Pubblichiamo con piacere
un... "resoconto" sulle manifestazioni culturali realizzate durante
“La settimana delle sculture” 2012 a Costalta di Cadore,
inviatoci da SERGIO GENTILINI,
scrittore e... "turista innamorato di Costalta",
di cui potete leggere, nel sito, anche
le riflessioni relative all'estate costaltese 2008... e a quella del 2009
.

 


Anche quest’anno Costalta ci ha accolto con un’ampia proposta di iniziative: un’estate ricca di eventi, attenta all’arte, alla cultura, alla musica e al teatro. Ecco alcune delle diverse e interessanti proposte che il visitatore ha trovato in questo minuscola ma splendida comunità, un “paese di legno”, con tante originali casette di legno’ così ben conservate e adornate di fiori su ogni davanzale, che mettono allegria e regalano un senso profondo di festosa serenità. Non mancando poi di ammirare lo spettacolo della natura che a Costalta, e anche ‘da Costalta’, si può godere, sia che splenda il sole sia che un temporale quasi improvviso salendo dal basso nasconda allo sguardo i profili delle montagne all’orizzonte, per poi sparire regalando man mano alla vista un paesaggio nuovamente inondato dal sole e immerso in una quasi accecante luminosità. Come accade, forse, soltanto a Costalta!

Tra le gustose iniziative...

  • la nuova proposta intititolata LeggendAriaMente;
  • il Concorso di Poesia, seconda edizione, tema “ La mia Casa, ricordi d’infanzia” in ladino e in italiano;
  • il ‘fienile artistico’ di Giusto De Bettin con una Mostra d’arte (icone, scultura, pittura e arte varia);
  • la personale di Chiani nel piano superiore del Museo Angiul Sai.

    Da non dimenticare, anzi da sottolineare, la Festa religiosa dedicata alla locale Patrona Sant’Anna con le sante Messe, il Coro e la processione serale lungo le vie di Costalta, addobbate a festa (uno spettacolo !)

    LeggendAriaMente si propone di ricordare e valorizzare le molteplici leggende legate alla realtà locale, delle Dolomiti e della montagna, con le storie e i tanti personaggi meravigliosi e fantastici; manifestazione ideata da Martina Casanova Fuga, organizzata da Silvano Eicher Clere presidente della Regola e dell’Associazione CostaltArte, con la direzione artistica dello scultore Avio , e con un’ampia esemplare presenza di collaboratori.

    Tre gli Artisti invitati alla Manifestazione, che nel corso di una settimana ‘di lavoro‘ hanno dato vita ad una personale interpretazione scultorea raffigurando ciascuno quanto descritto dalla leggenda a loro assegnata: tre le statue ( due di legno e una di marmo) che dopo la cerimonia di ‘presentazione ufficiale‘ verranno collocate in maniera visibile dalla strada, in prossimità di tre ‘fienili’.

    Stefano Comelli - Allo scultore triestino, che vive a Versa di Romans d’Isonzo, è stata assegnata la leggenda dal titolo ‘La prima Stella Alpina’da lui egregiamente interpretata con un’opera (di un metro e settanta di altezza) scolpita in marmo, della varietà fior di pesco del Monte Peralba, assai pregiato e apprezzato per le sue particolari v enature e variazioni di tonalità; lo scultore ha saputo sapientemente calarsi nella leggenda
    proponendo e realizzando efficacemente l’abbraccio caldo del cielo con la montagna ‘che piangeva in silenzio’ per la solitudine.
    Una scultura assai apprezzata dai visitatori per le sue modulazioni dolci seppur aspre e vigorose, e per la sua indubbia ‘linea’ armoniosamente elegante e delicata, ponendo in cima alla ua opera la stella discesa dal cielo, calàtasi sulla ‘montagna malata di solitudine’ , e ricambiata poi durante il gelo della notte dall’affettuosa premura della montagna stessa che con le sue mani di roccia l’ha avvolta di una morbida peluria bianca: nasceva così la prima Stella Alpina.
    Un’antica e tenera leggenda, interpretata e risolta dall’artista con fantasia, bravura e perché no, anche con commozione.

