Tra il serio ed il faceto...

 

..rubrica saltuaria di "bojatine", citazioni, saggi ed altro

 

LODE DEL MATTINO

 

Un nuovo giorno di vita ci è offerto, possiamo seguirti. Signore, dove oggi sarai.
Nei sogni di pace, nel cuore degli uomini, nelle forme di bellezza, nei cuori assetati di Te.
Nella dimora segreta del cuore, nella voce intima che indica la via.
Negli alberi, nel vento, nell'acqua perenne, nella terra, nella luce, nella roccia inflessibile.
Nella luce del giorno, nella vita ardente, nel lavoro intenso, nella calma delle soste.
Nell'incontro dell'amico, nelle domande di amore, nei cuori che si spogliano di sé.
In questa casa che è tua, apri i nostri occhi alla bellezza, le nostre orecchie alla sapienza.
Aiutaci ad essere uomini di pace, o Signore.
Se in noi non è pace, non daremo pace, se in noi non è ordine, non creeremo ordine.
Aiutaci a scoprire la terra che hai affidato alla nostra fatica, aiutaci ad amarla ed a porvi ordine.
Rendici attenti, o Signore, agli incontri che oggi riempiranno la nostra giornata.

 

"A te dico: Alzati!" (Mc 5,41)

 Signore Gesù ogni nuova giornata e un appuntamento che Tu mi dai.
A questo appuntamento Tu sei sempre il primo.

Maestro, Tu ti avvicini a me e mi dici come alla figlia di Giairo: « Sorgi ».
Non so quante mattine ti piacerà che mi risvegli ancora,
ma Ti prego di far si che sia sempre per me
il giardino di Gerusalemme ed il mattino di Pasqua.

E che ogni giorno, ogni risveglio, mi porti la conversione più profonda.

 

Con te

Con te, Signore,
quante scoperte!
Con te si impara che la vita è fatta
per essere condivisa come il pane
che viene distribuito
perché tutti ne possano mangiare.
Tutti, sulla terra, hanno fame d'amore.

Con te
si impara che Dio è entrato
col suo corpo e col suo cuore
nel regno della sofferenza,
per rimanere con gli uomini
che non ne possono più
sotto il peso della croce,
per sostenerli con le sue braccia spalancate.
Perché tutti, sulla terra,
hanno fame di speranza.

Con te
si impara che un'alba di gioia
spunta ancora per noi
quando tutto sembra finito,
e che Dio stesso vigila
perché le pietre della morte
siano ribaltate e spezzate per sempre.
Perché tutti, sulla terra,
hanno fame di eternità.

Con te, Signore Gesù,
si scopre il gusto della vita!

Charles Singer

 

 

Cominciare

Cominciare è sempre una ferita,
perché si strappa il giorno
agli acquitrini della notte.

Cominciare è sempre una nascita,
perché qualcosa viene alla luce,
qualcuno che attendevamo da tempo.

Cominciare è sempre un grido,
perché mettiamo da parte la paura,
scavando delle trappole agli angoli della strada.

Cominciare è sempre un atto di coraggio,
perché si costruisce con passione
anche se incombe la tempesta.

Cominciare è sempre una perseveranza,
perché si avanza con pazienza
anche se il paesaggio è monotono.

Cominciare è sempre una speranza,
perché si pianta un albero
anche se la terra è inaridita.

Cominciare vuol dire seguire Dio
perché viene orientata la terra,
il cuore, lo spirito, l’intelligenza,
tutto 1’essere, perché 1’uomo e la donna
si rialzino infine al di sopra del fango.

Cominciare significa agire come Dio,
perché si intrappola, senza fine
e nel corso del tempo,
la creazione del mondo nuovo.

Certamente, cominciare
è in noi il sigillo di Dio!


Charles Singer.

 

 

Un padre a suo figlio

 

Non temere la solitudine perché è in essa che i nostri propositi si fortificano.

Segui solo il difficile, non lasciarti tentare dal facile:

il difficile può portare al miracolo, il facile è per i pigri.

Fa’ che ogni tua azione sia sollecitata dalla bellezza,

dall'onestà e sia sempre avvolta nell'umiltà e nella bontà!

