Una proposta di finanza alternativa:
i titoli a tasso negativo

di
Domenico de Simone

 

Nel mio ultimo libro "Per un'economia dal volto umano", (ed. Malatempora, Roma, 2001) ho avanzato una proposta per iniziare una battaglia efficace contro il potere del sistema finanziario.

Sostengo da tempo che il potere finanziario si attacca tassando il denaro e gli strumenti finanziari. In questo senso si muovono anche le ultime versioni della Tobin tax (o Spahn tax, dopo il ripudio del Nobel recentemente scomparso). Però la Tobin o la tassazione degli strumenti finanziari richiedono una lunga battaglia politica per la loro approvazione. Occorre, quindi, pensare ad uno strumento che consenta subito di iniziare la battaglia togliendo al potere finanziario il suo strumento principale: la creazione di debito.

La proposta approfitta di un buco nell'attuale legislazione che consente agli enti locali di emettere dei titoli di debito a determinate condizioni. Ho ipotizzato che sia possibile emettere dei titoli a tasso negativo che non creano debito e che anticipano la pratica della tassazione degli strumenti finanziari, senza stravolgere il meccanismo di creazione di ricchezza. Riporto in questo articolo le ragioni di questa innovazione ed il link ad un saggio che ho scritto recentemente in cui analizzo in dettaglio il funzionamento di questi titoli.

L'opposizione al potere ha, da tempo, costruito una propria presenza sul territorio tramite i centri sociali, luogo di aggregazione e di sperimentazione di forme di vita diverse da quelle imposte dal pensiero unico dominante.

Ovviamente queste situazioni non costituiscono che delle nicchie di alternativa che non destano alcuna preoccupazione seria al potere.

Però, è indubbio che il localismo e la trasversalità delle relazioni e della produzione stiano crescendo in misura esponenziale. E che per consentire loro di crescere ulteriormente e di estendersi sul territorio, fisico e virtuale, è necessario immaginare delle forme di autofinanziamento che rifiutino il sistema di potere legato alla finanza senza richiedere ai suoi membri di fare sacrifici o sforzi di volontarismo per mantenere in piedi le strutture.

Insomma, occorre fare della finanza alternativa.

La prima idea che viene in mente è quella di utilizzare gli stessi strumenti del potere finanziario ma in maniera da depotenziarne il potenziale distruttivo e di potere.

La legge consente alle strutture locali di emettere titoli di debito a determinate condizioni. Queste condizioni consistono in pratica nella necessità che questi titoli trovino copertura nel bilancio dell'ente locale e che il loro tasso di interesse non sia superiore a quello fissato periodicamente dalla Banca d'Italia.

I titoli di questo genere, ovviamente, producono ed alimentano l'economia del debito, e quindi sono perfettamente funzionali agli interessi del potere finanziario.

Nessuno vieta, però, che l'ente locale possa emettere titoli che invece di dare un interesse attivo, siano gravati da un interesse passivo, che li porti all'estinzione in un determinato periodo di tempo.

Faccio un esempio per chiarire di cosa stiamo parlando.

Un Comune d'Italia, emette dieci miliardi di titoli gravati da un interesse passivo del 5% all'anno per finanziare delle attività imprenditoriali sul proprio territorio. In venti anni i titoli si estinguono, poiché ogni anno perdono il 5% del proprio valore. Questa emissione è perfettamente legittima, poiché la legge indica il livello massimo del tasso di interesse applicabile, ma non quello minimo, e oltretutto, poiché i titoli sono destinati ad estinguersi, non c'è necessità di ulteriore copertura nel
bilancio del Comune.

Il Comune in questione, però, potrebbe anche emettere annualmente delle marche da applicare sui titoli emessi, pari al 5% dell'importo facciale di essi, subordinando la loro circolazione all'applicazione annuale della marca. Alla fine del ventennio, la copertura dei titoli sarebbe comunque garantita dall'importo ricavato dalla vendita delle marche e quindi l'operazione in sé sarebbe perfettamente legittima.

Ovviamente questi titoli non sarebbero collocabili sul mercato per mezzo dei canali usuali. Nessuno darebbe i propri soldi per acquistare titoli che, invece di rendere un interesse, richiedono il pagamento di un interesse da parte di chi lo possiede.

