In questi mesi (2013) nei quali mi sembra che la
“materia “ sia di stringente attualità e specialmente
in Cadore dove abbiamo giustamente manifestato contro i tagli dei
servizi alla popolazione della montagna, desidero raccontare le modalità
che consentivano alle persone del nostri paesi, che si ammalavano
decine di anni fa, di avere una diagnosi e la successiva cura della
malattia.
Questo articolo descrive la realtà del comune di San Pietro
che è il mio luogo di nascita e crescita, pertanto fatti e
cose che ho conosciuto personalmente, sappiamo però che situazioni
analoghe si sono verificate in molti paesi delle nostre vallate.
Prima della riforma del Servizio Sanitario Nazionale del 1980 per
i lavoratori dipendenti c’era l’INAM o più comunemente
detta “cassa malati” istituita nel lontano 1923.
Poi c’era la cassa mutua per i coltivatori diretti istituita
nel 1955, la cassa mutua degli artigiani costituita nel 1957 ed infine
la cassa mutua dei commercianti istituita nel 1961.
Questi enti assistenziali dei lavoratori autonomi di solito pagavano
la retta ospedaliera e solo in qualche caso rimborsavano le spese
del medico condotto per le visite ambulatoriali o a domicilio, tutte
le medicine invece bisognava pagarle di tasca propria.
A questa regola c’era un’eccezione che consentiva alle
persone prive di qualsiasi mezzo di sostentamento ed iscritte in apposito
registro (elenco dei poveri) di avere ugualmente l’assistenza
del medico condotto a spese del Comune.
L’INAM, invece, che assicurava i lavoratori dipendenti e i loro
familiari a carico, provvedeva direttamente a pagare il medico ed
i farmaci necessari alla cura della persona ammalata.
Questo ente aveva anche il compito di verificare lo stato di salute
dei lavoratori dipendenti che inoltravano i certificati medici di
malattia.
Le persone della mia età ricorderanno certamente il dott. Orazio
Marengon, che a “campione “ si presentava a casa dei pazienti
per verificarne le condizioni di salute, ed eventualmente autorizzarne
la prosecuzione retribuita del periodo di assenza dal lavoro.
All’interno del Comune la figura principale e più autorevole
in campo sanitario era il medico condotto, denominazione della professione
che durò fino al 1988; infatti, in seguito alla suddetta riforma
tale figura assunse la qualifica di medico di medicina generale convenzionato
con il Servizio Sanitario Nazionale e le cose cambiarono completamente
nel rapporto medico-paziente.
Inizialmente nel Comune di San Pietro l’unico l’ambulatorio
medico era ubicato di fianco al municipio, solo successivamente ne
venne aperto un’altro nella casa della Regola di Costalta.
A quel tempo i medici non avevano come supporto alle diagnosi delle
malattie i mezzi che la tecnologia mette ora a loro disposizione,
potevano contare unicamente sulla loro abilità ed esperienza
professionale nell’individuare le patologie che il paziente
accusava di soffrire.
Piccoli interventi chirurgici, estrazioni dentarie, ingessature per
rotture degli arti venivano fatte in loco dal medico condotto.
In caso di necessità si veniva ricoverati ad Auronzo dove era
primario il prof. Arrigoni, oppure alla Casa di Cura (così
si chiamava allora) di Pieve, struttura diretta dal prof. Cappellari,
mentre per i casi più complicati si doveva proseguire fino
a Belluno.
Qui, l’ospedale civile provinciale aveva come primario del reparto
di chirurgia il prof. Broglio, illustre chirurgo dell’epoca,
mentre il reparto di medicina generale era diretto dal prof. Angelini,
noto e stimato clinico.
Passo ora ad elencare i nomi dei medici che hanno meritoriamente prestato
la loro insostituibile opera nella condotta di San Pietro di Cadore:
dott. Amadori anni Trenta, dott. Da Vià anni Quaranta primi
anni Cinquanta, il dott. Garro e il dott. Renzo Ripoli negli anni
Cinquanta e nei primi anni Sessanta, il dott. Paolo Zambelli Franz
negli anni Sessanta fino alla quiescenza nel 1999.
Poi c’era la farmacia che fino ai primi anni cinquanta si trovava
in un locale all’interno della villa Cesco-Sarmantini a Mare
ed era gestita dal dott. Cesare Riva. Nella metà degli anni
Cinquanta si spostò nella nuova sede in via Piave e nei primi
anni Sessanta il dott. Riva si trasferì a Castion (BL).
Seguì una gestione “provvisoria” da parte del dott.
Chenet di Caprile, poi arrivò definitivamente il dott. Bruno
Zanon fino agli anni Novanta.
Dobbiamo anche ricordare il fondamentale ruolo delle ostetriche o
più comunemente denominate levatrici, in quegli anni si partoriva
in casa e non all’ospedale, quindi tutta la gravidanza e l’atto
finale della nascita erano letteralmente in mano e affidate al senso
di responsabilità di queste benemerite persone; i loro nomi:
la Sorana (Maria De Bettin ) e Genia
(Eugenia Casanova Municchia) a Costalta, Regina Zampol
Verzo e Elvira Cesco Rosso titolari di condotta a San Pietro.
Inoltre c’era la signora Anita Pradetto Roman originaria di
San Pietro sposata a Campolongo che svolgeva la libera professione.
Erano donne che ci hanno visto nascere e seguito nei primi mesi e
anni di vita.
A tutti questi professionisti e professioniste che ho ricordato non
può che andare un nostro pensiero riconoscente ed affettuoso
per quanto hanno saputo dare e fare verso la nostra e loro comunità,
basti pensare che molte volte dovevano spostarsi a piedi da un paese
all’altro per prestare la propria opera verso chi ne aveva bisogno
e ciò ad ogni stagione e ad ogni ora del giorno o della notte.
Allora non c’era molta informazione sull’uso delle medicine
sintetiche a cui si ricorreva solo in caso di gravi necessità,
viceversa per i piccoli disturbi si faceva ancora affidamento ai rimedi
della tradizione popolare, tipo decotto di malva, di lichin (lichene),
di infusi di arnica ecc.. Per noi bambini o ragazzi in caso di lieve
indisposizione il primo rimedio a cui ricorrevano le mamme era la
somministrazione dell’ olio di ricino, oppure della “vermolina”
(vermifugo di colore rosso) entrambi medicinali non molto gradevoli
da trangugiare.
Non era neppure possibile disporre di tutte le specialità medicinali
che abbiamo ora, che assieme ad una più ricca e varia alimentazione
e ad una maggiore consapevolezza con conseguenti corretti stili di
vita hanno contribuito non poco ad aumentare la durata media dell’
esistenza delle persone.
Gian Antonio Casanova Fuga