Simbolo di purezza,
dolcezza, innocenza, semplicità e ubbidienza, l'agnello è da sempre
considerato l'animale sacrificale per eccellenza. Di più. Persino
l'immagine del Cristo, la crocifissione e il
venerdì santo, evocano il sacrificio dell'agnello preparato per la
pasqua ebraica.
L'esodo è un testo che spiega l'uso cristiano del
simbolo. Ad un certo punto Giovanni Battista esclama, vedendo Gesù:
"Ecco l'agnello di Dio che toglie i peccati del mondo".
Anche il cristianesimo primitivo parla di Gesù come di un agnello.
Quando ricorda una profezia dell'Antico Testamento in cui Isaia annuncia
un Messia dolente, rappresentato da un agnello condotto al
macello ("Come una pecora è stato condotto al macello, come un agnello
muto dinnanzi a colui che lo tosa non apre bocca").
Nell'Apocalisse si nomina per 28 volte la parola agnello per
indicare Cristo. Per evitare confusioni di culti e credenze, decisamente
possibili viste le analogie dei simboli, un Concilio
tenuto a Costantinopoli nel 692 impose all'arte cristiana di
rappresentare il Cristo in croce non più sotto forma dell'agnello
affiancato da sole e luna, ma in forma umana.
Neppure va dimenticato il ruolo salvifico del suo sangue presso gli
ebrei d'Egitto, che lo usarono per contrassegnare le loro porte prima
dello sterminio. Il popolo ebraico, in origine nomade, era
grande allevatore di bestiame. Il suo insediamento in Palestina non
troncò questa attività e quindi l'agnello rimase alla base dei diversi
simbolismi.
Ecco perchè l'agnello (o la pecora) rappresenta l'israelita, membro del
gregge di Dio, che pascola sotto la guida dei pastori.