Torriglia pagavano ogni anno “una mutta” [sorta
di moneta piemontese] e ricevevano un "canestrelletto" come simbolo di
appartenenza. I primi tentativi di commercializzazione del prodotto risalgono ai
primi anni del 1890, quando la Signora Maria Avanzino detta Pollicina sposava
Giuseppe Dondero, proprietario del primo Bar di Torriglia, aperto in Via Roma,
dotato di pianoforte e frequentato dai notabili e dalle autorità del paese e da
questi ribattezzato "Caffè Aragno", allora illustre a Roma e iniziava la vendita
fra gli avventori. Questo è un biscotto che identifica una ghiotta eccellenza
nell’antica ricetta di Torriglia. Infatti mentre un canestrello si scioglie in
bocca è possibile percepirne sublimi emozioni: la morbidezza della farina, la
ruvida consistenza dello zucchero, la scivolosità dell’uovo, l’amalgama della
pasta lavorata.
Questa nota da: canestrelletto.webs
Ingredienti per 4 persone:
300 gr. di mandorle pelate | |
200 gr. di zucchero | |
3 cucchiaini di acqua di fiori d'arancio | |
1 bicchierino di sciroppo di zucchero | |
burro (per ungere la teglia) | |
grannella di zucchero. |
Preparazione:
Pestate nel mortaio le mandorle precedentemente tostate nel forno fino a ridurle
in polvere sottile; unite lo zucchero e lavorate il composto con l'aggiunta
dell'acqua di fiori d'arancio.
Formate delle ciambelline e mettetele sulla teglia unta col burro. Disponete la
teglia sulla parte medio alta del forno, precedentemente scaldato a media
temperatura e cuocete per circa 15 minuti; quando avranno preso un bel colore
dorato, toglietele, spennellatele con lo sciroppo di zucchero e spolveratele di
granellata di zucchero.
Cuculli genovesi
Ingredienti per 4 persone:
1/2 Kg. di di farina di ceci | |
1 noce di lievito di birra | |
sale | |
olio d'oliva |
Preparazione:
Stemperare bene la farina di ceci in acqua, in modo da ottenere una pasta
abbastanza liquida. Ottenuta questa pasta, aggiungete il lievito di birra e poi
lasciatela lievitare per una giornata. Dopo la lievitatura si aggiunge un
pizzico di sale, si mescola per bene e si mettono a friggere cucchiaiate di
pasta nell'olio bollente. Quando le frittelle avranno prese bene il colore
dorato si tireranno su con un mestolo bucato e si faranno bene sgocciolare.
Servirle calde avendo cura, però, di passare prima in carta straccia perché
venga sia eliminato tutto l'unto superfluo.
Mesc-ciua
Ingredienti per 4 persone:
200 gr. di fagioli bianchi cannellini | |
200 gr. di ceci | |
50 gr. di grano farro | |
olio extravergine di oliva | |
pane raffermo | |
pepe nero | |
sale |
Preparazione:
Mettere a bagno in acqua tiepida (acqua morta) 24 ore prima i ceci ed il grano,
12 ore prima i fagioli. Versare ceci e grano con la loro acqua in una pentola.
Portare ad ebollizione e cuocere per 3 ore circa (pentola a pressione 1 ora).
Versare i fagioli con la loro acqua in un'altra pentola, portare ad ebollizione
e cuocere per 30 minuti circa, (pentola a pressione 10 minuti).
Unire il tutto in un solo contenitore, aggiungere il sale e riportare ad
ebollizione per qualche minuto. Disporre nei piatti di portata fette di pane
raffermo, versare i legumi con il loro brodo, condire con l'olio crudo e pepe
nero.
Nota:
Letteralmente significa “mescolanza”, “mistura”, ed infatti questa minestra
spezzina mette insieme vari legumi e granaglie, prima facendoli lessare
separatamente perché richiedono tempi di cottura diversi e poi riunendoli
Si condisce con olio di frantoio e pepe macinato al momento.
Sembra che questo piatto sia nato dopo le operazioni di carico e scarico delle
merci al porto: i grani che sfuggivano dai sacchi erano raccolti dagli
scaricatori che avevano il diritto di appropriarsene.
A ceci e fagioli si possono aggiungere anche farro o orzo.