La bontà, la chiarezza, la sincerità e il coraggio devono essere i pilastri dei tuoi pensieri,

con la bontà si può conquistare tutto e tutti…

Non lasciarti mai affascinare dal denaro; consideralo un mezzo, non un'aspirazione.

Non essere mai avaro né con te stesso né con gli altri;

è il più terribile dei peccati e porta alla grettezza e alla miseria.

Non temere la bella e legittima amicizia della donna, ma tieniti sempre lontano dalla volgarità;

questa uccide l'anima.

Non essere mai debole, anche se questo ti costa doloroso sacrificio;

ma nello stesso tempo sii sempre dolce.

Il tuo vivere e la tua concezione della vita sia libera da ogni pregiudizio,

ma sostenuta da quella disciplina morale che fa l'uomo libero e coraggioso.

Non prendere l'abitudine di raccomandarti a Dio,

ma ringrazialo sempre per tutto quello che fai di bello e di buono.

Non dimenticarti mai le preghiere».

Giacomo Manzù (scultore)


 

Possa il Signore Gesù porre, pure a noi,
le mani sugli occhi,
perché iniziamo a volgere lo sguardo
non alle cose che si vedono,
ma a ciò che non si vede:
apra a noi quegli occhi
che non scrutano le cose presenti,
ma quelle future,
e sveli a noi quello sguardo del cuore
mediante il quale si vede Dio in spirito.
Amen.


Origene

 

Tuo fratello

 

Sforzati di essere ciò che tu vorresti che tuo fratello sia e non pretenderai più che egli sia ciò che tu non sei.

S. Agostino                              

Amici e nemici

 

Se è vero che in ogni amico v'è un nemico che sonnecchia, non potrebbe darsi che in ogni nemico vi sia un amico che aspetta la sua ora?

Una lezione

Un giorno un abate ricevette una buona lezione da un rabbino:

- Questa notte ho fatto un sogno curioso: mi trovavo nel paradiso degli ebrei. C’era una gran ressa, ma ho dovuto uscire tanta era la puzza.

- Strano! - gli rispose il rabbino – Anch’io ho fatto un sogno questa notte: mi trovavo nel paradiso dei cristiani. Era tutto un profumo. Ma non c’era nessuno.

Tre perle

Un giorno, venne a confessarsi da abba Serapione una gran dama di Damasco:
- Abba - disse - ti dirò tutto in due parole: sono stata giovane, sono stata bella, me l’hanno detto e ci ho creduto; quanto al resto, giudica tu.

Un monaco al suo anziano:
- Com' è possibile trovare un po' di sollievo in questa valle di lacrime?
L'anziano gli rispose:
- Basta non avere troppa memoria per ciò che riguarda il passato, né troppa immaginazione per quanto riguarda il futuro.

Un maestro dei novizi insisteva enormemente sull’importanza delle buone amicizie.
- La regola aurea - diceva - è pur sempre «Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei».
- Con le debite eccezioni -
gli obiettò un giorno un novizio.
- Dimmene una.
- Giuda, per esempio. Chi più di lui aveva ottimi amici?

