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Il Presidente |
A Pozzuoli donna data alle fiamme dal compagno; a Misterbianco, nel Catanese. strangola la sua ex-convivente madre di tre figli; nel Bresciano un uomo uccide la moglie, andandosi a schiantare con la sua auto, contromano sulla A4, contro un TIR.
Tre storie orribili, di femminicidio, scioccanti, dalle cause diverse, ma dallo stesso drammatico esito: la morte!
La dignità umana è un grande capitale da salvare, mentre il femminicidio è disordine della mente, che tra altre disavventure, sta offuscando il vivere quotidiano.
Da tempo, da troppo tempo sui mass media si leggono notizie sulla rapida escalation di violenze fisiche o verbali verso il mondo femminile, come quanto è avvenuto in Germania, verso un proprio congiunto, un amico, un cittadino/a qualunque, ricondotte ad improvvisi “raptus” di follie, di incomprensibili atteggiamenti sociali, terrificanti, terribili, tremendi.
Come sempre viene ricordata la “Giornata Internazionale per l’eliminazione delle violenze contro le donne“, dove è inderogabile per ogni connivenza sociale riflettere su questo ormai deplorevole fenomeno che quasi giornalmente avviene in ogni Paese, ma le Istituzioni Italiane devono ampliare di più la pur presente legislazione in materia.
La Convenzione di Istanbul del Consiglio d’Europa prevede varie forme di violenza: fisica, psicologica, di denigrazione progressiva della figura dell’altro e dalla violenza economica.
Anche l’Italia non è da meno, infatti avvengono “fattacci” a danno delle persone in condizione genetica di varie sindrome, di ritardo mentale, di disabilità fisica e di altre inferiorità, ma tutti, esprimono una menomazione funzionale, una infermità, una debolezza.
Gli episodi di lucide follie sopra citati, non saranno gli ultimi se non vengono presi seri, ripeto, provvedimenti legislativi, d’ordine civile, legislativo, sanitario.
La lotta contro la violenza sulle donne si è spostata con estrema escalation nelle famiglie, contro i coniugi, i bambini, i disabili, gli emarginati, le persone indifese e nel contesto della questione femminile anche per la conseguenza derivante dal protagonismo culturale, sociale e politico della donna.
La violenza nelle relazioni familiari è un fenomeno presente in ogni ambiente, ceto sociale ed investe qualsiasi situazione, compresi quegli abbienti di sotto cultura e sono sconosciuti le quantità di episodi che vi sono, che vengono perpetrati nei confronti, soprattutto, di donne in ambiente familiare e domestico.
Spesso quella violenza subita dalla donna stessa viene “giustificata” e “ compresa” come reazione naturale dell’uomo, spesso viene accettata per il bene della famiglia e dei figli, ma quando queste donne che subiscono violenza decidono di separarsi, fondano la loro scelta in relazione alla violenza subita, dove a volte, c’è anche una dimensione di vergogna.
La donna ha paura di non essere creduta, del discredito sociale che deriverebbe da tutto ciò, senza contare la dipendenza economica, in quanto il “violento” è spesso anche colui che fornisce il tenore di vita, di sostentamento familiare, allora, liberarsi di un violento diventa estremamente complesso, dove spesso, però, l’uomo paga caramente le conseguenze!
Le difficoltà delle donne di denunciare la violenza deriva anche dal maltrattamento subito, perché la donna perde il senso della propria dignità.
Gli psicologi “ avvertono “ che un bambino esposto a violenza domestica vive un trauma, avrà conseguenze simili e addirittura più gravi di quelle dei bambini che hanno subito direttamente un maltrattamento o sono stati vittime di violenza.
Comunque quei “gesti” non sono la strada sociale che risalta i valori della giustizia, della equità, delle pari opportunità, “qualità” che dovrebbero guidare il cittadino attento ed onesto, oggi purtroppo, avviato sulla strada dell’egoismo, della permissione più sfrenata, della perversione dominante, di un relativismo aberrante.
Anche se l’espressione “dignità umana” è diventata la parola corrente, essa indica l’essere insita nell'uomo il cui fine è la promozione e la difesa della stessa, di ogni uomo, dal concepimento alla morte naturale, promuovendo una cultura della vita che dia un fondamento di amore all'intera società “per la sua realizzazione nella dignità”, come osserva giustamente Papa Francesco (20° Progetto Policoro promosso dalla CEI 14 dicembre 2015).
Le famiglie, incolpevoli, prendono atto di un bilancio sociale alquanto deludente, anche proveniente dai vari gradi di insensibilità dei rappresentanti della vita pubblica non proprio elogiabili, soprattutto nell'osservare il disinteresse delle Istituzioni, tutte o quasi tutte, intente come sono nella loro litigiosità, invece di “guardare” verso il mondo della sofferenza, del dolore, della disabilità e perseguire quegli sforzi per assicurare benefici specifici, che non lesino l’inalienabile dignità della persona umana.
La problematica femminile di difesa, non può essere considerata alla stregua di un appendice di un settore, o rievocazione della sua origine reale, ma deve essere compresa come un modo di continuare a proporre soluzione ai problemi di carattere femminile che tenga sempre conto della specificità dell’essere donna.
L’eliminazione della violenza contro le donne sancisce l’importanza di taluni valori fondamentali etici e sociali da ricordare da chiunque, cristiano o meno, perché dare scandalo è contro il valore della civiltà, è contro la morale e “contrario al rispetto dell’integrità corporea della persona umana“ (Compendio Catechismo Chiesa Cattolica, 477).
Con le sagge parole del Santo Giovanni Paolo II: “Andiamo avanti con speranza!”
Previte
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