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Roberto Taverniti: La storia

 

La guerra scoppiò in un momento in cui Roberto Taverniti era tutto preso alla preparazione del congresso di Crotone, che, secondo lui,doveva diventare la Genova del sud, con il quale rilanciare l’agricoltura calabrese, penalizzata da un ingiusto protezionismo imposto dagli agrari del nord collegati con quelli, senza scrupoli, del Meridione. Il congresso non ebbe luogo e tutto fu rimandato a guerra finita. Su Terra Nostra, Roberto Taverniti, in un suo editoriale, così scriveva, prima di partire volontario per la guerra:Casella di testo:  
    Roberto Taverniti, foto del 1919

Noi che sentiamo e predichiamo il dovere di essere sopratutto calabresi, poiché c’incombeva la cura più vicina e più sollecita di sanare le piaghe doloranti della Terra Madre, noi gridiamo oggi ai nostri forti fratelli del Bruzio che c’incombe un dovere ben più vasto e più formidabile: non più Calabresi oggi, ma Italiani per l’Italia. Poi, ma poi soltanto, torneremo – e tornerà chi sarà al nostro luogo – a ritessere la tela paziente del “nostro risorgimento Regionale”.

Parole intrise di un triste presentimento “e tornerà chi sarà al nostro luogo”. Egli non ritornò a “ritessere la tela paziente del risorgimento della Calabria”, né altri, dopo di lui, riuscirono a far decollare la Calabria dal suo stato di degrado socio-economico.