Il leone e il moscerino

Sulla riva del ruscello, un moscerino minuscolo si era addormentato. Ma dal profondo della foresta arrivò un ruggito sordo e possente. Il povero moscerino si spaventò terribilmente. Un grande, grosso, grasso leone alla ricerca della cena, ruggiva a pieni polmoni. Il moscerino gridò indignato: «Ehilà! La volete smettere? Cos'è tutto sto trambusto? Non potete lasciar dormire in pace la brava gente? Che diritto avete di stare qui? ». Il leone sbuffò: «Che diritto? Il mio diritto! Io sono il re della foresta. Faccio quello che mi piace, dico quello che mi piace, mangio chi mi piace, vado dove mi piace, perché io sono il re della foresta! ».
« Chi ha detto che voi siete il re? » domandò tranquillamente il moscerino.
« Chi l'ha detto?... » ruggì il leone. « Io lo dico, perché io sono il più forte e tutti hanno paura di me».
«Ma io, tanto per fare un esempio, non ho paura di voi, quindi voi non siete re».
«Non sono re? Ripetilo se hai coraggio! ».
«Certo, lo ripeto. E non sarete re se non vi battete contro di me e non vincete».
«Battermi con te?» sbuffò il leone calmandosi un po'. « Chi ha mai sentito niente di simile? Un leone contro un moscerino? Piccolo atomo insignificante, con un soffio ti mando in capo al mondo!».
Ma non mandò niente da nessuna parte. Ebbe un bel soffiare e sforzarsi con tutta la forza dei polmoni. Tutto quel che ottenne fu un moscerino che faceva l'altalena sullo stelo d'erba e gridava: «Sono più forte di voi! »
Allora il leone perse definitivamente il senso delle proporzioni e si buttò avanti a fauci spalancate per inghiottire il moscerino, ma inghiottì solo una zolla d'erba. E l'astuto insettino dov'era?
Proprio in una narice del leone e là cominciò a solleticarlo e punzecchiarlo.
Il leone sbatteva la testa contro gli alberi, si graffiava con i suoi unghioni, strepitava, ruggiva... «Oh! Il mio naso! Il mio povero naso! Pietà! Esci di lì! Sei tu il re della foresta, sei tutto quello che vuoi... Ma esci dal mio naso! » piagnucolò infine il leone.
Allora il moscerino volò fuori dalla narice del leone, che mortificato e umiliato sparì nel profondo della foresta. Il moscerino cominciò a danzare di gioia: «Sono il re, re, re, re! Ho battuto un leone! L'ho fatto scappare! Sono il più forte e il più furbo, io! ».
A forza di saltellare, esultando, qua e là, il moscerino non si accorse di essersi avvoltolato in qualche cosa di fine, e di leggero e di forte... dei lunghi fili bianchi, quasi invisibili tra i fili d'erba e che si attorcigliavano intorno al corpo dell'insetto, legando le sue zampe, le sue ali. Il ragno arrivò sulle sue otto zampe, borbottando: «Che bello stuzzichino per la cena...».

Grossi o piccoli, i superbi sono sempre stupidi.

Il fiume

Tre persone si trovarono un giorno davanti ad un fiume dalle acque rapide e minacciose. Tutte e tre dovevano passare dall'altra parte. Era molto importante per loro. Il primo, un mercante scaltro e gran trafficante, abile nel gestire uomini e cose, si inginocchiò e rivolse un pensiero a Dio: « Signore, dammi il coraggio di buttarmi in queste acque minacciose e di attraversare il fiume. Dall'altra parte mi attendono affari importanti. Raddoppierò i miei guadagni, ma devo fare in fretta...». Si alzò e, dopo un attimo di esitazione si tuffò nell'acqua. Ma l'acqua lo trascinò a valle.

Il secondo, un soldato noto per l'integrità e la forza d'animo, si mise sull'attenti e pregò: «Signore, dammi la forza di superare questo ostacolo. Io vincerò il fiume, perché lottare per la vittoria è il mio motto». Si buttò senza tentennare, ma la corrente era più forte di lui e lo portò via.

La terza persona era una donna. A casa l'attendevano marito e figli. Anche lei si inginocchiò e pregò: «Signore, aiutami, dammi il consiglio e la saggezza per attraversare questo fiume minaccioso». Si alzò e si accorse che poco lontano un pastore sorvegliava il gregge al pascolo. «C'è un mezzo per attraversare questo fiume? » gli chiese la donna.

«A dieci minuti di qui, dietro quella duna, c'è un ponte» rispose il pastore.

A volte basta un briciolo di umiltà. E qualcuno che dia l'indicazione giusta.


La preghiera

La preghiera è la chiave del mattino e il catenaccio della sera. (Gandhi)

Il campione

Un grande maestro di tiro con l'arco organizzò una gara tra i suoi allievi per valutare il loro grado di preparazione. Nel giorno fissato, un bersaglio di legno con al centro un cerchio rosso fu legato su un albero ad una estremità della radura. All'estremità opposta, fu tracciata sul suolo una linea, dietro la quale si piazzarono i concorrenti.

Un giovane avanzò baldanzosamente, impaziente di dimostrare la sua abilità. Afferrò saldamente l'arco e una delle frecce, poi si sistemò in posizione di tiro. «Posso tirare, maestro?» chiese.
Il maestro che lo fissava attentamente gli domandò: «Vedi i grandi alberi che ci circondano?».
«Sì, maestro, li vedo benissimo tutt'intorno alla radura».
«Bene», rispose il maestro, «torna con gli altri perché non sei ancora pronto».
L’allievo, sorpreso, posò l'arco e obbedì. Un secondo concorrente si fece avanti. Prese l'arco e la freccia e mirò con cura.
Il maestro si portò di fianco all'arciere e gli chiese: «Puoi vedermi?».
«Sì, maestro, posso vedervi. Siete qui vicino a me».
«Torna a sederti con gli altri» rispose il maestro. «Tu non potrai mai colpire il bersaglio».