Hermann Plozzer - L’artista di Sauris ha una innata passione per la scultura, in particolare quella in legno, ma si applica anche con la pietra, e altri diversi materiali. Non seguendo alcuna corrente artistica, intende restare
fedele ai suoi personali progetti, al proprio ‘sentire’ interiore, in una costante (anche se difficile) ricerca di nuove forme espressive. Assai noto nel mondo dell’Arte, partecipa a diversi incontri di scultura (anche di ghiaccio) in Italia e in diverse altre realtà europee: impegnato anche a Mosca per il recupero degli stucchi di gesso dei Palazzi imperiali del Cremlino. Diverse le sue Mostre personali, più volte presente anche in varie Rassegne collettive, in Friuli e nel Veneto. Inoltre è stato presente più volte, anche su invito, in vari simposi nel Nord Europa, in America Latina e negli Stati Uniti, ricuotendo ovunque positive attestazioni di simpatia, di stima e di apprezzamento.
Hermann Plozzer vive e opera a Sauris, dov’è nato nel 1966, nell’incanto e nella serena tranquillità della sua ‘Carnia fidelis’, sobria e laboriosa. A Costalta gli è stata assegnata la ‘Leggenda della Fata che ha dato il nome al Monte Peralba’, una storia che lo ha particolarmente impegnato nella realizzazione artistica, operando in un blocco di legno, il profumato Cirmolo. Con fine intuizione, nella parte alta del tronco ha saputo ricavare il corpo di una donna all’interno di una grande foglia lanceolata, assecondandone le movenze e le sinuosità nel suo agitarsi flessuoso, espressa nel suo ripiegarsi cullata da ogni alito di vento: cogliendo il movimento plastico e sinuoso della Fata e della foglia, nella cui parte più alta compare il suo viso dolce e soddisfatto che pur guardando verso il cielo è ormai parte integrante della montagna e delle sue amate cime, con i suoi capelli raccolti in una lunga treccia ornata di fiori, che scendono girando intorno al tronco come un carezzevole abbraccio fino a lambire amorevolmente il paese sottostante e il suo bosco di pini.
Una delicata ‘storia d’amore’ (prosegue la leggenda) e ora nelle cime delle rocce più alte si riflette il volto della Fata finalmente appagata, radiosa e felice, immersa totalmente immersa in quella natura nella quale desiderava ardentemente ‘immedesimarsi’: realizzato il suo sogno “di fondersi con l’anima delle alte cime, il candore della pelle si riflettè con un bagliore sulla roccia della montagna (ancora senza nome) dandole il nome di Pietra bianca, da cui Peralba”. E nei luoghi di questa leggenda è nato il fiume Piave. Una leggenda struggente e dolce, e impegnativa, materializzata e soavemente espressa da Plozzer in una figura (alta m 1.70) ricavata da un tronco di legno di cirmolo.
E noi diamo atto allo scultore di aver saputo ri-cavare dal legno ‘l’anima’ di questa leggenda, non proprio facile da rappresentare: eppur realizzata così delicatamente, con arte esperta e commossa: una esecuzione felice, realizzata con mano sapiente, delicata e incisiva, dove la sua tecnica matura si sposa con l’immaginazione e la fantasia, per la rappresentazione di questa leggenda; e la scultura (e l’Autore) , è bene ricordarlo e sottolinearlo, hanno registrato ammirati consensi.

Roberto Merotto
- Compito impegnativo anche per lo scultore Merotto di Pieve di Soligo (con lo studio a Falzè di Piave), ormai da tempo presente nel panorama artistico in Italia e anche all’estero, in vari concorsi nazionali e internazionali; noto artista ‘sensibile e preparato’, insegnante di discipline plastiche, nella sua ricerca espressiva ha affrontato i materiali più diversi (argilla, legno, gesso, pietra, ferro e bronzo) dimostrando una notevole capacità di re-inventare e ‘una personale elaborazione di tecniche e oggetti’ (G.M.) riscuotendo ampi e positivi consensi dal pubblico e dalla critica più attenta.
Anche a Costalta ha egregiamente risolto il tema della leggenda delle Dolomiti, ricavando dal grosso tronco di legno la figura della Principessa della Luna, e in alto, una falce di Luna, sul retro del capo.
Ha incavato e scolpito il legno di cirmolo, per un’intera settimana di ‘lavoro’ intenso e ispirato, operando in piazza, a fianco dello struggente Monumento ai Caduti, di Augusto Murer, opera scabra ed essenziale; e ne è ‘uscito’ un bel saggio della sua arte.
Un ‘lavoro’ che nasce da una bella leggenda sulle Dolomiti (per un incantesimo, chiamate anche Monti Pallidi) dove in un regno di boschi lussureggianti, di laghi e di prati fioriti regnava sovrana l’armonia e la serenità: solo due giovani amanti vivevano tristi perché eternamente separati: un Principe infelice e la Principessa della Luna: un ben triste destino il loro: ma un bel giorno il Principe (figlio del re) incontrò il re dei Silvani, un simpatico gnomo, in cercas di una terra per il suo popolo: il quale, proposto al Principe uno scambio, con un felice patto gli fu concesso di vivere con la sua gente in quella terra fiorita e meravigliosa, mentre i suoi gnomi per un’intera notte hanno tessuto la luce della Luna ricoprendone tutte le rocce. Così la Principessa potè ritornare sulla terra e vivere felicemente per sempre con il suo amato sposo: e per le rocce inondate dalla luce della Luna, le Dolomiti presero il nome di ‘Monti Pallidi’. Qui termina la leggenda, tenera e dolce, delle Dolomiti: con il Principe e la sua amata Principessa, e con l’intero popolo degli gnomi, finalmente ‘tutti felici e contenti’.
Una fiaba non facile da materializzare, che Merotto ha ‘risolto’ egregiamente realizzando una scultura semplice all’apparenza, alta e longilinea, ben tornita e modellata, essenziale e priva di inutili dettagli:
un’opera di grande pregio e di grande eleganza ‘spirituale’.