 Roberto Taverniti nacque a Pazzano il 18 Febbraio 1888. Iniziò gli studi nel Seminario Arcivescovile di Reggio Calabria, poi gli studi classici presso i licei di Reggio Calabria e di Catanzaro. In quest’ultimo conseguì la maturità  classica e poi si iscrisse alla facoltà di Giurisprudenza presso l’Università di Roma. Da studente universitario proseguì la via del giornalismo, verso cui ha sempre avuto una grande passione sin da studente presso il glorioso Liceo-Ginnasio T. Campanella. Assieme ad altri giovani studiosi calabresi e stranieri collaborò alla rivista “IL DIVENIRE SOCIALE”, pubblicata in Roma tra il 1903 ed il 1911, di cui fu anche il Direttore. A solo 23 anni divenne collaboratore e redattore capo per i servizi interni dell’Agenzia Stefani. Svolse questo incarico con grande passione mettendo in luce le sue spiccate qualità di ottimo giornalista. Nel 1911, egli fondò in Roma il giornale “Terra Nostra” per mezzo del quale era riuscito a porre l’attenzione di tutti i veri problemi della sua Calabria, come fossero parte integrante, fondamentale dei problemi italiani. La sua intensa e feconda opera di pubblicista, nei suoi ultimi anni, è collegata con alcune questioni politiche, di carattere generale, sia calabresi che nazionali, da lui sollevata e sostenuta con convinzione da Meuccio Ruini, grande amico di Roberto Taverniti. Rientrano in questi dibattiti la costruzione dei laghi della Sila, che dovevano fornire l’energia elettrica  per lo sviluppo industriale della Calabria, con al centro Crotone.  Per la sua intraprendenza, intelligenza e capacità giornalistica destò l’ammirazione e la stima dei molti studiosi e politici del tempo, fra cui i calabresi De Nava, Anile, Ruini, Bianchi, Giuseppe Vito Galati ed altri. Scoppiata la guerra si arruolò come soldato semplice. Però, dopo un breve corso di ufficiale, ottenne il grado di sottotenente il 10 Settembre 1915 ed il 27 Dicembre dello stesso anno quello di tenente per meriti di guerra. In meno di un anno Roberto Taverniti, ottenne  due promozioni per meriti di guerra e due medaglie d’argento al valor militare. L’ultima con questa motivazione: <<Volontariamente offertosi, eseguiva con il proprio reparto un’ardita, pericolosa operazione sul fianco nemico, e mentre, con mirabile  esempio di ardimento, iniziava l’attacco alla baionetta, cadde gloriosamente. Monfalcone 16 Settembre 1916.>> Durante la sua permanenza al fronte la vita gli fu difficile  e dura. La guerra lo logorò fisicamente, ma non spiritualmente. Egli non si arrese, però, allo sconforto, alle difficoltà e alla durezza del cimento, anzi con fierezza superò ogni indugio e turbamento. Si gettò nella mischia, con il cuore puro e sublime di un autentico combattente. Egli sognava un’Italia grande di fronte al mondo. Le sue lettere dal fronte sono abbastanza eloquenti per mettere in luce il suo temperamento di autentico ed indomito guerriero, disposto al sacrificio per far  grande la Patria. Dal fronte così scriveva al padre, il quale viveva momenti di angoscia e di tormento nel sapere che Roberto si trovava a combattere in prima linea, cercando di rincuorarlo ed assicurarlo: “…se poi dovessi soccombere non vi addolorate troppo; pensate che avrò chiuso la mia vita nel modo più nobile e che la mia morte sui campi della gloria italica darà al nostro nome maggiore lustro ed onore di quanto potrebbero eventualmente dargli le lezioni della mia vita avvenire”. Così in un’altra lettera al padre datata 21 Ottobre 1915: “Caro Papà, fra un’ora usciamo all’assalto. Se muoio vi prego di perdonarmi i dolori che vi ho dato, come io perdono a tutti il male che ricevo. Vi abbraccio con tutti i miei fratelli e le sorelle. Roberto.” Questa fu l’ultima sua lettera, perché alle ore 16 del 16 Settembre 1916 su quota 144, sulle alture di Monfalcone, una raffica micidiale di mitragliatrice austriaca poneva fine alla sua vita eroica. Il 21 Settembre 1916 sul Giornale d’Italia, sulla prima pagina, il famoso giornalista Achille Benedetti, compagno di università di Roberto, corrispondente di guerra, annunciava all’Italia che Roberto Taverniti era caduto in battaglia da eroe. E così scriveva: “Alle ore 7 del mattino la fanteria comincia il primo assalto. La compagnia che  esce fuori all’attacco  è comandata da un nostro caro collega, un giovane calabrese che ha raggiunto il grado di capitano per meriti di guerra: Roberto Taverniti. Egli comanda un reparto di valorosi, ai quali, prima dell’attacco, rivolge un incitamento con le sue parole calde, vibranti di quella fede che lo ha spinto ad arruolarsi come volontario di guerra, da semplice soldato. Egli guida i suoi uomini all’assalto verso il trinceramento della cresta. Ha quasi raggiunto l’orlo della trincea, ma ad un tratto i suoi uomini lo vedono cadere riverso con le braccia aperte. Cinque palle di mitragliatrice lo colpiscono alla testa ed uccidono i primi arditi che egli guida all’attacco. Povero e caro Roberto, degno figlio e onore di quella magnifica Calabria che versa il suo più generoso sangue per la più grande Italia! I suoi soldati  non indietreggiano. Lo vogliono vendicare. Irrompono con impeto nella trincea, prendendo i primi prigionieri e li consegnano ai compagni provenienti.” La morte di Roberto Taverniti destò un  grande dolore nel natio paese e fu corale la partecipazione al cordoglio della famiglia, a cui si è unito qullo di tanti amici ed estimatori dell’eroe caduto. Roberto Taverniti pubblicò il suo primo articolo sul giornale “ La Luce” il 27 Otetobre 1904, a soli 16 anni. Scrisse pure su “Il Sindaco Operaio” il 1° Aprile 1906. L’elenco dei giornali su cui egli scrisse sarebbe lungo da riportare in quest’articolo. Ciò dimostra  che il giornalismo era radicato nell’animo di Roberto. Ora una lastra di marmo, posta sulla casa della facciata dove egli nacque, un’epigrafe, dettata dal suo caro amico Vincenzo Sapere, lo ricorda ai posteri. Dopo la sua morte seguì l’oblio in quanti gestivano localmente il potere in quel tempo. Si costituì una commissione per le onoranze, composta da estimatori dell’eroe, ma incontrò molti ostacoli, forse per invidia o per timore che le stesse onoranze potessero “oscurare” il nome di alcune persone del luogo. Le onoranze furono rimandate a tempi migliori. Ma Vincenzo Sapere e gli amici di Roberto Taverniti, che lo tennero sempre presente nel loro cuore, sia pure con molti anni di ritardo, riuscirono a farlo commemorare degnamente, ma lontano dal luogo natio. Infatti il 7 Ottobre 1935, dopo 19 anni della sua morte, nell’aula magna della biblioteca comunale di Reggio Calabria, Oreste Camillo Mandatari, noto scrittore e giornalista del tempo, tenne il discorso commemorativo in onore dell’eroe Roberto Taverniti. Hanno presenziato alla cerimonia, il padre Cav. Rocco, il fratello Dott. Achille, e la sorella Anna con il  marito Rag. Pasquale Pisani. Erano presenti tanti amici di Roberto, fra i quali Vincenzo Sapere. Alla commemorazione anche il vice podestà Mazzacuva e l’arcivescovo di Reggio Calabria S.E. Pujia. Sarebbe cosa lodevole e degna di apprezzamento se in questa comunità  si costituisse un gruppo di persone, capaci e volenterose con l’intento di rintracciare, per essere pubblicati, tutti gli articoli scritti da Roberto Taverniti. Sarebbe questa, ripeto, un iniziativa lodevolissima, perché dai suoi scritti verrebbe fuori non solo la personalità, ma  anche l’ideale che lo sorresse in tanti anni di battaglia a favore della Calabria. Nei 40 numeri di Terra Nostra, pubblicati dal 1913 al 1915, ( R.T.  curava la pubblicazione del suo giornale anche quando era al fronte, quando le pause del combattimento glielo consentivano) è racchiusa e sintetizzata la vita di un giovane giornalista che si è battuto non solo per il risorgimento socio-economico della sua Calabria, ma anche per la grandezza dell’Italia.

Tarcisio Taverniti