Tutti i partecipanti, gli uni dopo gli altri, afferrarono l'arco e si prepararono a scoccare la freccia, ma ogni f volta il maestro poneva loro una domanda, ascoltava la risposta e li rimandava al loro posto. La folla sorpresa cominciò a rumoreggiare. Nessuno degli allievi aveva tirato una sola freccia.

Allora si fece avanti il più giovane degli allievi. Se n'era stato in disparte, silenzioso. Tese l'arco poi restò perfettamente immobile, gli occhi fissi davanti a lui.
«Vedi gli uccelli che sorvolano il bosco?» gli chiese il maestro.
«No, maestro, non li vedo».
«Vedi l'albero sul quale è inchiodato il bersaglio di legno? ».
«No, maestro, non lo vedo». «Vedi almeno il bersaglio?». «No, maestro, non lo vedo». Dalla folla degli spettatori si levò una risata. Come poteva quel ragazzo colpire il bersaglio se non riusciva nemmeno a distinguerlo dall'altra parte della radura? Ma il maestro impose il silenzio e domandò pacatamente all'allievo: «Allora, dimmi, che cosa vedi?».
«Io vedo un cerchio rosso» rispose il giovane. «Perfetto» replicò il maestro. «Tu puoi tirare». La freccia solcò l'aria sibilando leggera e si piantò vibrando nel centro del cerchio rosso disegnato sul bersaglio di legno.

«Marta, Marta, tu ti affanni e ti preoccupi di troppe cose! Una sola cosa è necessaria» (Luca 10,41-42).

Felicità

Vi è una straordinaria felicità nel rendere felici gli altri, anche a dispetto della nostra situazione.
Un dolore diviso è dimezzato, ma la felicità divisa è raddoppiata.
Se vuoi sentirti ricco conta le cose che possiedi che il denaro non può comprare.
L'oggi è un dono, è per questo motivo che si chiama presente.


Tu chi sceglieresti?

Una donna stava innaffiando il giardino della sua casa quando vide tre vecchietti con i loro anni di esperienza che stavano di fronte al suo giardino.
Ella non li conosceva e disse:
'Non mi sembra di conoscervi, ma dovrete essere affamati. Vi prego, entrate in casa così che mangiate qualcosa.'
Essi domandarono:
'Non c'è l'uomo di casa?'
'No,' rispose lei, non è in casa'.
'In tal caso, non possiamo entrare' dissero.
All'imbrunire, quando il marito rincasò, ella gli raccontò tutto ciò che le era capitato.
'Allora, dì loro che son rientrato e, dunque, invitali pure ad entrare!'
La donna uscì per invitare i tre uomini a casa.
'Non possiamo entrare tutti e tre insieme in una casa', spiegarono i vecchietti.
'Perché?', volle sapere lei.
Uno degli uomini indicò uno dei suoi amici e spiegò: 'Il suo nome è Ricchezza'.
Subito dopo indicò l'altro. 'Il suo nome è Successo ed io mi chiamo Amore.'
'Adesso va' dentro e decidi con tuo marito quale di noi tre desiderate invitare a casa vostra.'
La donna entrò in casa e raccontò a suo marito tutto ciò che i tre uomini le avevano detto.
Lui si rallegrò e disse: 'Che bello!'.
'Se è così, allora invitiamo Ricchezza, che venga, e riempia la nostra casa!'
Sua moglie non era d'accordo:
'Caro, perché non invitiamo Successo?'
La figlia della coppia stava ascoltando dall'altra parte della casa ed entrò di corsa.
'Non sarebbe meglio far entrare Amore? Così la nostra famiglia sarebbe piena di amore:'
'Prendiamo in considerazione il consiglio di nostra figlia', disse il marito alla moglie.
'Va' fuori ed invita Amore perché sia nostro ospite.'
La moglie uscì e chiese loro:
'Chi di voi è Amore?'
'Che venga, per favore, e sia il nostro invitato'
Amore si sedette sulla sua sedia e cominciò ad avanzare in direzione della casa.
Anche gli altri due si alzarono e lo seguirono.
Alquanto sorpresa, la signora chiese a Ricchezza e a Successo:
'Io ho invitato solo Amore: perché venite anche voi?'
I tre replicarono insieme:
'Se avessi invitato Ricchezza o Successo gli altri due sarebbero rimasti fuori, ma giacché hai invitato Amore, laddove egli vada, noi
andiamo con lui.'