Abbiamo poi visitato il “Fienile in arte", poco fuori l’abitato di Costalta, in località Preda, sulla strada tra Costalta e Forcella Zovo. Un ‘locale’ antico, il fienile di un tempo, accuratamente rimesso a nuovo, con tanto amore, gusto e impegno (lavorativo) da Giusto Bettin, appassionato pittore ‘costautese’ accogliendo amici artisti nel suo ‘fienile d’arte’ che “ha ristrutturato con le sue mani”, su tre piani: locali ‘rustici’ e accoglienti “valorizzando il territorio”; in questa Rassegna d’arte, esposte opere di pittura ( di Giusto De Bettin e di Alfonso De Martin Pinter), di scultura (di Marco De Lorenzo e di Luciano Barba) e icone ( di Carmen De Bettin). L’iniziativa artistica che già si preannuncia ancor più ‘partecipata’ in futuro, ha visto una lunga sequenza di visitatori interessati e attenti a questa Rassegna d’arte, apponendo poi la loro firma sul ‘libro’ posto sul tavolo, con l’ammirato e positivo giudizio per la felice e artistica occasione.
Obbligatori i ‘complimenti’ all’amico pittore Giusto che tanto si è prodigato per questa sua bella e interessante iniziativa, in collaborazione con CostaltArte e Associazione ArteComelico.

Il Concorso di poesia ‘ la mia Casa, ricordi d’infanzia’

Già alla sua seconda edizione il Concorso ha registrato un bel numero di partecipanti, tutti simbolicamente e variamente premiati in maniera ufficiale: tre in particolare hanno anche declamato la loro composizione scritta in ladino ‘la Ceda, la casa…’ con grande e visibile partecipazione emotiva, che ha commosso il pubblico presente.
Una bella e significativa ‘iniziativa poetica’ che ha visto la partecipazione anche di ‘Costautani’ ormai residenti da molti anni in varie parti d’Italia: il ‘tema’ ha evidentemente catalizzato la loro attenzione e le loro emozioni per il paese natale, suscitando emozioni mai sopite, anzi, con un misto di sempre innamorata nostalgia.
Insomma un ‘Concorso’ indubbiamente importante, e che sin d’ora si preannuncia ancor più ‘affollato’ per la terza edizione nel 2013, con profonda soddisfazione da parte degli Organizzatori.

In Mostra i dipinti di Chiani
Una Mostra interessante per tanti aspetti, apparentemente semplice nella descrizione delle ‘scene’ ma altrettanto difficile: nel senso che ti cattura e ti impegna, ti suggerisce e ti propone, e ti coinvolge in un dialogo serrato ‘a tu per tu’ (però bisogna leggerla bene e saperne ascoltare i suoni e la musica di ‘questa’ pittura), ponendoti anche molteplici “perché”: il Sacro, per l’appunto, e ti invita a riflettere … oltre la pittura, oltre la bravura, coinvolgendoti in ogni ‘scena’ per cui ti viene spontaneo sostare e domandarti ‘cosa c’è dietro, nella e oltre questa sua pittura e che cosa vuole dire’: il ‘Sacro’ per l’appunto, il tema dell’esposizione.
Dipinti di grandi dimensioni, dai colori vivi, vigorosi e forti che colpiscono mente e cuore… e non riesci a staccartene, anzi ‘entri’ subito anche tu nella scena che Chiani propone: e l’impatto è notevole, non c’è che
dire ! e anche l’accoglienza è suggestiva, con i dipinti allineati in due stanze, ospitati nella Casa ‘Museo Angiul Sai’, un antico rustico ‘fienile’ costautano (dal 22 luglio al 5 agosto 2012).

