Percorsi di Fede

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Dalla «Lettera alla madre» di san Luigi Gonzaga
(Acta SS., giugno, 5, 878)

Ritratto di ignoto del XVII secolo

 

Canterò senza fine le grazie del Signore!
 

Io invoco su di te, mia signora, il dono dello Spirito Santo e consolazioni senza fine. Quando mi hanno portato la tua lettera, mi trovavo ancora in questa regione di morti. Ma facciamoci animo e puntiamo le nostre aspirazioni verso il cielo, dove loderemo Dio eterno nella terra dei viventi. Per parte mia avrei desiderato di trovarmici da tempo e, sinceramente, speravo di partire per esso già prima d'ora.
La carità consiste, come dice san Paolo, nel «rallegrarsi con quelli che sono nella gioia e nel piangere con quelli che sono nel pianto» (Romani 12,15). Perciò, madre illustrissima, devi gioire grandemente perché, per merito tuo, Dio mi indica la vera felicità e mi libera dal timore di perderlo. Ti confiderò, o illustrissima signora, che meditando la bontà divina, mare senza fondo e senza confini, la mia mente si smarrisce. Non riesco a capacitarmi come il Signore guardi alla mia piccola e breve fatica e mi premi con il riposo eterno e dal cielo mi inviti a quella felicità che io fino ad ora ho cercato con negligenza e offra a me, che assai poche lacrime ho sparso per esso, quel tesoro che è il coronamento di grandi fatiche e pianto.
O illustrissima signora, guardati dall'offendere l'infinita bontà divina, piangendo come morto chi vive al cospetto di Dio e che con la sua intercessione può venire incontro alle tue necessità molto più che in questa vita.
La separazione non sarà lunga. Ci rivedremo in cielo e insieme uniti all'autore della nostra salvezza godremo gioie immortali, lodandolo con tutta la capacità dell'anima e cantando senza fine le sue grazie. Egli ci toglie quello che prima ci aveva dato solo per riporlo in un luogo più sicuro e inviolabile e per ornarci di quei beni che noi stessi sceglieremmo.
Ho detto queste cose solo per obbedire al mio ardente desiderio che tu, o illustrissima signora, e tutta la famiglia, consideriate la mia partenza come un evento gioioso. E tu continua ad assistermi con la tua materna benedizione, mentre sono in mare verso il porto di tutte le mie speranze. Ho preferito scriverti perché niente mi è rimasto con cui manifestarti in modo più chiaro l'amore ed il rispetto che, come figlio, devo alla mia madre.

 

Nota biografica - Nel 1590/91 una serie di malattie infettive uccisero a Roma migliaia di persone, inclusi i papi (Sisto V, Urbano VII, Gregorio XIV). Luigi Gonzaga, insieme a san Camillo de Lellis e ad alcuni confratelli gesuiti, si prodigò intensamente ad assistere i più bisognosi. Luigi, malato da tempo, dovette dedicarsi solo ai casi con nessuna evidenza di contagiosità, ma un giorno, trovato sulla strada un appestato, se lo caricò in spalla e lo portò in ospedale. Pochi giorni dopo morì, all'età di soli 23 anni.

 

San Luigi con i malati di peste

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La madre: Marta Tana

I Gonzaga di Mantova

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