Ingredienti per 4 persone:
Ovoli: 12 | |
Parmigiano grattugiato: 120g | |
Mollica di pane fresco ammorbidita con latte tiepido: 50 g | |
Olio: 4 cucchiai | |
2 Uova: (1 intero e 1 tuorlo) | |
Aglio: 1/2 spicchio | |
Maggiorana: foglie tritate | |
Origano: (1 pizzico) | |
Sale | |
Pepe |
Preparazione:
Staccate le cappelle dei
funghi dai gambi, pelatele e pulitele bene con un panno umido. Ponetele ad
asciugare su un canovaccio asciutto. Pulite poi bene i gambi, tagliateli a
pezzetti e pestateli nel mortaio unendo aglio, un po' di sale [oppure
tritateli nel frullatore con poco latte]. Impastate poi con la mollica.
Amalgamate bene il composto, che dovrà avere la consistenza di una crema
densa, e mettetelo in una terrina. Unite le uova, il parmigiano, origano,
maggiorana, olio e un po' di pepe macinato al momento. Mescolate
ripetutamente, regolate di sale. Farcite con il composto l'incavo di
ciascuna cappella. Livellate la superficie con la lama inumidita di un
coltello. Ungete leggermente la pirofila con olio e adagiatevi i funghi.
Cospargeteli con un filo d'olio e metteteli in forno per circa 30 minuti.
Serviteli nella stessa pirofila.
Ingredienti:
250g di farina | |
25g di lievito di birra (o una bustina di lievito liofilizzato) | |
2 cucchiaini di sale scarsi | |
1 cucchiaino di zucchero | |
olio di oliva | |
salvia a pezzetti |
Preparazione:
Mettete in una terrina capiente la farina, il sale, quattro/cinque cucchiai di
olio di oliva, il lievito sciolto in poca acqua tiepida [o la bustina di lievito
liofilizzato] e il cucchiaino di zucchero. Aggiungete tanta acqua in modo da
ottenere un impasto molto morbido [se rimane troppo umido aggiungete ancora un
po' di farina]. Lavorate energicamente il tutto (a questo punto si può
aggiungere la salvia) finché l'impasto non comincia a staccarsi dalle pareti del
contenitore. Ungete una teglia con 2-3 cucchiai di olio di oliva, adagiatevi
sopra l'impasto e, bagnandovi un poco le dita con l'olio, iniziate ad allargare
la pasta [mettete entrambe le mani al centro e, con movimento rotatorio,
allargate la pasta dal centro verso l'esterno]. Coprite con un canovaccio e
lasciate riposare per un'ora e mezza in un luogo buio e asciutto. Per la
cottura: scaldate bene il forno [a 170 gradi], praticate con l'indice dei buchi
sulla focaccia, inserite in ogni buco un pizzico di sale, ungete la parte
superiore della focaccia con un filo di olio di oliva (3 cucchiai). Infornate
per circa 30-40 minuti [a fine cottura, la focaccia deve essere dorata in
superficie]. Lasciate raffreddare prima di servire.
Panettone genovese
Difficoltà: Difficile
Ingredienti:
2 kg farina | |
150 gr lievito di birra | |
500 gr acqua | |
20 gr sale | |
300 gr margarina [o burro o olio di sem:, soia, mais o altri o olio d'oliva,] | |
100 gr zucchero | |
500 gr uvetta sultanina | |
200 gr zibibbo | |
100 gr pinoli | |
75 gr pistacchi[o eventualmente altri semi secchi] | |
60 gr f ior d'arancio | |
30 gr semi di finocchio [ o semi di anice] | |
frutta e verdura candita: | |
100 gr zucca | |
100 gr cedro | |
100 gr arancio |
Preparazione:
Si prepara una pasta come quella per il pane: si scioglie in 200 gr. di acqua
tiepida il lievito di birra e in 50 gr. d'acqua il sale, si scioglie la
margarina senza farla soffriggere e si impastano questi ingredienti, si lascia
lievitare per 12 ore.