Il manifesto annuncia il tema ‘il Sacro nella pittura di Chiani’, nome d’arte chè in verità si chiama Mauro Chiavaccini, toscano d’origine ma da diversi anni a Campolongo di Cadore e con stretti legami con il Comelico; e a proposito del ‘tema’ citiamo la sua precisazione: il termine ‘sacro’ non è sinonimo di ‘religioso’ ma di ‘valori umani’, che anche Cristo e la Madonna ben rappresentano; è una visione ‘laica’ del mistero religioso (valori umani? non riusciamo a capire).
Certo, è un titolo impegnativo per un autore che così si espone, e propone ciò di cui dispone e sente e crede, o almeno ‘crede di credere in ciò che dice e fa’, e non è un gioco di parole! Ma vediamo le opere, poste in rassegna in un luogo caratteristico, che già in passato ha ospitato Mostre di rilievo e tra queste citiamo almeno quella (davvero stupenda) dedicata alle icone : un evento!

Entriamo allora in Mostra ‘accolti’ da una decina di opere intense e cromaticamente forti che ‘colpiscono’ in maniera palpitante sin dal primo impatto: una rassegna che sollècita, e quasi impone, moltèplici riflessioni e non solo, per la maniera che il pittore ha di esprimersi con pennellate sicure, vibrate sulla tela con sapiente e maturo ‘mestiere’, senz’altro, ma anche con viva emozione e indubbia partecipazione, calda e commossa: e come può non esserlo un uomo, un pittore, un Artista, se anche un semplice ‘paesaggio’ rispecchia e rivela i sentimenti dell’autore?
A tutta prima pare che il tema svolto sia quello del dolore: una decina i dipinti, scene coinvolgenti e sconvolgenti, figure e immagini trattate con mano esperta, le scene insolite per la collocazione dei personaggi, la vivezza dell’impianto, e i colori decisi, precisi e forti : il pallore dei visi, il biancore abbagliante e lacerante dei corpi, la morte e la deposizione con il corpo esangue e abbandonato del Cristo, e le espressioni di dolore, e la ‘tragedia’ della ‘passione’ , con le espressioni dei volti e delle figure colte e calate in una sorta di stupìto dolore, con altre che dicono quanta indifferente ferocia l’uomo sia/è capace di esprimere; insomma un impasto di emozioni con un ‘impianto’ da cui traspare evidente la scelta e lo studio attento e profondo dell’autore.
Emozioni e sentimenti, valori solo umani ? un mistero (religioso); è la visione ‘laica’ del mistero religioso : una contraddizione in termini ?
L’uomo ‘ricercatore’ , che a volte si commuove: quale mistero l’uomo ! e il dolore !
Intanto l’occhio guarda e si posa sulle varie ‘scene’ e le ammira stupìto : la natività (il presepe), il Cristo deriso, la crocifissione, la deposizione, il compianto delle donne e poi la decollazione del precursore Giovanni (il) Battista (battezzatore), e il martirio di Pietro, di Stefano e di Sebastiano: e l’occhio torna nuovamente a vedere e ri.vedere meglio i dipinti, nei loro dettagli : impressionanti il volto del Cristo deriso, e il ghigno dei soldati, tratteggiati con segni e pennellate magistrali! e il biancore cadaverico del corpo di Cristo deposto, sovrastato dalla Madre affranta (stabat Mater) sostenuta da una donna, e altrove il com-pianto delle pie donne.
E le tre scene dei martiri santi:
PIETRO - la figura possente di Pietro che viene alzato inchiodato sulla croce a testa in giù (lui non si sente degno di venir crocifisso come il suo Maestro!) : davvero notevole il contrasto cromatico, la luce che centra il nucleo principale dell’episodio, il corpo di Pietro, mentre rossastra è la figura di chi lo inalza sulla croce.
E sul viso del proto(primo)martire STEFANO il terrore verdastro, per la sua imminente lapidazione.
Quindi la figura in primo piano di SEBASTIANO legato ad un albero mentre viene ‘frecciato’ dai suoi stessi commilitoni. Quanta emozione e quale commozione! E il colore è determinante nel sottolineare efficacemente i diversi stati d’animo, anche degli ‘attori’. E quanto partecipata questa visione ‘laica’ del mistero religioso! < ‘valori (solo umani ?)’ che anche Cristo e la Madonna ben rappresentano >,
vissuti in prima persona.
E ogni dipinto, ogni ‘scena’ meritano una sosta per capire, e comprenderne anche l’attualità e la ‘modernità’ dell’insulto all’umanità, alla comprensione fraterna, alla ‘pietas’ e a ogni forma di dialogo: ed è forse proprio questo il sacro: o il Sacro ? la sacralità della sofferenza e della vita, della Vita.
Ma ha un senso riflettere, e che senso ha riflettere sul significato della vita ? questo spettacolare cammino che è… la Vita ! E ancora : il colore, le espressioni dei volti, e le smorfie, e la posizione dei corpi sono davvero ‘efficaci e parlanti’ : il rosso dei carnefici e del sangue; e il tormento e il terrore sui volti, il pallore giallastro e mortale dei corpi variamente distorti e martoriati…
e tutto conferisce ‘sapore’ alla tragedia rappresentata. Complimenti !
‘Momenti’ dunque, scelti molto bene per sviluppare il tema del ‘sacro’ e per essersi ‘ispirato’ a tali ‘soggetti’; e come dimenticare l’ampia scena della crocifissione, i carnefici con martello e chiodi e la lunga lancia (di Longino) che penetra le carni, e l’umana intensa e profonda amarezza di Maria affranta (nella ‘deposizione’) sostenuta e sorretta da una donna; come pure il compianto delle ‘pie’ donne, assai struggente; e le espressioni del volto di Giuseppe, e dei pastori, pecore comprese, e del ragazzo che guarda il Bambino che dorme in braccio alla madre Maria, nel presepe.