«Laddove c'è amore, c'è anche ricchezza e successo».

Chiarezza

«Non cercate Dio», disse il maestro. «Guardate soltanto, e tutto vi sarà rivelato».
«Ma come dobbiamo guardare?».
«Ogni volta che guardate qualcosa, vedete solo ciò che c’è e nient'altro».
I discepoli erano sconcertati, così il maestro si espresse più semplicemente: «Per esempio, se guardate la luna, vedete la luna e nient’altro».
«E cos’altro si può vedere se non la luna guardando la luna?».

«Una persona affamata potrebbe vedere una forma di formaggio. Un innamorato, il volto dell'amata».

L'anfora imperfetta 

Ogni giorno, un contadino portava l'acqua dalla sorgente al villaggio in due grosse anfore che legava sulla groppa dell'asino, che gli trotterellava accanto. Una delle anfore, vecchia e piena di fessure, durante il viaggio, perdeva acqua.
L'altra, nuova e perfetta, conservava tutto il contenuto senza perderne neppure una goccia.
L'anfora vecchia e screpolata si sentiva umiliata e inutile, tanto più che l'anfora nuova non perdeva l'occasione di far notare la sua perfezione: "Non perdo neanche una stilla d'acqua, io!”.
Un mattino, la vecchia anfora si confidò con il padrone: "Lo sai, sono cosciente dei miei limiti. Sprechi tempo, fatica e soldi per colpa mia. Quando arriviamo al villaggio io sono mezza vuota. Perdona la mia debolezza e le mie ferite”.
Il giorno dopo, durante il viaggio, il padrone si rivolse all'anfora screpolata e le disse: "Guarda il bordo della strada”.
“E’ bellissimo, pieno di fiori”.
“Solo grazie a te -disse il padrone. Sei tu che ogni giorno innaffi il bordo della strada. Io ho comprato un pacchetto di semi di fiori e li ho seminati lungo la strada, e senza saperlo e senza volerlo, tu li innaffi ogni giorno”.

Siamo tutti pieni di ferite e screpolature, ma se lo vogliamo, Dio sa fare meraviglie con le nostre imperfezioni.
Ho fatto tanti sogni che non si sono mai avverati.
Li ho visti svanire all'alba.
Ma quel poco che grazie a Dio si è attuato, mi fa venire voglia di sognare ancora.
Ho formulato tante preghiere senza ricevere risposta,
pur avendo atteso a lungo e con pazienza,
ma quelle poche che sono state esaudite mi fanno venire voglia di pregare ancora.
Mi sono fidato di tanti amici che mi hanno abbandonato
e mi hanno lasciato a piangere da solo,
ma quei pochi che mi sono stati fedeli mi fanno venire voglia di avere ancora fiducia.
Ho sparso tanti semi che sono caduti per la strada e sono stati mangiati dagli uccelli,
ma i pochi covoni dorati che ho portato fra le braccia,
mi fanno venire voglia di seminare ancora.

Dire la stessa cosa eppure non dirla

Il sultano Achmed si era svegliato da un brutto sogno. Aveva perduto tutti i denti.
Subito interrogò il primo indovino della sua corte sul significato del sogno che aveva fatto. «Oh, che disgrazia! - disse questi - ogni dente significa la morte di uno dei tuoi parenti».
«Cento bastonate!» - esclamò il sultano, pieno di collera, e interrogò il secondo indovino. «Una grande fortuna ti aspetta», dichiarò questi. «Tu sopravvivrai a tutti i tuoi parenti».
«Ti ringrazio - sorrise benevolmente il sultano -. Va' dal tesoriere e fatti dare cento monete d'oro».


