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Il Santo Giovanni Paolo II ha detto “Nella Croce di Cristo non solo si è compiuta la redenzione mediante la sofferenza, ma anche la stessa sofferenza umana è stata redenta” (11 febbraio 2014 Radio Vaticana).
Ha compiuto 31 anni la Lettera Apostolica “Salvifici Doloris” di Papa Wojtyla inviata l’11 febbraio 1984, (“sesto” del Suo Pontificato ), dove viene evidenziata la sofferenza umana.
E’ una lunga, ma precisa riflessione, dove contiene la grandezza di un mistero, di una condizione di dolore che può derivare da un trauma fisico o psichico, una meditazione sul mistero del dolore partendo dalla domanda che si pone ogni essere umano: perché il male, perché la sofferenza, perché il dolore? budget del ricoverato.
Ogni spiegazione, dice il Santo, appare insufficiente ed inadeguata e scrive che. “l’uomo nella sua sofferenza rimane un mistero intangibile” e “Cristo ci fa entrare nel mistero e ci fa scoprire il perché della sofferenza” rispondendo dalla Croce.
E’ un “intreccio” meraviglioso e nel contempo misterioso che necessita di tempo perché la risposta diventi “percepibile”, infatti Cristo non spiega le ragioni della sofferenza, ma prima di tutto dice a ciascuno di noi, “prendi la tua Croce e seguimi“ perché la salvezza del mondo si compie per mezzo della Sua Croce, della Sua sofferenza, perché Egli si addossa i peccati di tutti e vince Satana e così il Signore rivela il senso salvifico della sofferenza . Ed allora “l'uomo trova nella sua sofferenza la pace interiore e perfino la gioia spirituale”.
“La Croce di Cristo è diventata una sorgente, dalla quale sgorgano fiumi d'acqua viva”: tutti vi possono attingere ed il dolore vissuto con Gesù, prosegue Papa Wojtyla serve veramente alla salvezza dei fratelli e delle sorelle e “non solo quindi è utile agli altri, ma per di più adempie un servizio insostituibile”.
Infatti la sensazione che possiamo ammettere e che ci produce una tenerezza spontanea, una valutazione anche emotiva, è il ricordo della ultima apparizione avvenuta il 30 marzo 2005 di Giovanni Paolo II dalla finestra del Suo studio in Vaticano sulla Piazza S. Pietro e non potendo parlare, pareva che volesse emettere un urlo, come quello di Gesù che sulla Croce disse “Eloi, Eloi tema sabactan” "Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato”.
Quel grido strozzato è anche il n/s, pietoso, angoscioso, implorante in questi n/s tempi turbolenti, dove la sofferenza è infinita, in specie di quanti lottano per tenere viva la speranza, per tenere vivo il senso della comprensione umana e dove sorgono altre domande come quella che dice: esiste il diritto della fine della propria sofferenza e rinuncia alla vita?
E’ la sofferenza dell’anziano, del disabile, del malato terminale, del povero, dell’emarginato, del moribondo e di quel mondo del dolore che potrebbe spingerci a domandarci se la stessa esistenza e coesistenza sia utile alla società.
Quale senso nella vita, oggi novembre 2015, viene offerto in questi inquieti tempi, ma Gesù è il Salvatore ed ha la facoltà di salvarci e quanti riconoscono in Lui come il proprio Salvatore.
E’ il senso di quel “passo” del Santo Giovanni Paolo II che ci invita a raccogliere la realtà in tutta la sua drammaticità dell’essere umano e della sofferenza, cioè il rispetto della dignità dell’uomo che una progressione di vita tenta di cancellare: Petizione 2013
Ancora aggiunge il Santo Padre nella Lettera Apostolica Salvifici Doloris “allorché questo corpo è profondamente malato, totalmente inabile e l'uomo è quasi incapace di vivere e di agire, tanto più si mettono in evidenza l'interiore maturità e grandezza spirituale, costituendo una commovente lezione per gli uomini sani e normali”.
“E’ il bene a vincere alla fine“, conclude Giovanni Paolo II, ma solo nella Fede nella Risurrezione l’uomo trova “una luce completamente nuova, che lo aiuta a farsi strada attraverso il fitto buio” della sofferenza e del male.
Abbiamo immensa necessità, malgrado che il mondo in parte lo neghi, del grido di Papa Wojtyla “Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo, alla Sua salvatrice potestà!”.
L’appello ad un cristianesimo “inclusivo e non farisaico” ci viene da Papa Francesco, dove ogni fratello anche quello più diverso “non lo escludo dal mio cuore, dalla mia preghiera dal mio saluto, dal mio sorriso e se l’occasione viene gli dico una bella parola (Chiesa S. Marta Vaticano 5 novembre 2015).
E’ quello che aspetta il mondo della disabilità, del dolore, della sofferenza dal 5° Convegno Ecclesiale Nazionale di Firenze CEI, una Chiesa aperta ed accogliente che sappia interpretare ed irradiare le necessità dell’uomo infermo, oggi abbandonato dalle Istituzioni!
E con le sagge parole del Santo Giovanni Paolo II: ”Andiamo avanti con speranza”!
Previte
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