Personalmente ho visto e rivisto più volte queste immagini, questa Mostra che di ‘solo e soltanto umano’ mi sembra abbia ben poco: anzi. Quanta emozione e commozione, e quale suggerito insegnamento: frutto mi pare, di una sorta di ‘necessità’ interiore, di un’ansia e di una ricerca che non è solo cromatica e teatrale.
E quale forza, quale freschezza espressiva, immediata, pulsante e palpitante!
Allora, se l’arte è necessità ‘interiore’ mai sopìta, è contemplazione, compartecipazione emotiva, diletto e godimento e il loro contrario… e se questo è spirituale anèlito, e se l’arte sa e riesce a suscitare tali emozioni, tali sentimenti di pietà, di commozione e affetto, di tenerezza e ammirazione, che dire ? può anche trasmettere e infondere “speranza”, che senza di essa non si può ‘vivere’ nè essere davvero felici.
E ancora: Se l’arte è emozione e commozione, tensione e turbamento, è intuizione (intus. ire, tueri. in) religiosa (re. e. ligere) perchè il ‘sacro’ è ciò che unisce (re. ligare), il sacro (Sacro) come sorgente unica dei nostri ‘valori’, di libertà e responsabilità; religione in quanto unione con il mondo superiore.
Ed è anche ri.pensamento e crogiolo, analisi e valutazione critica soprattutto ‘interiore’ (in interiore homine, (noli foras ire) per ‘purificarsi’ poi in campo artistico come espressione creativa, estetica ed estatica: ed è il colore sapientemente ed efficacemente ‘usato’ a manifestare,
visivamente e cromaticamente, i più diversi sentimenti ‘non soltanto umani’ di stupore e di gioia, di ansia e di attesa, di tristezza e di dolore.
Susanna... Soltanto un dipinto a parer mio ‘si stacca’ da questo ‘svolgimento’, quello all’ingresso: un corpo nudo di donna, di schiena, che cattura gli sguardi ardenti di alcuni ‘vecchioni’ che sgranano gli occhi verso la ‘casta Susanna’ al bagno, in primo piano seduta mentre si raccoglie i capelli : da notare il forte contrasto tra il biancore della carne del suo corpo e il ‘grigiore’ delle figure degli anziani, tesi verso di lei, con gli sguardi precisi e mirati, vogliosi e indagatori, curiosi e impudìchi; poi da loro ‘ingiustamente’ accusata di adulterio, e condannata a morte per lapidazione perché erano stati ‘respinti’ da lei ! verrà poi salvata per l’intervento di Daniele (episodio del Vecchio Testamento).