Era solo astuzia, furberia o scaltrezza? E solo stupidità da parte del primo indovino? Succede sempre così, dipende da come si dice qualcosa, da come si vede una cosa, da come si guarda il mondo e la propria vita
Aiutaci, Signore, a vincere ogni pessimismo, e a cominciare questo giorno con coraggio e pazienza, con i nervi distesi e il cuore pieno di gioia.

Donare

Per la strada camminavano mamma e bambino. Il bambino aveva in mano un dolce. Passarono davanti ad una povera donna che stendeva la mano verso i passanti. Accanto a lei stava accucciato un ragazzino sporco, infagottato in abiti unti e troppo larghi per lui. Il bambino, sempre tenendo la mano della mamma, si fermò e fissò sconcertato il ragazzino. Poi guardò il dolce che aveva in mano e la mamma, quasi per chiedere il permesso. La mamma acconsentì con un leggero movimento della testa. Il bambino tese la manina verso lo zingarello e gli donò il dolce. Poi ripartì trotterellando accanto alla mamma.
Un passante, che aveva assistito alla scena, disse alla mamma: «Adesso gli comprerà un altro dolce, magari più grosso?».
La mamma rispose semplicemente: «No».
«No? Perché?».
«Perché chi dona rinuncia».

Un granello di frumento si nascose nel granaio.
Non voleva essere seminato.
Non voleva morire.
Non voleva essere sacrificato.
Voleva salvare la propria vita.
Non gliene importava niente di diventare pane.
Né di essere portato a tavola.
Né di essere benedetto e condiviso.
Non avrebbe mai donato vita.
Non avrebbe mai donato gioia.
Un giorno arrivò il contadino. Con la polvere del granaio spazzò via anche il granello di frumento.

 

Niente di niente

«Dimmi, quanto pesa un fiocco di neve», chiese la formica alla colomba.
«Niente di niente», fu la risposta.
«Allora ti devo raccontare - disse la formica - qualcosa di straordinario che mi è capitato di vivere. Stavo sul ramo di un abete, proprio sull'attaccatura, quando cominciò a nevicare. Non violentemente come nell'impeto di una tempesta, ma come in sogno, senza rumore e lieve lieve. Poiché non c'era niente di meglio da fare, mi misi a contare i fiocchi di neve, che cadevano sui rami e sugli aghi dei rami e vi si fermavano.
Erano proprio tremilionisettecentoquarantamilaecinquanta. Ma quando cadde il fiocco n. tremilionisettecentoquaratamilacinquanta – niente di niente - il ramo si spezzò».

Tutto


Il piccolo e zoppo Leonardo (detto Leo) e Tommaso erano arrivati all’istituto per bambini senza famiglia lo stesso giorno, pochi mesi dopo la nascita. Le volontarie erano molto buone con loro, un po' meno i bambini della scuola pubblica che frequentavano.
Erano crudeli spesso con il timido Leo, ma Tommaso sapeva metterli a posto, perché era un bambino robusto e intelligente: il più bravo a scuola e il più svelto in cortile. Era Tommaso che aiutava Leo, gli stava sempre vicino. Lo consolava quando aveva paura, lo aspettava durante le passeggiate, giocava con lui perché non sentisse la malinconia del suo handicap, lo faceva ridere raccontandogli le storie buffe.
All’istituto venivano spesso le coppie che facevano conoscenza con i bambini e li portavano fuori a mangiare in vista di una possibile adozione.
Nessuno si interessava a Leo e Tommaso inventava sempre una scusa o si metteva a fare mattane per non uscire. Lo aveva fatto solo due volte, con il dottor Turrini e sua moglie Anna.
Una domenica, il dottor Turrini chiamò Tommaso e lo guardò negli occhi: «Sei un bambino veramente in gamba! Ti piacerebbe venire a vivere con noi? Saresti in affidamento per un po', ma noi ti vorremmo adottare. Come un vero figlio. Che ne dici?».
Tommaso rimase senza parole. Avere una mamma e un papà, come tutti. «Oh, oh s-s-sì, signore! » mormorò.
Improvvisamente la gioia svanì dai suoi occhi. Se Tommaso se ne andava, chi si sarebbe preso cura del piccolo e zoppo Leo?
«Io... vi ringrazio tanto, signore» disse. « Ma non posso venire, signore! ». E prima che il dottore scorgesse le sue lacrime, corse via.
Poco dopo, il dottore lo venne a cercare con una delle volontarie. Tommaso stava aiutando Leo a infilarsi la scarpa speciale. Il dottore lanciò uno sguardo penetrante a Tommaso: « È per lui che non hai voluto venire a stare con noi, figliolo?».
«Beh, io... io sono tutto quello che lui ha» rispose il bambino.

