UNA GITA SULLA
MONTE...
Fino all'età di sette/otto anni, dato che mamma e papà
dovevano occuparsi della gestione dell'albergo ristorante in
borgata Mare, io durate le vacanze estive venivo affidato alle
cure della nonna paterna (nöna Vina) rimasta vedova
nel 1943 di Tone Batiston, mio nonno. In suo ricordo mi
fu dato il nome Gian Antonio.
Allora la nonna viveva in famiglia con lo zio Giovanni (barba
Nin) la moglie (tata Rita) e la figlia Rosalba, più
tardi nascerà anche mio cugino Elvino. La nonna mi voleva
un gran bene e mi portava sempre con sè a derde (governare
le bestie) al tabiè de Prade o al tabiè
d Fornaiò. Tante volte si andava a föi dasterne
al bosco de Pae e Vare Longe.
Ricordo ancora che dal folto del bosco ogni tanti si levava qualche
pita salvaria, ovvero la femmina del gallo cedrone di
cui il luogo è molto ricco. Sulla strada che dalla graziosa
borgata di Vila porta in Prade prima di raggiungere
questa località il sentiero passava par i tabiés
de Stamsöto e per chi non voleva fare la ripida salita
iniziale c'era la possibilità di fare una deviazione passando
par al tröi dla ceda de Dvane dal Coi, personaggio
che viveva a diretto contatto col mondo agreste e boschivo, cibandosi
spesso di piante, frutti, e funghi del bosco. Sul suo stile di
vita non mancavano di fiorire storie più o meno verosimili.
Subito dopo i tabiés de Stamsöto il sentiero
ha un biforcazione, uno prosegue per Prade e l' altro sale a
Tabiégrön e Madera. In questo bivio
c'era una fontanella e la nonna mi faceva bere l'acqua raccogliendola
a mo' di bicchiere con il grembiule (garmal) che portava
sempre addosso. In questa località c'era pure un grande
crocefisso di legno e non si poteva passare oltre se non si aveva
recitato la frase latina (adoramus te, Christe, et benedicimus
tibi, quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum) che
naturamente avevo imparato a memoria e che ricordo e recito ancora
adesso quando mi capita di trovare un crocefisso sul mio cammino.
Vicino alla casa della nonna abitava la zia Giovanna (tata
Giovana) sorella del papà sposata con Italo Fabbian
(barba Ito) e i loro figli Maristella e Gianfranco. Anche
la famiglia della zia Giovanna mi vedeva con molta simpatia e
spesso mi invitava a magiare a casa loro.
Un bel giorno lo zio Italo ci disse che se la domenica successiva
ci fosse stato bel tempo (eravamo circa a metà della settimana)
avremmo fato una gita sulla monte (Monte Zovo ) e lassù
avremmo fatto la polenta e luganghe (salsicce) apede
i solute (così si chiamano in dialetto
di Costalta i gialletti ).
Arrivata la domenica, partimmo con il nostro zaino in spalla
per la destinazione prefissata. Dopo circa due ore di cammino
e aver raccolto i funghi che ci servivano per contorno arrivammo
in località Sasso Grigno, che è un'amena località
dalla quale si domina tutta la Val Visdende e tanta parte del
Comelico inferiore. Mio zio Italo e la zia Giovanna che portavano
con sè l'attrezzatura (ciodruo) per fare
la polenta sul posto e le altre cose da mangiare erano rimasti
leggermente indietro rispetto a noi tre ragazzini che felici
della bella giornata da trascorrere in completa libertà
avevamo allungato il passo. Orbene, proprio all' interno della
croda del Sasso Grigno, c'era e c'è tuttora una piccola
galleria nella roccia (molto probabilmente realizzata perché
serviva ai soldati che erano al fronte nella prima guerra mondiale)
dove l' acqua piovana si depositava e formava un piccolo laghetto
di acqua limpida (ora è completamente asciutto). Lo zio
che conosceva bene il posto contava proprio di poter adoperare
quest'acqua per fare la polenta. Noi ragazzini, arrivati per
primi alla fonte, giocando, avevamo reso inservibile l'acqua
per uso potabile. Questo fatto portò ad uno sconvolgimento
del programma della gita: il Monte Zovo infatti è una
zona abbastanza secca e soleggiata, nella sua sommità
è privo di vene sorgive, quindi non ci restò altra
scelta che dirigersi verso il colle di Pradöte a
cercare una nuova sorgente. Per questo motivo abbiamo dovuto
ritardato il pranzo di circa un'ora.
Ancora poco tempo fa con mia cugina, che nel frattempo le vicissitudini
della vita hanno portato a risiedere a Ventimiglia (però
d'estate non manca di soggiornare a Costalta), abbiamo ricordato
il piccolo "incidente" che senza volerlo avevamo procurato
e abbiamo sorriso di gusto rivangando i giorni felici della nostra
fanciullezza.
(Gian Antonio Casanova Fuga)
Tone e Vina Batiston (primi anni Quaranta)
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