Esco dalla Mostra con sentimenti diversi e tante emozioni nel cuore e nella mente; la bravura tecnica è evidente, come pure sono evidenti le intenzioni dell’autore che ‘non guarda né dipinge in maniera indifferente’ le scene che lui stesso ha proposto: si è ispirato, e le ha scelte !
Il dolore, il ‘sacro’ della Vita e della morte, ‘l’umanità’ ritratta con ‘religiosa’ commozione … e rispetto!

Ancora qualche pensiero...
1) Immagini tolte dalla vita di Cristo, situazioni episodi cruciali, crudeli e fondamentali: la sua venuta, la crocifissione, la morte, la deposizione… (e la Risurrezione!).
Un invito a leggere al di là… del dipinto.
2) Dunque un pittore capace, ‘filosofo’ attento, e indagatore del suo io più profondo, un interrogarsi e porsi in ascolto delle ‘voci’ più intime e dei tanti ‘perché’ che la vita offre e suggerisce alle anime più sensibili e ‘colte’ interiormente, specialmente ad un uomo Artista!
3) Questi alcuni pensieri suggeriti da questa rassegna di dipinti sul ‘sacro’ (o sul ‘Sacro’ ?), un proporre e un proporsi (e proporci) non come puro ‘diletto’ ma come introspezione: dipinti e scene che sono il frutto di un
indubbio interrogarsi di un’anima (artistica) esperta e colta, che pensa e che pulsa, che sa e riesce a dire e a donare con immediatezza e sincerità.
4) Una Mostra suggestiva e coinvolgente, anche per la scelta del ‘luogo’ che la ospita, e a tal proposito, una riflessione sui ‘fondali’: forse le tele avrebbero potuto essere collocate non direttamente sulle pareti di legno ma con una sorta di passe-partout per meglio ‘gustare’ il dipinto, e ciò perché la parete di assi trasversali di legno, con le ampie fessure (ottime tra tavola e tavola per arieggiare l’antico fienile) ‘forse’ disturbano per la luce che filtra; un passe-partout un po’ più ampio del dipinto, per staccarlo dalla parete, ovviamente senza alcuna cornice,che altrimenti ‘costringerebbe e chiuderebbe’ malamente i dipinti che hanno bisogno di ‘spaziare’… liberi.
5) Una Mostra comunque, positiva perché pro-positiva, che si propone come un’esperienza da ‘leggere’ con attenzione e rispetto, che coinvolge e che non si dimentica facilmente.
Perché un autore non si esprime così se non si è interrogato e macerato‘dentro’ : un proporsi ‘artistico’ (ma non solo) che rivela un profondo anèlito interiore… forse di chiarezza, per risolvere i tanti perché (urgenti) della Vita. Perché da sempre l’uomo è assetato di orizzonti…orizzonti di libertà. ‘Nati non foste per viver come bruti…’ ci insegna Dante. E mai l’uomo è stato così ‘tanto povero’ come oggi !....
6) Un pittore, ogni pittore, ogni uomo e artista è in continua ricerca interiore, semprecchè sia ‘un uomo’, Humus che fruttìfica… e ogni Mostra, come questa, è un’occasione per apprezzare e gustare, ma anche
riflettere sul senso che ha… la vita, questo spettacolare cammino che
è… la Vita ! Un dipinto è come ‘un libro, che è men che niente se una volta letto non rifa’ la gente!’. Ecco l’artista, l’Artista e l’Arte.
7) La sua pittura in verità non è solo presentazione, rappresentazione, contemplazione… questa rassegna di ‘scene’ ispirate anche nei dettagli, dal Libro per eccellenza, che l’autore ha dipinto con partecipazione emotiva (come la nostra!) e con viva e indubbia commozione (come la nostra !) e forse con un intento non solo espositivo e non solo narrativo, ma… ha pur voluto dire ‘qualcosa’ !
8) E allora sorprende un po’ la dichiarazione del pittore quando dice che secondo lui < sacro non è sinonimo di ‘religioso’ ma di ‘valori umani’ che anche Cristo e la Madonna ben rappresentano; è una visione ‘laica’
del mistero religioso > mentre sulla locandina della Mostra la parola Sacro è con la maiuscola; non dimenticando poi tutti i riferimenti attinti dalla vita del Cristo…
9) Se la ‘creatura’ umana, se l’uomo è ‘pictor’ delle sue e altrui emozioni, è sensibile e particolarmente attento alla realtà e indaga nel suo io, se le sue domande son anèlito e ansia ‘di luce’, ecco l’uomo ‘humus’ , non più soltanto pictor o faber ma molto di più, incamminato lungo la strada della ‘ricerca’, sospinto e sorretto da quell’ ansia di ‘luce’, privilegiato ‘artifex bonus’ sempre più capace di interpretare per sè e per altri la realtà, non solo terrena, da privilegiato e da vero Artista ‘creativo’.
10) Un auspicio ed un augurio al Pittore: che non lasci affievolire e non disperda questo suo ‘dono’, anzi alimenti quell’anèlito (vivo desiderio) e quell’afflato (soffio alito respiro) che lo rendono capace di suscitare
tali riflessioni e messaggi, e continui a superare il dato prettamente umano e la realtà sensibile; tenda e aspiri al sovra-umano, al ‘sacro’ della vita.
Il Sacro, riguarda la presenza e le manifestazioni del divino, e sancisce un essere ‘altro’ e ‘diverso’ rispetto al ‘profano’ (pro fanum, fuori, non sacro), il diversamente umano, il sovra-naturale… quale unica fondamentale speranza!
11) I tre Santi:
* Pietro: Simone, poi Kepha Cefa roccia pietra Petrus – Pietro, festa il 29 giugno (con san Paolo);
* Stefano, alla sua lapidazione era presente anche il giovane Saulo di Tarso (il futuro s. Paolo) che teneva le vesti dei lapidatori (Atti 7,58) – festa il 26 dicembre;
* Bartolomeo o Natanaele, l’apostolo,uno dei dodici, < ecco davvero un israelita in cui non c’è falsità > (così definito dal Cristo), poi predicatore itinerante, morto probabilmente in Siria (o in Armenia o in India), martire della Fede, scuoiato vivo e decapitato, martire della Fede; Michelangelo lo ‘ricorda’ nel Giudizio Universale (Cappella Sistina) mentre mostra la pelle di cui lo hanno ‘svestito’ gli aguzzini, e nei lineamenti del viso deformati dalla sofferenza il Buonarroti ci ha lasciato il proprio autoritratto; famosa anche la statua di Marco d’Agrate nel Duomo di Milano: il santo scorticato con la pelle gettata sulle spalle come una stola, immagine di vera crudezza, e vero ‘trattato’ di anatomia (si dice venga chiamato “ il màrtir de l’agent di tass” … delle tasse!); festa il 24 agosto.