Certamente c'è qualcuno per il quale tu sei « tutto quello che ha».

Ditelo prima!

Lui era un omone robusto, dalla voce tonante e i modi bruschi. Lei era una donna dolce e delicata.
Si erano sposati. Lui non le faceva mancare nulla, lei accudiva la casa ed educava i figli.
I figli crebbero, si sposarono, se ne andarono. 
Una storia come tante...
Ma, quando tutti i figli furono sistemati, la donna perse il sorriso, divenne sempre più esile e diafana.
Non riusciva più a mangiare e in breve non si alzò più dal letto.
Preoccupato, il marito la fece ricoverare in ospedale. Vennero al suo capezzale medici e poi specialisti famosi.
Nessuno riusciva a scoprire il genere di malattia. Scuotevano la testa e dicevano: "..ma?".
L'ultimo specialista prese da parte l'omone e gli disse: "Direi ...semplicemente ...che sua moglie non ha più voglia di vivere".
Senza dire una parola, l'omone si sedette accanto al letto della moglie e le prese la mano. Una manina sottile che scomparve nella manona dell'uomo. Poi, con la sua voce tonante, disse deciso: "Tu non morirai!".
"Perché?", chiese lei, in un soffio lieve.
"Perché io ho bisogno di te! ".
"E perché non me l'hai detto prima?".
Da quel momento la donna cominciò a migliorare. E oggi sta benissimo.
Mentre medici e specialisti continuano a chiedersi che razza di malattia avesse e quale straordinaria medicina l'avesse fatta guarire così in fretta.
Non aspettare mai domani per dire a qualcuno che l'ami. Fallo subito.
Non pensare... "Ma mia madre, mio figlio, mia moglie... lo sa già".
Forse lo sa.
Ma tu ti stancheresti mai di sentirtelo ripetere?
Non guardare l'ora, prendi il telefono: "Sono io... voglio dirti che ti voglio bene".
Stringi la mano della persona che ami e dillo:  "Ho bisogno di te! Ti voglio bene, ti voglio bene, ti voglio bene... ".

L 'amore è la vita. Vi è una terra dei morti e una terra dei vivi. Chi li distingue è l'amore.

Richiamare in vita

Fu chiesto a Rabbi Pinhàs:
- Perché chi rivede il so compagno dopo più di dodici mesi dice la benedizione "Colui che ridà vita ai morti" ?
Egli disse
- Ogni uomo ha in cielo una luce. Quando due uomini s'incontrano, le luci si uniscono e una nuova luce esce da loro. Questa
viene chiamata generazione, e la luce è un angelo. Ma quest'angelo non rimane in vita più di dodici mesi, a meno che prima i due uomini non s'incontrino di nuovo in terra. Se essi s'incontrano soltanto dopo quel tempo, allora possono per un poco richiamare in vita l'anelo. Per questo viene recitata la benedizione.

La diversità

Rabbi Raffaele chiese al suo maestro: "Perché nessun viso d'uomo è uguale all'altro?".
Rabbi Pinhàs rispose: "Perché l'uomo è fatto a immagine di Dio. Ciascuno prende la divina forza vitale da un luogo diverso, e tutti insieme essi sono l'uomo. Per questo i loro visi sono diversi".