La loro utilizzazione, invece, diventa interessante ed utilissima se il meccanismo di collocamento dei titoli segue una strada a ritroso rispetto a quella usuale. Insomma, il Comune consegna i titoli alle imprese che finanzia e che si impegnano a restituire l'importo ricevuto alla fine del periodo di validità dei titoli. L'imprenditore, dovrà spendere rapidamente quei titoli se non vuole che il capitale gli muoia in mano e ritro-varsi con il debito verso il Comune dopo i venti anni di durata dell'operazione. Porterà, quindi questi titoli alle imprese cui chiederà di fornirgli il materiale necessario per realizzare la sua iniziativa.

Queste imprese hanno l'interesse a prendere i titoli e vendere i propri prodotti. Possono contare sul fatto che in un anno riusciranno a loro volta a liberarsene, e questo comporterebbe al massimo uno sconto del 5% sul prezzo praticato per la vendita. Insomma attraverso questo meccanismo i titoli entre-ranno sul mercato, svolgendo una funzione essenzialmente monetaria.

Quelli che ricevono i titoli, che possono anche esser di taglio relativamente piccolo, diciamo il più piccolo da cento o duecento euro, avranno l'interesse a liberarsene il più in fretta possibile.

Una legge in economia dice che la moneta cattiva scaccia sempre quella buona. Se una moneta d'oro equivale a dieci di rame, si spenderanno quelle di rame e si terranno quelle d'oro, e così, parimenti, tra una banconota corrente da cento euro ed un titolo gravato da interesse passivo del medesimo importo, il possessore spenderà il più rapidamente possibile il titolo del Comune e terrà la banconota per sé.

In altri termini, il Comune, in questo modo, ha creato una massa monetaria adeguata alle esigenze dell'economia, perché ha finanziato delle imprese che richiedono per la loro attività una massa di moneta pari almeno al capitale investito, e non ha gravato le imprese né il consumo di oneri finanziari. Di fatto, il pagamento dell'operazione viene caricato su coloro che operano sul mercato ma in maniera indolore, se pensiamo che un interesse del 5% all'anno comporta un aggravio giornaliero di poco più dello 0,01%, e mensile di circa lo 0,34%.

Alla fine del periodo, il Comune si trova le somme che ha ricavato dalla vendita delle marche, che vanno a copertura del pagamento dei titoli, e quelle somme che gli saranno restituite dagli imprenditori finanziati. In altre parole, tranne il rischio di fallimento che potrebbe essere comunque coperto da una garanzia assicurativa e da garanzie adeguate delle imprese, il Comune ha raddoppiato il capitale impiegato inizial-mente.

Queste ulteriori somme, devono essere destinate ad attività di solidarietà sociale, o alla distribuzione iniziale di reddito di cittadinanza in misura proporzionale alla popolazione del territorio.

L'emissione dei titoli potrebbe essere preceduta da una campagna di sensibilizzazione delle imprese e della cittadinanza per spiegare il funzionamento di essi, e raccogliere adesioni alla loro accettazione. Le imprese che accettassero i titoli vedrebbero incrementare il proprio fatturato dell'importo degli acquisti, e sappiamo bene quale necessità ci sia per molte aziende di produzione, di cercare nuovi sbocchi alla loro produzione.

La stessa operazione, ma con titoli privati, potrebbe essere effettuata dai centri sociali, o altre strutture locali, sia sul territorio reale che su quello virtuale, per le attività che li riguardano. Insomma il centro sociale emette questi titoli, anche facendosi autorizzare dalla Banca d'Italia (c'è un precedente negli USA, dove la FED autorizzò un ente locale del Massachussets ad emettere titoli del genere, per sollevare una situazione economica locale particolarmente depressa), coinvolgendo nell'operazione imprese e commercianti vicini che accettino i titoli in pagamento.

In questo modo si sferra un attacco decisivo al potere finanziario. Il fine di questa operazione è di eliminare il debito come strumento di creazione di moneta, e restituire alla politica, e quindi alla collettività, il diritto di fare le emissioni monetarie necessarie al funzionamento dell'economia.

Non esiste una legge che impedisca ai Comuni di emettere questi titoli, e l'unico impedimento per i titoli privati è che la loro circolazione lecita è gravata dall'imposta di bollo per le cambiali, anche se nella pratica corrente gli assegni postdatati girano tranquillamente ed in misura rilevantissima.

Ma si sa che il potere, se venisse attaccato in maniera così diretta e pesante, reagirebbe cercando tutti i mezzi per impedire il proseguimento dell'iniziativa.

Se ci pensiamo bene, ogni titolo emesso in questo modo equivale a mille vetrine di banche sfasciate e senza il rischio di farsi prendere e condannare.

La vendetta è un piatto che si mangia freddo.

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