Una curiosità
: anche a Moimacco (Udine) mio paese natale, son conservate le reliquie sia di san Bartolomeo sia di santo Stefano; e così pure dove abito attualmente a Roveredo in Piano (Pordenone) è conservata una sua reliquia, collocata nella mensa dell’altare maggiore; Patrono di Roveredo in Piano, quest’anno si festeggiano i cento anni (1912 – 2012) della consacrazione e dedicazione della Chiesa.
Le reliquie dell’Apostolo sono conservate nella Basilica di san Bartolomeo all’Isola Tiberina, unica isola urbana del Tevere nel centro di Roma (insula inter duos pontes); il teschio, sin dal 1238 è conservato nel Duomo di Francoforte.
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E se mi è concesso aggiungerei una ‘riflessione’ sulla Mostra della iconògrafa Sig.ra Carmen De Bettin allestita (con altre opere di pittura, scultura…) nel suggestivo ‘fienile artistico’ di Giusto De Bettin:
* le ‘icone’ hanno un fascino speciale, sempre , e son sempre un evento ;
* icona significa immagine, esser simile, apparire, è una raffigurazione ‘sacra’ dipinta (o meglio ‘scritta’) su tavola;
* l’iconògrafo presta la sua arte a Dio restando sempre nel solco della tradizione;
* l’icona (o icone) mette in contatto con il mistero attraverso la via della bellezza;
* l’icona è la raffigurazione visibile del mistero invisibile.
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Queste... le mie impressioni personali sulla mia breve e intensa presenza in questa estate costaltese 2012 , ed ora a tutti un cordiale saludu e sani sani.

SERGIO GENTILINI - Costalta, luglio 2012

 

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