Percorsi di Fede

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BIBBIA: LE DOMANDE SCOMODE

a cura di Mons. Gianfranco Ravasi

    L’omosessualità: questione molto delicata

 

Questa volta entriamo in una questione molto delicata, non solo per il coinvolgimento in un dibattito sociale e politico incandescente ma anche per la stessa ermeneutica biblica. Intendiamo riferirci all’omosessualità. In premessa è necessario affermare che il modello antropologico della Rivelazione biblica è fondato sulla duplice realtà dell’uomo e della donna e sulla loro fecondità, come partecipazione alla potenza creatrice di Dio stesso (Gen 1,26-28). È noto che il famoso passo di Sodoma e Gomorra, Genesi cap. 19, dev’essere usato con molta cautela, nonostante l’interpretazione tradizionale così vigorosa da aver coniato su questo testo il vocabolo “sodomia” e nonostante il chiaro riferimento alla richiesta rivolta a Lot di consegnare i suoi ospiti “angelici” a quella folla «perché potesse abusarne». L’orrore e la condanna dell’autore sacro riguardano soprattutto la violazione della legge sacra dell’ospitalità e non è escluso un riferimento polemico contro l’idolatria degli indigeni della Palestina, i cananei, che nei loro culti della fertilità ammettevano l’omosessualità sacrale. Si legga Dt 23,18-19 ove sono di scena i “prostituti sacri”, bollati spregiativamente come cani, ma che in realtà erano sacerdoti dei culti cananei.

Un altro testo da scartare è quello dell'”amore” tra Gionata e Davide, letto in chiave omosessuale anche da qualche esegeta. In realtà, una serie accurata di ricerche ha dimostrato già a livello lessicale ma anche in ambito sociologico che l’uso del verbo ‘ahab, “amare”, è ampiamente attestato in un campo semantico politico ove esprime la coalizione tra personalità di diversa estrazione ai fin della gestione del potere. La relazione tra i due personaggi riguarderebbe, in quel delicato periodo storico degli albori monarchici in Israele, una coalizione tra una figura rilevante del clan dinastico al potere, Gionata (clan in difficoltà politiche), e un contendente perseguitato ma dotato di seguito popolare, cioè Davide.

La questione omosessuale non è però assente dalla Bibbia. Nel libro del Levitico si leggono precetti indiscutibili: «Non avrai relazioni con un maschio come si hanno con una donna: è un abominio [...]. Se uno ha rapporti con un uomo come con una donna, tutti e due hanno commesso un abominio; dovranno essere messi a morte» (18,22; 20,13). La pena di morte nell’antico Israele aveva un valore teologico oltre che giuridico: era in pratica la sanzione della “scomunica” dalla comunità santa. C’è, poi, da segnalare un testo paolino significativo. In una lista di vizi che escludono dal regno di Dio, l’Apostolo introduce due classi di persone: i malakoi, letteralmente “i teneri, i dolci”, cioè gli effeminati, il partner omosessuale passivo, e gli arsenokoitai, vocabolo ignoto in greco classico ma etimologicamente chiaro, indicante gli omosessuali attivi (1Cor 6,9-10). A questa linea si può riportare anche la lista di vizi contrari al Vangelo citati in 1 Tm 1,10: appaiono la fornicazione in senso lato e gli andrapodistai, cioè i sequestratori di ragazzi per pederastia.

Nel trattatello dei capitoli 13-15 del libro della Sapienza sull’idolatria l’autore, probabilmente un giudeo di Alessandria d’Egitto che scrive nel 30 a.C., elenca un alfabeto di 22 vizi. La lista è costruita partendo dalla lettera t, l’ultima dell’alfabeto ebraico, per giungere alla a, la prima, così da indicare simbolicamente le perversioni dell’ordine morale. In questa lista si parla anche della «inversione della generazione». Non è chiaro a cosa alluda il sapiente: per alcuni sarebbe in causa l’omosessualità, per altri ogni frustrazione della funzione generatrice. Significativa resta la connessione tra idolatria e vizio sessuale. Dalla decadenza religiosa nasce la perversione morale. La stessa tesi è ribadita da Paolo nel famoso ritratto del mondo pagano in Rm 1,26-27. Qui, però, è nettamente in questione l’omosessualità: «Le donne hanno cambiato i rapporti naturali in rapporti contro natura. Egualmente anche gli uomini, lasciando il rapporto naturale con la donna, si sono accesi di passione gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi uomini con uomini». Anche qui la degenerazione sessuale è vista come conseguenza della deviazione religiosa. La perdita del senso di Dio fa precipitare nel gorgo del vizio da cui ci può liberare solo la grazia salvatrice. Certo, la Bibbia non considera le implicazioni psicologiche e le questioni più complesse di indole antropologica ed è debitrice di modelli culturali e persino di condizionamenti legati alla sua natura di Rivelazione storica. La sua è, quindi, una prospettiva teologica e si àncora alla sorgente della cosiddetta “morale dell’alleanza”: alla base c’è il progetto divino sull’essere umano creato da Dio “maschio e femmina” (Gen 1,27). Si ha, perciò, un’antropologia ben definita che costituisce un codice decisivo di riferimento per la morale. In questo codice è, però, da porre anche il rispetto per la persona, comunque essa si ponga nell’esistenza.

Dal mensile "Vita Pastorale" Febbraio 2006 p. 56

Vedi anche la Lettera di san Giuda, apostolo vv. 1-16

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