Originariamente si usava lo strutto e in seguito altri grassi animali come il
burro o altri grassi vegetali. Naturalmente il panettone assume il sapore del
grasso che si usa. Personalmente considero il burro cotto un veleno perché
aumenta notevolmente la percentuale di grassi circolanti nel sangue, pericolosi
per l'indurimento delle arterie. Ugualmente lo strutto. L'olio di semi e' buono
e leggero ma come l'olio d'oliva imprime il proprio sapore al panettone.
La margarina e' un grasso vegetale poliinsaturo perciò anche da cotto mantiene
la caratteristica di essere il meno pericoloso per la formazione di colesterolo
nelle arterie. Dal punto di vista del sapore e' molto neutra e questo forse e'
un vantaggio. Inoltre e' facilmente digeribile perciò una fetta di panettone
alla fine del pranzo non rimarrà sullo stomaco come un mattone tutto il
pomeriggio.
Lo zibibbo e' un'uva appassita del vitigno moscato a chicchi grossi, ovali e
dolcissimi, con semi. Uvetta sultanina e' una qualità di uva passa con piccoli
acini, dolcissimi e senza semi. Si fa sciogliere lo zucchero in 250 gr. d'acqua
e si pone a bagno l'uva passa per tutta la notte, mentre la pasta del pane
lievita.
Si può diminuire la quantità d'uva passa ma allora bisogna aumentare lo
zucchero. Per esperienza è meglio tenere alta la quantità d'uvetta ma in tempi
di magra ci si può accontentare anche di poco e aumentare lo zucchero o
addirittura usare la melassa la quale pero' imprimerà il suo sapore al
panettone.
Più pinoli c'è meglio è. I pistacchi perdono molto sapore facendoli tostare e
poi togliendo la pellicina con la bollitura, perciò sarà opportuno sbucciare i
pistacchi possibilmente tostati poco e in casa e sbucciarli della pellicina
raschiandola via.
Da un punto di vista alimentare questi semi sono necessari perché contengono
un'alta percentuale di amminoacidi vegetali che ingeriamo raramente.
I semi di finocchio possono essere sostituiti con i semi d'anice o con semi di
sapore affine variando la quantità a seconda che siano più o meno saporiti.
L'anice è più forte e quindi ce ne va meno, però se i semi sono vecchi di un
anno, perdono molto della loro essenza e perciò bisogna mettercene di più.
Bisogna giudicare al momento masticandone qualcuno per sentire quanto sapore
sprigionano. Una meta' dei semi andrà ridotta in polvere al momento nel mortaio
e l'altra metà verrà messa nell'impasto intera o appena tritata. Oltre a dare il
gusto, il finocchio fa passare l'appetito e rende la digestione migliore, perciò
questo panettone per colazione e' l'ideale al mattino per poi tirare tardi senza
fame.
L'acqua di fior d'arancio e' un profumo che dà al panettone quell'odore
gradevole.
La frutta candita va tagliata in forma di stecchetti il cedro e a dadini la
scorza d'arancia. La zucca candita è riportata negli antichi ricettari ma è di
difficile reperibilità perciò se si vuole proprio aggiungerla bisogna prepararla
prima.
Il giorno dopo si impasteranno di nuovo tutti gli ingredienti per mezz'ora,
aggiungendo eventualmente un minimo di farina se l'impasto e' troppo umido o un
po' d'acqua se e' troppo secco.
Si dividerà l'impasto in cinque parti, formando con del cartoncino da dolci
delle formelle circolari sulla teglia ingrassata, in modo che lievitando di
nuovo, la pasta si sollevi verso l'alto invece che trasbordare. Si copre con un
panno lasciando in luogo caldo per altre 12 ore, di nuovo a lievitare.
L'infornata avviene a forno caldissimo ma si abbasserà la fiamma al minimo per
cuocere circa 50 minuti, senza bruciare.
Il colore d'orato caratteristico indicherà la fine esatta della cottura.
Bisognerà lasciare raffreddare completamente e poi si giudicherà al taglio il
risultato che dovrà essere una crosta esterna relativamente dura ma croccante ed
una pasta interna cotta e relativamente asciutta assolutamente non mollicosa o
addirittura cruda. In quest'ultimo caso si potrà ancora salvare il salvabile,
tagliando completamente il panettone a fette e facendo tostare le fette in forno
a fuoco moderato. Saranno cosi' squisite servite calde con cioccolata oppure
anche fredde col caffè e latte nei giorni successivi.