da Chassidim, di M. Buber

Senza titolo

Un bambino di otto anni svolse così il suo tema su Dio:
«Una delle attività principali di Dio è fare le persone.
Le fa per metterle al posto di quelle che muoiono, in modo che ce ne siano abbastanza per occuparsi delle cose qui sulla terra. Lui non fa i grandi, ma solo i neonati. Secondo me è perché sono più piccoli e più facili da fabbricare. Così non deve sprecare il Suo tempo prezioso ad insegnare loro a parlare e camminare, ma lo fa fare alle mamme e ai papà. Penso che sia un buon sistema.
Il secondo compito importante di Dio è ascoltare le preghiere. Dio vede tutto e sente tutto ed è dappertutto, il che lo tiene piuttosto occupato. Perciò non dovreste fargli perdere tempo scavalcando i vostri genitori e chiedendogli qualcosa che loro vi hanno detto che non potete avere.
Gli atei sono persone che non credono in Dio. Non credo che ce ne siano nella nostra città, perlomeno fra duelli che vengono in chiesa. Gesù è il Figlio di Dio. Lui faceva tutte quelle cose difficili, come camminare sull'acqua e compiere i miracoli e cercare di parlare di Dio a gente che non voleva ascoltare. Adesso aiuta Suo Padre ascoltando le preghiere. Si può pregare tutte le volte che si vuole e si è sicuri di essere ascoltati perché hanno sistemato tutto in modo che Uno dei due è sempre in servizio. Si dovrebbe andare sempre a catechismo perché fa felice Dio e se c'è qualcuno che è bello far felice è proprio Dio. Non saltate il catechismo per qualcosa che ritenete più divertente come andare al mare. È sbagliato. Se non credete in Dio, oltre che essere atei, sarete anche molto soli, perché i vostri genitori non possono venire con voi dappertutto, Dio invece sì. È bello sapere che c'è quando si ha paura del buio o quando non si sa nuotare tanto bene e i ragazzi grandi ti buttano dove non tocchi. Ma non si deve pensare sempre solo a quello che Dio può fare per noi. Penso che qui mi ha messo Dio e che può riprendermi indietro quando vuole. Ecco perché credo in Dio».

La lezione

Il bambino era appena stato scoperto a dire una bugia. Il padre, comprensivo e moderno, sapeva che quella bugia in particolare non era importante, ma lo era il concetto morale di mentire.
Così interruppe quello che stava facendo e si sedette insieme al figlio per spiegargli, con un linguaggio semplice, perché doveva sempre dire la verità, qualunque cosa accadesse, cascasse il mondo...
Squillò il telefono.
Il figlio, che stava cercando di ingraziarsi il padre, disse: «Vado io! ».
E corse a rispondere al telefono.
Ritornò poco dopo. «È l'assicuratore, papà».
«Uffa! Proprio adesso? Digli che non ci sono».

È così facile dare falsa testimonianza.

 

"Vi ho chiamato amici."

Signore, trovare un amico è una delle cose
più preziose che possa capitare.

Parlare con qualcuno che ti ascolta
senza fretta, senza critica.
Accorgersi che nulla lo turba;
vedere che, quando la tua bocca
incespica sulle parole per il disagio,
lui sorride e finisce la frase perché ha già capito.

Qualcuno che ti ascolta con grande attenzione,
senza aspettare con impazienza,
senza annettere né lode né biasimo:
che semplicemente ascolta.

Quale fortuna imbattersi in un simile amico;
affondare nel so cuore la propria vita,
i propri affanni, la propria ansia di sapere.

Grazie Signore, per gli amici,
per tutte le cose belle che mi danno,
per tutte le volte che non mi fanno sentire solo.

Che la nostra amicizia ci porti sempre
verso di te, Signore, in uno stesso amore.

Meglio poco che niente

Un giovane novizio disse al monaco maestro: "Se do qualcosa al mio fratello, subito mi viene il pensiero che lo faccio solo per piacere agli uomini".
Il vecchio monaco rispose: "Due contadini abitavano nel medesimo villaggio. Il primo seminava soltanto poca semente, e per di più era mista ad erbacce. L'altro non seminava proprio nulla. Ma poi venne una grande carestia. Chi dei due avrà qualcosa per vivere?".

Anche se è poco quello che oggi porto a compimento, e non sarà niente di perfetto
aiutami, Signore, a fare del mio meglio, il massimo possibile, ma fa' che sappia preferire il bene se non posso avere il meglio.


Preghiera

Quando preghi, non spremerti le meningi per trovare le parole più adatte.
A volte un semplice balbettio di bimbo basta a placare il Padre dei cieli.
Non impegnarti a fare grandi discorsi, affinché la mente non si disperda in parole vane.
Con una sola frase il pubblicano di propiziò il Signore, con un solo sospiro colmo di fede si salvò il ladrone sulla croce. La loquacità nella preghiera ricolma la testa di fantasticherie e distrazioni.
La brevità, fatta anche di una sola parola, favorisce il raccoglimento.

S. Giovanni Climaco