Il
Relitto del Nasim
Negli
anni 80, appena preso il mio primo brevetto da sommozzatore, cominciai a
sentir parlare di un grande traghetto affondato in una notte di tempesta
all’isola di Giannutri (Arcipelago Toscano).
La grossa nave trasportava automobili da Livorno al nord Africa, e ciò
non poteva non destare la curiosità degli allora pochi sommozzatori, male
equipaggiati, ed armati solo da una infinita curiosità e spirito di
avventura.
Ma già allora le riviste specializzate cominciarono a riportare i primi
incidenti: molti sommozzatori esperti hanno perduto la vita nella
esplorazione di questo relitto, tanto che si comincia a parlare di relitto
maledetto. Tuttavia, ogni volta che mi sono recato al Giglio per
immersioni, non potevo fare a meno di guardare la dirimpettaia isola di
Giannutri e, con il pensiero, ero sempre là sotto: il
NASIM.
Insieme ad un gruppo di amici cominciamo a pensare seriamente di
immergerci sul NASIM nel 1998 e in due anni raccogliamo documentazioni,
fotografie, posizione del relitto, profondità, carte nautiche, siti
internet ecc… Cominciamo appena a cercare una imbarcazione adeguata
poiché l’isola di Giannutri, quasi disabitata, non è collegata con il
continente da un servizio traghetti giornaliero, che già cominciano le
prime difficoltà: quando scoprono il nostro vero obiettivo, nessuno è
disposto ad affrontare le due ore circa di navigazione per una immersione
ad altissimo rischio. Poi la fortuna torna dalla nostra: il 27 Marzo
a Bologna, conosciamo dei ragazzi di Roma (Blu Scuba Diving) che
gestiscono un centro di immersioni al Giglio che si dichiarano disposti ad
ancorarsi sulla verticale del relitto; scatta da quel momento
”l’operazione Nasim”.
Passiamo
settimane a pianificare l’immersione; si scelgono i due sommozzatori di
punta che insieme al sottoscritto raggiungeranno il relitto ed i tre di
appoggio, che hanno compiti di vigilanza e/o soccorso per la nostra
incolumità. Mentre ci si avvicina alla data fatidica (6 Maggio 2000) si
sogna, si pensa e si parla solo di una cosa: il Nasim.
Non ho mai nascosto una certa preoccupazione, data l’alta percentuale di
incidenti su quel relitto, soprattutto a causa della profondità cui
bisogna operare per fare foto e riprese subacquee. Siamo ormai a
“Cala Maestra”di Giannutri, sotto di noi il sogno di due anni, ma
subito le cose si mettono male poiché uno dei sommozzatori di punta non
si sente troppo bene e non s’immerge tra i molti rimpianti, ma è la
regola: o stai bene o stai in barca, ne va dell’incolumità di tutti.
Ormai
non si torna indietro; un saluto al nostro amico e giù, lungo il
gavitello che ci condurrà direttamente sul relitto. Dopo 15-20 metri di
discesa, intravedo qualcosa laggiù, lontano, sotto di me che sembra il
fondo: è possibile che abbia sbagliato un’immersione così attentamente
preparata? Ma il fondale non doveva essere ad oltre sessanta metri di
profondità? Ad un tratto, ecco apparire a –45 metri, la grande murata
di dritta. La nave, enorme, è poggiata sul fianco con la prua rivolta a
nord. Lascio il gavitello e mi affaccio sulla murata; la sensazione è
unica: sembra di essere sul tetto di un grande palazzo, e sotto scorgo le
automobili che durante il naufragio sono state scaraventate fuori bordo.
Scendiamo fin sotto le auto per scattare foto e fare riprese
subacquee, circondati dai soliti silenziosi inquilini che mi ricordano di
non trovarmi nel mio ambiente naturale, ma oltre i sessanta metri di
profondità, quindi niente distrazioni. Mi tornano in mente i numerosi
incidenti di cui il NASIM è stato testimone, ma un’occhiata
rassicurante con il compagno d’immersione mi libera subito da quei
pensieri, faccio un ultimo giro sulle macchine accatastate le une sulle
altre, ma il tempo scorre implacabile. Torniamo sulla murata di dritta
passando al fianco del ponte di comando ed allo squarcio che nella notte
del 12 febbraio 1976 il Nasim si è procurato sbattendo contro le rocce di
Punta Pennello, affondando in venti minuti. Ma ecco la cima del gavitello
di fronte a noi; ci siamo attardati di due minuti rispetto al previsto!
Pagheremo tutto con un’interminabile decompressione! La cima ci condurrà
fino a nove metri dalla superficie, dove sosteremo per un minuto; poi sei
minuti a sei metri e ventiquattro minuti a tre metri. Ci stacchiamo dal
fondo con rammarico, lanciando l’ultimo sguardo sul Nasim, poi la lenta
risalita: il relitto diventa sempre più sfocato, ma è bello anche
rivedere i nostri amici in superficie che, con il cuore in gola, attendono
la nostra emersione. In tutta la trasferta abbiamo effettuato quattro
immersioni: una a Giannutri e tre al Giglio, tutte filmate e
fotografate. Chi
scrive vuole ringraziare di tutto cuore i partecipanti alla “missione
Nasim” (14 sommozzatori), poiché solo con un gruppo così numeroso è
stato possibile farsi traghettare fino a Giannutri; iniziando dai
sommozzatori di punta: il sottoscritto (Roberto Capriotti), Mauro Margaria e Alessandro Pizi.
I tre sommozzatori d’appoggio addetti alla sicurezza: Marco Di Pasquale,
Domenico Troli e Marco Capriotti.
Roberto Fià "Il Capo", per averci messo a disposizione la
propria telecamera subacquea.
Il MAMASA Club al completo, ed in particolare: Teresa, Pippo, Renato,
Giovanni, Federico e Massimo. Siamo tornati nuovamente sul Nasim il primo
Luglio, dopo esserci recati a Capo Palinuro con i nostri allievi di primo,
secondo e terzo grado, dove non sono mancate altre bellissime immersioni.
Ma, come si suol dire: “…questa è un’altra storia” e ne parleremo
la prossima volta.
Roberto
Capriotti