28 giugno 2003 - Dino Frisullo riposa da ieri al
cimitero del Verano, nella tomba donatagli dal Comune di Roma.
Una sua poesia, ritrovata tra le carte di un’amica
Il
testamento di Dino
Se
morissi adesso o fra due giorni o un anno
Ecco
il mio testamento.
Il
testamento di un comunista
Avido
di conoscenza e d’amore, vissuto e morto povero e curioso.
Lascio
tutto il mio disprezzo a chi mi ha usato.
Lascio
tutto il mio odio
A
chi mi ha dato un mondo senza gioia,
da
attraversare a pugni e denti stretti.
Lascio
la nostalgia per le moschee di Gerusalemme e gli ulivi di Puglia.
Ed
ogni roccia pianta finestra stella
Che
i miei occhi hanno accarezzato nel cammino
Lascio
universi di dolcezza
Alle
donne che ho amato.
Lascio
fiumi di parole dette e scritte
Spesso
con rabbia raramente con saggezza
In
malafede mai,
un
mare di parole
che
già evapora al vento rovente del tempo.
Lascio,
a chi vorrà raccoglierlo,
il
testimone del mio entusiasmo,
nella
folle staffetta mozzafiato
volgendomi
indietro dopo vent’anni
non
so più se ho corso da solo.
Lascio
il mio sorriso a chi sa ancora sorridere
E
le mie lacrime a chi sa piangere ancora.
Non
è poco. In cambio,
voglio
essere sepolto senza cippi e lapidi
fra
le radici di un albero grande
in
piena nuda terra rossa e grassa
perché
il mondo con me respiri ancora
e
si nutra con me di ogni mia fibra.
Con
me (non vi sembri retorica)
Solo
una bandiera rossa
E
la nave del Ritorno
Intagliata
con le unghie nella pietra
Di
un prigioniero assetato di vita
Nel
deserto del Neghev.
Dino